Il miracolo di "vedersi dentro,, di Ernesto Quadrone

Il miracolo di "vedersi dentro,,Pattuglia sanitaria noi Fexxazi Il miracolo di "vedersi dentro,, Il gabinetto radiologico di Hon : forno crematorio - Iniezioni di tubercolina per la ricerca del morbo specifico - Occhi che si spengono nel Sahara - Le razze del Fezzan: quelle mute e quelle che cantano à a e i i i i (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE) HON, giugno. Da Zella la Missione Sanitaria per rimettersi sulla carovaniera che conduce a Sebha ritorna ad Hon dove si divide: il professore Casati e il dottor Cafiero si recano a Socna distante circa quattordici chilometri e il professore De Paoli con il dottor Nastasi rimangono ad Hon. Il primo per procedere ad un esame radiologico della popolazione, il secondo per controllare i risultati delle iniezioni di tubercolina iniettata, due giorni prima, nell'avambraccio dei bambini. Dirò per incidenza che i bambini, vinta la prima naturale diffidenza, sono atidati a gara per farsi bucare la pelle dall'ago del-\ la siringa e che tutti hanno fatto letteralmente a pugni per presentarsi davanti allo schermo dell'apparecchio radiologico. Il magico apparecchio che fa « vedere dentro ai corpi umani », cosa che nessun santone o marabutto era ancora riuscito a realizzare a malgrado delle sue facoltà miracolistiche. Indagini chimiche e radiologiche La « tubercoluta » alla quale ho già accennato in una delle precedenti cronache è un estratto di veleni ottenuti dalla coltivazione in brodo di bacilli tubercolari opportunamente concentrati e che, portati a contatto della pelle di coloro che sono stati in passato infettati dal bacillo di Koch o sono sofferenti di affezioni specifiche, determinano una reazione consistente nell'arrossamento e nel gonfiore più o meno palese della parte iniettata. Questi arrossamenti e gonfiori sono causati dall'incontro del veleno con le armi difensive ohe] ogni individuo . produce al primo j contatto con la tubercolosi. I controlli di Hon hanno stabilito la grande rarità della tubercolosi nei paesi del Fezzan; rarità che si può ragionevolmente spiegare con le enormi distanze esistenti fra i centri abitati e costituite da zone desertiche e a volte insuperabili le quali limitano gli scambi fra popolazione e popolazione. A Zella, ad esempio, separato da circa duecento chilometri di deserto dal più vicino centro abitato non è stato riscontrato all'indagine radiologica e chimica, sia nei bambini che negli adulti, alcun caso di tubercolosi anche latente. Un altro fattore che concorre ad impedire la difjusione del morbo è senza dubbio quello climatico. L'elevata temperatura dell'ambiente, l'insolazione continua portata al massimo grado, la mancanza quasi assoluta di umidità creano indubbiamente situazioni di vita avverse allo sviluppo del bacillo tubercolare — come di altri germi — stabilendo attorno ai contagiati un'atmosfera climatica relativamente buona e che censente alla maletftia, quando c'è, un decorso favorevole limitando al massimo grado i fenomeni essudativi. Infatti il tisiologo professore De Paoli ha osservato in seguito ch% in alcuni paesi, rari soggetti infettatisi in zone costiere della Libia e della Tunisia, sopravivono in condizioni abbastanza floride e certamente migliori di quelle che si sarebbero verificate se fossero rimasti nelle zone cSstiere dove il decorso medio del morbo è notoriamente catastrofico. II prof. De Paoli ha constatato acac ancora l'.assenza delle tubercolosi ossee e ghiandolari il che prova — se non fosse ancora lampantemente dimostrato — l'importanza del sole quale fattore antagonista e curativo di tale affezione. Un altro fattore non trascurabile, per quanto non facilmente ponderabile, contrario allo sviluppo della tubercolosi, può essere rappresentato dal grande quantitativo di calcio contenute nelle acque e nell'atmosfera e che costituisce come una continua inalazione di sali di calcio che accrescono, con le altre risorse ambientali, il tasso del calcio nel sangue come hanno dimostrato ricerche ancora inedite di Genna e di Bocchelli. Le reazioni tubercoliniche positive si sono osservate ad Hon e più tardi in altri paesi esclusivamente in bambini che erano stati alla costa o figli di genitori provenienti da centri costieri. Il che convalida, secondo il professore De Paoli, il convincimento che la tubercolosi riveste un carattere collegato strettamente alla deprecata urbanizzazione dell'indigeno. L'indagine radiologica ha incontrate difficoltà notevoli sopratutto per il clima che costringeva ad eseguire gli esami in ambienti ove la temperatura superava