Perchè sono così rari

Perchè sono così rari GLI EVASI E AImIm'INFERNO ROSSO Perchè sono così rari Nel 1935, un marinaio che aveva tentato di lasciare la nave, venne fucilato; due suoi compagni furono condannati a 10 anni di lavori forzati per non averlo denunciato; i suoi genitori e tre fratelli deportati in Siberia per complicità possibile anche se passiva e incosciente (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE) MARSIGLIA, giugno. — Il vostro nomeT. L'interpellato solleva lo sguardo ebete e spento e non risponde. E' un giovanotto di trentanni, alto e solido. Una calotta di capelli biondi e semi-rasi gli copre il cranio basso e un po' irregolare, mentre gli zigomi leggermente sporgenti rivelano in lui qualche goccia di sangue tartaro o mongolo. Un paio di calzoni di tela blu piuttosto malandati sono tenuti su, sovra una camicia chiara, da bretelle dell'identica stoffa e del medesimo colore. Poco prima, gli agenti l'hanno raccolto in una viuzza qualunque del vecchio porto di Marsiglia: appariva in grave stato di prostrazione fisica. — Come vi chiamate? — insiste il commissario, uno di quei classici funzionari francesi dai baffi spessi, dalla voce dura, ma dall'occhio e dal cuore buono. Zucchero ! Sigarette ! Di nuovo, la sua richiesta non ottiene risposta. Uno smemorato? O molto più facilmente uno straniero che non capisce? Uguale ri¬ sultato negativo, tuttavia, ottiene <la richiesta ripetuta in inglese ed in tedesco, che, con una testa del genere, pensa il commissario, l'individuo non può essere un latino. — Di che santo paese sarà ? Cinese non mi sembra e neppure negro! Per caso, una cartina d'Europa sta appiccicata alla parete. Con un cenno del mento, il funzionario l'indica allo sconosciuto. Questi esita dapprima, indi finisce di porre l'indice sulla pariti orientale d'Europa. — Toh! — esclama l'inquirente, meravigliato della scoperta. — E' un russo... un bolscevico! E, come se questa semplice scoperta potesse operare il miracolo della unificazione delle lingue, domanda : — E come si sta in Russia, mon vieux? Ma, al reiterato silenzio, egli si affretta a richiedere telefonicamente un interprete. Intanto, fa sedere il cittadino sovietico e, con un gesto significativo c universale della mano, gli chiede se ha fame. Stavolta la risposta arriva in quattro lingue: — Ta! Ja! Yes! Oui! Poco dopo, viene portata lina scodella di caffè latte con pane, formaggio e dicline zollette di zucchero. Indicando quest'ultime, il russo esclama: — Confetti! — Ecchè! — osserva il funzionario. — Vuole aiiche i confetti? No. Confecti, in russo, significa zucchero. E il cittadino soviettico si meraviglia che gli diano dello zucchero, questo essendo al suo paese, a quanto pare, uno dei beni più preziosi. Con visibile soddisfazione, in ogni modo, egli beve del caffè-latte, mangia il pane ed il formaggio, poi beve ancora del caffè-latte. E guarda il commissario. I suoi occhi spenti si sono ravvivati, sono pieni di brilla. Sorride. Anche il commissario sorride e gli porge una sigaretta. — Papirosi? In russo, papirosi corrisponde a sigaretta. Ma, nel modo col quale pronunzia questa parola e attraverso il gesto che la commenta, l'uomo intende esprimere la propria meraviglia e il proprio sbalordimento che un funzionario della polizia offra a lui una sigaretta. Diciotto ore al giorno Infine, l'interprete arriva. Io sono con lui. In Francia dal '20, l'interprete è il segretario della locale associazione di emigrati russi. Mi trovavo nel suo ufficio, quand'arrivò U colpo di telefono. — Su, su, venite con me! Il commissario, credo, non avrà difficoltà a lasciarvi assistere all'interrogatorio! E, difatti, il commissario dai grossi baffi e dall'occhio buono, dopo avere borbottato un momento, acconsente. — Beh! Come si chiama? — Krìlenko. Stepìuin VaisiWeovic Krìlenko. Nato ad Odessa nel 1906. Professione, marinaio. Mentre il funzionario scrive, l'uomo parla affrettatamente all'interprete. — Che cosa dice? — Dice che è un maledetto e un infame... A queste parole, il francese scatta: — Un infame?... Che cos'ha fatto? Ha ucciso qualcuno? — No. — Ferito qualcuno? — Neppure. — Che cosa, allora? — Dice che, sbarcato dal piroscafo Rosa Luxembourg, non ha più voluto tornare a bordo e la nave ha lasciato il porto di Marsiglia senza, di lui... Il funzionario ha un sospiro. Ma, diffidente e non comprendendo bene la gravità del gesto, continua a fissare il marinaio dalla testa ai piedi. Che sia un pazzo? Eppure, gli occhi del russo non sono quelli di un demente. Nel lampo del loro sguardo, vi si intravvede soltanto un presentimento, un'amarezza. — Che racconti la sua storia! E, attraverso l'interprete, Ste- phan VassiHeovic Krìlenko racconta: — Dopo due anni di viaggi sul « Rosa Luxembourg », era la prima volta che mi permettevano di scendere a ferra in un porto straniero. Si trattava d'un premio, essendo stato alle macchine in media 18 ore al giorno. — Come ? In Russia, non si applicano le V> ore? — No. — Dunque, siete sceso a