Aria lombarda nel Canton Ticino

Aria lombarda nel Canton TicinoAria lombarda nel Canton Ticino Lungo queste rive, in queste ivalli, per i colli e sui monti, il Canton Ticino è meno Italia, ma forse ancora più Lombardia, che non di qua dalla frontiera. Il carattere regionale oramai da noi tende a fondersi nel clima dell'unità nazionale. Genova, Venezia e Rimini, oramai a due passi da Como o da Brescia, ventilano le prealpi con gran soffi marini. Ro.ma è vicina, Napoli e le isole non molto lontane. Nel fervido crogiuolo, Milano fonde gente di ogni parte italiana e persino di fuori. Insensibilmente, il contatto e il logorio quotidiano ottundono gli spigoli dell'impronta, peculiare alla piccola patria, o li attenuano sotto la patina comune alla patria grande. Ma il Canton Ticino, ristretto e raggrinzito, senza una popolosa città capitale, rimane, anzi diviene, per contrasto, ogni giorno più esasperatamente alpestre, lacuale e continentale. Il mare è moralmente distante centomila leghe, tutto quanto gli sta vicino, esso sente come estraneo e alieno a sè. Ha un bell'amare i finitimi Cantoni, per istinto di conservazione deve accartocciarsi in sè, e metter fuori le difese del suo carattere regionale, che nulla tende a smussare, e tutto ad acuire. Non solo la legittima gelosia della propria tradizione, il giusto orgo glio della cultura e civiltà proprie, come ragioni di vita spirituale; ma persino la benintesa cura del proprio avvenire turistico, per l'interesse e la prosperità materiale. Forestieri germanici, te deschi di Svizzera e Austria, pre feriscono queste plaghe, obbeden do al Drang nach Siidcn, il fato millenne che sospinge la bionda Germania a tingersi al nostro sole. Per questi assetati di Mediterraneo, il Canton Ticino rappresenta il più vicino punto d'Italia, di sole e di « velxismò ». Se il Cantone si snatura, o si sgancia dal Ticino, quale affluente del Po, perde la punta estrema caratteristica del suo fascino. *** Nella stessa Chiasso, cittadina in somma artificiale come tutti i paeselli di frontiera, il nucleo naturale e lombardo appare a prima vista assai più sommerso dalla contingenza politica occasionale di quanto non sia in realtà. Gli asfalti rettilinei, la geometria a cubi di uffici e fabbriche, le vetrine lucenti per tabacchi, orologi e cioccolatta, sono specchietti esotici, destinati al richiamo nordico di noi allodole meridionali. Ma partono da un cuore di stradine tortuose, avviluppate e sassose, con fondaci ombrosi, che si addentrano in sottoportici angusti; con odori di frutta e di stalla, e pigolio di galline entro cortiletti vegliati da un pendulo fico. Questo lombardismo schietto si accentua man mano che si progredisce verso l'interno, ad ogni tappa della via maestra — Balerna, Mendrisio, Capolago, Melide, Lugano, Locamo, Ascona — e ancora più ad ogni crocicchio di floride strade che deviano verso più sperduti abitati: Morcote, Carona, Montagnola, i erotti, i Roccoli, Val Maggia, le Cento Valli. Ecco un porticato sotto un palazzo scolpito; un sagrato, incorniciato da gesti solenni e svolazzi rigonfi di statue; un Camposanto fremido di cipressi; una pieve, la cui rustica freschezza, azzurra o rosea, s'ingentilisce con un pronao palladiano di buona fattura. E ovunque, porticati a pilastro, soffittati a cassettone o a volta. Oh, chi dirà le lodi del porticato, italiano, piemontese, emiliano, veneto, lombardo? Quale genio di socievolezza; quale spirito di accogliente fraternità civica, genuinamente civile e urbana, inventò questa ospitalità universale e unanime, del cittadino verso il cittadino, come verso il forestiero, del ricco verso il povero, dello stabile verso il passante? Questa volontaria limitazione, questa cessione graziosa dei diritti assoluti della proprietà, fatta dal possidente al passeggero; soccorrevole casa che il ricco tende come un braccio amico al povero, a rifugio, a soggiorno, a riparo dalle intemperie cosi della neve come della pioggia e del sole, è veramente la testimonianza di una solidarietà urna' na, cosi profonda e amabile da essere sottintesa, senza vanterie.Ovunque, anche, si vedono qui i coppi, i cari coppi armoniosamente ondulati, rosei, purpurei, aggraziati di licheni. Così meridionali, anche, in paragone ai tetti grigi di pietrone piatte, o ai tetti aguzzi di tegole nordiche. E non parlo di quegli orribili deliquenti, le tegoledette di Marsiglia, da