Dietro lo schermo

Dietro lo schermoDue vecchi Tutti i pomeriggi. Veniva dal sole, dall'aria libera, veniva dalla vita ed entrava in quella stati za dove i due vecchi, a poco n poco esaurendosi, attendevano la morte. Nella penombra della grande stanza la morte era presente: batteva l'ala leggera, mostrava il balenìo d'un ghigno, si accosciava in uno dei quattro angoli, quasi a prender lo slancio per ghermire. Ma non ghermiva ancora, tardava, s'indugiava con gusto raffinato in quella penombra, ora sostenendo con la mano adunca il lucido peso dell'orologio a pendolo, ora divertendosi a far scricchiolare un vecchio mobile, ora strisciando un piede sopra il tappeto persiano, proprio là dove un goccia di sole, sperdulasi attraverso le fitte tendine e i gravi parati, agonizzava, assorbita dai tetri colori del tessuto. Quando entrava lei, Fausta, come un vento, con indosso l'odore di finestre spalancate, di vie aperte, di bambini allegri, 1 due vecchi sussultavano. Slavano seduti ai due angoli, vicini alle due finestre, su due poltrone a dondolo uguali, di paglia ingiallita. Sorella e fratello. La madre Irene alzava appena appena il capo, mentre lo zio Rodolfo s'afferrava con le mani tremolanti ai braccioli e si chinava tutto proteso verso la nuova venuta. Fausta attraversava la stanza, andava difilata dalla madre, le deponeva un bacio sulla fronte madida, poi si volgeva allo zio e lo salutava festosamente. « Come va, mamma ? Come va, zìo?». Non occorreva attendere risposta e parlava lei. Parlava della vita, così alla rinfusa : della salute dei ragazzi, dei loro studi e dei loro divertimenti, delle spese fatte, delle persone incontrate per via, del caldo, del freddo, di vecchie case abbattute e di palazzi nuovi, d'invidie fra donne, di sposalizi, di manifestazioni pubbliche. Ma la madre eia veramente vicina alla morte. Dal suo grasso corpo immobile, dalle sue mani abbandonate sulle ginocchia, dalla maschera del suo viso spirava l'aria d'una stanchezza che sarebbe finita soltanto nel riposo eterno. Teneva di solito le palpebre abbassate; ma quando le sollevava un po' sugli occhi quasi ciechi, quando la luce in sullo spegnersi del suo sguardo scendeva sulla carne sfatta delle guance e, prima di levarsi debole e smarrita incontro a Fausta, scivolava sulla bocca cascante, allora gli ultimi palpiti di vita in lei rassomigliavano a quegli estremi riflessi del sole già tramontato che si staccano dalla superficie d'uno stagno prima di notte. FauSla, mentre parlava, la schiodava con l'immaginazione dalla poltrona e la rivedeva in moto per la casa. Marito, tìgli, parenti, ospiti, tutto il gran movimento della casa complicata era regolato da lei ; mèglio che dalle sue direttive e previdenze, era regolato dalla sua presenza e soprattutto dalla sua bontà: una bontà senza lacune nè soste, tranquilla come una fiumana scorrente nel piano. In quella stanza, allora, entrava dalle finestre il pieno sole e dalla porta fiottava la vita nelle forme più varie. Mamma Irene accoglieva e l'uno e le altredistribuiva conforti materiali e morali. A capo della grande tavola, intorno alla quale stavano talvolta radunate tante persone care, ella sorvegliava senza fatica e godeva della gaiezza degli altri. La vita a poco a poco s'era ritratta con inesorabile riflusso da quella stanza ; tutti coloro che ancora vi entravano, mettevano il piede cauto là dentro, per non turbar troppo il silenzio che ivi addensava la morte in attesa : ben diversamente da una volta, quando portavano e confondevano in quella stanza le loro vite rumorose; e mamma Irene sulla sua poltrona si sfaceva immobile, come ascoltando gli ultim echi. Nell'altra poltrona invece lo zio Rodolfo si contorceva negli spasimi