ALIA ROCCA DI VERRÈS

 ALIA ROCCA DI VERRÈS ITINERARI ROMANTICI ALIA ROCCA DI VERRÈS Capriolo di storia cavalleresca e valdostana che tutti hanno sentito raccontate ma che ciascuno ascolta sempre con vivo interesse e rinnovato piacere i l n a o . e , a e e i a o o o a o , e i si o e n n si e ak, o reil il e n masi o cor a isa o. to ati fso e va ea le lo ra le e- VERRÈS, ottobre. Quando fummo al piede dell'ardua ròcca, c quella ci dominava, noi gnomi, essa titanica, il Sole aveva vinto la guerra con la nebbia, e illuminava splendidamente quel massiccio e superbo dado di.pietra, lo circoli fondeva di raggi, vivificava il sasso scabro d'uno svariar di tinte in gamma eguale. L'arte del vetusto monumento appariva esclusivamente architettura, e nuda schematica geometrica; onde la colta signora in capelli grigi esservò acutamente: — Ma questo è novecento. La coloritura, in tante sue gradazioni unite, intonino così omogenea, impastata e fusa, non era invece che il naturale aspetto della materia: come nelle rocce dei monti, levigate e lavate dalla neve dal ghiaccio dalla pioggia, patinate dall'aria, colpite dal sole. Non per i volumi soltanto e le linee, la costruzione risaltava però dal poggio rupestre, che le è fondamento; ma per quel colore stesso, comecché naturale, tuttavia diversificato, e dalla rupe di base, e inconfondibile con ogni altra roccia circostante, nel crescere intorno e sovrastare maestoso della corona alpina. Il signore informato approfittò che ciascuno della piccola comitiva districava dentro di sè e maturava proprie impressioni, considerazioni, giudizi; e tutti, osservata sommariamente la costruzione, come si presentava, lì davanti, ora vagavano con l'occhio a inquadrarne la mole nello spaziante panorama, in giro, suggestivo e imponente; approfittò di quel silenzio, pregnante emozione e ammirazione, per richiamare i compagni alla pedanteria della storia ri- saputa; o forse lo scambiò perun'attesa di notizie illustrative; e s'accinse a recitare la lezioncina d'uso. — Nessuno ignora... Il magnifico Ibleto Tale premessa — nessuno ignora, — mentre vorrebbe suonare modesta e cortese, torna al contrario, delle più presuntuose e petulanti. Perchè l'oratore, convinto convintissimo in cuor suo che le cose ch'egli sta per dire sono di quelle del tutto ignorate ai non iniziati, e peregrine e preziose; non gli basta ostentare la propria dottrina in argomento, e pavoneggiarsene; ina pretende anche che gli ascoltatori provino in cuor loro la coscienza della propria ignoranza, quasi un torto inammissibile e mescusabilc, e più se ile dolgano, in cuor loro, umiliati e vergognati. Ma forse stavolta non era il caso; e il signore ben informato non l'intendeva saccentemente così. A ogni modo cominciò: — Nessuno ignora che questo castello, o ròcca, come comunemente chiamato, un de' più caratteristici e significativi tra le diecine e diecine che decorano Canavese e Valle d'Aosta, fu costruito sul finire del secolo decimoquarto, precisamente il 1390, da Ibleto di Challant, magnifico signore. — E seguitava: — Non c'è bisogno di frugare archivi, sfogliare pergamene. Ch'entriamo nel castello, sogliamo al primo piano, e sulla porla che dalla scala immette nelle stanze possiamo leggere l'iscrizione, in aguzzi e uncinati caratteri gotici: Anno millesimo trecentesimo nonagesimo Magnificus Ebail dominus Challandi Mont'ioueti, etc. etc. edificare fecit hoc Castrum... — Ibleto di Challant ? — interrompeva interessata la signora colta: — quello del Conte Rosso?