La Muraglia serpente che dorme

La Muraglia serpente che dormeESTREMO ORIENTE TRA IL CAOS E Lfi RICOSTRUZIONE La Muraglia serpente che dorme E' una veemente ascensione di pietra; ha raggiunto la sommità di una montagna, si è precipitata in un abisso, ha riattaccato con l'impeto di un'ondata l'altro versante,, (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE) PASSO DI NANKOW. Paesaggio montuoso di pianeta spento. Le montagne hanno sgretolato la- campagna con terribili mascelle gialle. La sterilità del7'hammada homra, il deserto dì pietre al sud di Gadames, è meno impressionante di questa, modellita in paurose forme di montagne disalberate c filmanti come vulcani a ogni soffio di vento che ne sollevi la polvere. Man mano che il trenino sale, e sì avanza entro questo spettrale corridoio di luci livide scompaiono dalla vista anche le più piccole traode del lavoro umano e le più povere sfumature della vita animale e vegetale. Saracinesche paurose di sconfinati silenzii si abbassano appena siamo passati: la. porta della Mongolia, si apre e si richiude di mano !» ninno come in certi corridoi percorsi nel sogno. Intorno, la carcassa della Cina, rosicchiata da tutti gli avvoltoi, e i parassiti che hanno nomi apocalittici: guerra, carestia, siccità. Maschere gialle Dai finestrini dei vagoni quei pallori della terra s'allungano sui taciturni soldati. Dormono col fucile tra le gambe con l'elmetto di tipo americano in capo, vestiti di color kaki, e miserabili nel contrasto tra le divise le armi europee e le loro sagome asiatiche. Le maschere gialle dei loro visi, fissati dal sonno pieno d'incubi in espressioni di terrore o di crudeltà, hanno un segno di decomposizione cadaverica. Se li interrogaste risponderebbero che non sanno da dove vengono, dove vanno, che non sanno chi sono. Quando sono congedati molti di essi hanno dimenticato nonché il luogo, ma anche il nome del loro villaggio (clic ha un nome simile ad altri infiniti nomi, ed è appena una screziatura del terreno immenso, circondata: da una corona di sepolture, ed assomiglia, con la sua miseria e la sua porta, a tutti i villaggi della Cina). Sonni, sogni, pensieri; massicci, primitivi. Quando ì bruschi arresti propagano formidabili scossoni dalla macchina alla coda del treno, e le cuccume del tè o i fucili o le mitragliatrici si urtano, essi aprono gli occhi. Quegli improvvisi sguardi, intorno a me, sono ispidi, puntuti, cattivi come chiodi. L'europeo viaggia in Estremo Oriente circondato da un'aureola di intangibilità e di odio. Queste giovani reclute si sentono idealmente appoggiate dal paesaggio tremendo, dal clima infernale che imperversano ai lati del pendio per il quale sale sbuffando il treno. Attraverso la porta della Mongolia si recano a Kalgan: il treno prosegue oltre e raggiunge Pao taochen. E di là, con qualche gior nata di autocarro, si raggiunge Ourga. Ma oltre Kalgan stipata di soldati e di contrabbandieri non si passa, perchè, oltre il confine, ci sono i russi. Queste sono truppe regolari o governative, da non confondersi con altri eserciti al comando di generali ribellati o dissidenti che stanno, come avvoltoi in attesa del carnaio, nelle regioni confinanti della Cina. Sono truppe regolari? Fin quando una battaglia o una carestia o una sedizione le trasformerà in irregolari. Si assoceranno in tumultuose orde di trenta quarantamila uomini, attraverseranno continenti, facendosi luce nella notte c-.n incenda di villaggi, stringeranno d'assedio le città, si faranno seguire da cortei di donne rapite. Passano sull'umanità come l'erpice sulla terra arata. E appartengono alla stessa umanità, alla stessa terra: l'ottanta per cento dei cinesi è addetto ai lavori dell'agricoltura. Comunicano con la terra per sensi, e affetti, eodii, che ci sono ignoti. Ed ecco che l'ombra delle montagne in cui è incassata questa linea selvaggia, sembra posare su loro, e incupirli, finché imi graduato che viaggiava all'esterno del vagone, seduto sul