dell'artrite, contrastando la via con tutte le sue povere forze alla lenta paralisi Egli, al contrario della sorella, aveva sempre goduto per sè, da scapolo impenitente ; ed ora che la vita gli sfuggiva, s'affannava ad afferrarne gli estremi lembi, brancolando a vuoto nell'aria con le mani tormentate. Vestito inappuntabilmente, colletto lu cido, spilla di brillanti sulla era vatta fantasia, sporgeva la fac eia dai baffi tinti impomatati e dagli occhi vitrei, in un continuo e penoso tentativo d'attirare l'at tenzione su di sè. Con un {rauco suono ingarbugliato mostrava voler parlare; quindi; parendogli di trovare ascolto, cominciava a biascicar le parole e, traendo a filamenti dal suo esausto cervello i ricordi, impastava con fatica un confuso racconto. Gli argomenti solili erano i cavali, e i suoi amori di gioventù. Gli parevano vicini, come se fossero stati di ieri. Davanti allo specchio appannato di questi si faceva bello e caricava le ultime molle sfasciate del suo pathos, fino a tremarne, commuoversi e piangere. Cavalli, corse, la bella « lipizziana » bianca, indomabile, che egli aveva comprato e domalo, ritornavano spesso nei suoi racconti. Ritornavano pure le tre sorelle ballerine. Egli è l'amante della.più bella: non facileconquista poiché tutto il fior fioré dei gaudenti le slava intorno ; regali e trionfi sul palcoscenico del « Comunale » ; poi le sere a casa sua. Dopo un certo tempo ella, da Roma, gli annuncia che è incinta. (Lo zio Rodolfo, arrivato a questo punto, tenta di sorridere furbescamente come allora, e fa invece una smorfia j pietosa). L'astuto scapolo non si lascia infinocchiare: le manda del denaro e che si levi d'impaccio. Dopo un anno la incontra al «Boschetto», con la carrozzella ; finge di non riconoscerla ; ma lei lo chiama e glrrlicc : « stupido, non t'ho più disturbalo, perchè a Roma son divenuta l'amante del conte...; ma questo è il tuo bambino e tu sei sempre il mio amico ». Lo zio Rodolfo non può più parlare per l'emozione. ' Fausta è stata ad ascoltarlo; non ha finto soltanto come gli altri giorni ; quel giorno ha avu- ito la curiosità d'ascoltarlo. Ma di tanto in tanto rivolgeva lo ! sguardo a sua madre, per vedere quale impressione facesse su di lei quel racconto del fratello, tante volle ripetuto. Difficile ! capire. Ora pareva che ascoltasse, ora invece che fosse lontana, non più di questo mondo. Eppu- I re qualche volta sulla faccia immobile dalle palpebre abbassate j le era sembrato di veder trascorrere un guizzo e sulle labbra apparire il segno d'un giudizio sarcastico. In quei momenti la sua figura assumeva un aspetto jmitico, sembrava uria Parca. Nel silenzio, il pendolo dcll'oIrologio martellava delicatamente il tempo e il peso d'ottone quasi a vista calava, uguale, cojperto e riscoperto, dietro il diisco lucente. Fausta lo rimontajva tutte le volle che lo vedeva giungere al fondo. Finché aveva potuto era stata sua madre a caricarlo così : in piedi sopra una seggiola, girando la chiavetta. Ora Fausta, volgendosi dall'alto, la vedeva attenta al rumore del caricamento: all'ultimo scatto richinava la testa come .se approvasse. Il tempo era come la giustizia. Fausta immaginava se stessa, quando sarebbe venuta anche per lei l'ora della solitudine e dell'attesa della morte. Lo zio Rodolfo invece s'inquietava, avrebbe voluto tutte le volte trattenere Fausta quando prendeva la seggiola e si avvicinava all'orologio. Che bisogno c'era di ricaricarlo? Il 1 tempo non era se non un vano iammonimento : meglio non ascoltarlo. I,a macchia di sole sul tappeto persiano era scomparsa.. Ol[tre le tendine si vedeva un po' .di rosa stendersi per il cielo. L'affanno della vita la riprendeva dolcemente in quella stanza che si rabbuiava, fausta