LA " LITTORIO" SCENDE IN MARE alla presenza del Re e di una immensa moltitudine

LA " LITTORIO" SCENDE IN MARE alla presenza del Re e di una immensa moltitudine LA " LITTORIO" SCENDE IN MARE alla presenza del Re e di una immensa moltitudine Achille Starace e i Federali di tutta Italia al grande avvenimento La presenza di Principi, di Ministri e delle alte cariche dello Stato 250.000 persone assiepate nei cantieri e sulle colline circostanti (Dal nostro inviato) Genova, 23 mattino. Duecentomila genovesi nella notte di sabato non hanno dormito. Duecentomila genovesi hanno abbandonato poco dopo il tramonto le case e le vie della città superba e, formidabile esercito trasmigrante, hanno invaso i declivi che da Sestri a Sampierdarena fan corona al mare. Tra i vigneti e le fiorite terrazze han posto nella notte palpitante di stelle il loro accampamento fatto di nulla, hanno acceso i fuochi accompagnatori come in una sagra pagana, accatastando a triangolo le bandiere come nei bivacchi guerrieri dialtri tempi i soldati ergevano i padiglioni dei fucili; una luna da romanzo sorrise sino all'alba alla moltitudine e certo anche a lei giunse il canto che dilagò in ondate lunghe sulla calda . riviera finché l'aurora ebbe vinto le tenebre e gli uomini si risentirono meno soli nel trionfante divampare del cielo. Tutto il popolo spettatore Colpa o merito di tutto ciò fu. innanzi tutto, dei cantieri Ansaldo che si dimostrarmio incapaci a contenere nei loro recinti tre o quattrocento mila persone; poi, colpa o merito, fu anche del Questore, il quale, ben conoscendo la sua città, previde così vasta migrazione popolare e ordinò che gli accessi alle tribune e ai piazzali dei cantieri fossero inesorabilmente chiusi alle cinque e mezza del mattino e impedite anche le vie che conducono a Sestri a quanti non fossero dei cinquantamila possessori dei biglietti di invito. Il popolo di Genova si vendicò allegramente di tutti i divieti e il suo spettacolo se l'è goduto forse meglio di noi. La tepida notte estiva persuase la moititttatne al bivacco e la accompagnò sulle colline verdi con gli effluvi di tutti i giardini rivieraschi e il sapore dolce ed aspro del mare sciabordante nel basso. L'alba sorse su tanto spettacolo d'uomini e di cose indicibilmente azzurra: sui lontani confini dell'acque tagliati netti nella madreperla il sole si affacciò improvviso come una bocca di fornace, rosso pieno accecante. Alba di festa, così come sabato era stata fervida vigilia di festa, come la notte era stata attesa festosa del grande momento. L'attesa, in verità, per Genova era stata ben più lunga d'una, notte. Forse da mesi questa città gagliarda non visse che per quell'ora di ieri mattina, fra le nove e le dieci, nella quale il grande evento s'è compiuto. Se per noi, se per tutti gli italiani 'ieri s'è varata a Sestri una nave, una grande nave, e la nostra gioia è infinita e infinito l'orgoglio di così smisurato nuovo possesso, per Genova, per i Genovesi, per questo popolo taciturno che s'addensa e vive sulle darsene e gli scali bituminosi da Nervi a Voltrì, è stato ieri qualcosa di più, s'è varata una nave che serra nei fianchi gagliardi fra macchine polveri ed uomini l'anima di tutta una gente, s'è staccata dalla terra nemica una. barca enorme e possente che porterà veramente come insegna il cuore fiammeggiante degli artieri che l'hanno costrutta. Grande bella la nave che ieri è scesa in mare! Ci è apparsa improvvisa, giungendo ai cantieri che appena il cielo s'era schiari to della notte, con la prua sottile protesa verso le case di Scstri, la poppa adagiata al limite dell'acque. Sul lento declinare dello scalo l'enorme scafo di acciaio balenava al sole con riflessi