terra? Bolo? — Oh, no! Con sei compagni e l'agente. — Che agente? . i i i — L'agente della G.P.U., incaricato di sorvegliarci e di riportarci a bordo. Altre sorprese Il commissario non può trattenere un'esclamazione, ma tosto riprendendosi: — Continuate! — Dopo avere superato i moli, siamo arrivati in vie molto strette e in vie più larghe, ma in tutte abbiamo visto dei ristoranti con gente che mangiava e delle botteghe con vetrine molto ricche... L'uomo ha una pausa e parla a lungo con l'interprete. — Che cosa dice? — Dice che si è meravigliato mclto nel vedere tante botteghe e che le botteghe abbiano tante merci... — Al suo paese le botteghe sono vuote? — Proprio vuote no. In mancanza d'altro hanno sempre degli opuscoli di propaganda. — E bastano per vivere gli opu- scnli di propaganda? <mente di no A questa domanda, che i francesi definii ebbero « saugreneuse », il marinaio russo risponde serio¬ d l e o o o i l l l o a e , . , a i , . l i , l — Chiedetegli un po' che cosa l'ha colpito di più ? — La gente che mangiava a volontà nei ristoranti e il pane bianco... Non esiste laggiù il pane bianco ? Sì, ma ad uso esclusivo dei cresponsabili», dei s propagandisti», dei funzionari della G.P.U. e delle mogli o delle amiche degli uni o degli altri... Bah! Bah! Bah! — esclama a questo punto il commissario — <Ja c'est de la pojitique! E, per far tornare il discorso in carreggiata: — Dunque, tutte queste cose' vi hanno colpito e voi avete deciso di restare a- terra ? — Proprio cosi. L'idea mi.è venuta d'un colpo. Nell'attraversare una strada, un grosso camion mi separò dai miei compagni. Tre automobili, che arrivarono di corsa in senso contrario, ritardarono il mio ricongiungimento. Un tram, poi... — In breve? — Voltandomi, vidi una piccola porta sulla miti destra. L'osservai per un attimo... Bastò quell'attimo perchè la tentazione venisse... Le cose, che avevo veduto, mi avevano sbalordito... Mi avevano sempre detto che nei paesi capitalisti si stava- peggio che da noi... Invece! Cosi entrai in quella porta, attraversai il cortile, uscii in un'altra via per entrare in un'altra porta. Venuta la notte, approfittai della oscurità per uscire dalla città, salire sevra una collina e nascondermi in un bosco. Avevo paura... Paura di che? — l'interrompe il commissario, che non riesce ad afferrare la gravità dell'atto del marinaio russo. Quello che accadrà Cile la ronda, senso, dubbio subito organizzata dal comandante e dagli agenti di bordo, pctesse ritrovarmi e ricondurmi a bordo. qmplammpgsdbmfipicu'nstaLlqsrlbsgmpZdstrstldsdsa'iNspllamhsr.tQualche giorno di tole iion!ufa mai male? — ossecra il coni missario che continua a non capire. L'interprete spiega a Stephan Vassiliovic che la iòle é la prigione delle caserme. Ma il marinaio russo fa gesti di diniego con la mano e parla animatamente. — Che cosa dice? — Che un atto come il suo, in Russia, è punito con la morte! — Impossibile! Ma l'interprete: prosegue: — Mi cita una legge molto precisa al riguardo e racconta, un esempio. Nel '35 un marinaio, certo Kavolenko, che aveva tentato di lasciare la nave, venne fucilato; due suoi compagni, certi Putkine e Karlav, furono condannati a 10 anni di lavori forzati per non averlo denunziato; e i suoi genitori e tre fratelli, deportati in Siberia, per « complicità possibile, anche passiva ed incosciente.' ». Adesso, il commissario comprende. Con voce lenta, domanda: ldEsdtsEednddessszl E lui chi ha lasciato in Rii.£"H— Il padre e la. madre... Per questo, dice d'essere un infame, un maledetto! Stephan VassiHeovic tace. Si:passa- una. mano sulla fronte. Vuo le tergersi il sudore oppure vuole allontanare un'ombra? Solo dopo mollo tempo, riprende: — Sito padre ha. 68 anni, sua madre 65... Non riesce a continuare. Non piange, ma. sembra che la. lingua gli sia paralizzata. Balbetta. È, a stento, l'interprete riesce a tradurre: — A quell'età, deportarli in Siberia equivale a condannarli morte... — Che ritorni in Russia, approfittando del primo piroscafo di passaggio... — Lo fucilerebbero lo stesso e i suoi li deporterebbero lo stesso! — Che trovi una. scusa, non so... — Non accettano scuse. — Io potrei rilasciargli un documento... un malore improvviso... un incidente di strada... — Non conterebbe. Dice che dal SS non hanno più ripreso nessuno di quelli che sono evasi. E i successi nelle evasioni sono contagiosi... Occorre un esempio! — Allora? Stephan VassiHeovic Krìlenko alza le mani al cielo ed esclama: — Nicevo! La parola della rassegnazione. La risposta dei disperati, dei delusi, dei maledetti. È, a sentirla in questa stanza, nuda, e spoglia, a sentirla dalla bocca di questo marinaio rozzo dalla, calotta di capelli biondi e semi rasi sul cranio basso, dagli zigomi leggermente sporgenti, essa, m'appare come il grido di tutto il popolo russo, nome la voce stessa della fatalità! Paolo Zappa Le precedenti corrispondenze k>iio appaine ?u «-La Stampn» dei priorni 27, 50 criuemn e 4 luglio. ni

Persone citate: Paolo Zappa, Stephan Vassiliovic