satinava lo zio, ribaciava la fronte madida della madre e usciva. I Nell'uscire girava la chiavetta dell'interruttore, A quella luce 'meccanica che faceva risaltare il pallore dei due vecchi, ai due angoli, ella si sentiva presa da un impeto di fuga e dal desiderio di ritrovare ancora il sole. ! Giani Stuparich Per i nostri produttori - Una sala senza cabina - Duello a oltranza - Lubitsch attore - Marta Abba ad Hollywood. UN INVERNO COI CACCIATORI DI PELLICCE ANCHE LA VOLPE E' CADUTA "L'ultima cosa che aveva visto era stato il calcio di un fucile e l'ultima cosa che gli era sembrato disentire un forte colpo sul naso,, (dal nostro inviato speciale) GRIZZLY RANGE. Il frequente, rumore prodotto dalle fette di neve che il vento scuotersi dai rami defili abeti e mandava a frontiere sul f/elo del terreno, aveva sveyliato la volpe. La bestia non si era scomposta: aveva riconosciuto il s'uono, identificata, la causa, e perciò non si era mossa, ma per misura di prudenza aveva fiutato il vento che penetrava mila rana, e trovatolo freddo come il solito, si era affrettata ad insaccare la testa sul ventre e a coprirla con la gruma coda. Tuttavia non aveva ripreso sonno e fra pancia e coda spiccava un paio di crecchie ben tese e ben attente. Siano ore di luce, non di caccia, ma, con la miseria stagionale e la famiglia da tirar su — cinque volpacchiotti oli erano stati regaluti a fine di marzo dalla sua, compagna — c'era da star attenti a prendere tutto quello che era possibile e a qualunque ora del giorno o della notte. Una grossa lepre Ad tot certo momento gli era sembrato che- al rumore delle piante battute dal vento si mescolasse quel caratteristico fruscio prodotto dalle zampe posteriori delle lepri artiche quando strisciano sulla neve dura. Si era srotolato, a gambe flesse, si era avvicinato alla bocca della tana. Di fronte a lui c'era un quadro tutto bianco: gli occhi uvevuno cercato invano, mentre le orecchie insìstevano a segnalare la presenza abbastanza vicina del roditore e precisavano che il rumore veniva dal basso, di dietro a quel ciuffo di cespugli spogli che interrompeva la visibilità a metà del leggero pendio. Andava male... Di giorno, con quella sua pelliccia nera e argento che-contrastava cosi fortemente col terreno, e per dippiù sottovento, non aveva nessuna probabilità di giungere tanto vicino a una lepre in modo da riuscire a batterla in velocità e metterle i denti sopra, fra il momento in cui la preda si fosse accorta dell'attacco e un attimo prima che avesse infilato il proprio cunicolo. Sapeva benissimo che, per quanto le lepri abbiano in confronto degli altri abitatori del bosco pochissimo naso, hanno in compenso un udito finissimo: e su quella neve ghiacciata sarebbe stato impossibile evitare uno scricchiolio e, con esso, dare l'allarme. Se fosse stato nella sua vera tana (la sua compagna lo aveva cucciato dal giorno stesso in cui erano venuti al mondo i cinque cuccioli e da allora gli era con sentito di portar a casa del cibo — quando ne trovava — depositarlo a una delle entrate e poi dr. veva battersela! se fosse stato là avrebbe potuto uscire da una del le numerose buche che hanno tut te le case delle volpi, fare un lungo giro, portarsi controvento, av vicinarsi finché avesse potuto alla preda e pei inseguirla. Comunque aveva rinculato di quattro o cinque mezzi passi in modo che la propria figura spa rendo e confondendosi col nero Era una grossa lepre decapitata e mancante di una gamba. della buca gli consentisse di vedere senza essere visto: durante l'attenta attesa aveva ripensato e reimprecato contro l'ingiustizia di quella pelliccia che metteva le volpi della sua famiglia (comprese le rosse e le crociate, giacché in natura le argentate non