predellino, getta un richiamo come se dovesse condurre la sua marmaglia all'assalto. E, in un momentsono tutti ai finestrini; illuminati dal sole che tinge di rossa rame le loro maschere gialle. La vali0., superato Nankow, si è spezzata in altre vallate e catene di montagne, ugualmente calve e selvaggie. I soldati parlano o chiamano, e gesticolano come n.?.'la platea di un teatro popolare. Deve essere apparso qualcuno, qualcosa che incute a tutti il ilenzio. Rivedo una mano soldaesca nel sole con l'indice puntato come un'arma, e la manica mossa dal vento. Polvere ed epopea La sola opera umana visibile dal pianeta. Marie? Quella? Sì? Quella rapida, netta costura di pietra che, tra le spalle di due soldati io vedo sul versante di frone? Sì, quella. E' appena un segmento: dopo un minuto è una veemente ascensione dì pietra: ha raggiunto la sommità di una montagna, si è precipitata in un abisso, ha riattaccato con l'impeo di un'ondata l'altro versante. S'è raggomitolata in una torre, consolidata in un fortilizio. S'è fatta il colore, la durezza, dela pietra che la circonda, della roccia nétta quale si incastra Più morde il terreno e più sale. Man mano clic la visióne si allarga ai ati del treno e man mano il ritmo della muraglia sì amplifica. Era a voce di una sentinella, è un coro di guerrieri: era una vertebra, è la spina dorsale d'un serpente che dorme. Non ha niente di archeologico, di morto; è una cosa viva: è una macchina che funziona ancora, che adempie un destino e affronta le tre dimensioni come affronterebbe un nemico. Intorno a quello snodarsi ohe i1 [j' j . l ipare. ozioso, che si disperde in «lise e tu volute, la solitudine. Soli. 1 Elidine delle solitudini e tutto e [solitudine. E un volo di aquile ro tea su di essa, come se temesse un jsiio balzo e non osasse abbassarsi ' vicino a quella cresta di merlatuj re crudeli, e l'azzurro intenso sfio. ra con una specie di attrito sibilante e luminoso il dorso di questo mostro, grande come un mondo che, migliaia di chilometri lontano, immerge la coda nel mare, al golfo di Pecilì, e con la testa s'appoggia a un contrafforte di abissi sulla corrente del Gran Fiume del Nord. La prospettiva, ch'era di un centinaio di metri, s'è raddoppiata, moltiplicata in pochi minuti. La sensazione, direi /'emozione, è accompagnata da un calcolo che si perde in cifre astronomiche. E ancora rimangono smisurati lo sforzo e l'audacia della sua crensione. / rapporti tra le forze dell'uomo e le forze della natura si capovolgono. Poco a poco pensate che quel baluardo dì montagne calve, disboscate ed inutili, sia creato per sostenere una « meraviglia del mondo ». Questo povero treno che sbuffa inerpicandosi secondo le pendenze di un fragile binario, è già vecchio, già u^ato di fronte ai duemila duecento anni di vita della muraglia. Il povero sforzo degli stantuffi spinti dal vapore non jI•■\! e niente di fronte alla potenza diì questo sbarramento di popoli. Roma combatteva le guerre pu-1 nirhe, la grande muraglia si metteva in marcia: segnava, il passo) diiecentoquarant'anni prima di Cristo, camminava energica eroi-t ca mille anni dopo, millecinquecento anni dopo pareva che la sua marcia dovesse essere interrotta. —■ Ricomponete le file! Sottcr--, rate i morti! In marcia, in marcia verso l'anno 1900. Noi passiamo. L'anno duemila la vedrà ancora in cammino. I soldati, nel treno, l'hanno già dimenticata: scodelle di riso bollito, scaldate sulla stufa-cucina che è posta in mezzo al vagone di prima classe, girano tra le mani dei graduati; una bianchezza nivea fiorisce contro la pelle bruna dei volti. Poi, anche i soldati .