facilmente i quarantacinque gradi mettendo a dura prova la resistenza fisica del radiologo coperto dai pesanti mezzi protettivi e quella meccanica dell'apparecchio offerto dalla Federazione Nazionale Fascista per la lotta contro la tubercolosi. Pediatria L'apparecchio non ha potuto ■funzionare che nei fortini di Zella Hon e in seguito in quello di Murzuch nei quali la corrente elettrica è data, da motori a nafta e dinamo a corrente alternata. Molto utili sono state per lo studio della tubercolosi nei paesi del Fezzan e del Sahara le segnalazioni dei medici locali che, da tempo conoscendo la zona, hanno fornito ai dottori della Missione preziose e precise notizie sullo stato di salute delle dipendenti popolazioni e che hanno confermato la grande rarità del morbo. Dal canto suo il pediatra dottor Nastasi, che in seguito lo vedremo intento allo studio della bilharziosi, fino da Hon si è occupato specialmente dei bambini le condizioni dei quali, sempre in rapporto all'alimentazione, sono più che discrete. E lascio a lui la parola in questa delicatissima -materia dalla quale dipende l'avvenire demografico della nostra Colonia. La mortalità infantile — dice precisamente il dottor Nastasi — è molto inferiore a quella che sembrerebbe dovesse essere a prima vista data la miseria incredibile di queste popolazioni le quali vivono di pochi datteri e di und manciata di orzo, il tutto innaffiato da microscopici bicchierini di tè fortemente zuccherati. Le dispepsie e le distrofie sono anche esse — in rapporto alle considerazioni sttesposte — relativa/mente poco frequenti e questo perchè tutti i bambini sono tenuti al seno materno fino quasi alla fine del secondo anno e l'allattamento non viene sospeso che per il sopravvenire di una nuova gravidanza. I bambini, che invece, per una ragione qualsiasi, non pcssono essere allattati dalla madre, vengono quasi tutti colpiti da dispepsie epassapdqapttuigdNtmctosoltdicdficsmnsgcpsrdnsfdcddqIdmuzzqdHsScI , f.i\I e da distrofie e difficilmente sopravvivono. Il periodo dello svezzamento che alcune mamme inisiano verso il sesto o il settimo mese ed altre soltanto verso la fine del secondo anno, trascorre misero ed incerto perchè i bambini vengono nutriti di orzo e di datteri diluiti in acqua; raramente e soltanto i più abbienti ricorrono al latte di capra e quasi mai sono adoperati alimenti freschi. Ciò non ostante la grande abbondanza di raggi ultravioletti e la rarità di germi infettivi preserva i bambini dalle gravi malattie che potrebbero con durli alla morte. Nella seconda infanzia il dottor Nasta&i ha osservato che quasi tutti i bambini sono denutriti, con muscolatura ipotonica e ipotrofica, con addome cadente e svasato — tranne nelle zone malariche che ormai, dopo l'occupazione italiana, si sono notevolmente ristrette — ove si riscontrano tumefazioni del la milza e del fegato. Questo stato di debilità va attribuito — come si è detto — alla deficiente nutrizione e non si nota infatti nei paesi relativamente ricchi e prosperosi come in quelli dell'Hofra e viene quasi sempre felicemente superato da quasi tutti i bambini che sfuggono, per speciali condizioni ambientali, alle insidie della tubercolosi e di altre malattie infettive, pervenendo sani e robusti alla giovinezza. Oculistica Il professore Casati, dal canto suo, ha riscontrato nei bambini gravissime forme di tracoma con complicanze che li farebbe supporre votati alla cecità a breve scadenza. Si verifica invece il contrario. Nell'interno, data la straordinaria siccità del clima, i tracomi dell'infanzia guariscono spontaneamente c di fatti negli adolescenti si riscontrano moltissimi fenomeni di cicatrizzazione. Alla costa, invece, il clima umido favorisce lo sviluppo dei tracomi che assumendo, con l'andar del tempo, forme inguaribili conducono rapidamente alla cecità quelli che ne sono colpiti. Ma anche al professore Casati Inscierò la parola quando tratterò di questo morbo così spaventosamente diffuso nell'Africa in generale. Quale profano ho assistito con un vero senso di ribrezzo all'estrazione dagli occhi di pot.