Il "circolo,, degli amici fra Lesa e Stresa

Il "circolo,, degli amici fra Lesa e Stresa MANZONI E ROSMINI Il "circolo,, degli amici fra Lesa e Stresa LESA, settembre.' Dice la concisa epigrafe: «più volte ». Mi son fatto un paziente calcolo, per disinteressato amor di precisione; e ho trovato che don Alessandro villeggiò a Lesa, esattamente, 14 volte, Dal 1839 al '57. Dopo il primo anno, ci tornò nel "41, poi nel '43; e dal '46 al '57, tutti gli anni. Il più lungo soggiorno lo fece dall'estate del '48 al settembre del '50; il più breve fu l'ultimo. Era morto Rosmini, donna Teresa era più malaticcia che mai. L'incontro con Rosmini Il primo incontro con Rosmini, tptst«clvpnI vpvntsche abitava a Stresa, non pare che ! cnfosse cordialissimo. Manzoni era nel pieno fervore • della sua teorica sulla lingua; andava già correggendo il romanzo, la cui edizione, illustrata dal Gonin, e che gli costò un occhio della testa, pistclusci appunto l'anno dopo; e si ca- vpisce che l'argomento dei primi rcolloqui vertesse sopràtutto sulla vexata quaestio. Don Alessandro : espose le sue vedute, si può pre- • sumere, con quella risolutezza e]quel rigore a cui lo portavano una sconvinzione maturata e l'Indole; stessa della sua mente conseguenziaria; e, anche se, com'era sua abitudine, temperava il discorso con la finezza del sorriso e l'arguzia sempre affiorante, sui principii non era un ragionatore che cedesse. Ci aveva messo poi un po' più di calore del solito; e Rosmini, là a incalzarlo con altre ragioni, a cercare di contraddirlo, cosa non facile, a richiamarsi alla tradizio ne aulica, quella che spesso affi ,nava il sorrisetto di Don Alessan- dro... «Mi ammazzava sempre !» parola in bocca », dirà poi Man zoni, riferendosi a quei primi col loqui. Ma la stima per la mente di Rosmini, e per l'uomo, erano! grandi già d'allora; e destinate a ingrandirsi sempre più. Del resto, il filosofo lo metteva a contatto di un modo sistematico di pensare, faceva entrare lo scrittore in un mondo di concetti rigoroso e organico, certamente più saldo di quello a cui residui d'illuminismo e di astrattismo settecentesco tenevano ancora legato Manzoni, sia pure per fili sottilissimi e quasi inavvertiti. Le discussioni, non continuate a voce l'anno dopo, seguitarono per lettera, e duraron parecchio. Ci fu scambio di lettere, sulla scottante questione della lingua, anche nel '43, da Lesa a Stresa; e i colloqui, che naturalmente s'allargarono ad altri argomenti, di morale, di filosofia, di storia e di politica, furono intimi e lunghi qualche anno dopo. Don Alessandro, ch'era un gran camminatore, partiva a piedi, specialmente il ponjeriggio, da Lesa; Rosmini veniva da Stresa, e s'incontravano a metà strada. Donna Teresa conosceva 1 temi di quel lungo chiacchierare del suo « grande » Alessandro col « santo » di Stresa, come già cominciavano a chiamarlo; e per quanto ne potesse capire, e la curiosità la tenesse desta, ne jriferiva subito con" lunghe lettere ]al figlio. Gli riferiva tutto, anche ji petits faits della giornata di don Alessandro. Spesso, quando Ro- smini arrivava a casa loro, usci- vano nel giardino a fianco della villa, e s'andavano a sedere, sem- pre discutendo, all'ombra di due ci-pressi, in fondo al viale. Ci sono ancora, alti e belli, e fanno fittis- sima ombra sul sedile di pietra; e ancora la gente li chiama i cipres-si del Manzoni. Quando era solo, egli vi si fermava lunghe ore aleggere; e leggeva di tutto, anche libri di poco conto, salvo poi a irritarsi con se stesso del tempoperduto. La sua conversazione Ma per quanto amicissimi, lonotò Tommaseo, si diedero ccnRosmini sempre del lei. E l'ami-cizia era più che fraterna, « dall'un lato e dall'altro, riferisce Tomma- seo nello stesso punto, paterna in-sieme e figliale ». Eppure la con-versazione era intima, animata dianeddoti, di cui don Alessandro era sempre fornito. E come li sapeva raccontare! Dice Bonghi nel «Diario » — scritto appunto come i « Colloqui » di Tommaseo, durane te e dopo i loro soggiorni sul lago: — « Sa un'infinità d'aneddoti e gli racconta con una gra2ia straordinaria, e senza accorgersi di raccontargli bene. Non s'ascolta punto nè aspetta di far colpo su chi ascolta: però piace di sicuro». Il « Diario » di Bonghi è da questo lato assai interessante, e ancora oggi freschissimo. Vi trovo uh aneddoto su Ferdinando I di Borbone, che parrebbe difficile sentir raccontato proprio da Manzoni, e