esistono come razza: da due volpi rosse nasce, di tanto in tanto, qualche esemplare nero o crociato' e non capita mai che due argentate facciano coppia, che allora succederebbe nel bosco quello che succede negli allevamenti, si stabilizzerebbe cioè una vera e propria razza argentata! in netta inferiorità di fronte alle odiate cuginasire bianche che potevano, grazie a un mimetismo quasi assoluto, lavorare con molto più successo sui topi sulle lepri e su quelle poche pernici che svernano a queste latitudini. Sulla preda Il dio delle volpi di colore e il diavolo delle lepri gli avevano dato una mano: il rumore del roditore era andato avvicinandosi, poi gli occhi più che mai fissi avevano scorto una massa biancogrigia muovere chiotta chiotta attorno a quel gruppo di cespugli. Aveva caricato a tutta velocità, e dopo un mezzo minuto di inseguimento, preda era fatta. Ed era una bellissima preda: una anziana lepre grossa — più che per grasso per uvanzuta e abbondante maternità La stanchezza lo riprendeva e si accucciava pieno di spavento. — che avrebbe deliziato la compagna e i figli i quali, a quindici giorni dalla nascita, dovevano già essere svezzati. Per ogni buon conto, sapendo che appena giunto a casa la volpemadre lo avrebbe cacciato a bocca asciutta, aveva trascinato l'animale fino alla sua tana di forzata e temporanea vedovanza e là aveva cominciato a fare il pieno del proprio stomaco. Prima di tutto aveva decapitato la lepre mettendo da parte la testa quale boccone prelibato e ri. servato al padron di casa; poi si era attaccato ad una coscia. Per quanto mangiasse voracemente, la volpe non aveva diminuito la vigilanza: semmai l'aveva accresciuta giacché, anche gli animali sanno che chi ha da mangiare deve difendere la pro-pria preda da quelli che vanno in cerca di essa e se un lince avesse sentito l'odore di quella lepre ancor calda e quasi intera, si sarebbe presen tato di fronte alla tana e avrebbe fatto capire che se il bottino non fosse stato messo a sua disposizione avrebbe fatto ricorso a mcz. zi decisivi. A metà pasto gli orecchi l'avevano avvertito, e poco dopo il naso gli aveva confermato, che un uomo stava avvicinandosi. La volpe era giovane e non aveva mai visto quel nemico. Durante la primavera precedente, quando insieme con cinque fratelli era stato iniziato alle arti del meno malti curo rivere nel bosco, sua madre lo aveva condotto vicino a un muc chietto di neve sulla punta del quale si vedeva un arnese di foro: la vecchia maestra aveva fot to annusare ben bene a ciascuno dei figli l'odore diffuso sulla neve là attorno e li aveva avvertiti che al primo segnale di quell'odore avrebbero dovuto temere, nascondersi se avessero potuto, o scap pare al più presto. Ora vedeva l'uomo: era coprilo di una pelle simile a quella dei daini, ma camminava alla stessa maniera degli orsi quando sono inferociti, e molto più lentamente gittrchè aveva i piedi imbarazzali da larghi cerchi di legno. L'uomo e la trappola L'uomo si era fermato e stava esaminando lu neve vicino a quel cespuglio, proprio laddove la lepre era stata uccisa mezz'ora avanti: ed ecco che, seguendo una chiara pistu veniva dritto dritto verso la buca... Alla volpe era sembrato dir l'ultimo boccone avesse occluso la gola e togliesse il fiato. Nascondersit in quel rifugio provvisorio che non era altro che una bucaT Resosi rapidamente conto che in quel modo non avrebbe certamente potuto salvarsi, aveva preso la lepre in bocca ed era schizzato fuori dandosi a gran corsa senza curarsi di formulare un definito piano di fuga. Dapprima si era diretto verso la propria tana poi, avendo compreso che. con quella lepre tanto pesante e grossa che non riusciva a procedere senza strascicarla, avrebbej lasciato