Rimbaud in Etiopia

Rimbaud in Etiopia Rimbaud in Etiopia E forse troppo facile, dopo tutto, vedere nella vita di Arthur Rimbaud un'illustrazione del luogo classico della letteratura mistica: l'Anima che fugge da Dio che l'insegne, la preda predestinata del Veltro del Uelo. Altrettanto facile che cercarvi l'esempio d'una tipica anormalità. Se la vita di Rimbaud, vista dall'angolo della poesia ci appare in immagine di battello ebbro profilato contro una fantasmagoria»di marine tropicali, d'altronde l'umile senso comune non vedrebbe in essa che l'im magine d'un rollili;/ stane, per usare l'espressione inglese: il sasso che rotola rotola senza pace l'individuo che non sa fissarsi in alcuna occupazione. Preda d'un soprannaturale inseguitore, battello ebbro, rotolante sasso: su tre piani diversi, la stessa imma- fine di disperata irrequietezza, orse Rimbaud fu tutt'e tre quelle cose; fu, soprattutto, una rmcarnazione moderna dello spi nto che mosse le Crociate: sni rito religioso in parte, ma anche spirito d'avventura, di preda: « J aurais fait, manant, le vovage de terre sainté; j'ai dans la tete des routes dans les plaines souabes, des vues de Byzance des remparts de Solyme: le eulte de Marie, l'atteudrissement sur le Crucifié s'éveillent en moi parmi mille féeries profanes... ». E sospeso e incerto tra due mondi, quello dello spirito e quello degli affari, fallì, come fallirono le Crociate: « Je suis assis, lépreux, • sur les pots cassés et les orties, au pied d'un mur rongé par le soleil ». Ecco la triste immagine finale delle gesta d'Oltremare dei Crociati e di Rimbaud: il lebbroso accasciato ai piedi d'un muro divorato dal sole, tra i cocci e le ortiche. Quest'immagine è la sola che ci si presenti alla memoria dopo aver letto il volume che Enid Starkie ha dedicato all'avventura abissina del 'poeta (Arthur Rimbaud in Aògnninia, Oxford, at the Clarendon Press, fine d'ottobre 1937), volume che, tra noi, dovrebbe interessare non solo gli ammiratori di Rimbaud ; poiché la Starkie, per illustrare la decina d'anni spesa dal poeta (anzi, dal trafficante d'armi e di schiavi) in Abissinia — dal ISSO al 1891 — ha dipinto lo sfondo d'ambizioni coloniali europee e di conquiste scioane contro cui ci appare, figura modesta ma non insignificante, equivoca e patetica come Lord Jim del Conrad, il disertore di Parnaso il cui nome era variamente storpiato da agenti consolari britannici e italiani come Rambaud, Rambon, Remban. La Starkie ha tracciato la sto^a di quegli anni non solo sui volumi di esploratori e diplomatici (molti dei quali italiani: Antonelli, Cecchi, Ferratidi, Robecchi-Bricchetti), ma soprattutto di sui documenti inediti del Foreign Office, offrendo così un contributo notevolissimo alla gloria coloniale italiana. Il gioco dell'Inghilterra appare in completa luce, ed è lo stesso gioco a cui abbiamo assistito e assistiamo ai nostri giorni al punto che ci vien fatto di concludere che uno strumento come la Società delle Nazioni l'Inghilterra prima o poi l'avrebbe finito col crearlo. La lotta tra l'Inghilterra, ansiosa di conservare l'egemonia del Mar Rosso sotto colore di proteggere dapprima il n debole » Egitto, che fino alla rivolta del Mahdi occupava i porti eritrei, e poi di impedire i rifornimenti d'armi alle tribù selvagge e la tratta degli schiavi — tutti nobilissimi pretesti —, e la penetrazione francese, rappresentata da mercanti — Labatut, Soleillet, Tian, Savouré, ecc. — e dall'iniziativa personale di qualche console, piuttosto che rispondente a direttive del Governo, allora occupato nella spedizione del