Bartali dice: " Non ripartirò da Marsiglia,,

Bartali dice: " Non ripartirò da Marsiglia,, IL GIRO DI FRANCIA PERDE It MIGLIOR CAMPIONE Bartali dice: " Non ripartirò da Marsiglia,, La decisione del " capitano dei tricolori „ fisiche che non gli permettono di difendersi è motivata dalle anormali condizioni - L'individuale Vicini, sempre in grandi condizioni, resta il nostro più quotato uomo in gara nonostante un lieve ritardo M«vfdvvts Maes rafforza il suo primato in classifica (DAL NOSTRO INVIATO) Marsiglia, 13 notte. TI Giro di Francia sembra precipitare, sospinto verso la china fatale, da due forze inesorabili: il declino di Bartali e la stupidità di una formula che, per voler essere un estratto concentrato della genialità inventiva di questi e di altri organizzatori, è giunta al colmo dell'antisportività e raggiunge precisamente lo scopo opposto a quello che si erano prefissi i suoi ideatori. Cominciamo dal primo fattore di disgregamento della corsa: le condizioni di Bartali. Per due giorni avevo posto il dilemma: o la caduta di Brìancon non ha fatto che accelerare e aggravare gli effetti del Giro d'Italia e, in questo caso, non c'è che da aspettarsi un peggioramento; o la causa unica della menomazione dei suoi mezzi, gravissima nella tappa dei tre colli alpestri, apparentemente meno grave in quella di ieri, è la caduta, e allora si può sperare che di giorno in giorno Bartali torni a riprendere la forma del Galibier. Non c'è più dubbio Oggi il dilemma, per chi ha un po' di pratica di corridori e di corse, non può più esistere: la verità è una sola ed è, purtroppo, la più dolorosa per noi: non solo Bartali non riesce a riprendersi, ma peggiora nel fisico e nel morale, tanto da essere sull'orlo del crollo definitivo che, per un miracola di volontà, non è avvenuto oggi. Mi basti dire che nella prima tappa della giornata, in cui non c'erano molte e gravi difficoltà da superare, ogni qualvolta qualcuno disturbava la quiete consigliata dal calore opprimente, Bartali stentava a starsene cogli altri, e spesso si vedeva obbligato a staccarsene per riprendere gradatamente quando tornava la calma. E la volta in cui la piccola mischia durò fino al traguardo di Tolone, egli non solo non rimase cogli immediati inseguitori, ma fu relegato nel gruppo retrostante. Queste pessime disposizioni del vostro campione apparvero evidenti fin dalla scalata dell'Esterel, una salita non lunga e non dura, lungo la quale'non capisco perchè Vicini abbia forzato la mano, portandosi con se Maes, Vervaecke, Amberg e Martano. Ricostituitosi il gruppo, lo spezzò di nuovo Mattano, rimasto solo con Vicini, Maes e Carini. Quando Martano si accorse che Bartali non veniva, lasciò a Vicini il compito di cotidurre e il cesenate, facendosi trascinare dal suo troppo generoso e bollente temperamento, continuò a tirare sull'altipiano, sinché prima Gallien, Deloor, Mueller e Tanneveau, poi tutti gli altri ripresero nella discesa, meno Bartali e compagni che a un certo momento avevano fino a 1%0" di ritardo. Egli, oltre ad essere stato presto in difficoltà stilla salita, aveva avuto un guasto al rocchetto. A Frejus (Km. 61) un passaggio a livello chiuso fermò i primi e cosi i nostri poterono risparmiarsi la fatica dell'ultima parte dell'inseguimento. Ma, se la situazione si era ristabilita, si .era già capito, purtroppo, come si mettevano le cose per noi. Vicini, però, con Cloarec, Kint e Passai erano riusciti a scavalcare fa barriera prima degli altri e avevano messo un paio di. centinaia- di metri fra sè e gli avversari. Ma i belgi annullarono in breve il pericolo. La strada faceva l'altalena sui colli che declinavano a mare e ogni tanto scendeva fino a baciare la spiaggia per poi risalire tra la foresta di pini in un tripudio di vita balneare e mondana che faceva aspro contrasto con l'umor nero che non riuscivamo a scroi larci di dosso. Queste ondulazioni diedero un'ulteriore conferma del le pessime disponibilità del fioren tino che, assistito dai compagniperse di nuovo terreno passando a La Lande (Km. 1J/S) con lieve ritardo. Riuscì però ancora una volta a riportarsi coi primi e poco dopo si decise la tappa coti la fuga di Meulenberg, Deloor, Lemaire e Wenglen, contro la quale nulla vollero fare i belgi e nulla poterono francesi e italiani. Questi, anzi, per far compagnia a Bartali che non reggeva alla veemenza del finale, giunsero tuttimeno Camusso e Vicini, con ritardo di