L'implacabile Livia

L'implacabile Livia L'implacabile Livia Lo dicevan tutti quell'ingegner Monguelfo era proprio una perla di marito. Sopportarsi per casa quella moglie indiavolata che aveva sempre la voce per aria, che non gli dava mai tregua con le 6iie scenate di gelosia. Quantunque poi, come attenuante, si ammetteva che anche lei qualche ragione l'aveva di essere gelosa. Ancora bel uomo sulla quarantina, elegante e prestante della persona, era risaputo che da scapolo le donne non s'era mica accontentato di guardarle dal buco della serratura ! Ma poi sposatosi, per una di quelle grazie che toccano spesso i dissipati, aveva messo giudizio, era diventato un bravomo, e s'era dedicato tutto all'ufficio e alla famiglia: della quale si era fatto una specie di culto escmplarc fino, per dirne una. ad estendere il suo affetto ad una suocera, la signora Clotilde che abitava, in campagna -e alla quale non dimenticava mai d'inviare ogni sabato un regalo di fiori. Era questa un'abitudine forse un po' ridicola ma che gli faceva piacere, lo faceva star bene e dalla quale in parecchi anni di matrimonio non aveva mai decampato. Dire come talvolta anche le migliori intenzioni vengono fraintese. Quel sabato Livia aveva deciso di passare qualche giorno dalla madre, e Renato, trattenuto in città -per imprescindibili doveri d'ufficio, le aveva promesso che l'avrebbe raggiunta colà per colazione il giorno dopo. Erano ie undici e un quarto quando Renato in ufficio si ricordò d'un tratto di aver dimenticato di inviare i soliti fiori alla suocera. Si precipita fuori, acquista sei bellissime rose tea dal solito fioraio e corre alla stazione sperando di arrivare ancora in tempo per affidare i fiori alla moglie da portare alla madre. JVIa per quanto percorresse il treno in su e in giù non gli riuscì di scovarla. « Avrà avuto da fare e partirà col treno dopo i pensò. E stava per tornarsene quando vide affacciarsi a un finestrino di terza Lisetta Borghini, una deliziosa ragazza che egli conosceva per essere dattilografa presso un collega. — Senta, senta, signorina... Lei va a ***, non è vero? Kbbene, vorrebbe portare queste •poche rose alla signora Clotilde Pasetto, mia suocera, che lei ben conosce ? La ragasza prende i fiori. — Ma benissimo, con piacere ! — E Renato ringrazia mandandole, così por ridere, un bacio sulla punta delle dita. Poi il treno si mette in moto. E' già tutto passato quand'ecco.dal finestrino dell'ultimo vagone una specie di furia vivente si affaccia. E' la moglie eh'è arrivata all'ultimo momento, in tempo per acchiappare il treno per la coda. — Ah canaglia ! — essa grida al marito. — Ti ho visto! Ti ho colto questa volta! Me la pagherai ! — Ma poi il treno si porta via -tutto, moglie e parole, in un gran buffo di fumo. Lì per lì Renato non capisce, ma poi tornando a casa la mente gii si rischiara d'un tratto <t To', capace di sospettare ch'io sia venuto alla stazione per dare quei fiori alla dattilografa!)). E si mette a ridere. « Proprio anche questa ci voleva. Adesso andrà tutta a fuoco e fiamme, e domani sarà un'altra scenata. Me la 6ento già grandinare sulle spalle! ». Fortuna che il poveretto c'era abituato. Alla dimane mattina, dopo messa, Lisetta si presentava alla palazzina della signora Clotilde Pasetto con le sei rose in mano. A farlo apposta Livia in persona era venuta a riceverla. Vede la ragazza, si annuvola, ritira i fiori, ringrazia bruscamente e rinchiude. Alle diciotto arriva l'ingegnere. Com'era da aspettarsi Livia lo conduce in camera e gli fa una scenata coi fiocchi. Egli protesta la sua