LA LIRA DI PETÖFI e la spada di Liszt

LA LIRA DI PETÖFI e la spada di Liszt MELLft STORI/* DELL'UNGHERIA LA LIRA DI PETÖFI e la spada di Liszt VIENNA, ottobre. Sulla tomba eretta in Roma a sGoffredo Mameli spiccano lira e dspada, giusti simboli — disse Mazzini — della vita del poeta-1 soldato: ma la nazione ungherese non ha potuto erigere una tomba uguale ad Alessandro Petòfi, nè si idecide a far venire da Bayreuth i Iresti di Franz Liszt, da essa unlgiorno onorato con l'offerta d'una stupenda spada I periodi storici che più alimentano passione e orgoglio nazionale , jde. magiari sonoquelli delle rivo- te contro gli Absburgo. Nel pri-Lmo, che coincide ccn la guerra per1 la successione di Spagna, troneg-, , „ j. r-, r,-i igià la figura di Francesco Rako-|czy; nel secondo, derivato dall'agitazione quarantettista europea, le figure principali sono due, Kossuth e Gòrgey, però soltanto Kossuth si avvicina al leggendario e all'eroico. Cerne potrebbe la leggenda sorgere attorno ad Arturo Gòrgey che aspetta a Vilàgos, circondato dal fiore della nazione, il generale russo Rtidiger, per capitolare nelle sue mani incondizionatamente? Come volete che si esalti il ricordo di un generale che aspettando il generale nemico vincitore sente gli scatti delle pistole dei suoi ufficiali che si uccidono per vergogna, vede baciare e bruciare gli stendardi che gli alfieri si rifiutano di consegnare e rimane impassibile ? Lui si salva, e sebbene il resto della sua lunga esistenza sia quella di un chimico non geniale che ottiene a Graz un posto per pietà, in fondo nessuno gli perdona la fine tragica dei suoi tredici generali, impiccati spietatamente da Haynau, la iena di Brescia. Quando Haynau più tardi va a Londra ed è preso a schiaffi e bastonato dagli operai di unaibirreria, la nazione ungherese ve de in questi anonimi gli esecutori della sua vendetta e pensa a Gorgey col sentimento che possiamo imamginare. Nel cielo degli eroi Per Arturo Gòrgey — Kossuth, riparando all'estero, sperava In una rivincita che non gii riuscì di ottenere — la morte sul campo die^l^^^^^^ e più bella tale 1 ebbe invece Pe- ma «i *„„„..„ „,- oi ,i-tofi, il quale faceva parte, ai 31 di , e a a . e a e a , luglio del 1849, a Segesvàr, dove„„, „ ,,„lf; ' e„n^Z 1: avvenne 1 ultimo tatto darmi del-i„ „„„ iu_j! „^ ,„t^TrlTL ^.iJÒ^^tungherese, del seguito del genera le Bem, rimasto poi in un fosso gravemente ferito. La battaglia aveva avuto inizio alle sei del mattino. Ducmilasettecento ungheresi volevano tentare d'impedire il collegamento della prima armata russa, forte di 16.000 uomini, con la seconda. I russi erano calati in Ungheria avendo Francesco Giuseppe invocato il soccorso dell'Impero zarista per domare i suoi ribelli sudditi e Buda aveva subito l'oltraggio di pattuglie di cosacchi caracollanti per le sue strade. Attaccati da Bem, sospettando che il grosso si tenesse in riserva, per undici ore considerarono prudente limitarsi a parare. Alle cinque del pomeriggio, esasperati dalla perdita di un loro generale, Scariatin, e dal fatto che s'erano lasciati arrestare da una fìnta, misero in moto la loro potente macchina, per strappare una decisione nelle poche ore che dividevano dal tramonto. Avevano tanta cavalleria, che subito mirarono,,formando un rettangolo, ad accerchiare gli ungheresi. Prima che il rettangolo venisse chiuso, quanti ungheresiavessero cavalli poterono sfuggire alla stretta spronando le bestieattraverso il lato libero: ma i fanti e tutti gli altri a piedi si videro arrivare addosso pattuglie dei cosacchi, ai quali ì capi avevano dato l'ordine di non fare prigionieri. Petòfi, che correva a testa nuda verso una collina, per sfuggire ai cavalleggeri russi di due reggimenti che avanzavano al galoppo, cercò di nascondersi in un campo di granturco: e lì lo raggiunsero e l'accopparono, squarciandogli il viso, i cosacchi di un terzo reggimento. Lo vide, poco dopo, cadavere, il colonnello austriaco Heydte, che in un rapporto compilato per l'arciduca Albrecht lo descrive « di viso magro, piccolo, asciutto, con un'espressione molto recisa e circondato da una barba nera I cosacchi gli avevano già tolto la camicia e la giubba, che Petofi, si racconta, soleva portare sempre aperta e senza la cravatta di prescrizione, con molta ira di pedanti superiori, Sui campì di battaglia non è sempre facile distinguere un caduto fra cent°, e se per gli ungheresi Petofi era un poeta nazionale dolatrato, per i cosacchi era un gnoto, un nemico ucciso da depre dare come tutti gli altri. Il corpo di Alessandro Petòfi, non ritrova- o da»li ussari che all'indomani della battaglia andarono alla sua ricerca, è perciò sepolto in una omba immaginaria, fra Fehé regyàza e Héjjasfalva, e una parte sarà magari in un punto, una n un altro. Senonchè questo che ^ , nQi un fattoqindiscuti. g* ^ gnni annj , sem. brato agli ungheresi fatto non si- , ■ ».