tre minuti e mezzo. In volata Meulenberg, che è un bel velocista, rimontava bene Deloor negli ultimi metri. Discorso al « Patron » I corridori furono introdotti in un vasto cortile di una scuola professionale in cui erano preparate le tavole per la colazione fredda. Vi entrai con Bartali che seni brava si reggesse appena in pie di. Ci appartammo in un angolo e Gino si sedette a un tavolo^ ac casciandosi e nascondendosi il volto fra le mani. Cosi stette pequalche istante, scosso da un singulto di pianto che cercava dstrozzare in gola. Quando si risollevò, strofinandosi gli occhi, paté dire soltanto: — E' inutile, non riesco ad andare, non ho forza di spingereil ginocchio mi duole e sento dolori per tutta la vita. E queste parole erano dette con voce fioca, in cui gorgogliava icatarro sciolto da qualche colpdi tosse. Poi Gino andò a far colazioneLa sua crisi era stata notata dtutti, e molti giornalisti ci chiedevano come stava Bartali e quello che avrebbe fatto. Uno di questi era Desgrange e non potei fara meno di dirgli chiaro e tondo: « Noi italiani non vinceremo mail « Tour » finché verremo a disputarlo cogli uomini del Giro d'Italia; bisogna, caro «patron»■ trovare il modo di evitare queststoria che si ripete da sette anni »II vecchietto mi stava a sentirpiuttosto impacciato e poi mi venne a -parlare della rotazione fr «Tour» e Giro d'Italia e capii, anche da quello che, a rinforzo, aggiungeva Cazalis, che egli non ha nessuna intensione di attuarla. Questo « Tour » finirà come Dio vorrà; per il prossimo mi permetto di dire che bisognerà ben presto mettere le carte in tavola e stabilire una linea di condotta... che non sia la solita. Vicini va forte Col boccone in bocca tedeschi e spagnoli furono chiamati alla partenza della tappa a cronometro. Poi partirono, a cinque minuti, i nostri coll'inglese Holland, i lussemburghesi Mersch, Neuens e Klensch, e l'olandese Van Schaendel. I francesi erano stati messi insieme agli svizzeri. La gara era di 65 chilometri. Al ventiduesimo rilevai die i tedesco spagnoli avevano già perduto Wengler, Wendel, Hauswald, Ezquerra e Ramos. I nostri mancavano di Klensch, ma avevano guadagnato cinqiie secondi sui primi, perdendo invece ben due minuti sui belgi, già senza Meulenberg e Wierinckx. I franco-svizzeri, dopo aver perduto Gamard, Cloarec e Marcaillou erano in ritardo sui belgi di l'SS". Questi avevano adottato, con saggio criterio la tattica di sfruttare a fondo tutti gli uomini che non contano per la classifica, seminandoli poi per la strada, al solo scopo di portare avanti Maes, cosi come i francesi fecero il gioco per Lapébie. I nostri, invece, rimasero compatti come se ci fosse interesse di fare arrivare insieme Introzzi con Bartali e Camusso! Questi poco dopo la partenza cadde, ma con un bell'inseguimento riuscì a ricongiungersi ài compagni. Così Martano, che fu uno dei più utili, dovette fermarsi verso la fine per salto di catena. Purtroppo un secondo controllo a sedici chilometri da Marsiglia, ci disse che la nostra situazione era di molto peggiorata. Non solo avevamo perduto 56" sui tedeschi, ma avevavamo i belgi a un minuto alle spalle; il che voleva dire che avevamo perso su di loro quattro mintiti e che correvamo il pericolo di essere raggiunti prima dell'arrivo. Ma quest'ultima umiliazione ci fu risparmiata, bisogna dirlo, dall'impegno di Holland e di Mersch, che furono per i nostri compagni tutt'altro che spregevoli. Per quanto riguarda Vicini, che non ci fu possibile seguire, sapemmo poi che, degli uomini che gli erano stati dati per formare la squadra, soltanto Puppo gli era stato utile. Entrambi staccavano tutti sulle salite, ma poi erano obbligati ad attendere in piano per non fare da soli tutto il percorso. A venti chilometri da Marsiglia, Vicini ebbe una gomma tagliata da un pezzo di bottiglia di birra che un compagno gli gettò davanti. Non so chi sia stato costui, e tanto meno giurerei sulla sua malafede; ma non sarebbe male che i signori Commissari vigilassero sull'incuria con la quale certuni si liberano dalle bottiglie di vetro che hanno vuotato. Nonostante questa ennesima disgrazia, Mario giunse a duecento metri dalla- sua squadra; il che vi dice che corsa abbia compiuto anche oggi questo ragazzo, il quale si è preso con santa filosofia anclie questo schiaffo della sorte, e se ne è uscito dal velodromo con l'aria di chi rimanda a domani la resa dei conti. Ma non vi nascondo che