-i sfamano, senza abbandonare il fucile, come se il treno dovesse subire un assalto da un momento all'altro: questo montuoso corridoio è sempre più accigliato e più ripido: di quando in quando si scorgono, dirumati dalla linea principale, tronchi di binarii-morti destinati ad arrestare il treno se j freni si spezzassero. Sul ciglione appaiono cavalieri selvaggi montati su cavalli piccolissimi, e il vento, radendcli, arruffa le criniere e le code e scuote le ali dei berrettacci foderati di pelliccia. Hanno un colore d'antico bronzo. In palanchino Quei pochi contadini e dispersi cavalieri divengono un assembramento alla stazione di ChingLung-Chiao dove il treno si arresta. Un sole d'alta montagna iacea i visi gialli e sorridenti dei portatori di palanchino che agguantano i turisti per portarli <sul crinale della montagna a vedere la grande muraglia. Sono quattro portatori per ogni palanchino: erculei, bestemmiano filmiche parola di « piggin-english » e ridono dì noi, delle nostre scarpe, del nostro vestito, della nostra macchina fotografica, della nostra meraviglia o della nostra indifferenza. Il turismo internazionale scarica spesso a Ching-Lung-Chiao qualche traballante vecchia in occhiali o qualche cretino snob ili casco coloniale, stivali ed elmetto: campioni d'occidentali curiosi, mediocri e buffi, che la Granite Muraglia non può stritolare e che questi montanari aggrediscono con le loro risate feroci. Il capostazione ha consegnato al macchinista in partenza un ewco di vimini che contiene non so che ordine di jservizio o clic messaggio. I II treno rappresenta ancora qualcosa di « nostro »: si porta via con • una fnmacea sibilante e uno spiiszare di rotaie la sagoma famiglia■ re dei vagoni. Una specie di sicurezza, di consolazione, derivava da quella espressione meccanica della civiltà europea. Dietro la sua sparizione dilaga uno sgomento curioso, malgrado i binarli, la statua in bronzo \di un grottesco cinese in palatili! doiie che fu il costruttore della ferrovia, l'indispensabile interprete Cook e la ressa dei turisti clic si affannano a montare sugli asini o sui palanchini tra le sgangherate risate dei coolies. Un velo di vento polveroso e giallo che avanza verticale come una parete, ci sommerge e passa: basta a ricreare il clima del luogo. Siamo sem¬ pc,i,,I ì 1 ) t -, , e e i a l e : o plicemente alla sosta d'una carovaniera antica come la più antica umanità, che scorre per seimila chilometri da Pechino a. Urumtsi attraversando la Mongolia. E da quel nome, da. quel nembo deser-tico, da. quella solitudine sterile che avanza con propage/ini di sub-bia per isterilire di secolo in sé-colo sempre più la Cina, da quelmistero contro il quale le mura- '/Zie sono appogiiiate come mali'irle vogliano tener chiusa, a forzauna porta, ecco che, fatti pochipassi, sbuca con la solennità diuna marcia funebre una fila di cammelli carichi, di casse e di bìsaccie. Sono a due gobbe, enormi, coperti di un pelo così denso e lungo che s'infanga sui ciglioni del fratturo. Essi, e un conducentesnodano un altorilievoogni sei monumentale contro una parete di roccia che sembra aver mutato colore per nasconderli alla vistaE quegli uomtni taciturni, solida-mente stivalati, ingoffiti da unagiubba di pecora che scende fino al ginocchio e inghiotte le mani nella pelliccia, essi che misurano l'esistenza e il mondo con le <.';-stanze del Gobi, del Tibet e del Pa nili-, essi, soli appartengono allaciviltà e alla struttura, della Gran-, Muraglia. Il loro volto è lun,,oTmaàrò','unacuticagna nerissimain un treccinoe unta raccolta . sulla nuca, si allarga a frangetta- . . ,. ' , . per tscopnre quasi tutta la fron-te; le sopracciglia si distaccano... , „ , , , diritte dalla perpendicolare del »a,so camuso, e uno sguardo fiorissi-imo,sorvolando il c«racoUarescom, posto e ridicolo dei turisti inadatta auelle Ianneratine a cucile ole, a. quelle rempe, ami e a quelle pi. tre, raggiunge la sommità dellamontagna che hanno ancora da-vanti e. tra poco, schiuderà alle.. . . vista c7ie l'attende da quattro mesi di viaggio, la grande pianura dPechino. Raffaele Calzini Le corrispondenze pm*erlenti «ono nppar-i' *n ■■ La Stampa ■-> rlc-i giorni I 16. 22. 27. 30 mageio, 2. 5. 9, 11, 16, 19. 22. 27. 50 giugno, 3 e 8 luglio.

Persone citate: Chiao, Cook, Lung, Muraglia, Polvere, Raffaele Calzini