in presenza di Rosmini, di fronte al quale talvolta pure si tratteneva. Un giorno Ferdinando « se ne usci per una scaletta segreta sulla marina e cominciò con certi lazzaroni che erano lì, a friggere delle costolette: la Regina Carolina se n'accorse, scese giù e cominciò a rimproverarlo. Ferdinando pareva compunto: ma quando sua moglie gli fu più accosto, colse il destro e gli tirò sul muso una costoletta fritta. Bonghi, ch'era ospite di Rosmini, accompagnava spesso Manzoni nel ritorno da Stresa a Lesa; Rosmini di solito, fino a metà strada, alle Sale, poco distante da Beigirate. E dev'essere di una di queste passeggiate quella risposta di Manzoni, che Tommaseo chiama socratica, appunto sulla loro principale questione, la lingua. Passeggiando lungo il lago dunque, Rosmini doveva far valere, rispetto all' amico, 1' argomento oraziano del: m»ì*a renascentur. Difatti, gli obbiettava che « certi usi in certe stagioni della lingua vengono meno, e altri sottentrano: a quali attenersi ? ». E don Alessandro, da poeta e da buon leggitore di Platone, come dice Tommaseo, risponde: « Di 11 abbiamo il lago, e non ci va nè pedoni nè carrozze; qui la strada carreggiata, e ci si passeggia: a certe ore l'acqua si ri- tira e la terra rimane allo sco-; pperto: si discuterà egli se quelittratto sia terra da camminarci o tsia lago? ». E Tommaseo common-1 vta per suo conto che la risposta non j t« risolve le difficoltà » neanche per | schi volesse metter fine a « cotesta lite uggiosa e malaugurata >. E fu veramente una lunga lite, che per fortuna don Alessandro, come tlasnotava col suo buon senso una j d volta donna Teresa, aveva risolto prima di pensarci tanto su: scrivendo i Promessi Sposi. I manzoniani, Tommaseo compreso, per tutti un po' la testa; e don Alessandro, almeno più parole del ne cessarlo, e più acume. Il tempo firLsnon dire di Bonghi, ci perdettero > ilpoi l'ha risolta; e quell'unità, che in fondo cercava Manzoni, fattasi sempre più salda nella vita politica e nel costume, s'è poi verificata, com'era naturale, anche nella lingua. Unità che non esclude- va le particolarità, ma le tempe rava con un altro concetto della lingua stessa; e appunto ci volle un altro concetto, un altro modo di vedere, come tutti sanno. Una domanda come questa: lingua to scana o lingua fiorentina? chi se la pone ormai più? Eppure, fu la : pficcbdmvrpblpossessione di don Alessandro per tanti anni, e specialmente durante i suoi anni di Lesa, gli anni della sua « verde vecchiezza ». Il circolo degli amici scfmvdSpesso Manzoni andava a Stre-!lsa solo, dall'amico. Faceva a ple-jzdi lo « stradone » oppure prende- Pva su per la vecchia strada, ima ì lstretta carrozzabile, in certi punti i0,più somigliante a una mulattiera, js gj riparava dal sole e anche dalla | t j™ eon un certo ombrello co-.slor blu, a cui era molto affeziona-1 to, tanto da richiederlo una volta 18! al figliastro da Milano; e, di buone gambe com'era — anche vecchissimo, si vantava di stancare un suo giovane accompagnatore per le vie e i bastioni milanesi — arrivava a Stresa tutt'altro che stanco. A questo suo piacere del camminare non dovevano essere estranee certe scarpe che gli aveva fatte un calzolaio di Belgirate: le uniche che Io avessero soddisfatto nzgpienamente. E donna Teresa, mo . glie sollecita quanto minuziosa, ! eccola a parlarne al figlio perchè gliene faccia fare ancora due paia dallo stesso calzolaio. «Senti — !gli scrive — papà è stato tanto contento delle scarpe di Belgirate che ne vorrebbe due paia ancora come le ultime fatte! Bada bene! solo che il sinistro abbia il tomaio davanti più alto sul collo, perchè la scarpa sinistra debb'essere. un po' più grande; il calzolaio ne sa già qualcosa ». E qualche giorno dopo torna sull'argomento: «Dunque, per le scarpe di papà, fa come t'ho scritto: due paia senza legnazzo, e un paio col legnazzo; solo che la scarpa sinistra sul collo sia un po' più larga e grande o abbondante; insomma prendi quella mia lettera... e leggila al calzo- ,na, negli ultimi anni Tommaseo; 'e Qualche volta vi capitarono an- che gli Arconati, per quanto visti ^ j laio ». ] Don Alessandro arrivava quasi j sempre sul tardo pomeriggio; Ro smini e Bonghi — andato a Stre aa soi0 per pochi mesi e pBi rima sfoci degli anni — lo accoglievano a .festosamente; e lo scambio d'im pressioni su letture fatte, su que1 stioni letterarie, su avvenimenti o ì politici, ricominciava. Di