— Precisamente: il più glorioso della gloriosa casata: già signore di Montjovet, Saint Vincent, Challant, Graines, e Chàtillon, che aveva acquistato la signoria, quadi Verrès, con investitura de1372; e acquisterà in seguito le signorie ancora di Issogne, làChàtel, Andorno, Surpierre, Ga glianico. Castellano di Aviglianapodestà e ricevitore dei redditi dIvrea. Accompagna Amedeo Sesto di Savoja, il Conte Verde, nel l'impresa d'Oriente, del 1366 quando questo magnanimo prin cipe accorse a salvare da Turchi e Bulgari l'Imperatore e cugino Giovanni Paleolago, e l'Impero insieme; e compì le memorandgesta e riscosse le fulgide vittorie cui s'ispira l'animato monumentdi Pelagio Palagi, in Piazza deMunicipio, a Torino. Torna piai-leardi, ti Challant, pellegrino i Terra Santa. Capitano di Piemonte, come oggi diremmo generale, combatte, nel 1S1L, contro Galeazzo Visconti di Milano. Inviato dal Conte di Savoja presso Barnabò Visconti, a Pavia e a Mila- no. Guerreggia e vince contro il Sire di Quart, Enrico: Quart, Z'Ad Quartum dei Romani, oggi Quar- nidopebrGstil capeto Pretoria, qua, sulla strada dijseAosta. Sconfisse in battaglia, e « tenne nove mesi prigioniero, nel castello di Montjovet, il Vescovo di Vercelli, Giovanni Fieschi dei conti di Lavagna; e fu perciò scomunicato dal Papa, Gregorio Undecimo, il francese Roger de Beaufort, papa avignonese. Ma non liberò il mitrato prigioniero, finché questi non ebbe firmato la rinunzia alla signoria di Biella. E per insigni atti di pietà, indi ottenne la revoca della scomunica dal nuovo Papa, il napoletano Bartolomeo Prignano, Urbano Sesto. Già balivo della Valle di Suso; rettore di Biella, di Chieri, di Torino, di Pinerolo e di Nizza; governatore e capitano generale dì Piemonte, ossia maresciallo, investito anche della suprema autorità civile, e luogotenente di Savoja; seda contese e rivolte, nelle terre canavesane, specie le fiere sommosse dette dei Tuchini e del Tuchinaggio, sorta di Jacquerie locale, e nelle terre valdostane e nel Genevese e nel Vallese. Arbitro in compromesso tra il Conte di Savoja e il Marchese di Monferrato. Negozia la lega del Conte di Savoja Amedeo Settimo, appunto il Conte Rosso, con Galeazzo Visconti, Signore di Milano, nel 1390. Ministro di Savoja, lo stesso anno, alla Dieta e Congresso di Sion. Cavaliere dell'Ordine del Collare, fondato dal Conte Verde, che diventerà poi l'Ordine della Santissima Annunziata. Consi gl'ere di Bona di Borbone, vedova e o o e o di Amedeo Sesto, tutrice del nipote Amedeo Ottavo, dopo la morte del figlio, Amedeo Settimo, il Conte Rosso; ha facoltà di ricevere giuramento dai vassalli, tratta col Conte di Virtù, a Pavia, conchiude accordo coi comuni del Vallese; va ambasciatore presso l'antipapa avignonese Clemente Settimo, Roberto di Savoja; va ambasciatore al Duca di Borgogna, per richiedergli la mano della figlia Afona per il giovinetto Conte di Savoja Amedeo Ottavo. Morì il ventini settembre H09; e Amedeo Ottavo gli fece dir messe di suffragio dai Frati Minori di Montmélian. Aveva sposato, in prime nozze, una parente, del ramo dei Signori di Cly e Chàtillon, Giacometta; e non ebbe figli. Si rivendicò colla seconda moglie, Giovanna dei Signori di Nus, da cui ebbe la bellezza d'undici rampolli, sei maschi e cinque femmine. lì poeta del « Conte Rosso » E forse il ben informato aveva esaurita la sua sapienza in argomento; dacché la signora colta potè riprendere, traendo un sospiro: — Ah, quella scena! quand'egli getta la spada ai piedi di Ame deo Settimo, in conspetto di Bona di Borbone, di Bona di Berry, dell'intera corte: « ... Prendete — La mia