altre trurcie e si sarebbe] di nuovo tradito, e questa volta Si pubblica il decreto sulle ul-ìl'ultimo decennio; le recenti statitime provvidenze a. favore deitalstiche attribuiscono però il cinnostra produzione cinematografi- j quanta per cento di tale floridezza ca. La tassa per il doppiato d'un] agli incassi provenienti dall'estefilm straniero non va corrisposta \ ro. Perciò i produttori americani «e il film è inferiore ut 500 metri: !non hanno mai avuto, come in queè elevata a lire 2G.000 se la («ti-isti ultimi tempi, informatori ze- avrebbe tradito oltre a sè anche tutti quelli di casa, aveva cambiato idea. Guadagnato abbastanza terreno, si era liberato di quel fardello molto prezioso ma troppo imbarazzante ed aveva nascosto la lepre deponendola al centro di un gruppo di arbusti nascosti alla lor volta da alcuni abeti; poi aveva uttuuto il vecchio trucco praticato da quasi tutto il selvatico: quello (li fare un giro, tornare al luogo di partenza e seguire le peste dell'inseguitore. Ma il trucco era troppo vecchio per un vecchio cucciatole; e questi aveva subito notato come la pista del fuggiasco, tutto d'un tratto, non era più accompagnata dalla striscia di sangue lasciata fin allora sulla neve dalla lepre decapitata: aveva guardato un momento in giro e trovato il nascondiglio. Tagliato ed acceso un grosso ramo secco e resinoso, aveva affu. micato con esso una tagliola; l'aveva armata e cautamente deposta sulla neve dove i rami erano più radi e formavano una specie di corridoio verso il centro del cespuglio dove era la lepre. Aveva grattato il tizzone dell'abete intorno alla trappola- e sul terreno che aveva battuto poi. assicurata la catena a uno degli arbusti più solidi, se ne era andato a fare il solito giro di ispezione lungo la propria linea di tesa. Un odore forte Neanche mezz'ora dopo il legittimo proprietario era sul posto: aveva visto l'uomo a lavorare e, sicuro ormai della, propria pelle, aveva soltanto temuto per la preda- destinata alla famiglia. Colle narici ben dilatate e con gli altri sensi in allarme si era avvicinato, aveva visto la lepre nel posto dove l'aveva lasciata e vicino ad essa un arnese di ferro. Spinto dalla curiosità lo aveva annusato: non c'era odore di uomo. C'era un odore forte, un odore simile a quello causalo, d'estate, dalla, caduta del fulmine. Aveva titubato, si eru guardato in giro, si era anche allontanato per un momento, poi la curiosità — è la curiosità che perde le volpi, dicono concordemente tutti i cacciatori alcuni dei quali non mettono alcuna esca alle loro trappole nè le coprono di neve per evitare che questa gelando impedisca alla mot la di lavorare — m'erri ripreso il sopravvento. Arerà continuato ad assorbire quell'odore di fumo che si spandeva da quell'arnese rotondo, che sembrava di legno secco: aveva messo il naso più vicino, poi l'anteriore destro: era preso. Invano aveva saltato e tiralo: invano aveva raschiato i denti contro quell'odioso ordigno. Le ma. scelle erano ben salde attorno al suo piede, entravano nella sua carne, urtavano i nervi, strappavano i muscoli. Era passata un'ora dopo l'altra in sforzi tanto disperati quanto vani. Ed era seguita una notte di agonia, di palpitazioni, di terrori: quando sentiva tornare un po' di forze riprendeva Ut lotta: si alzava in piedi pieno di rabbia impotente, mòrdeva il freddo metallo, si sfogava strappando coi denti gli arbusti più vicini. Poi la stanchezza lo riprendeva e si accucciava di nuovo sperando che qualche essere vivente si avvicinasse a lui. temendo che qualche essere venisse vicino; sperando di morire, temendo di morire. Erano passati un altro giorno e un'altra notte in tante ìunghissi. me ore di lotta e di rabbia, di paura, di allarmi falsi: