ORTÉGA un Nietzsche minore di Filippo Burzio

ORTÉGA un Nietzsche minore PROFETI D'OGGI ORTÉGA un Nietzsche minore Nella nostra classificazione dei Profeti d'oggi abbiamo distinto i messaggi spirituali operanti fra i contemporanei in Umanistici e Trascendenti (o religiosi in senso stretto) ; e l'Umanesimo lo abbiamo poi suddiviso, a sua- volta, in Razionalista, Irrazionalista, Spiritualista. Diciamo oggi che fra gli umanisti « irrazionalisti » spetta al filosofo spagnuolo Ortèga v Gasset un posto eminente: chiamandolo un Nietzsche minore, io credo di averlo abbastanza esattamente caratterizzato; la sua affinità e discendenza da Nietzsche (prototipo di tutti i numerosi irrazionalisli odierni) è infatti evidente, e valgano pochi esempi a dimostrarlo. Qrtèga ha ammirabilmente compreso la filiazione (spuria, se volete) dell'Umanesimo razionalista — quale si manifesta nelle ideologie progressiste, positiviste, demo-liberali, socialcomuniste — da certi aspetti del Cristianesimo; il che ha tanta importanza; nello studio che abbiamo intrapreso, per capir bene.le cose. Ascoltiamolo. «La scienza e la ragione erano andate demolendo quell'oltremondo celeste che il Cristianesimo aveva elevato alle frontiere dell'oltretomba, ed alla metà del secolo XVIII il divino e l'aldilà erano andati evaporandosi. Restava agli uomini la proprietà di questa vita. Parrebbe giunta l'ora di affermare risolutamente i valori vitali (vedremo in seguito che cosa intenda Ortèga per « valori vitali »). Invece non se ne fece nulla. Il pensiero dei due ultimi secoli, quantunque non cristiano, adotta davanti alla vita un atteggiamento assai analogo a quello del Cristianesimo. Quali erano, fino a poco tempo addietro, per l'uomo moderno i valori sostanziali? La scienza, la morale, l'arte, là giustizia — quel complesso che si è chiamato « cultura »... ora la superstizione culturale è un. cristianesimo senza Dio... Trent'anni fa la gran maggioranza dell'umanità europea viveva sotto il segno della « cultura ». Scienza, arte, giustizia erano cose che parevano bastare a se stesse. Una vita spesa integralmente per esse era soddisfatta di sè:>. (ricordiamo infatti i famosi santi laici, asceti ottocenteschi della cultura). « Fino alle soglie del nostro secolo l'uomo politico che in un'assemblea evocasse la « giustizia sociale », le « libertà pubbliche », la « sovranità popolare » trovava nell'intima sensibilità dell'uditorio sincere, fortissime risonanze. Oggi, le cose sono cambiate ». Cólto nel segno, non è vero? e con notevole anticipo sugli avvenimenti. Ma Ortèga non è solo un « intellettuale », cioè un sensibilissimo sismografo premonitore delle bufere ideologiche, aspira anche ad essere un maestro di vita ; non si limita a registrare, vuol dar norme e "giudizi di valore. Egli approva e seconda quel che ha constatato. « Non e attraente l'idea di invertire completamente questo atteggiamento » (cioè l'umanesimo razionalista post-cristiano) ?... « Non è un tema degno della generazione che assiste alla crisi radicale della storia, moderna compiere il tentativo opposto alla tradizione vigente, e stare a vedere che cosa accadrà se in luogo di dire: la vita per la cultura, diciamo : la cultura per la vita"?... Lo scoprimento di valori immanenti alla vita fu in Goethe e in Nietzsche un'intuizione geniale che anticipò un fatto futuro... l'epoca annunziata da quei geniali presagi è giunta, è la nostra ». E come vede Ortèga quest'epoca nostra? « Uno dei tratti più generali nella maniera attuale di sentire l'esistenza è quello che ho chiamato il sentimento sportivo e festoso della vita. Il miraggio del progresso culturale, che è stato la religione dei due ultimi secoli, non poteva valutare le attività dell'uomo che in vista dei loro risultati... questo sforzo obbligatorio, imposto da determinate finalità, è il lavoro. L'Ottocento, per conseguenza, ha divinizzato il lavoro». Il Novecento, invece, opporrebbe alla religione ottocentesca del lavoro qualcosa di nuovo : « Al lavoro si contrappone un altro tipo di sforzo, che non nasce da imposizióni ma è impulso ultralibero e prodigo della potenza vitale : lo sport. Se, nel lavoro, è il fine a dar valore allo sforzo, nello sport, invece, è lo sforzo spontaneo che conferisce pregio al risultato... Pertanto una vita che trovi il proprio giuoco più interessante e ap prezzabile delle finalità un tempo adorate, darà allo sforzo l'aria gioviale, generosa e alquanto canzonatoria che è connessa allo sport... Il poeta tratterà la sua arte con la punta del piede, come un buon giuocatore di foot-ball. 11 secolo XIX si contrae da un capo all'altro in un amaro gesto di giornata labo riosa ; oggi