LA CUCARACHA

LA CUCARACHA ali legionarie: in spagna LA CUCARACHA Una definizione data dalla fantasia dei mori -- Quando i rossi erano soli e quando non lo furono più — Battaglie di 90 aeroplani La tecnica del combattimento a quattro o seimila metri (Dal nostro inviato speciaie) i SARAGOZZA, settembre. Poncho Villa? Tu ««reati il Poncho Villa, capobanda di unì Gruppo da Caccia? Con questa\ esile struttura di piccolo uomo',biondo, dagli occhi azzurri e dol-Iet, le mosse lievi, il passo leg-, gerò, le mani piccole? Non è fa-] cile pensarti, nei panni del grosso « bandolero » messicano. Un Poncho Villa che non sputa, che non fuma la marihuana e non'jporta allo cintola delle massicce rivoltelle calibro 9. E i tuoi uomini, questi ragazzi dai venti ai venticinque, così composti e puri, nelle « tute » bianche di volo. Buoni come bimbi buoni, biondi come Sigfrido, bruni come il Cid Campeador, campeggiatori del cielo,\ angioli a elica, cherubini a 400 chilometri all'ora? Anch'essi della « Cucaracha » ? Casero dice: — La colpa non è mia, è dei mori. Chiamo Brambilla, che te lo spieghi. Un altro nome andava meglio S'avvicina Brambilla, il capitano della I Squadriglia, cacciatore di « Rata » e di « Curtiss » al cospetto di Dio e di Maometto, acrobata da far rizzare i capelli. Racconta: «Eravamo sul fronte di Madrid ai primi mesi della campagna. I mori delle colonne Ascensio e Arando, avevano attraversata tutta la Spagna, Dio solo sa come, da Algesiras alla Castiglia Nuova. L'aviazione legionaria non era ancora formata, la rossa già in piena potenza. Quei bravi marocchini appresero a loro spese che cosa fossero i bombardamenti aerei quotidiani, cosa volesse dire vedersi sul capo una decina di apparecchi che mitragliavano a corpo perduto nelle trincee, senza disturbo di avversario. L'aviazione nemica in quei mesi di baldoria fece quello che volle. Poi arrivammo, le prime pattuglie da caccia; e cambiò sonata. Ne buttammo giù a grappoli. Il povero marocchino non entrava nei panni dalla gioia quando vedeva i passerotti madrileni andarsene a capo all'in giù. Si sorprendevano del come facessimo presto. E siccome sono fantasie calde, ci dissero che avevamo il morso velenoso di uno speciale scarafaggio che vive nel le sabbie di Tetuan. Venivano nel cielo i « Rata » rossi. .Noialtri su, addosso. Essi dal basso ricevevano l'impressione che i « Fiat » punzecchiassero con un dardo avvelenato l'apparecchio nemico che crollava come una mosca stordita. Perciò da quel tempo siamo le « Cucurachas -•>, gli scarafaggi con le ali. Tutto qui ». Casero aggiunge: « Come vedi non c'entro. Ho trovato le cosefatte. Fosse stato in me avrei dato un altro nome al Gruppo: quello che portò per le montagne dell'Etiopia, da Adua a Mai Mescic, dall'amba Bircutan ad Addis Abeba, un Capo indimenticabile e il gagliardetto nero delle Squadre di Firenze ». Ricordo della « Disperata ». Casero ed io sulla porta del baracchino al campo di Saragozza, ci guardiamo in faccia senza parlare. Dopo i giorni torridi l'offensiva rossa stagna. Il vento ha girato a tramontana. Dalle dune di calce dell'Aragona si leva un polverone d'ocra. Le squadriglie all'ancora sul terreno, sfocano in quelle dense nubi. Galleggiano nell'aria vorticosa e fredda pezzdell'altopiano etiopico: i pettini delle ambe, le vallate tìgrine, le gole dell'Alagl il trapezio dell'Aradam e tutto translucido nel nitore platinato del sole d'un altro tempo. Ricordi. Il campo di Asmara, il campo di Sciafat. La sera del ritorno da Mai Mescic L'apparecchio del Comandantecrivellato di mitraglia, le grandichiazze rosse di sangue sulla fu soliera, il sellino della mitragliatrice di Dalmazio Birago contornato dai colpi. L'azione di Addis Abeba, la partenza dal mare di fango di Dessiè verso la capitaleil rullaggio della « Disperata » sul suolo ancora nemico tra le scariche infernali dei mitragliatori negri. Mentre Casero guarda, svagato, le nubi di calce rosse avvoltolate dalla tramontana, gli rammento la sera di Asinara quando Alessandro Pavolini improvvisò