più di una x-olta aveva creduto di sentire il pus\so soffice delle rotonde zampe del ilince ed aveva temuto che venisse ; li e trascurasse la lepre; più di [una volta aveva creduto di udire 'il passo della sua compagna ed aveva sperato che essa venisse ed avesse il coraggio di fare quello che egli non era capace — che gli mordesse ht gamba, pelle muscoli ossa, un po' sopra al punto dove lu tagliola stringeva. Or se non si sentiva di compiere quella mutilazione, la sua compagna avrebbe potuto fermarsi vicino u lui, il torturato, lo sconfitto. O. se non aves. se voluto tenergli compagnia avrebbe potuto, almeno, portar via per sè e per i figli quella lepre della malora. A metà, del secondo giorno aveva udito un rumore di passi, ma era troppo debole e troppo stanco per distinguerli e attribuirli a questo o quell'abitatore del bosco. L'ultima cosa che aveva visto era stato il calcio di un fucile e l'ultima cosa che gli era sembrino di sentire un forte colpo sul naso. Leo Rea Da «Allegri masnadieri» di Marco Elter. 1,0 pi'ciTil* nli • m ri-pnliili rty.r politi unitarie *u Ih .SUimp.'i ilei uinrni h. 10, 12. 1B. 2l>. 25. 26, 29 Sitigli», 1. 7 » 9 Ilici io. ghezza del film è tra i 500 e i 1000 ■metri; è di lire 50.000 se la lunghezza del film è superiorre ai 1000 metri. Su gli incassi globali effettuati da un film straniero in Italia si ha una tassa progressiva di lire ir,.000 dui due milioni e mezzo di incussi ai tre milioni, di altre lire ló.OOO dai tre milioni ai tre milioni e mezzo, di altre ló.OOO dai tre milioni e mezzo ai quattro milioni, e di altre 15.000 oltre i quattro milioni. Un film straniero che abbia raggiunto incassi complessivi superiori ai quattro milioni (più che eccezionali) darà lire 50.000 come taxsa di doppiato e lire 60.000 di tassa progressiva, in tutto un massimo di lire .110.000, su per giù il 2,65 per cento. Sono normalissime misure protettive, che nel caso attuale si risolvono in un aiuto non indifferente alla produzione nazionale. Il produttore d'un film nazionale avrà infatti diritto al doppiato di quattro film stranieri con esenzione della tassa relativa, cioè lire 200.000 di beneficio; e poiché contemporaneamente si raddoppia il fondo stabilito per l'assegnazione di premi d'incoraggiamento, è logico presumere che il premio spettante a un film nazionale verrà ad essere raddoppiato, sopratutto nel caso di premi medi e minori; cosicché il produttore potrà contare, nei suoi preventivi, su lire 200.000 provenientigli dui facile realizzo dell'esenzione di quattro doppiati, e su lire 100.000, media dei premi minori. Sono quindi almeno lire 300.000; e poiché il costo inedia di produzione d'un film italiano oscilla tra le 800.000 lire e un milione, quel costo riene senz'altro ridotto di un terso. Il film straniero importato in ttalia vede con le nuove disposizioni ^levate a sì e no 250.000 lire tutte le sue spese t tasse, doppiato, copie, pubblicità i : meno della metà di quel che deve esporre il produttore nazionale per oculatamente produrre un film di medio costo. Sono cifre che parlano assai chiaro; e non si comprende come abbiano potuto destare proteste olire i confini, dovessero quasi le sale italiane e le tasche del pubblico italiano, essere, una vigna dove poter vendemmiare cinqnantadue settimane ogni anno. *** Il recinte Congresso parigino ha veduto la Camera Internazionale del Film al suo secondo anno di vita. Fu la Germania che ne suggerì la fondazione in occasione del Congresso internazionale della cinematografia, tenutosi a Berlino nella primavera del 1935. La costituzione definitiva avvenne a Parigi nel novembre 1935, dopo che a Venezia, nell'agosto dello stesso anno, erano stati raggiunti i varii accordi. Parecchie questioni