IL MONUMENTO NELLA STORICA PIAZZA di Marziano Bernardi

IL MONUMENTO NELLA STORICA PIAZZA IL MONUMENTO NELLA STORICA PIAZZA Si conclude oggi davanti alla omaestà del Re Imperatore la lun- Tga vicenda del monumento al Du- dl ca d'Aosta, Condottiero della Ter za Armata. In un'ora sacra alla Patria, presenti venti Principi reali, le alte gerarchie dello Stato e del Regime, capi e gregari, veterani e giovani combattenti, mutilati e decorati al valore di eserciti vittoriosi che diedero all'Italia la ferrea cintura dei suoi confini naturali e la potenza dell'Impero, l'opera voluta dal Duce, desiderata da milioni di reduci dalla grande guerra, passa finalmente dalle intenzioni dell'arte, dalle travagliate fasi del suo concepimento e della sua esecuzione, dalle accese polemiche di cui fu avvolta — passa, diciamo, alla vita popolare;' e finalmente compiuta dopo tanto rumor di parole e rivoli di inchiostro, vi entra perchè appunto dal popolo sia venerato il simbolo di cui è espressione. Non perciò a quest'opera, oggi, s'ha da guardare come di solito si guarda un'opera d'arte. Essa s'inaugura in questa Piazza Castello di Torino che fra tutte le piazze d'Italia, nella storia epica del Risorgimento, tiene il primo posto; s'inaugura accanto a quella Reggia dalla quale — primo — usci un Re Sabaudo a guidare il piccolo Piemonte oltre il Ticino per la conquista dell'unità italiana. E a risalire allora, da quel passato non lontano che ancor può stare nella vita di un uomo longevo, a questo presente fulgido di gloria militare e di prestigio politico, un'onda di commozione subentra alla consuetudine dell'esame critico. Che son più nove statue raggruppate sopra una base di granito se non un'ìrrompente realtà nazionale, idee, sentimenti fatti bronzo? Pietra e metallo Otto luglio 1931: sei anni; edancora riudiamo il grave ritmo della marcia funebre scandita dal rombo del cannone mentre lenta tra selve di bandiere la Salma saliva per la strada carsica al colle sacro di Redipuglia, e l'immensa memoria trasvolava lungo il curvo litorale adriatico, là dove su legdl ogni roccia ed in ogni dolina la I Terza Armata aveva fatto rossa del suo sangue la terra. Ora quel- a u la memoria è qui eternata, pietra Ie metallo. Chi a chiuderla in tan- igitali forme attese con speranze !d'artista, con fede intrepida di va- loroso soldato, Eugenio Baroni, !anch'esso è morto. Morto mentre le sue ultime forze, già minate dalle ferite e dalle fatiche della guerra, eran tutte tese al compimento dell'impegno assunto: morto come un combattente, fermo alla consegna ricevuta; e quella sua suprema passione di artista che nelle pause lucide dell'agonia ancor dava suggerimenti e indicazioni a chi doveva compir l'opera ch'egli non avrebbe mai vista, è degna della più alta pietà umana. Sparito anche l'altro ani- matore, severo rappresentante dell'Esercito nel Comitato per l'e-rezione del monumento, il Mare- sciallo Gaetano Giardino. Ma l'e- redità spirituale del loro lavoro, raccolta dallo scultore Publio Mor- biducci e dal Maresciallo Emilio De Bono, è qui oggi più che mai viva, anzi concreta. Per l'esem- piare attività di questi due uomi- ni, per la cooperazione fattiva del- ia città di Torino nella persona d'Ugo Sartirana suo Podestà (e si tacciono i nomi dei collaborato-ri instancabili che furono gli ese- cutori pronti e attenti delle diret-Uve artistiche ed organizzatrici), il voto di tanti combattenti è sciol. to, e questa lunga base di sienitedella Balma ornata di sculture,anche prima che come un monu-mento, vogliamo intenderla, ripe tiamo, come un'ara per la religio ne militare e patriottica di un popolo. Giungerà certo un giorno che l'opera potrà esser giudicata con animo pacato, da un punto di vista soltanto artistico, con un criterio soltanto di stile. E sarà quand'essa avrà preso posto nella nostra dimestichezza, quasi come oggetto famigliare e caro, con una sua parte data al sentimento (chesicuramente, non verrà mal meno) e l'altra offerta ad un esame critico: quando, calmatasi l'attesa e la sorpresa, subentrerà que I senso d'affetto per cosa nostra cittadina, che al pari di quello per le persone intime (ed in virtù I anzi di questo stesso amore) non i vieta di scindere le doti dai di ! fetti. Basti invece adesso l'accen i no che alla definitiva scelta, do ! po tre concorsi, dell'artista e