sull'aria di una canzonetta napoletana le strofe della « Disperata ». Vieni con noi Toselli Vieni con noi Galliano II nostro Comandante è... Adesso il ritmo è un altro, Ascolto dal capannone t meccanici! che cantano in coro il rauco moti- VO: La cucharacha que no quiere ] caminar - Porque le falta mari- Juana de fumar... j Gli allineamenti dei vecchi ConIII del bel tempo d'Africa si dis- solvono nel vento che infuria. ZVajlume e lustro delle volute di polvere riappaiono le interminabili i a e n e n o i i e o « cucharacha » che suona il sasso fono e fa uscire dall'imbuto un «Rata* nero. L'apparecchio nemico. L'astuzia del falco teorie dei « caccia », brevi, ossuti. ! mimetizzati, ognuno col suo bi- slacco stemma sulla fusoliera: una\Prima di raccontare le gesta del gruppo Casero è forse utile dare qualche idea sul volo di combattimento, o, meglio, battaglia aerea. E' chiaro che non intendo trasmettere opinioni e impressioni dirette. I caccia, com'è noto, sono monoposti ed è sommamente difficile viaggiare da passeggero su apparecchi che vanno a combattere tra i quattro e i seimila metri di quota. Tuttavia ho raccolto idee e impressioni da piloti che hanno al loro attivo dai cinque ai quattordici aerei abbattuti. Comincerò col dire che nel cielo del combattimento « vero » non esiste una condotta a regole fisse. Inoltre la vecchia idea del duello in aria consacrata dalla Grande Guerra è radicalmente modificata dalla esperienza moderna. Non esiste praticamente più il caso dell'aeroplano contro l'aeroplano, ma è sostituito da una massa contro un'altra. Le teorie antivedute dal generale Douhet e da Italo Balbo sull'impiego collettivo dell'arma hanno ricevuto una luminosa conferma nella guerra di Spagna. Ed anche in questo campo si è andati per gradi, nel senso che si cominciò nell'inverno scorso con l'impiego di una squadriglia, quattro o cinque apparecchi, e a mano a mano si è passati al gruppo di squadriglie e persino allo stormo. Quanto dire che si sono verificati scontri in cui la massa complessiva degli aerei da caccia in combattimento superavano i 90. Cosa avviene durante questa zuffa, nelle solitudini dell'alta quota? Quale è la tattica e la, strategia comandanti? Qui tutto è empirico, vanno appena formandosi dei criteri che l'esperienza collauda a suono di mitragliatrici. L'assioma fondamentale della battaglia aerea pare che sia- il seguente: «Portare la formazione compatta sul nemico, cercando di piombargli addosso di sorpresa a quota più alta e in condizioni di luce favorevoli ». Ogni capo gruppo ha- il segreto della sua formazione. E' la sua firma. Veder passare sul cielo una serie di squadriglie geometrizzate secondo una disposizione di parallele, di cusjiidi, di spezzate, e riconoscerne il comandante, per uno pratico, è facilissimo. La formazione è nella guerra aerea ciò che per gli ammiragli è la disposizione delle siluranti nell'imminenza dello scontro navale. Importa che tutti i piloti abbiano la- possibilità di vedere dietro davanti e ai lati. Occorre moltiplicare il più possibile il numero di occhi utili, perchè la guerra si /"in due e la sorpresa è un elementosu cui gioca anche il nemico. Quando si naviga in venti trenta apparecchi il campo di osservazio- » ™»F Z^.w^ne diventa limitato anche sull'onz-zonte dei seimila metri: perciò che la formazione è la chiave della battaglia. Esistono voli notturni di guerra, e qui, gli apparecchi',^ «™PP° Morelli, protetti dalle i i , l ò compiuti numerosissimi per rifar-mre gli assediati di Selenite, pei-esempio; non esistono invece com¬battimenti aerei notturni. La indifferente natura che non riesce a modificare o influenzare gli istinti guerrieri dell'uomo, pone il suo veto alla battaglia aerea. Il glorioso sole dell'alta quota, anzi, può, ab bagnando le masse aeree di unodegli avversari, influire sulla vit-torio. Perciò il capo di una forma-zìone cerca di mettere il nemicocon la faccia contro luce. Nellebattaglie navali avviene il contro-rio. perchè la luce al tergo dell-mito le sagome delle