-e?i pazienti, di mosche morte da chissà quanto tempo. Mentre il professor De Paoli e il dottor Nastasi, chiusi nell'improvvisato gabinetto radiologico di Hon e nel quale la temperatura e diventata, anche per la promiscuità di tonti corpi, addirittura infernale e l'aria irrespirabile, diamo uno sguardo, uppunto da Hon che è la porta del territorio del Sud, al Fezzan e alle genti che incontreremo durante la nostra spedizione. Anche queste vedute panoramiche fonilo parte del « quadro clinico » poiché giuocano, a seconda- delle zone e della loro varia natura, sul fisico degli uomini che le abitano. Popolazioni del Fezzan Secondo uno studio recente del I Comando del Territorio del Sud, , dal punto di vista etnografico i popoli che abitano il Fezzan offrono un interessante esempio di .cultura di transizione fra l'Africa inegra e quella mediterranea. Di queste culture tre apparten\gono a popolazioni tipicamente I nomadi; gli Arabi, i Tuaregh, i sddg Tebba; una quarta, cioè quella rappresentata dalla gente del luogo, è tipicamente Fezzanese. Mentre la cultura di questi ultimi è il prodotto estremamente intricato della sovrapposizione di forme culturali disparatissime {libica, berbera, araba, sudanese) quella dei nomadi riveste un carattere ben differenziato l'uno dall'altro e tale da formare delle vere e proprie isole etnografiche facilmente identificabili yiche da chi non abbia vissuto che pochi mesi nel Fezzan. I nuclei arabi, nomadi e sedentari, che compongono il gruppo più imponente di tutto il tei~ritorio posseggono una cultura assolutamente simile ai gruppi affini della Tripolitania settentrionale e i secondi si riallacciano culturalmente ai sedentari Fezzanesi. Ma più che di cultura, della quale non restano che brandelli e relitti, mi perdonino gli studiosi ai quali non voglio recare offesa, io parlerei di semplici tradizioni che in fondo, passate come sono ai millenari setacci sahariani, tutte ormai si rassomigliano.Le genti del Fezzan, Arabi, Tuaregh e Tebba compresi, a parte le remote origini storiche disperse nella incommensurabile scia del tempo e raccolte nei libri degli scienziati, mi limiterei a dividerli nelle tre grandi categorie principali: liberi (Ahrar), filili di liberi (SciansenaJ e schiavi (Habid). Per dire il ve.'O non ho trovato grandi differenze — di quelle che saltano agli occhi — durante i miei ultimi viaggi nell'interno sahariano fra le genti raggruppate intomo a queste tre categorie an corchè a Cufra, ad esempio, gli arabi, i tebbu, i berberi e gli schiavi i>ii>ano assolutamente separatipur non essendo nemici, gli uni dagli altri. Le basi dell'esistenza sono per tutti sullo stesso piano. I nomadi, siano essi di qualunque razza, prendono con uguale rassegtiato eroismo le carovaniere del deserto; i fissi vivono in uguale maniera nei giardini dell'Uadi El Agial come in quelli di Murzuch e nelle oasi di tutto il Fezzan. Vi sono delle eccezioni delle quali parlerò in seguito e delle palesi varianti dovute al colore della pelle. L'autorità dei bianchi, cioè degli arabi, la chiusa nobiltà dei nomadi Targhi, la guerriera indole dei tebbu, la supina passività degli ex-schiavi ormai ridotti ad uno esigua schiera di vecchi prossima spegnersi e l'altezzosità debiondi berberi i quali hanno — se condo un detto locale — il dente bianco come il latte e l'anima nera come la notte — si distende o si frantuma omogeneamente sul la immensa piattaforma del deserto libico. Una cosa è comune a tutti — culturalmente parlando — il ricordo dei Rumi, cioè dei romaniDi altra cultura io noh sapreparlare ancorché sappia benissi mo che esistono, fra razza e razzadifferenze profondissime di indole specialmente religiosa e spirituale. Divisione "musicale,, delle razzeDico cos), forse, soltanto, perchè è la melanconica ora del tra monto. Dividerei in questo attimo colorato, le razze Fezzamtsi , secondo le canzoni che cantone L'Arabo loda il thè che. è la be vanda più squisita sia per i gio vani ai quali dona fantasie d'amo re e sia per i vecchi ai quali con cede rinascite insperate di vigorspenti; il berbero canta di prefe renza canzoni di battaglia e dvendette a catena; il tebbu rivolge la sua. attenzione alle bestie fero ci e alle lotte impegnate contro queste dagli nomini per le loro belle; il tuaregh non canta, can tana per lui le ragazze targhia dalla. « briglia sul collo », cioè le giovani elle possono concedersi arapidi amori, senza scandalo, sul le loro montagne tra i fuochi debivacchi; gli ex-schiavi cantuno molto nostalgicamente della loro terra lontana c delle ragazze negre che « libere e nude saltavano nell'acqua dei laghi come piccolipopotami ». / nostri meharisti. gleroici combattenti della Divisione Libica non hanno che un grido dguerra: « Oh! figli del vòstro pa dre bello ». I bambini di Hon, usciti daforno del gabinetto radiologico improvvisato passano davanti apaterno sorriso del bravo pediatra Nastasi che li accarezza a uno a uno, rimandandoli alle mamme ,che accovacciate e trepidanti lattendono. Tutto si svolge nell'aria rossa del tramonto. Ernesto Quadrone IL DOTTOR CAFIERO LOTTA CONTRO LA DIFFIDENZA DELLE DONNE ARABE