la- prodigalità di Vicini può piacermi, ma anche mi preoccupa. So un pochino più di lui che cosa è il « Tour », e penso che le energie bisogna adoperarle solo quando si ha probabilità che rendano, non per il solo gusto di sfogarsi a spenderle, come mi pare tenda a fare questo straordinario romagnolo. Intanto egli oggi ha consacrato il suo primato di categoria, nella- prima classifica che si chiudeva appunto a Marsiglia: ora pensa alla seconda, nonché a dare gatte da pelare anche a Maes sui Pirenei. E vedrete che egli manterrà la promessa. Ma bisogna tornare su Bartali. Dopo l'arrivo, egli non accusava dolori specifici che gli dessero grande noia, ma quella mancanza di forza che è indice inequivocabile dì stanchezza generale. Inoltre gli continua e, direi, gli si aggrava l'irritazione bronchiale e il gonfiore al ginocchio. In queste condizioni s'impone un esame profondo e completo dell'atleta e delle, sue possibilità. Se, come io credo, Bartali non ha più nessuna probabilità di rimettersi in modo da non perdere minuti su minuti a ogni tappa; se dobbiamo trascinare il nostro migliore campione fino a Parigi senza alcuna probabilità di vederlo brillare nel fulgore della sua classe (ed egli sarebbe capace di farlo, se le forze glielo permettessero, perchè si sente effettivamente qui milite di un'idea); se i suoi compagni dovessero essere legati al suo carro traballante e inutilmente sacrificati, mentre potrebbero, in libertà, offrirci qualche parziale soddisfazione di tappa; se il prolungato, disperato sforzo col quale rimarrebbe in campo fino alla fine dolesse avere, con tutto ciò, anche una lontana probabilità di stroncare definitivamente la sua fibra, di annebbiare irrimediabilmente la lucentezza della sua classe; se di ciò dovessero essere convinti coloro che del nostro patrimonio atletico hanno la custodia e la responsabilità, non c'è tempo da perdere, per il solo gusto di prolungare un'inutile illusione, per prendere una decisione che sarebbe per tutti noi una fitta al cuore, ma che almeno ci darebbe la persuasione che la realizzazione del nostro ormai settennale sogno è solo rimandata di un anno. La doverosa rinuncia Vi assicuro che ho esitato a scrivere queste righe che mi hanno costato il prezzo della più dolorosa rinunzia. Ma non dovrei voler bene al nostro sport e agli atleti che lo difendono e lo onerano per tacere q,uello che le circostanze mi obbligano a pensare. dtmapsfpfpMtctmblPncgltmltshpnrssdvanplFumtdchtaisG In quanto al secondo fattore della precipitazione del Tour, l'antisp'ortività della tappa a cronometro per squadre, non credo dì aver bisogno di spendere molte parole per provarcela. Si può pensare a qualcosa di più idiota del fatto che Vicini perda tempo e posti in classifica solo perchè il francese tale o tal altro non può o, peggio, non vuol lavorare per lui? Ma pare che l'esperienza delle due tappe a squadre abbia finalmente convinto il « patron » dell'antisportività della formula; domani la metà tappa a cronometro sarà abolita e si faranno due tappe in linea per giungere a Montpellier. Pare, inolire, che di tappe del genere non si parlerà più. E' vero che, dopo aver toccato con mano, gli organizzatori si sono arresi all'evidenza; ma non ci voleva molto a capire che neppure da delle macchine si può pretendere che lavorino a pieno regime per ventisei giorni al solo scopo di dare spettacolo per la cassetta... 'Prima di chiudere queste note, ho voluto rivedere Bartali. Si è parlato con lui sul da farsi domani. Spositi era anch'egli del pare re che non dovesse continuare a soffrire e a mettere a rischio la salute senza la minima speranza di riprendersi. Ma Gino rimaneva in forse. Gli piangeva il cuore al pensiero della rinuncia, ma neppur lui vedeva uno spiraglio di possibilità per sè e pensava all'inutile sacrificio dei compagni. Finalmente, dopo essersi raccolto un attimo in silenzioso raccoglimento, disse tre parole: « Domattina non partirò >. Cosi si chiuderà l'angoscioso dramma del nostro campione, le cui gesta in questo Tour non gli hanno valso, per volere della sorte, l'agognata vittoria, ma sono bastate per far dire, non soltanto a noi, che l'Italia ha anche oggi il più grande corridore ciclista' su strada. Giuseppe Ambrosinì IN PIENA VELOCITA' LUNGO LA DISCESA DELL'ESTEREL. Vicini, Martano, Marcaillou, Frechaut e Silverio Maes si sorvegliano, esibendosi In prodigi di agilità e di equilibrismo. .(Telefoto).