di fuoco. L'avevan dipinta di carminio nell'alto e di grigio alla base; nere le àncore, d'oro le eliche, d'argento i fasci littori che emblemano la prora. Sulle torri munite, da cima a cima, dalle antenne della radio ai vertici degli osservatori, garriva, sventagliava U gran pavese. La nave faceva in quell'ultima sua ora .immobile la sua toeletta nuziale. Il panfilo reale Al largo eran gli incrociatori i caccia i sommergibili della seconda Squadra. Le loro sagome diritte appena si intravedevano sul grigio del mare, i loro cannoni che fra poco divamperanno in mille rombi, tuttavia tacevano, assenti. Già attorno la nave la folla, già sotto i fianchi della ■' Littorio » i cinquantamila invitati: all'ingìro, sulle colline e sui tetti delle case, appollaiati su tutte te gru degli immensi cantieri come stormi di passeri in sosta, ovunque il nostro sguardo si posasse, verso il mare sulla moltitudine dei natanti, sui monti non più verdi ma sommersi dalla policromia dei vestiti, sulle terrazze e sui campanili uomini uomini e vfimini. Fu questo il primo spettacolo, inimitabile, il primo d'una mattinata che fu tutta un miracolo di cose grandi, di cose gagliarde, di cose belle. Verso le sette tuonò nell'aria il primo colpo di cannone.. Ebbe una eoo lunga che si ripercosse in un vasto boato. Dalla tolda di un incrociatore vedemmo levarsi una■ nuvola bianca. Poi da tutte le na-\ vi ancorate al largo si disfrenò Iun rombo immane. Gli equipaggi,salutavano ai pezzi l'arrivo del ; Re. E s'affacciò infatti poco dòpo .il panfilo reale, cond'do sull'az- zuno dell'acque, e attorno la sciai gli faceva monite di spume bianche. Il Re Imperatore, che noi non vedemmo ma imaginammo ritto immobile sulla prua ondeggiante a salutare i marinai schicrati sulle tolde, passò in rassegna le navi della seconda Squadra. Il nostro pensiero, il pensiero della moltitudine da questo istante più non abbandonerà la persona del Re. Lo seguirà cuti sul breve itinerario marino, lo. accompagnerà al ponte Andrea Daria ove il « Savoia » getterà le ancore, e poi fra l'altra moltitudine assiepata, sul cammino del corteo reale; da via Cantore a via del Costo, ai cantièri navali: sarà al suo Imperatore appassionata compagna in quest'ora piena, come poche della sua vita laboriosa. Continuano dal mare a tuonare i caimani. Dalla folla s'elevano le canzoni e le grida. Da tutte le navi, da tutti gli scafi, dalle ciminiere di tutte le officine urlano, stridule acute incessanti, le sirene. Il Re è vicino. Sentiamo la sua pi-esenza aleggiare nell'aria. Un senso di irrequietezza ci prende il cuore, ci agita la voce. Sola, su tanto clamore, immobile, tacita, più forte nella sua potenza, di quanto la circonda., quasi estraniata da uomini e. cose che la fasciano di tanto amore, di tanta attesa, sta la protagonista vera del grande momento. Attorno a lei la fatica degli uomini che abbattono torrette, demoliscono le tacate, svellono le travi dalle pinne di sostegno, ci appare piccola ridicola cosa, sterile violenza di pigmei contro ' i fianchi di un gigante. A tu per tu col colosso Saliamo alla cabina dell'Eiar che Granbassi, il valoroso radiocronista- della cerimonia, s'è fatta costrurre al limite estremo della più alta gru. Cinquanta e più metri dal suolo',' un salto paurosa, una visione stupenda Siamo a poche bracciate riatto Iscafo della «Littorio». Quando la nave partirà ne sentiremo il soffio, come un ansito . umano. Ondeggia satto paurosamente la folla. Su di lei brucia al sole coi suoi velluti cremisi la tribunetta reale. Vicino è l'altare da campo ove il cardinale Minoretti officierà il rito sacro. Già in attesa sono i preti in veste bianca, i canonici in mantella rossa, i cappellani