sono state risolte e sono allo studio per agevolare i rapporti cinematografici internazionali: una speciale Commissione prepara un complesso di norme atte a regolare i nuovi diritti d'autore sorti dall'opera cinematografica e dalle sue molteplici interferenze. Durante il Congresso parigino, una serata di proiezioni fu dedicata ai primi venticinque anni della cinemato| grafia: da cinque minuti di lanì terna magica ai primi filmetti dei . Lumière, di Meliés e di Zecca, fino 1 a frammenti di Griffith. Chaplin, rstiller, Lang, Stroheim, Eisen| st,ein. Alcuni episodi della pessima or' ganizzazione dei lavori per l'Esposizione parigina diventeranno facilmente leggendari: ecco come [una diffusa rivista francese parla \ dell'inaugurazione del « Puvilltm Photu-Cinv-Phono »: « Finalmente : s'è inaugurato. Un padiglione che [avrebbe potuto avere una sua ini negabile importanza se l'IncapaI cita non avesse presieduto alla sua \ nascita. La sala di proiezione era Istata inflitti costruita con un tale I amine del particolare, che vi era ! slata dimenticata la cabina di | proiezione ». // numero della rivisto, Cinémonde, c d'Ila scorsa set\Umana; il trafiletto ha per titolo: «Le cinema au deshonneur ». Sono finiti, i beati tempi nei quali ì produttori di Hollywood consideravano gli introiti provenienti dai varii Paesi come una doverosa e formidabile mancia chi i mercati loro largivano: bastando quello americano a coprire la reamente le spese. Oggi l'industria cinematografica di Oliver City è flo-| rida come non era stata mai nel-i lanti e oculati sulle esigenze dei mercati stranieri. I costi del film tendono incessantemente ad aumentare; nella previsione di un largo sviluppo del film a colori, che quei costi aumenterà almeno di un terzo, i produttori americani tendono ad aumentare i loro contratti di noleggio (per un filmi a diecimila; fino ad oggi le * punte » maggiori oscillavano tra gii 8800 contratti e i 9200. **# Tra il cinema Metropolitan di Buenos Ayrcs e un grande teatro di Buenos Ayres si e aperto un duello a oltranza. Il primo, tentando di annientare l'avversario, ha inaugurato un programma, a prezzi normali, che comprende ben cinque film, circa sette ore di proiezione: il secondo, non volendo piegarsi, ha fatto sapere all'inij mico di essere deciso, se non sopravverrà una tregua, a trasforjmnre la sua sala in cinematogra\fo, e ad ammanire alla sua clien\tela, sempre a prezzi normali, ben [Sette film, più di nove ore di , proiezione. #*# Tornato a Londra dopo la sua | combutta con l'« Artisti Associaiti » (della quale, con Samuel Goldjwyn, è addirittura diventato il I proprietario) Alessandro Korda, ha, diciamo così,, «illustrato» i isuoi accordi. Questi dovrebbero garantire, data la rete di distribuzione sulla quale !'« Artisti As Bianco e nero per Joan Perry. sodati s> può contare, circa duecento milioni di lire, ogni anno ai film che Korda produrrà in Inghilterra. Saranno quattordici, prodotti a Denham; mentre dieci dovrebbero essere prodotti a Hollywood. Si annunciano a grande orchestra scambi di registi, d'a tori, di tecnici. minime. — Per chi non lo sapesse Lubitsch ebbe a cominciare la sua attività cinematografica come attore. Tornerà ad esserlo, per fare un piacere al suo amicone De Mille. Nel suo nuovo film I bucanieri. Lubitsch apparirà in una parte di scorcio, ma dal no me formidabile: Napoleone. — Marta Abba, che da circa otto me si recita in Broadway Tovaritch con immutabile successo, interpreterà un film a colori della « Grand National ». Hollyu.nod ir. drà così riunite, nei prossimi misi, l'Abba. la Miranda e la Millg. — Marlene Dietrich, che per otto anni era stata lontana dalle ribalte Ida L'angelo azzurro in poi), ha recentemente firmato un