Scipione l'Africano

Scipione l'Africano Scipione l'Africano Scipione l'Africano fu concepitoe deriso quando stava per iniziar- si la conquista dell'Etiopia. Una delle più alte figure della stirpeveniva invocata e rievocata allavigilia della gesta che avrebbe l'at- to risorgere l'Impero sui « colli fatali » di Roma. Film anzitutto politico, come già ampiamente si disse subito dopo il trionfale bat- tesimo veneziano. Iniziatore della prima vera politica imperiale di Roma, Scipione è l'alfiere d'Augu-sto; e anche dopo l'impresa afri-cana, e l'assicurato dominio suCartagine, tutta la sua azione doveva poi tendere a indirizzare la potenza romana sulle vie delloriente, ad affermare nel Mediterraneo un predominio incontrastato. Un film che alla sua figura si ispirasse, e al rigoglio vitale che nella città di Romolo fece fiorire la capitale di tutto il mondo allora conosciuto, un film inteso ancora con una larghezza inusitata d'intenti e di mezzi, doveva anzitutto risolversi in una solenne promessa di celebrazione. Risalendo per 11 rami e per i secoli, ricordare in quel nome e in quelle gesta un'ampia allegoria e un altissimo simbolo, propizi all'alba del nuovo Impero. Nella mobilitazione che il nostro popolo, « solo -protagonista », ebbe a compiere perchè di ogni ostacolo si trionfasse, il cinema italiano non volle, non poteva starsene in un canto; e mobilitò tutti i suoi uomini e le sue possibilità, in uno sforzo tanto coraggioso quanto imponente. Precisati cosi gli scopi di esaltante rievocazione, le difficoltà che vi si frapponevano erano semplicemente enormi; e, più che ingeneroso, sarebbe ingiusto il non ricordarle. Volersi porre agli antipodi delle ricostruzioni di paccotig!ia che i cinema stranieri ci avevano dato del loro cosidetto mondo romano; dover perciò trarre una sceneggiatura dà « soggetti » forniti da scrittori che hanno L.nircnli nomi Ai Titn t ì,,i„ „ Vi 13" E Hi I T ° e^1™°" libio, di Cornelio Nepote e di Plu-tarco; dover disporre di attori perun complesso che avrebbe impen- > j~ ' sierito il più forte ente di produzione, e ciò quando la lamentata penuria d'interpreti era tra le ricorrenti difficoltà del nostro cinema; dover infine disporre di attrezzature tecnicamente imponenti ed ineccepibili, e ciò quando della vecchia Cines restavano gli avanzi risparmiati dall'incendio, e della Cinecittà del Quadraro s'erano appena gettate le fondamenta. Questi i principali ostacoli che si presentavano a priori. La mole e l'importanza della materia da trattare, poi, implacabili d'inquadratura in inquadratura, erano tali da far tremare qualsiasi regista. Carmine Gallone ha affrontato l'immensa tessitura con un'alacre lena che ha raggiunto in parecchi episodi un'efficacia drammatica o spettacolare assai intensa, e non è mai venuto meno a quella dignità che il quadro esigeva. Della vicenda già a lungo si disse dopo la « prima > del Lido; il breve e intenso periodo della vita di Scipione, dal 207 a. C. al 202, che doveva dare al Console la gloria d'esser chiamato l'Africano, è riassunto nei fatti più salienti, dai dibattiti al Senato al prepararsi della spedizione in Sicilia, dall'incendio del campo di Sifuce alla ribellione di Massinissa a Sofonisba, dal ritorno in Africa d'Annibale alla battaglia di Zama. Questa tessitura s'alimenta di visioniuna più grandiosa dell'altra; e più che un racconto folto di avvincenti vicende spicciole e intersecate mira a dare, di quel racconto, il ritmo essenziale, gli accenti più solenni; tanto che se qualche riserva s'ha da fare, non convincenti appaiono l'episodio di Velia e • di Arunte, troppo minuto per tantoquadro, e certi accenni soltanto' o descrittivi Ma la fòl-1= „H,™,t, „oi X i ,t„ila adunata nel Foro, gli nterni delSenato, la partenza delle triremi,1 incendio del campo di Siface. esoprattutto l'incontro tra Scipioneeli <jr.hprrri =!p noli'incontro t ™ gli scnerrru. be neliincontio trai due grandi capitani il Gallone hasaputo raggiungere un istante divibrante e contenuta drammaticità (non trascurate il tocco mae-e Annibale e la battaglia di Zama sono pagine d'una grandiosità e anche d'una forza come raramente si son vedute e si vedranno sustro del primo piano d'Annibale, dove quell'unico occhio, soltanto col moto della palpebra, giunge aessere più eloquente di qualsiasidiscorso), nella battaglia di Zama si ha l'apice del film. Ricostruitacon un incredibile impiego di mas-se e su di un paradigma rigorosa-mente storico, è certS questa la niùgrandiosa e movimentata batta-glia cinematografica che sino adoggi sia stata offerta allo spetta-tore. Gli scontri delle fanterie han-no un loro nerbo; le cavalleriel'una contro l'altra sfrenate da unconcitato montaggio in crescendonon ricorrono, per la prima voltaa un comodo alibi d'obiettivo al-l'istante del formidabile scontro;e le sequenze della lotta dei triarie degli arcieri montati su gli eie-fanti sono tutte guidate da unasaldissima mano, la panoramicaivi si alterna al particolare in un | ritmo serrato, fra un coro di iu ribondi barriti che danno alla pu gna echi di giungle primordiali, !in un «pezzo» cinematografico ^davvero eccezionale. i Ottimo interprete s'è rivelato Pilotto, un Annibale degno di ' qualsiasi grande attore; un po' j declamatorio il Ninchi come Sci pione, ha tutte le attenuanti di questa difficilissima tessitura, ! sempre tutta in luce, mai con om1 bre o penombre; Sofonisba rive1 lerà al pubblico la Braggiotti Lod'ge, efficace e vibrante; Benassi, essendo stato visto il suo Ca- pur tone un po' di scorcio, in quelle poche battute s'impone per una intelligenza e una sobrietà esemplari; Carlo Ninchi dà vita a uno scultoreo Lelio; e sono infine da ricordare tutti gli altri interpreti, dal Bernabò (Furio) al Carnabuci (un reduce), dal Coop (Mezio) al Galvani (Fabio Massimo), dal Giachetti (Massinissa) al Giorda (Sifacej, dal Lombardi (Lucio) a Isa Miranda (Velia), dalla Padoa (una schiava) al Picasso (Asdrubale), dallo Spada (Arunte) al Viotti (un mercante fenicio). Autori del soggetto, del quale è sovente notevole la nobiltà dei dialogati, Mariani dell'Anguillara e Sebastiano Luciani; direttore di produzione, Federico Curioni. L'ottima fotografia è dell'Arata e del Brizzi; e il commento musicale, dovuto a Ildebrando Pizzetti, s'è ispirato ai momenti più alti del film,' rinunciando a ogni melologo, ed effondendosi invece attorno a ogni nucleo fondamentale con pagine maestose e vibranti.m. g. ALL'ALFIERI tint ai

Luoghi citati: Africa D'annibale, Etiopia, Roma, Sicilia