la gente giovane sembra invece disposta a dare alla vita un aspetto imperturba brdrcvvbcp bile di giorno festivo... Non sarebbe difficile mostrare nell'ordine politico indizii di una variazione analoga... La libertà è cosa assai problematica, e di valore singolarmente equivoco; viceversa l'eroismo, questo sublime atteggiamento sportivo col quale l'uomo getta la propria vita, possiede una immarcescibile grazia vitale ». Sostituite, alla troppo leggera e dilettantesca parola sport (che ricorda la « gratuità » di Gide) la parola creazione, con la quale anche noi si reagisce alla squallida «religione del lavoro» ottocentesca — e avremo affinità, che non pensiamo a negare, fra il nostro pensiero e quello di Ortèga ; la cui veramente singolare facoltà di divinazione profetica dei tempi nuovi appare anche dalle ultime citazioni : a parte certo eccessivo ottimismo riscontrabile nelle parole di questo spagnuolo (scritte evidentemente prima della guerra civile...) suW'aspetto imperturbabilmente festivo che avrebbe la vita contemporanea; la quale è invece tragica di tremendi squilibrii polarizzati in concezioni politiche, avverse, nè sa ancora placarsi in una religione... Ma ci sono altri punti di eccessiva leggerezza e superficialità nell'umanesimo irrazionalista di Ortèga, che vennero posti in luce da Lorenzo Giusso nel bellissimo saggio introduttivo alla traduzione di scritti dello Spagnuolo : « Nel sistema di Ortèga, come in quello di Nietzsche, la perfezione vitale è posta nell'orgia- dionisiaca e nella selezione guerriera, e nessuna finalità è assegnata alla scienza e alla cultura... Ora, all'uomo non può essere tolta impunemente la facoltà d'investire il mondo di valori. Ortèga lo sen-, te, e a un certo momento fa macchina indietro e getta l'allarme dinanzi ai progressi del naturismo incalzante, ma troppo tardi : quando ci si è lanciati nel baccanale dionisiaco, quando si è vilipeso lo spirito di gravità, quando, si è additato nel club dei giovani, cacciatori e rapinatori di donne, la prima forma dello Stato, quando si è abbassato l'arte e la filosofia a divagazione sportiva, non ci si può. più battere con armi adenate in difesa della cultura. E lancinanti appelli lanciati da Ortèga nel suo ultimo libro, le sue deprecazioni contro i conflitti nazionali che impoveriscono l'Occidente, i suoi lamenti dinanzi ai laboratori deserti e alle biblioteche abbandonate, suonano strani e incomprensibili ». Magnificamente detto, e noi vi aderiamo toto corde. Giusso rileva anche come Ortèga possa venire (al seguito di Nietzsche) definito come un precursore, profeta e apostolo dell'ideale di una vita ascendente rispetto alla mummificata e pallida vita discendente rappresentata dalle epoche alessandrine od ascetiche, e dai popoli saturi o decadenti : il che è un modo diverso, e assai bello, di esprimere il nostro concetto di « umanesimo irrazionalista ». « Vita ascendente, civiltà ascendente è quella nella- quale prevale il gusto sportivo del rischio, e l'ardimento e la temerarietà costituiscono una suprema distinzione; vita e civiltà discendenti sono quelle invece in cui l'uomo's'impoverisce, si restringe e lesina i suoi sforzi, si chiude in un gretto pacifismo ed utilitarismo... ». C'è del vero in questa antitesi. Ma la geometria c'insegna che quando una curva prima sale e poi scende, vuol dire che ha un punto di massimo, un culmine. Contro e oltre gli eccessi e i pericoli opposti della vita ascendente e della discendente, noi crediamo, anzi sperimentiamo, possibile una forma di vita superiore ad .entrambe, che (seguendo questa terminologia) potremo chiamare vita culminante : è la demiurgia, in cui le ragioni dell'ascendente e del discendente si equilibrano, organizzano e conciliano. Cotesti apostoli della vita ascendente, dell'uomo liberato, del superuomo, possono (e soprattutto hanno potuto, storicamente) aver ragione negativamente, come reazione a certe forme di vita discendente dell'Ottocento, quali l'arido razionalismo, positivismo, umanitarismo; non l'hanno invece positivamente, in quanto le loro concezióni sportive della vita e dell'azione sono rudimentali, puerili e terribilmente pericolose. La tensione spirituale più alita e nobile del nostro tempo è tutta vòlta a uno sforzo di sintesi di questi opposti — come, ad es., la Cavalleria cristiana conciliò lo spirito d'avventura, l'eroismo (che sarebbero ascendenti) con la moralità (che sarebbe discendente) ; c come il demiurgo concilia il sogno, la poesia, con la vita di tutt'i giorni. Filippo Burzio i LA SETE E' LA PRINCIPALE NEMICA DEI COMBATTENTI sul fronte di Mediana Belchite. Una pattuglia si rifornisce ad un posto d'acqua.