decorati come eroi. Da un lato, sul fianco destro dell'altare, su una vasta tribuna sono i Federali delle nòvantaquatt.ro Provincie italiane e i tabari di tutte le Federazioni, gli ammiragli, % generali, i consoli, le alte cariche dello Stato, i deputati, i senatori. I ministri Ciano, Lantini, Lessona, Thaon di Rcvel attendono conversando. Dal mare s'è levata la brezza e agita, luccicanti flabelli, i lunghi stendardi penduti dalle gru, su cui è il nostro grido caro e consueto «Viva il Duce!». Un gruppo di figlie di italiani all'Estero che il ministro Parini ha qi'i condotto dalle colonie liguri, sembra, per % caschi rossi che le fanciulle indossano, una fiorita di papaveri. Nella moltitudine è un solco profondo che segue le volute d'un tappeto cremisi su cui passerò ti Re, dall'arco di trionfo dell'ingresso (sei-ero fastigio di acciaio e di ghirlande di alloro) alla tribunetta eleva ta a dicci metri dalla nave. Poi di qui sino al mare la folta si stende c digrada senza solu zione ai continuità, prima niti- da nello sue forme e nei suoi colori — tute azzurre e tute calci degli operai, tuniche nere di preti, festosi Destiti di donne, uniforme candore di Piccole Italiane, macchie bianche e brune delle formazioni del Partito — poi gran massa bigia che si perde al confine dell'acque senza contorni, con repentini paurosi ondeggiamenti. Un reduce d'Africa reca il labaro del Partito, a cui due militi fan guardia d'onore: gli è vicino un camerata che sorregge il gagliardetto di Gondar, quello a cui Starace s'è orientato nella eroica marcia di conquista: Usque ad finem. Nell'abbraccio del mare Verso le nove giunge il Re. Gli sono a fianco i Principi, il Segretario del Partito che rappresenta il Governo, i Ministri, il Prefetto Albini, il Federale Motfino, il podestà Bombrini, i dirigenti i cantieri. L'operaia Teresa Ballerino, madrina della nave, s'inchina al Sovrano, il braccio teso nel saluto. Il Re le porge la mano con cordialità e con lei sale' la tribunetta. Il momento del varo è imminènte. Cadono con alto rombo -le ultime travate di sostegno, attorno alle gabbie d'acciaio s'accanisce la fiamma- ossidrica e dalle bacche improvvise precipitano torrenti di sabbia. D'un subito la prima cede. E' bastato lo strappo d'un trattore a provocare il piccolo terremoto. Attorno alla seconda lo sforzo è più lungo ma infine felicemente si risolve. Pochi istanti ormai ci separano dal grande momento. La radio lo annuncia al mondo con voce rotta dalla commozione. L'attesa è uno spasimo che vinciamo con grida alte. Ma l'ultima tacata resiste. Resiste inesorabile, testarda, ferma come un macigno. Avvincono ai suoi fianchi quadrati enormi gomene azionate, a trazione dn potenti molari; e le gomene, una due tre quattro cinque sei, salta no come fuscelli. Il fenomeno e normalissimo, ma. tutti trepidia ma come d'un cattivo presagio. Le corde tese vibrano con acuto sibilo, poi si sfilacciano e si rompono. La fiamma ossidrica apre nelle gabbie nuove finestre e ancora precipita la sabbia. Il vuoto acciaio è fatto leggero e tuttavia resiste. La folla urla, s'accanisce, impreca, la settima gomena riesce a smuovere un trac: l'ottava farà precipitare l'edificio. La- nave ora. è libera, dai freni esterni ma ancora è avvinta alla terra dalle trinche dello scafo. Prima, che la bottiglia di spumante irrori dì. spuma bianca l'acciaia,, di questi tuale, così di irrealtà, sapore di poetica leg ticnda: In nome di Dio, tagliate! E allora le asric si abbatteranno con un solo colpo sui lacci delle' sentine e la nave volerà verso il mare. Quasi un'ora è durata l'attesa. La fatica degli operai è diventata una rabbia che si sca- bisognerà che il capoi artieri dia l'ordine ri-si