spada, signore: io più non sono — Che un ribelle... ». E la voce e lo sguardo di Andrea Maggi, quello sguardo magnetico, quella voce d'un timbro così sonoro, d'una pienezza così virile e armoniosa, di quelle voci come sulle scene, purtroppo, non se n'odon più; dizione occhi figura' di Andrea Maggi, e finezza e vigore d'interpretazione, che non si dimenticano, che oggi si cercherebbero invano; lui, il Conte Rosso, che rispondeva: «... Ripiglia la tua spada, Ibleto: — Troppo mi duale di vederla a terra — Come un ventenne ucciso...». Al vecchio e famoso teatro Gerbino, voi non ricordate, non potete ricordare: ma tutt'i migliori, allora, passavan di là. Adesso non so più chi rappresentava Ibleto di Challant, in quella compagnia del Maggi. Questo non lo sa nemmeno il signore fornito di quel po' po' di notiziario storico. Ma prende lo spunto dalle rievocazioni teatrali della signora, per riattaccare: — E il poeta appunto del Conte Rosso, il caro e squisito Giuseppe Giocosa, in quel suo libro, co.sì ricco di dottrina e smagliante d: robusta prosa, Castelli Valdostani c Canavesani, che nella lussuosa recomtodiderefoinsaorzanmLdasitesasgUsRcbqè plos'mcMsutesvpddcccslpnlcplpHdqplsgvpsmedcep,rnpl ù' edizione torinese di Roux, Frusitsati e Co, fregiata dei disegni fi- ssimi del Chessa, fu offerto in ono agli abbonati de La Stampa, er Vanno 1S9S, l'anno della celerata Esposizione di Torino; il iocosa, avendo rilevato che quea ròcca di Verrès rappresentava quarto periodo delle costruzioni anavesane e valdostane, il più erfetto, nota — e il signore tras- e una sua polizzina, e lesse: — ...Non un rilievo rompe la cor- etta nettezza del suo profilo », ome vedete: « non maschio nel mezzo, non torri agli angoli, nè orricelle. I più avveduti «omini i guerra, sullo scorcio del secolo ecimoquarto, cominciavano a fae i conti colle artiglierie... A cosi ormidabili offese, Ibleto stimò utile e pericoloso opporre i rialti delle torri e delle torricelle, rmai non più tutelate dall'alteza. Egli concepì e costrusse la uora ròcca in forma di un enorme dado di trenta metri ogni lato. e muraglie ebbero uno spessore oppio di quello usato nei castelli nteriori... ». E la ròcca sorse ineme fortezza e casa: « ... La forezza non vi mette a disagio la caa, e non ne è indebolita... la casa ignorile umanizza e nobilita con entilezza d'arte la fortezza... ». Un altro de? più insigni della caata, il quinto Conte di Challant, Renato, un secolo e mezzo dopo, ioè nel 1536, elevava poi la cinta astionata, intorno al castello: uei ruderi, oggi. E anche questo tramandato in una lapide, sulla orta della stessa cinta; dove alo stemma di Renato di Challant accoppia quello della seconda moglie, delle quattro ch'egli sucessivamente impalmò, Donna Mencia di Portogallo. Entriamo, ignori. Passata la soglia, munita di na porta ferrata, rumorosamene stridula sui cardini, una frecura di cantina e odor di'muffo entano in faccia alla comitiva, er l'atrio vasto e cupo. Ma di là a una seconda porta, cioè l'arco i porta che vaneggia dirimpetto, on scolpite sagome ogivali al ontorno, ride di là il Sole, nel ortile quadrato; tra le mura posenti. Splendore e rovina dd— Ecco gl'intacchi e guide dela saracinesca, a difesa di questa porta interna; e le due caditoje, là nella volta, per cui i difensori dela ròcca colpirebbero il nemico he fosse riuscito a sforzare la porta esterna e penetrare nel'atrio; come abbìam visto l'altre piombatoie, ali esterno, al fommoHello n' ,1 ,n a 71 n no,- In rfi^cn rfi delle muraglie, per la difesa di queste, e raddoppiate sopra