Contadini di Enrico Emanuelli

Contadini Contadini Eravamo stanchi, perchè da un pezzo camminavamo per deserti sentieri di campagna, tra umidi boschi di castagneti, scendendo dalle colline di T., dopo esser stati a visitare i vigneti che questa volta davano una quantità d'uva da molti anni mai vista, non ancora vendemmiata. La stanchezza ci faceva silenziosi, anche annoiati, e soltanto la promessa di una vicina osteria, dove avremmo trovato da star seduti e da bere, aiutava a dare un po' di scioltezza ai nostri passi ; ma, ad un tratto a farci nuovamente più spediti, fu nell'aria una rabbiosa ventata gelida che ammassò una caotica galoppata di nubi sul crinale della collina e fece il poco cielo rimasto sgombro basso e d'un color fosco, un grigio sporco. Il repentino mutamento, proprio dei mesi caldi, che pareva cancellare dalla nostra memoria il ricordo di un dolce pomeriggio, più che una sorpresa ci parve un maligno tradimento, contro cui nulla potevamo ; e di qui, forse, la nostra stupida irascibilità. Sebbene i segni dell'imminente temporale si facessero sempre più chiari e minacciosi, speravamo di raggiungere in tempo la nostra mèta e di trovar riparo alla furia dell'acqua che di lì a poco, certamente, si sarebbe unita a quella del vento. Infatti, correndo nei punti più agevoli, dopo pochi minuti eravamo davanti alla porta della osteria, e, tornati improvvisamente allegri, come uscissimo vincitori da una gara, entrammo gridando e ridendo. L'osteria era in una casa.ad un piano, sorta chi sa per quali ragioni tra la strada provinciale e la campagna, ma lontano dal paese, in luogo quasi deserto; dentro era molta gente, tutti i tavoli erano occupati, e un calore quasi di stalla, se sull'istante dava fastidio, subito diventava però piacevole. A quella nostra irruzione rumorosa, parecchi ci posero gli occhi addosso, squadrandoci con certi sguardi acuti e freddi, in cui s'avvertivano insieme diffidenza ed ostilità, come fossimo giunti inaspettati a disturbare una segreta adunanza. Era un pomeriggio di domenica, tutti ì contadini degli sparsi cascinali erano venuti all'osteria, sui tavoli vedevamo le carte per la scopa, la lavagna con la zampetta di coniglio per tener conto del punteggio, ognuno aveva il bicchiere vicino ; ma nessuno più giocava, anche ci accorgemmo che nessuno beveva o parlava : si passavano soltanto occhiate e cenni brevi del capo con una reticenza preoccupata e misteriosa. Solamente, e di quando in quando, qualcuno si alzava camminava sicuro verso una delle due finestre che davano sulla campagna, restava a guar dare il cielo, poi tornava al suo posto, ruminando dentro di sè chi sa quali osservazioni. Nella grande stanza era qua si buio, come per una precoce notte, ed i minuti trascorrevano lentamente dentro quell'atmosfera d'attesa, in cui trapelavano la rabbia soffocata ed irancore taciuto. Pareva che tutti fossero lì, aspettando un momento terribile, il crollo della casa o lo scoppio d'una bombae quasi sentissero che il momento" s'avvicinava, senza più ormai alcuna via di salvezzaBastava però osservarli me glio per capire come la condanna fosse sopportata virilmenteseppure con un atteggiamento che diceva la sua ingiustizia ; ese non fosse stato per una madissimulata angoscia, si sarebbe potuto credere ad una rasse gnata indifferenza, come quella dei martiri. Ad un tratto si vide uno che faceva segno, con la mano, ad uno spicchio di cielo nero, plumbeo che si scorgeva nel riquadro della finestra comuna macchia piatta, di una consistenza marmorea; ed indicandola, diceva ai compagni : — Ecco il segnale, accidenti. Non mi posso sbagliare. — In quemomento lampeggiò il primchiarore di un fulmine, e poi lscroscio cavernoso d'un lontantuono rimbombò a lungo, correndo per l'aria ; e, come l'une l'altro fossero segnali temuteppure tanto attesi, tutti glsguardi si voltarono verso due finestre e rimasero immobili, come attratti e rapiti duna visione che solamente lorpotevano scorgere. Allora un vecchio si alzò dscatto, gridò ironicamente : — Che bella giornata, che bel po meriggio —; ma nessuno par ve sentire l'esclamazione acdula e dispettosa. Pure noi restammo silenziosi, gli occhi sunostro tavolo; anche alcunsguardi, che ci sfioravano comstaffilate, quasi noi facessimparte d'una schiera d'uominincapaci a capir quelle _ pene, ci consigliarono di rimanere quieti. Ci fu un altro lampeggiarviolento, la campagna riverberun istante con colori ( sulfurepoi seguì uno strascichici di tuono, rabbioso ed ironico nellstesso tempo; quindi, in qusilenzio, i vetri delle due finestre diedero un suono minuto chiaro, come di leggere