contratto con l'impresario Cole Porter; sarà la « vedetta » di una operetta-rivista al Broadway Theater. — La ragazza di Trieste, di Ferenc Mainar, vedrà Joan Crawlord alle prese con Franchot Tone e Robert Youni/. arbitra Dorothy Arzner. a quel che si dice una promettente regista. m g. nelle forme artritiche, reumatiche, uricemiche, nel diabete, nelle varie dispepsie gastro-intestinali, usate la bevanda raccomandata dalla Scienza Medica: * acqua preparata con Santina M. A. Senza essere un medicamento, la Salitina realizza la più deliziosa bevanda di regime, che per le sue inconfondibili qualità e per quella ben dosata somma di preziosi sali minerali in essa contenuti, il Corpo Sanitario consiglia ai bambini come agli adulti, ai sani come ai malati, con particolare raccomandazione ai predisposti o sofferenti per eccesso di acido urico; artritici, reumatici, gottosi, uricemici, nelle affezioni del fegato, dei reni, del diabete, nei disturbi dispeptici ed in quelli del ricambio organico per facilitare gli scambi, prevenire l'accumulo di materie tossiche nel sangue, operare un buon lavaggio dell'organismo, facilitare le funzioni cosi complicate delle vie urinarie. Ecco alcuni giudizi della Scienza Mèdica: Genova, 10 aprile - A. XII. «La ringrazio vivamente del campione della Sua Salitina. L'ho trovata eccellente ed i suoi componenti danno ragione dell'utilità che può portare ai soggetti che soffrono di malattie del ricambio, mentre assicurano della sua innocuità, per cui può essere sicuramente e liberamente usata come bevanda preventiva in ogni occorrenza. Prof. E. M ARAGLI ANO Senatore del Regno. Genova, 10 aprile 1929. '< Trovo la Salitina, che ha avuto la bontà di mandarmi in esperimento, ottima per preparare acque da tavola, sia per il principio che la informa che per le applicazioni numerose alle varie dispepsie gastro-intestinali cosi iperacide come flatulente, ai catarri delle vie biliari ed urinarie, alle malattie del ricambio purinico, dei grassi, dei carboidrati. Essa è pure indispensabile per chi vive in paesi ove l'acqua potabile non è sicuramente libera da germi pericolosi. Prof. NICOLA PENDÈ Direttore della Clinica Medica Generale della R. Università di Genova • Senatore del Regno. Pisa, 24 luglio 1929. « Ho usata la Salitina che Ella mi ha gentilmente favorita. Ne ho ricevuto la migliore impressione per la sua purezza, per il suo gradevole sapore, per la benefica azione che essa, per la sua composizione minerale, ha nei disturbi dispeptici ed in quelli del ricambio organico. E' ottima fra le acque minerali artificiali. Prof. G. B. QUEIROLO Clin. Medica della R. Università di Pisa • Senatore del Regno. «... Negli allattamenti artificiali, servirsi, per la diluizione del latte, di acqua potabile in cui sia sciolta la Salitina M.A., vuol dire facilitare nei piccoli bambini la digestione di questo alimento. Prof. Dr. PARINIO CEPPELLINI Docente Universitario di Clinica Pediatrica - Milano. La pih importante funzione L'eliminazione intestinale è la più importante funzione svelenatrice del nostro corpo. Nessun organo od appaiato può normalmente funzionare se l'intestino non elimina le scorie. La stitichezza è perciò il più dannoso male dell'umanità ed è anche il più diffuso. Come combatterla? Non certo danneggiando l'intesi ino, irritandolo con purganti violenti. La Scienza cercò e trovò da decenni la sostanza lassativa ideale per tollerabilità ed efficacia: essa è il principio attivo della dolce Kuchessina che costituisce il rimedio sovrano, adatto a tutte le età, a tutte le forme di stipsi, a lutti gli individui, sani e malati. EuctiessiDo detta « La dolce pastìglia purgativa » per il suo gusto squisito, si trova in tutte le farmacie.MDietro lo schermo