del i bozzetto, fa la pubblicazione uf ' fìciale di questa celebrativa inau¬ gurazione, il bel volume che dedicato a Emanuele Filiberto di Savoia, Duca. d'Aosta narra la vita e le imprese del Principe, illustra le vicende e le caratteristiche del monumento, e stampato a diecine di migliaia di copie è posto oggi in vendita, mentre un opuscoletto riassuntivo viene offerto a tutti combattenti della Terza Armata: « Cosi si concludeva una dèlfi più fiere battaglie artistiche dei o a a a à - _ e nostri tempi e si realizzava l'o -jpera più appassionata e più orga- ! nica che lo scultore prescelto ab - j bia- compiuta in tutta la sua car, riera di artista ». - o [_a scelta dell'Opera i ~ - Fiera davvero, e bellissima bat- taglia. Non invano, per esercizio - ; del pubblico gusto, dozzine d'ara tisti nobilmente gareggiarono e N0n invano. si polemizzò per la -; sceita dei progetti (vada un ri - corao a quello stupendo presenta -( t0 da Arturo Martini) e prò e , jcontro l'ubicazione. Doverosa e . giU3ta fu ancne ia passione del e i popolo: specie del popolo torine- e, ise, destinato a custodire l'opera. -1 Cni gr\àò al «salvamento» di piaz- n e n oe a e, eatel za Vittorio Veneto, chi al « salvamento » di piazza Castello. Duplice ingenuità, prerogativa dei semplici e dei fanciulli: che un'opera d'arte veramente tale, e proporzionata al luogo in cui deve sorgere, mal toglie bellezza a questo luogo, se mai ne aggiunge; e tutto sta nel saper fornire quell'opera. Di tanta passione e di tante polemiche questo giornale, che alla discussione fece partecipare artisti e critici come, per citarne uno solo, Ugo Ojetti. fu fin dal principio lo specchio limpido, anch'esso combattendo e sostenendo idee che i lettori non possono aver dimenticato. Basti perciò richiamare la memoria a pochi dati, sulla scorta di quanto ci vien comunicato dal segretario del Comitato per il monumento Autunno 1932, primo concorso (svoltosi a Roma) con esito nullo per un monumento equestre da collocare sul piazzale Duca d'Ao sta presso lo Stadio ora in via di demolizione. Marzo 1933, costitu zione del Comitato nelle persone del Maresciallo Giardino, presiden te, dell'allora Podestà di Torino Paolo Thaon di Revel, dell'on. An tonio Maraini; offerta la scelta dell'ubicazione: piazza Vittorio Veneto a Torino, o Redipuglia; bando del nuovo concorso cui parteciparono 101 concorrenti; ammessi alla gara di secondo grado gli scultori Baglioni, Baroni, Martini, Orsolini, Stagliano. Giugno 1934, invito agli scultori Eugenio Baroni ed Arturo Martini a ripresentarsi a nuova prova. Febbraio 1935. presentazione dei nuovi bozzetti, e scelta, il 30 marzo, di quello del Baroni. Morte, il 24 giugno dello stesso anno, di Eugonio Baroni, e conferma del compito a Publio Morbiducci, già prescelto dall'artista scomparso, di condurre a termine l'opera. Ottobre 1935, approvazione dei progetti di massima presentati dal Morbiducci per il collocamento in piazza Vittorio Veneto e studio, nei mesi successivi, della sistemazione generale della piazza medesima, poi presentata in plastico, il 29 febbraio 1936, al Capo del Governo il quale riconfermava l'ordine di inaugurare il monumento '1 4 luglio 1937. Maggio 1936, disposizioni del Comitato relative al proseguimento della fusione delle statue e all'allesti- desengdto2pnrfolabdtcbndvdctpfmtazgrtnslrocdqbmctdPclsCicdsdpmento della sienite della Balma occorrente alla parte architetto-nica del monumento. Se non che, come qui si stralcia dai dati fornitici dalla segreteria a del Comitato, « passando dalla fase di studio a quella di esecuzio ne si resero ancor più evidenti le gravi difficoltà della realizzazione del progetto approvato e pertanto... il Comitato, con deliberazione 28 luglio 1936, previo favorevole parere di S. E. il Capo del Governo e col consenso degli eredi Baroni, decideva che il monumento fosse eretto in piazza Castello nel lato verso via Po. Lo scultore Morbiducci si poneva tosto allo studio dell'arduo problema di adattare il monumento alla nuova ubicazione mantenendo il più possibile intatta l'opera baroniana e tenendo conto della sistemazione della piazza e relativa rete tranviaria progettata d'ordine del Podestà dal Servizio Tecnico Municipale. Il Comitato in seduta 15 ottobre 1936 approvava i progetti presentati, che nell'esecuzione effettiva subirono poi