nocchche sopra vi battessero, impazienti. Nessuno più resistetttutti si affacciarono, lottaron o , l a a o a e — n l o o o o i i a o i — ul i e o ni per conquistare un posto davanti alle finestre, e rimasero a uardar fuori,. gravi ed ostili. ,a grandine veniva giù fitta, era uno spesso velo rigato . che impediva,' a tratti, ogni vista; rimbalzava sui vetri e sui davanzali, s'accumulava per terra; e dalla terr.a bagnata un vapore denso, una nebbia improvvisa, fumigava sfilacciata nell'aria. Nessuno ancora parlava, anzi pareva che con quell'ostinato silenzio volessero negare quanto stavano vedendo; per questo, quando una ragazzina, che doveva esser figlia dell'oste, divertita da quel battere imperioso dei chicchi gelati sui vetri, disse ingenuamente : — La grandine, la grandine —, ualcuno si voltò, non riusceno a perdonare quella fanciullesca meraviglia, la fissò in modo crudele, sproporzionato al momento, disse in dialetto : — Che bella scoperta, capisce anche lei, la scema, che e grandine —. Intanto un giovane era! andato fuori un attimo ed era tornato tenendo sul palmo della mano i chicchi raccolti da terra e li mostrava ai più "curiosi, li soppesava come fossero diamanti, li batteva con rabbia sul pavimento per saggiarne la durezza; ma non voleva o non sapeva cavarne nessun commento. Dal nostro tavolo guardavamo quelle schiene pigiate contro i vetri delle finestre, felici che si riprendesse a parlare : sentivamo che già qualcuno, osservando sin dove era possibile il cielo, ne traeva astrologati calcoli di più o meno catastrofiche conseguenze, altri invece ruminava con un compagno imprecazioni contro una assicurazione che non aveva rinnovato. Ci sentivamo obliati, caduti in un mondo preso da preoccupazioni tutte differenti dalle nostre e che pure si rivelavano vive e forti e gravi. Gridare, od intonare una canzone, mostrarci magari assorti in una qualsiasi nostra discussione sarebbe forse bastato, ' in quel momento, per dar origine ad un diverbio, ad una rissa fragorosa, stretta e soffocata fra quelle quattro pareti. Durò così una ventina di minuti ; poi, come succede ai temporali estivi, che sembran sciupare nella furia iniziale tutta la loro prepotenza così velocemente accumulata, la grandine cessò, seppure dopo alterne riprese sempre più rade e deboli ; e venne giù una pioggerella pigra ed innocente. Allora molti, che già stavano col cappello in testa, infilarono la porta dell'osteria, come fuggissero un luogo pericoloso, e si diedero a correre verso la collina, m tutte le direzioni. Saettavano davanti alle due finestre, curvi, in un istintivo atteggiamento che doveva, insieme, ripararli dall'acqua e far più veloce la corsa. L'osteria rimase interamente deserta, dalle finestre ora aperte un'aria fresca e leggera entrava, il cielo riappariva slavato, smorto come dopo una grande fatica, l'oste andava tra i tavoli a rimetter in ordine le seggiole, a ritirare le bottiglie vuòte ed i bicchieri. ILLcocoantianfotepere18tal'acicofrmpeLciIPalamdgCMcfllasvmènssrgbclopnuosdPFnslznrsPoi, ! più solleciti, e quelli che avevano le vigne non molto lontano, tornarono. Notizie precise recavano ; la grandine aveva avuto violenza soltanto su un fianco della collina e precisavano con ingenuo compiacimento, dicendo i nomi dei proprietari, elencando i poderi, là dove il danno era stato maggiore. Si mostravano allegri, indifferenti che ad altrii fosse toccato il peggio, pareva che già avessero dimenticato, con sorprendente volubilità, le angosce e la faccia scura di poco prima. Volevano, e presto, nuovo vino e le carte per terminare la partita : così ripresero a bere ed a giocare con una felicità insieme crudele e petulante. Ma non tutti tornarono, molti tavoli rimasero vuoti, per quanto noi rimanessimo là a lungo, sin quasi a notte, aspettando che anche la pioggia cessasse. I fortunati ridevano, cercavano d'esser spiritosi e mòrdaci in un loro modo ingenuo e grossolano, si punzecchiavano a vicenda e più ancora deridevano quelli non tornati dopo la visita ai loro vigneti ; poi, improvvisamente, un vecchio che stava a vedere i giocatori, si alzò per andarsene. Anche lui rideva beato e fermo, nel mezzo della stanza, con popolare efficacia diceva che a quell'ora coloro che non erano tornati, perchè avevano avuto l'uva guasta, cercavano inutile sfogo litigando con le mogli, nelle lo ro case. Le parole del vecchio avevano una antica esperienza, ma agli altri non importava gran che : non sapevano traine nessun insegnamento, continuavano a giocare e, smargiassi, a ridere. Enrico Emanuelli cmspnts

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