navi in nero, prezioso elemento per il tiro. In ariti è tutt'altro. Il pilota; la macchina, le mitragliatrici sono un'arma sola guidata da riflessi nervosi eccitati da impressioni ottichc. La retina umana diventa I motore delle mitragliatrici, Il fante si apposta dietro gli alberi, i sassi, le montagne, il piIota da caccia si occulta dietro le nubi, che sono le sue montagne e le sue colline. Egli ama le nubi, i bei coltroni bianchi a grandi squarci che veleggiano come continenti perduti. Le squadriglie in volo possono vedere senza essere viste, ci si arrampicano sopra B corrono parallelamente allo strato osservando dalle grandi botole degli squarci il cielo delle operazioni, sottostante. Gioia- di sorprendere dall'alto di un tetto di nuvole una formazione nemica, piombarci sopra all'improvviso, bucando l'ovatta, e menare botte da orbi. Quando il cielo è coperto da cumuli sènza sdruciture, i cacciatori se ne vanno al pelo inferiore del materasso, ■ .si funno piccoli piccoli, come i bimbi che giocano a nascondersi, confondendo le ali con i fiocchi di bambagia, vorrebbero imporre silenzio al motore, arrivare addosso sulla testa del nemico trattenendo il fiato. Questa, dal falco in poi è l'astuzia di tutti i cacciatori volanti. j"." 1 ' Quando si combatte Accade a volta che uno solo veda. Laggiù, laggiù, in quell'altro prato celeste strisciano le formazioni avversarie. Il pilota guarda bene: sono puntini neri che ronzano. Gli altri proseguono la rotta, nessuno ha visto. Che fa lo scopritore? Dà tutta manetta al motore e rimonta la formazione fino al capogruppo. Batte le ali. Un leggero scuotimento al timone di direzione: l'apparecchio si mette a svolacchiare come una libellula. E' il segno. Da pochi metri si guardano. Il capo punta sul nemico, la battaglia è certa. Il primo pensiero è: fare quota. Si può accertare che la fase iniziale di ogni combattimento aereo è una gara di altezza. Ognuno vuol conquistare il vantaggio essenziale. Ma, quando le masse sono prossime e il contatto imminente, già non si pensa più alla quota. L'apparecchio cerca il proprio avversario, quello che si trovi in condizioni più favorevoli per la scarica. Di coda, di fianco. Tul to gas al motore e al resto pensa ''istinto del combattente. Aggredire, aggredire: buttarsi addossocon affondate favolose in candelatonfi da mille, cinquecento, trecento metri. Richiami fulminei comuso in alto, assalti sulla verticale dal basso. A Casero, a Brambilla a chissà quanti piloti da caccia è capitato di buttarsi sul nemico arrampicandosi da sotto in su, sparare superando la quota dell'avversario, riaffondarsi, passare ad un nuovo apparecchio più vicino, ritornare al primo, dare mano forte ad un compagno in pericolosa situazione investito da due parti. I ventagli dei proiettilpassano davanti al naso, sulla -luca, alle spalle. Ma il senso della vita — mi hanno detto i cacciatori della « Cucaracha » — non esiste più, l'anima si tende come un canapo. Annullare l'avversarioTutta la sensibilità della macchina umana si concentra nel pugno manovra i comandi delle armi, nei piedi che fanno agire i timoni di profondità, negli arti che fanno agire i timoni. Di tantìoómbattìnxenti aerei che ha soste\miti un cncciatore> di solito> no„ricorda molto. Una immagine permane nella sua retina: una giostra verticale in cui salgono c scendono come ludioni dell'aria cristallina gli apparecchi, in su e,in giù, un moto d'altalena combi natQ em „ M u% ÌQ1 asce„so)-e. — Quanto dura? Come finisce? — 7io chiesto. Casero, calmo calmo: — Dacinque minuti ad un quarto d'orami hanno detto, perchè io non sono riuscito mai a controllarloPerchè finisca, e come, nemmeno\lo so Sono cadm questi e quest\cKrtiS8, questi e questi «Rata», Neìla mischia ancora caxda> le ]squndrìghe si avventano puzte\anmisando, cercando. Ci sautia]mo Vu)l VaU).0 }e dita sulìa scariìca \ Ci accorgiamo di essere soliGiovanni Artieri UNO DEGLI APPARECCHI ROSSI ABBATTUTI DAI NOSTRI SUL FRONTE DI MADRID e trasportato come trofeo di g. ra su un grosso autocarro.