Un caro collega di Ernesto Quadrone
Un caro collega Un caro collega Un caro collega Renato Paresce si occupava di politica, di arte, di cronaca con uguale perizia giornalistica. Dotato di vastissima cultura, estroso e geniale, era passato di balzo dalla pittura al giornalismo per uno di quei casi fortuiti che mutano il destino degli uomini. Pittore senza fissa dimora, come usava definirsi, depo avere peregrinato attraverso l'Europa, era stato fermato a Londra da La Stampa. Un giorno si trovò cosi ad avere tre case, una in Inghilterra, una a Parigi, e una, la più cara di tutte, in Toscana. Là aveva il cuore. Il suo spirito irrequieto e bizzarro non si era ancorato a nessun paese, che non fosse il suo. Due anni fa aveva compiuto per il nostro giornale un viaggio alle isolo Figi. Era stato assalito improvvisamente da un irresistibile desiderio di vita avventurosa e, avventurosamente, servendosi dei mezzi di trasporto più strani e meno confortevoli, aveva scorazzato l'Atlantico. Parlava correntemente tutte le lingue ma a tutte preferiva il suo smagliante idioma toscano del quale faceva armoniosamente sfoggio ovunque si trovasse senza preoccuparsi se quelli con i quali conversava con la. sua bella vece profonda un poco velata, lo comprendevano o no. Aveva però uno straordinario spirito di imitazione: beveva immediatamente l'aria del paese in cui capitava sicché a Montmartre poteva essere scambiato con uno dei tanti pittori internazionali come a Londra sarebbe stato difficile distinguerlo da un vero inglese meccanizzato, con la bocca abbottonata dal catenaccio bianco della sigaretta. Era impossibile però, ad un occhio sperimentato, non riconoscere subito in lui un Italiano. L'ho veduto per la prima volta a Londra tra la folla accorrente ad un treno in arrivo, e mi sono precipitato, senza esitazione, verso lui. L'alto signore, dai lunghi capelli ondulati, dallo sguardo luminoso e sorridente, non poteva essere che Renato Paresce. Gli ho voluto subito bene. Era quello che si definisce un uomo affascinante, ma il fascino emanava dalla sua bontà e dall'intelligenza che il volto, lungo e magro, esprimevano. Il fascino vero, insomma, quello che scalda l'anima come il sole di certi nostri paesaggi. Ecco, Renato Paresce, era un uomo da paesaggio italiano: che sentono di amore, di onestà, di cortesia, di gentilezza e di eleganza spirituale. Mi accora profondamente parlare di lui in questo momentoVorrei piuttosto tenermelo ancora nel ricordo, tutto per me, con dolore geloso. Non posso pensare che Renato sia morto, che il suo corpo insepolto, mentre scrivo, sia adagiato sul letto di una clinica senza che nessuno, tranne che la mogliesappia quale anima si sia staccata dalla salma dello straniero sconosciuto. A Londra abitava in Lancaster Road un piccolo alloggio di una villetta umilmente nascosta tra gli alberi di un giardino, lontana dai rumori della città. Scriveva i suoi articoli con il suo gatto nero, Pussi, accoccolato sulle spalle. Ella, la sua dolce compagna rompeva il silenzio cosi melanconico di quella casetta sperduta, suonando il pianoforte. Terminato l'articolo correva al Daily Telegraph, ove La Stampa ha il suo ufficio, e in una cameretta dipinta di verde, piccola come un pisello, si attardava al telefono fino a notte inoltrata. Fatica improba, dalla quale ritornava pallido e sudato, con la voce rauca. Ho veduto nell' umile abitazione londinese del giornalista italiano passare signori e signore dell'aristocrazia londinese, scienziati, letterati, musicisti, uomini d'affari, industriali, tutto un mondo molto lontano dalle possibilità di Paresce che riceveva come in una reggia, staccato da tutti ma gentile con tutti. La sua ricchezza erano il suo pensiero, i suoi quadri, il suo la^ voro. Tutti lo conoscevano e lui non conosceva nessuno, non per superbia ma per umiltà. E' stato lui ad aprirmi la porta del palazzo di Ladis Conan Doyle la vedova del creatore di Sherlok Holmes, ad iniziarmi alla vita elegante dello Soo, il quartiere più eccentrico di Londra, a portarmi a passeggio per il quartiere dei miliardari di May Fayr, nelle strade del quale egli camminava come se tutto gii appartenesse, E non .1' !<•>•«!'teneva nulla tranne l'amore (iella «ua Ella e l'affetto profondo e sincero deglamici che ora lo piangono. Uno dei suoi quadri miglioriche mi hanno impressionato dpiù. ò intitolato II cimitero dei bastimenti. Vedendolo avevo capito la melanconia dell'amico, una melanconia quasi fisica, voglio dire attaccata al tragico disfacimento delle cose fisiche. Adesso Renato mi appare vicino al suo quadro, anzi, lui e il quadro sono una cosa sola: gli alberi dei velieri sventrati, le sartie strappate dalle tempeste, le ciminiere abbattute sono il paesaggio plumbeo e nebbioso entro cui égli cammina. Sulla spiaggia desolata una donna piange. E io, amico carissimo, mi sento in questo istante come il marinaio di uno di quelle navi morte, piccolo superstite dell'eterna tragedia della quale tu ormai conosci il mistero. E questo marinaio ignoto, che seguita a vivere la vita giornalistica tanto amata da te e per la quale" così nobilmente hai vissuto, piange per te, a cui ha voluto tanto bene. Ernesto Quadrone
Persone citate: Conan Doyle, Lancaster, Paresce, Renato Paresce
Luoghi citati: Europa, Figi, Inghilterra, Londra, Parigi, Toscana
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