-_ „;„„t„ ^-«.«lauasissii curo per niente e discutibilissimo T, i». „„„ t Il poeta non poteva essere morto, un giovane e baldo eroe non muore. Così profonda era la convinzione che lui vivesse, che si prestava fede a chi narrava che girasse per il mondo travestito, senza farsi riconoscere, indizio anche questo della potenza suggestiva della leggenda, in quanto se Petòfi fosse rimasto vivo non avrebbe avuto ragione alcuna di nascondersi, trasformandosi da poeta in venditore o ramaio ambulante. Però lo stesso zio giurava d'avergli dovuto dare in prestito venti fiorini. E leggendaria, eroica, è pure una descrizione della sua fine in cui leggiamo che sul campo di battaglia Petòfi fossestato preso in groppa da Domeni-co Zeyk, il quale, invitato dai rus-si ad arrendersi, si fece saltare le cervella, sacrificando quindi anche il poeta. La penna di Heine Per battersi, Alessandro Petòfiaveva lasciato a. casa la moglie,Giulietta Szendrey, da lui sposa-ta aPPena due anni prima; e ri-pensando all'influenza che in breve tempo la donna aveva esercitato sul suo spirito, bisogna supporre che il distacco non gli do- nel -000 ,, ;,. j , 183S, allorché nell apprendere la .. '. •- .- ,. _ , "e di Pest. invece di compiere ilu „ .... u .... ,.. 1 , „ tragitto che divide Vienna dalla-pitale ,ungherese compì quello.molto più lungo, fra Vienna e Ve-vesse essere riuscito facile.'FranzLiszt — il nome Franz non fu daLiszt magiarizzato in Ferencz —Franz Liszt, per contro, era ri-masto. durante l'insurrezione, at-taccato alle gonnelle della duches-sa von Sayn-Wittgenstein. preoc-risiladellanotizia della tremenda inondazio-nezia, dove l'aspettava la contessa d'Agoult. d'illuminarono più tardi la mente i magnati che gliavevano fornito i mezzi per stu-diare all'estero e allora parti perl'Ungheria e fece tappa a Pres-burgo. dove ebbe, al primo concer-to, un'accoglienza fantastica:— * quindi raggiunse Pest (la capitalema Budapest so-ungherese si chiama Budapest so-lo dal 1873) e li gli fu consegna-ta sul palcoscenico del Teatro Nazionale, ai 4 dì gennaio del 18403, nome della Nazione, una scia- boia d'onore dall'elsa tempestata di magnifiche pietre. Oggi la vedi, con altri ricordi di Liszt, in una vetrina del Museo Nazionale di Budapest e non trovi chi te ne parli volentieri. Avvenne infatti che scoppiata la rivoluzione del '48. Franz Liszt, dicevamo, non si mosse dalla Germania, mentre i suoi patrioti ram- mentavano che ricevendo la scia punto tante volte quante volte la penna di Heine, i croati dell'Im¬bola egli aveva giurato di sfoderarla — quando, s'intende, fosse suonata l'ora — per difendere la terra d'Ungheria sino all'ultima sua goccia di sangue. Come Petòfi, dunque: aveva egli forse intuito il destino del poeta? L'avesse pure intuito: non si mosse. Se ne dolsero gli ungheresi, e un poeta della loro guerra d'indipendenza fu lieto di tradurre dal tedesco un brano della mordace lirica di Enrico Heine «Ottobre 2849»:«Pure Ltezt. il buon Franz, è ri(ripuntato: vivo, non cince del suo sangue inItri-o-,sul rampo 'li battaglia ni- un «Tonto no un ru?so sceso in Ungheria l'tin I ucciso.I.a liberta perse l'ultimo bastione e ITnclipria a morte h rli-^nutrunta. salvi, però, sono Franz il campione o la sua sparla, nel comò lasciata. K' vivo, Franz, e nella sua veeI rhirz'/.aparlando dulia, guerra (l'Ungheria, eoi nipotini vanterà prodezza: Così, dirà, menai la spada min!»Se la spada di Liszt avesseperatore austriaco ed i cosacchdello Zar suo protettore avrebbero pagato un diverso tributo di sangue. Tuttavia buon profeta Heine non fu: non risulta che Liszt si sia mai vantato di pro dezze in guerra, cosi come non sdistinse mai per soverchio nazio-nalismo. Egli visse e mori consi litica; e c'è dunque un motivo se l'Ungheria ritarda a far venire da Bayreuth le sue ossa, mentre sof-Kbàsuth e Petòfi ebbero dei fa „.,k„; ,,„.„„.,„ natici avversari derando la Patria una nozione po-fre e dell'impossibilità di ricom-porre i resti di Petòfi e del pen- siero che il tempio che accolse le spoglie di Ràkoczy resta ormai al di fuori dei confini, per averela nazione magiara perso la guerra affrontata in difesa di aueffli Absburgo che in Ràkoczv que0u aosdui^o cne in ttaKoczjItalo Zingarelli