solito, - : Manzoni rimaneva a cena, e rie partiva il giorno dopo, nella mat-: tinata. E a Lesa, con donna Tere, sa, c'erano a volte altri ospiti, a|Rossari, il precettore del figlio, e ! Grossi, che, con dispiacere di dona na Teresa, doveva fare il notaio o'per vivere, qualche amico di Aroo,da donna Teresa con scarsa simn, patia. Gli Arconati abitavano a -1 Pallanza, ed era costante ospite n ; loro il Berchet, amico di Costan- ì za, una delle « damazz » che non -. avevano mancato di suscitare -1 qualche pettegolezzo sulla seconi,da moglie di Manzoni. Ma quei pettegolezzi, raccolti naturalmente da Tommaseo dalla fonte Cantu, quando l'esule dalmata si trovava a Parigi, erano ormai cose tramontate; e anche donna Teresa aveva saputo dimenticarsene, tanto da accettare dagli Arconati l'invito d'andare a Pallanza. E ci andò sullo achooner del figlio, che sapeva governar la vela forse più del pennello, tra i venti del « per- fido lago ». Attorno a queste figure del « circolo » manzoniano di Lesa, c'erano altri, o amici di Rosmini o di Manzoni; e ci fu anche il pittore Hayez, che, come aveva penetrarvi con la lama affilata del fatto alcuni anni prima in Milano il ritratto di don Alessandro, faceva ora quello di Rosmini. I due ritratti Nella villa di Lesa figurano ancora le riproduzioni dei due celebri ritratti. Il lungo, sfilato viso di don Alessandro, col capo lievemente piegato, i grigi capelli ravviati sull'alta fronte, la bocca ser rata e sottile, guarda come in una pausa della conversazione. E sem bra riflettere sulle ragioni del l'avversario, nell'intento di scom paginarne la struttura logica, di suo ragionamento. L'ampia giacca nera, dai grandi risvòlti, si confonde, attorno al collo, con la romantica, quasi lamartiniana cravatta, e vi fa spiccare il bianco dello sparato. La mano destra, llun#a e dalIe dlta affilate — Manzonl aveva bellissime mani — ri Posa sul bracciolo della poltrona, l'altra. appoggiata sulla coscia, e 001 gomito in riposo, tiene qualcosa sotto le dita, forse la prediletta tabacchiera, quella che chiamava scherzosamente -est-àttera». Anche Rosmini aveva viso Imi8° e affilato, il mento più promi- nente e aguzzo di quello di Manzoni, la bocca serrata, ma più larga, sotto il lungo naso appuntito. Sulla fronte e sull'orecchio brevi ciocche di capelli fanno onda, sbucando dallo zucchetto di sacerdote. E' pensoso, tutto raccolto in sè, come in un segreto, e dolce pensiero: difatti, una dolcezza pensosa è il tratto più evidente del suo volto, come un'attenzione serena è in quello di don Alessandro. Vestito dell'abito del sacer- . ! dote, la pellegrina sulle spalle, le due sole, macchie bianche in quel "ero della veste sono le mani lun!She e molh; con la destra che Teresa al fl lio _ rè un nin0 ma non sara nulla. fa me_ ^ mi pare cos} potl.a lavorare all'opera sua sulla lingua; benché abbia già fatto parlare così bene i suoi Promessi Sposi senza che lingua più ci fosse ». Ed ecco la grande questione, risolta col buon senso occasionale d'una donna. G. Titta Rosa regge gli occhiali. I due ritratti piacquero nel circolo » di casa Manzoni. E non solo per la somiglianza — il ritratto di don Alessandro aveva suscitato l'entusiasmo di tutti, ne era contentissima donna Teresa, lo avevano salutato con gran meraviglia persino i domestici — ma anche perchè tanto nell'uno che nell'altro gli amici videro rispecchiata l'indole dei due Grandi. Ma nel giugno del '55 Rosmini moriva; e Manzoni assistette muto alla lenta agonia dell'amico, e ne accompagnò il feretro alla tomba. E l'anno dopo, nel luglio, e per pochi giorni nel '57, tornò a Lesa solo per andare a pregare su quella tomba. Ma la tristezza già calava su di lui, insieme con le sventure domestiche. E' appunto di quest'anno l'annotazione nei suo « Diario »di Margherita Collegno: «Pioviscola tutto il giorno... Passando davanti casa Stampa a Lesa vedemmo don Alessandro Manzoni appoggiato alla finestra con un'aria cosi mesta che non possiamo trattenerci dal fermare il legno e salire a salutarlo.. ». Ai primi di ottobre, don Alessandro lascia definitivamente Lesa, ospite degli Arconati a Cassole « Alessandro — scrive donna VILLA STAMPA. I CIPRESSI DEL MANZONI I CAPI DELLE TRUPPE NIPPONICHE A SCI ANGAI. Il comandante del corpo di sbarca gen. Okawausci (a sinistra) e il suo capo di Stato Maggiore Takeda. (Foto trasmessa via transiberiana sino a Mosca e per aereo da Mosca a Parigi).