bello che '•«. profumo glia contro l'ostacolo tr^emovibile. La moltitudine li accompagna con un urlo solo, enorme. Finalmente, caduta l'ultima torretta, recisi i lacci, liberata sul declivo la nave, infrantosi sulle corazze il vetro inaugurale che 'Teresa Ballerino, la madrvna operaia, ha sciolto, dai nastri tricolori, la « Littorio » si muove. Il costruttore D'un subito s'è mossa, dolcemente, in miracoloso equilibrio. Scende al mare come alla sua mèta naturale, lieve e possente, enorme e quasi aerea. Ha percorso pochi metri e già s'accendono sotto lo scafo le travi e i grassi, divampano le strutture di sostegno per il grande attrito. Giunta a metà del cammino è avvolta da un nembo immane, da una colossale fumata che ce la nasconde come in un artificio -di guerra: e ancora non la possiede il nembo dell'acqua che la sommergerà al primo contatto col mare in un ciclopico spruzzo di miliardi di candide goccie. Rapido come un pensiero è stato il cammino della nave. Eppure questo solo , momento ci pare di ricordare riandando ora l'avvenimento di ieri; e ci pare eterno, lui solo dominante sopra ogni altro, miracolo che si rinnova per ogni chiglia che lascia lo scalo, protesa verso il mare. Ora la « Littorio » galleggia sull'acque, immobile. S'è immersa nelle onde per cinque metri, tre al disotto della linea di immersione a pieno carico.. I palombari si buttano a liberarla dalle strutture di varo, centinaia di imbarcazioni le si affollano ai fianchi. Ancora tutte le sirene e tutti i cannoni fischiano e tuonano, ancor», o è un'eco, l'urlo della folla pervade l'atmosfera. Sullo scalo biancheggiante di grasso, l'ingegnere Piazzai, il costruttore della nave, quegli che ha l'orgoglio d'aver messo in mare le più belle unità della nostra flotta, dal « Rex » al « Roma », agli incrociatori alle corazzate, le braccia conserte sulla. tuta chiara non muove l'occhio dalla sua crea- i tura. Ma un gruppo di operai lo , leva in tnonfo, lo porta a spahe \ al Re Imperatore. La commozione è sul volto di tutti. Il Re gli dà la mano, gli sorride, si congratula. Gli operai gridano « Viva Piazzai! ». Nessun popolo al mondo, ci dice un tecnico dell'Ansaldo, osa varare così una corazzata. Gli inglesi la costruiscono a secco in bacino e poi le buttan l'acqua sotto. La « Littorio » è, come è noto, una corazzata di linea, lim¬ ga duecentotrenta metri stazza , trentacinquemila tonnellate, ha .nove pezzi da trecentottantuno.E' con la «Vittorio Veneto» /«'più possente nave del mondo. Angelo Appiotti Vasta risonanza in Francia Il varo della Littorio ha avuto. una vasta risonanza in Francia, ed i giornali vi consacrano lunghe corrispondenze e commenti. Si rileva l'altissimo significato della \sc<Ma. di una modesta donna del 1 popolo a^ presiedere l'atto simbo- j lieo del battesimo della maestosa !nave. Si rileva inoltre che ccl varo della Littorio, che segue da vicino la Vittorio Veneto, l'Ita'.ìn possiede ora le 70 mila tonnellate di grosse unità consentite dagli accordi di Washington. Tra i commenti dei giornali è da notarsi un lungo articolo del Paris Soir che mette in evidenza come. sotto l'impulso personale del Dure, l'Italia ha quasi raggiunta la parità navale con la Francia. Le insegne del Partito rientrate a Roma Roma, 23 mattino. Ieri sera alle 21,40 provenienti da Genova hanno fatto ritorno a Roma Te insegne del Partito che avevano presenziato al varo della nave da battaglia Littorio. Ad attendere i vessilli era un reparto! della Milizia che ha reso gli ono ri e li ha poi riaccompagnati ; Palazzo Littorio. IL RE IMPERATORE IL RE IMPERATORE SI CONGRATULA DOPO IL VARO CON IL COSTRUTTORE DELLA NAVE ! LA CORAZZATA SCIVOLA IN MARE FRA NEMBI DI FUMO E DI SPUMA