la porta d'ingresso. Nel cortile e per i locali del'edificio, si ha un'impressione di squallido abbandono, e della lunga progrediente incontrastata rovina. Gl'immensi camerotti del piano terreno, già alloggio delle soldatesche e magazzini per le macchine e materiale da guerra, e per le provvigioni, e la cucina della gente, coi loro monumentali camini doviziosamente sagomati; e al primo piano, il salone da pranzo de. s.ffuon, le sale di pa--ntti lo oon,o,-o o r,„oho r,,,i, i MA. rata, le camere, e anche qua i mo numcntali camini, sagomati in pietra da taglio; tutto intaccato roso scrostato fenduto sbrecciato dal tempo, e forse più devastato da un rapace e ingiurioso vandalismo di uomini; tutto incute un senso di rimpianto, per la bellezza e il fasto perduti, di mestizia, per la scheletrica e desolata testi monianza di ciò che fu, di acco-jramento, che nessuno abbia an-,corre provveduto, almeno alle ne- jcessila più urgenti, nessuno prov-1veda. Altro che la sontuosa mo- bilia inventariata nel 1565, alla]morte del Conte Renato; e di cui\lo studioso abate Frutaz riproéu- cera, min ufi ^elenchi, documento idi più curioso interesse, negli Atti della Società d'Archeologia di To-rino, al settimo volume; ma tra le spoglie e martoriate pareti, per le vacue e lordate stanze, nell'aria fredda, spira un insistente memento mori, assilla al pensiero il sic transit gloria- E la gloria, gloria d'arte, d'ar-chitettura, testimonia ancora ioscalone, «... scala da giganti...», che assale dal cortile le muraglie interne, si sviluppa sui quattro lati, cingendole a mezza altezza di larghi ripiani, e da questi si slancia nuovamente in alto, a raggiungere il secondo piano: « ... OH areni di granito si spiccano uno dall'altro còlla sveltezza di- unErcole diciottenne: solo appoggio visibile, il suolo, onde si diparte la prima branca. E l'ardimento architettonico è ancora invaghito da certe sagome correnti sullo spigolo di ogni arco, semplici, aggraziate e scolpite con una precisione davvero magistrale... ». Se si consideri che la costruzione rimonta al tempo in cui l'architettura, in questa regione alpina, e per il Piemonte in genere, era appena risorta da un oscuro periodo di decadenza, questa scala, che costituirebbe mirando esemplo tecnico, nonché artistico, a' «ostri giorni, resta una maraviglia del- l'arte medievale. E della gloriad'arte testimoniano ancora, insie-me con i mastodontici camini, io ro struttura e loro decorazioni, lea crociera, e bifore e trifore: in cui la bella pietra verdognola, chc ne delinea e rileva il contorno, e poi ancora nei cc.pitelli e modiglioni e cantonali, la pietra fiorisce in una finezza di lavoro, in una varietà e leggiadria di motivi.in una delicatezza e prcstir/iosità \di flgHrasioHÌ ornamentali; peri-. . * .•' ' 1 tissime e stupefacenti. aoerture interne ed esterne nor-apeiiuie inrerne ea esienic, poi te e finestre, con loro sagomaturee modanature e cornici e rilievi,porte quadre, ad arco romanico, rogiva, a ogiva trilobata, finestreI due ultimi piani, crollato itetto, sfondate le volte, espongono i rotti muri a tempesta e a sereno; e ulula il vento, lassù, e scroscia la pioggia o turbina la neveoppure, com'oggi, s'indora il sole; c per l'enorme vuoto, in alto, a notte palpitano le stelle. E un altro vuoto spalanca la sua gola nera, in mezzo del cortile: quella che fu già la cisterna, scavata nella dura roccia, e di cui la volta è crollata in parte. In fondo, e pa,re profondissimo, un luccicore im \f , m SCQlnto - ri!lta I _ _ ? \ dell'ultima pioggia, l'altro giornoMario Bassi