giustiziare per metodico assassinio di paesaggio. E cancelli, ringhiere e balconi di ferro, qui scabro e snello, là riccio e panciuto. E muretti di sassi, a circondare la cara e sacra vite, allevata a pergolati, lungo bei scheggioni squadrati di pietra. Sostituiscono il palo o l'olmo, con ancora maggiore classicità meridionale, quasi ellenica. Il loro bianco-grigio si sposa al verdegrigio della vite. E ovunque, i viottoli orlati di biancospino, si perdono per il succoso, e tuttavia uh po' dolcemente grigio, nitido verde dei prati lombardi. Ogni singolo filo d'erba vi brilla, prezioso e pio, come nelle tavole dei primitivi. Ogni dorso di collina è curvo, rotondo e arcuato, come le chiese, i palazzi e i mobili dello stile, inventato dal gran ticinese Borromini, e che Roma irradiò pel mondo. *** Fra cielo, monti e acqua, in questa concentrata Lombardia, ebbi la visione curiosa del convegno di orientalismo e studi etnografici e buddisti, ad Ascona. Il « Monte Verità », di Ascona, è una specie di piccolo paradiso terrestre. Il che è molto teologico, sebbene questi due termini, beatitudine e verità, di rado siano compatibili in terra. Il palazzo è vasto, chiaro, arioso, a vetrate aperte sul sole e sull'ombra, sul bosco e sul lago, meridionale e moderniasimo, dove ciascuno a piacere proprio entra, esce, circola o siede, chi in ricche sete o corretti panni, chi in succinte tenute balneari, senza disturbo o soggezione, fra una benevola indifferenza generale. La grave vestita gente non ha noia dell'altra seminuda, e — caso più strano — la gente in liberale e fantasiosa tenuta estiva non si scandalizza di quella abbigliata, anzi neppure ne mostra disprezzo. Forse non se ne avvedono, credo che pensino tutti all'Upanisad. Come l'esp'erto comandante a bordo di un transatlantico, cosi qui, a bordo di questo vascello montano, il fine signore e padrone ogni tanto avvicina qualche gruppo, scambia parole, sorrisi, e presentazioni di nomi di studiosi illustri, perchè ognuno senta calore di casa amica e benessere di casa propria. E lo stesso miracolo di comprensione e fusione, egli opera tra le cose più disparate. Risplendono sobriamente lungo le pareti rari capolavori, antichissimi e modernissimi, remoti e vicini, pietre e legni, tele e tavole, dal Cambodge e dal centro dell'Africa, da Roma, Firenze, la Grecia, la Germania e Parigi qui convenuti in cordiale unità: Picasso con Canaletto, Delacroix con Renoir, Matisse con Cranach e Rodin, ricevono e mandano splendore a Buddi indiani, siamesi, e cinesi, con austere deità arcaiche preelleniche, e rabbrividenti ermetismi asiatici. La stessa atmosfera di raffinato candore primordiale spira nelle sale, fregiate con le favo lose maschere della Polinesia e delle isole sperdute per i mari del Sud; e nella « locanda ticinese », rustica e indigena, adorna da una preziosa serie di vecchie maschere locali. Cosi lombardi, quei tipi ingigantiti e accentuati attraverso una fresca convenzione caricaturale! Pare di averli conosciuti tutti di persona, quello col naso lungo e quello col naso storto, quello con la bocca grossa, e quello con gli occhi loschi; e il volto rubizzo, bianco e rosso con i baffi bianchi, proprio come il vecchio, che abbiamo visto seduto or ora, sulla panchina nella piazzetta di Ponte Tresa, Le cose belle hanno tutte uno stesso stile. Oltre un certo livello, ogni particolare di fattura, di materia e di tecnica, scompare come frivola curiosità. Anche il clima e il con torno divengono accessori eplso dici e aneddoti. Questo è vero del la grande arte, e persino — e for se più — dell'arte popolaresca, quando è genuina, e cosi forte e schietta da oltrepassare il pittoresco esteriore, la superficialità formale del folklore in serie. Dove erano, ma dove erano i contadini burloni e grotteschi, le facezie, i lazzi, i motti e le risa di quei carnevali naufragati nella morte e nel tempo? Ma ecco — una nota viva di umanità era stata toccata; ed ecco, il fatto umano esiste e resiste, oltre il tempo e la morte, accanto al torso egi zio, alla scultura gotica spagnola, all'idolo romano e messicano. Italia, Ticino, Lombardia, Europa, Oriente tribù selvagge tutta umanità pura, profonda e nuda, distillata ed esaltata in essenza dall'arte. Margherita G. Sarfattì SlcmcsdncnlmgrfcggagcqpmiddpnBt

Persone citate: Balerna, Borromini, Cantoni, Cranach, Delacroix, Maggia, Matisse, Picasso, Renoir, Rodin