innocenza. — Ma se b fiori son arrivati, ma se sono qui. Ma di che sospetti ancora? Il demone della gelosia non dava tregua al cuore di quella povera donna. Ella aveva già scovato un altro argomento di tortura e di rabbia. — Sì, ma sai perchè la signorina li ha portati? perchè tu dopo che ti sei accorto ch'io avevo veduto lètto (compreso il bacio sulla punta delle dita) furbone, ti sei affrettato a telegrafarle di portare subito quei fiori dalla mamma. Ma quei fiori erano pelici: destinati a lei. — Santi Numi ! — esclama Renato tendendo le braccia al soffitto. — Tant'è vero *— proseguo la donna implacabile — che lei non ha portato i tuoi fiori, ma ne ha portato degli altri. — Qui in batter d'occhio volò nella stanza vicina e ne ritornò recando un mazzo di rose rosse. — E le tue, se ben ricordi, erano gialle! Renato allibisce. _ — Sì, infatti... giallinc... Non capisco. — Le tue se l'è tenute lei ! Capisci ora?... Ma capirai meglio fra poco. — Che intendi fare? — Semplicissimo. Ho mandato or ora un biglietto a Lisetta Borghini invitandola a colazione. E così vedremo. E così voi due posti di fronte l'ima all'altro .. Capisci ora? Eh bisognava bene venirne a una, bisognava bene che vi scoprissi ! Il poveruomo s'è chiuso il capo fra le mani. Siamo nroprio al caso clinico, pensa. Non c'è più nulla da fare. E' l'irreparabile. — Be', almeno ti raccomando — supplica. — non far scenate a tavola, fa in modo di non renderti ridicola ancor una voli a, agli occhi della gente! Lisetta arrivò per le undici ecscrsnrddvadlvscicrCucssMp mezzo, più che mai graziosa nel suo vestitino color pisello. La colazione incominciò e proseguì con una certa cordialità. Ma fu soltanto sulla fine che l'implacabile Livia portò a troneggiare in mezzo alla tavola, le sei rose rosse. Lisetta però la prevenne subito. — Oh, a proposito, ingegnere, — ella fece con estremo candore — mi ero dimenticato di dirle che ho commesso una grave dimenticanza. Ieri quando alla stazione m'ha dato i fiori da portare alla signora Clotilde li Ilo deposti sulla reticella dei vagone. Poi è accaduto che alla stazione dopo, come tutti i salati, salì il mio fidanzato, chiacchierando col quale, nello scenlere ho dimenticato i suoi fiori in treno. Riaverli di ritorno era cora alquanto difficile e poi sarebbero arrivati chissà quando. Così ho pensato di ricorrere ad una piccola sostituzione ed ho comprato dell'altre rose da un iardiniere di qui. — Ma son magnifiche lo stesso — fece la signora Clotilde. — Son meglio delle mie — soggiunse Renato. — Lei ha un fidanzato? Non l a ì u i o lo sapevo... — gorgheggiò l'implacabile Livia. — Per servirla — ribattè Lisetta. — Anzi mi verrà a. prendere fra poco. E' un giovine capomastro di questi paesi. Renato fissò la moglie con un sorriso di trionfo. Arrivò al caffè il giovine capomastro : un bel ragazzo bruno. E tutto parve chiarirsi. Renato si fregava le mani contento di-aver dato una fiera lezione a sua moglie, una lezione che le avrebbe servito per un pezzostavolta. Ma purtroppo s'era illuso ipoveretto. Per molti giorni ancora l'implacabile Livia continuò a tormentarlo con quella faccenddelle rose rosse e delle rose gialleE diceva che quello doveva essestato lutto un trucco di LisettaE anche quando più tardi un mattino Renato le mostrò trionfante l'annuncio delle nozze dLisetta col giovine eapomastroella continuò a scuotere il capo e diceva: — Eppure, eppurenessuno mi leva dal capo che fra te e Lisetta qualcosa cdev'essere stato... Carlo Linati

Persone citate: Borghini, Carlo Linati, Clotilde Pasetto

Luoghi citati: Lisetta, Monguelfo