Tonchino, forma il motivo dominante. Al quale si coordina da un lato l'azione ardita e insieme incerta, eroica e anche ingenua, degli Italiani, e dall'altro l'astuzia volpina di Menelik a promettere a tutti e a sfruttare tutti per conseguire il suo scopo. Fornivano armi all'ambizioso sciuano, a gara, i mercanti francesi e il nostro Governo, questo immaginando di agguerrire un alleato, quelli indovinando subito, con esperto occhio mercantile, la doppiezza da finto scemo del futuro imperatore d'Etiopia. Dove il nostro Antonelli non riusciva a vedere (dov'era finita la gloriosa tradizione diplomatica italiana, che vantava alla sua origine un Machiavelli?), un povero mercante capì subito : « Menelik intascherà tutto quel che potrà ottener da loro, poi, a un certo punto, lui e Giovanni faranno a mezzo ». E' vero che quel mercante era un tale a Remban » che il rapporto del console italiano di Aden descriveva come a uno dei più abili e più attivi agenti del Governo francese », ma il povero Rimbaud, che aveva avuto a che fare con Menelik per una fornitura d'anni ed era uscito con la peggio dalla contrattazione, non intuiva Menelik grazie a speciale abilità o tanto meno a geniale divinazione, ma per quell'istinto di contadino francese delle Ardenne che è la sola virtù di cui il poeta della Saison. en enfer dette prova in quegli anni di vera e propria di scesa all'inferno. Egli aveva ripudiato la sua sola aristocrazia, quella dell'ingegno (aveva ripudiato? o non e piuttosto un'alterazione di per sonalità che la sua vita ci presenta?), ed era tornato ali umile tradizione della sua razza contadina, s'era illuso di poter giungere alla potenza nella sua forma più bruta e tangibile: denaro. « Je suis de race inferieure de toute éternité... Je reviendrai, avec des membres de fer, la peau sombre, l'oeil furieux : sur mon masque, on me jugera d'une race forte. J'aurai de l'or: je serai oisif et brutal ». Ozioso davvero non potè essere: logorò il corpo nei faticosissimi viaggi dalla co¬ micmDltmdMdrppplvltllplgDpApcrafsnrcdpi sapsodimpstupdtiue,pstpqsiuleddficomfrdeprtomtaresfa dudiposclazicotosu sta allo Scioa, e tutto quel che potè risparmiare dovette guadagnarlo soldo a soldo, come il più sobrio e avaro dei contadiniBrutale non seppe essere: caustico, violento, amaro coi suoi pari (l'esploratore Borelli, che eglebbe a compagno nel suo viaggio da Entoto a Zeila per Barrar— un nuovo itinerario scoperto dal Rimbaud — ha lasciato di lui un ritratto vivissimo), ebbe pietà e fu generoso coi neri, pur conoscendone l'ingratitudine e la falsità. E tornò col corpo distrutto, riportò in patria una gamba da amputare. « Le9 femmes soignent ces féroces infumes retour des pays chauds ». Non ebbe al capezzale la sposa, che egli, già spregiatore della felicità domestica, ora desiderava, ma una sorella sul cui seno, lui, il feroce!, pianse tutte le sue lacrime. E alla fine, sul letto di morte, come nello strano caso di Dr. Jekvll e Mr. Hyde, i loschi lineamenti del contadino diventato negriero, del trafficante d'armi che s'era coneiunto con gente di sangue nero e aveva chiesto a Menelik di vendergli schiave, si dissolvettero, e risorse, maschera mortuaria, l'effìgie mistica del poeta delle Ilfuminàtiòns. Del poeta restano le opere, uno dei più commoventi « torsi » della letteratura ; del negriero una vecchia sdruscita valigia piena di lettere che Miss Starkie ha avuto la fortuna di rintracciare nelle mani d'un ebreo di Salonicco; la pubblicazione delle quali, ss potrà effettuarsi, gitterà molta luce sugli anni della reale n stagione in inferno ». Mario Praz