Il Principe di Piemonte alla replica di Scipione l'Africano Ai confini del mondo, di Michael Powell, la rivelazione di un ultimo venuto; e una saporita commedia di Froelich di Mario Gromo

Il Principe di Piemonte alla replica di Scipione l'Africano Ai confini del mondo, di Michael Powell, la rivelazione di un ultimo venuto; e una saporita commedia di Froelich Sullo schermo del Lido Il Principe di Piemonte alla replica di Scipione l'Africano Ai confini del mondo, di Michael Powell, la rivelazione di un ultimo venuto; e una saporita commedia di Froelich (Dal nostro inviato) Venezia, 26 notte. La rappresentazione pomeridiana è stata dedicata a una replica di Scipione l'Africano, accolto da vivi e ripetuti applausi; e il folto pubblico che gremiva la sala ha salutato con una vibrante ovazione S.A.R. il Principe di Piemonte che, giunto stamane in incognito al Lido, aveva voluto presenziare allo spettacolo, ricevuto all'ingresso del Palazzo del Cinema dall'on. Maraini e dal dott. Croze. L'augusto Principe ha poi espres- so il suo vivo compiacimento per l'italianissimo film a S. E. Paolucci de' Calboli, a Luigi Freddi e a Carmine Gallone. *** Questa sera la Mostra ci ha serbato una modesta ma assai significativa sorpresa. Sembra una piccola fiaba, per lo smaliziato mondo cinematografico. C'è un organismo inglese di noleggio che si chiama « British Indipendent Exhibitors Distribution Ltd. ». Il nome è un po' lunghetto ma non ne ho colpa. Le disposizioni legislative, che anche in Inghilterra mirano a proteggere il cinema nazionale, stabiliscono, per ogni determinata quota d'importazione, l'obbligo di proiettare un film di produzione inglese. QuestiJilm nazionali sono naturalmente monopolio dei grandi produttori e dei loro cosidetti « circuiti »; e quei poveretti della British eccetera rischiavano, essendo a mani vuote, di non poter nulla importare. Si ricorre allora a una soluzione quasi disperata; produrre in proprio un film, un film qualunque, pur che la legge sia accontentata. Naturalmente, meno si spenderà meglio sarà. Si ricorre a un regista quasi ignoto, Michael Powell; per interpreti, degli attori che non abbiano troppe pretese, come John Laurie, Bell Chrystall, Eric Berry; e sopratutto imbastire un soggetto e una sceneggiatura che sfruttino molti, moltissimi esterni, coni riflettori forniti dal sole del buon Dio, quando al buon Dio piacerà di farlo apparire. Quasi bohème cinematografica, impresa da dilettanti. Chi sa quanti sorrisi, nei grossi produttori dai « colpi » di milioni e milioni. Ma tutti i conti erano stati fatti, meno con il parecchio ingegno che il giovane regista doveva dimostrare di possedere in questi duemiladuecento metri di pellicola. Una vicenda scarna, lineare, (come l'ultimo isolotto ad ovest dell'Irlanda sia stato abbandonato dagli abitanti, dei quali vi era diventata impossibile la vita) sorregge Edge of the world («Ai confini del mondo»); con pagine che sovente hanno una lontana parentela con alcuni frammenti de L'uomo di Aran. Quel piccolo mondo ferocemente1 presbiteriano, la dura vita tra i campi avari e le scogliere squassate dagli uragani, la gara tra i due rivali per una parete a strapiombo sul ribollire dell'oceano, la morte del più temerario; la tempesta che isola il bimbo malato nell'isola sperduta, e l'odissea. del rimorchiatore che finalmente riesce a portarvi un medico, fino all'esodo triste e rassegnato: sono pagine stupende, d'una sobrietà tutta pervasa d'un intimo afflato, forse comprensibile soltanto da spettatori assai raffinati. Ancora mi direte: e questa piccola pregevole opera, nata alla macchia, come mai è giunta a Venezia? Non certo per i suoi pregi. Poiché la delegazione inglese s'era riserbata, come altre delegazioni, il diritto di sostituire qualche film, questo è stato mandato, diciamo così, fra i rincalzi, senza una fotografia, senza un foglietto di pubblicità; e non è stata una piccola sorpresa, quando da quelle bobine quasi anonime s'è sprigionato più d'un brivido d'autentica poesia cinematografica. E poi c'è ancora qualcuno a dubitare che gli Ultimi non saranno i primi. Con Edge of the world una commedia di Froelich, Wenn wir alle Engel w&rén (« Se noi tutti fossimo angeli »). Nel quadro dell'attuale cinematografia tedesca questo film si stacca dai suoi colleghi per una sua saporita sincerità. La vicenda non ha molta importanza, essendo intessuta su di una serie di equivoci, ben calcolati e dosati secondo le formule di una posciadina in borghese; ma questa posciadina è ambientata in un paesetto del Reno; e tipi e atmosfera sono sagacemente delineati e raggiunti. Heinz RUhmann è qui alla sua affermazione più vera: questo tipo di segretario comunale, onusto d'albagie e di terrori, pervaso d'una timida, sconfinata fiducia per quanti l'attorniano, e sempre deluso e ingannato a ogni giravolta della vicenda, è dal RUhmann tratteggiato con uno schietto sapore, in un contrappunto sempre assai vivo. Accanto a lui, Leni Marenbach, Lotte Rausch ed Elsa Dalands. Domani, una seratona. Un « pez-l zo » di cronaca cinematografica eccczionale, quello dell'incoronazione di Giorgio VI e della Regina Elisabetta; e Lcs pcrlcs de la courotine, l'ultimo film di Sacha Guitry. Il grande Sacha sarà con ogni probabilità tra gli spettatori, con il nostro Zacconi, che nel film è Clemente VII. Mario Gromo ALLA MOSTRA DEL CINEMA: HEINZ RUEHMANN in «Se tutti fossimo angeli», di Froelich (Germania).

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