pochissimi mutamenti. La Città provvedeva tosto al trasporto del monumento al Cavaliere sul lato sud della piazza, ed il 26 gennaio 1937 consegnava al Comitato l'area occorrente per l'erezione del monumento al Duca d'Aosta. Da quel giorno con intenso e febbrile lavoro si realizzò in meno di cinque mesi la gigantesca opera ». Tale l'esatta, obiettiva cronistoria del monumento; e passando ora ad osservarlo come realtà concreta è anzitutto da lodare incondizionatamente la soluzione con la quale venne risolto il grave problema di legare architettonicamente la mole con la piazza. Lode che va tanto al Comitato esecutivo quanto allo scultore Morbi ducei e al continuamente vigilante Podestà Sartirana che per questi cinque mesi mai abbandonò, o con la sua persona, o con il suo pen siero, la nostra adorabile piazza Castello. Problema formidabile, infatti, quello di adattare quasi contro Palazzo Madama un'opera di architettura e di scultura pen sata, nata, eseguita per località del tutto diversa, e vincolata quindi alle sue precise necessità. Un problema che si potrebbe definire urbanistico. Nella cornice degli alberi Come è stato risolto? Fornen do carattere di zona monumentale all'intera piazza; liberandola dal la confusa circolazione tramvia ria ora elegantemente convogliata su un semplicissimo anello (ma quanto studio per raggiungere questa semplicità) che sul lato della Prefettura verrà ancora allargato e che verso sud confluisce unicamente in via Po; costituendo bellissime e spaziose banchine agio e salvezza, finalmente, dei pedoni; stendendo tutt'intorno a Palazzo Madama un « sagrato », cioè una sopraelevazione che nobilmente isola dal traffico il glorioso edificio; ripavimentando le carreggiate per 10.000 metri quadrati con prismi di sienite; pavimentando con cubetti di porfido, cordoni e fasce di granito bianco il « sagrato »' medesimo e le banchine per altri 10.000 metri; sistemando attorno al monumento al Duca e a quello del Cavaliere ( che moltissimo s'avvantaggia della nuova ubicazione) tappeti erbosi, zone fiorite, boschetti di pini e tigli, siepi di bosso. Un'idea dell'entità dei lavori? Per la sola opera di posa del lastricato, 13.000 giornate da operaio; per la preparazione dei soli prismi di sienite, 200 operai nelle cave del Biellese a lavorare ininterrottamente dallo scorso settembre a ieri. Raramente l'abbellimento d'una piazza fu studiato ed eseguito in modo cosi totalitario. Mole, s'è detto, accennando a! monumento. Essenzialmente come una massa architettonica lo vedono infatti da oggi i torinesi. Gioco di zone l'une sull'altre sopraelevate ( * sagrato * della piazza, •.< sa- a grato e monumentale lungo me-;tri 52.70, piattaforma monumcn ìtale di m. 33.90, basamento raffi- a |gurante la trincea espugnata di a m. 28,30, base della statua prin¬ dstVbrbbsdddrirlegcr(nstpcsltucèdutfiocaTmulils1 i i a o o i o a e e i n a , i a à n e e a a a e o le o e eaoè lo rti nril ieal he a i, inra ra00 alo te uoa! me oco ea- enffi- di n¬ cipale alta m. 1,50 sulla trincea, capisaldi cubici laterali alti 4 metri, statua del Duca, nella quale son fusi quattro cannoni nemici, alta m. 4,50, statue degli otto Fanti alte m. 3,50. altezza massima quindi del monumento sul « sagrato » della piazza m. 8,50), richia- . mi coloristici eccellenti fra la 'sienite della pavimentazione e quella de) basamento, fra il rosso mattone delle torri di Palazzo Madama e U rosso più violaceo dei cubetti di porfido del « sagrato » e delle banchine, il sufficiente spazio lasciato fra il palazzo e il monumento e fra questo ed il fossato si che apprezzabile sia l'opera anche dal rovescio, dove stanno le due statue forse più riuscite, lo svettare degli alti pennoni sostenuti dai due bei pili granitici sobriamente fregiati dei simboli della Terza Armata e che accrescono profondità al complesso fornendo un tratto d'unione con l'antistante spazio, l'apporto di gaiezza e di frescura, fra tanta severità di masse grevi, fornito dagli alberi, dai fiori, dai tappeti erbosi che vengono come ad abbracciare il monumento — tutto ciò è statò inteso e reso quale unità veramente architettonica, unico mezzo di risolvere l'accennato arduo problema. Due altri compiti appaiono allora urgentissimi, e si attendono dalla solerte attività podestarile. Primo, il pronto abbattimento dei '< baracconi » dei portici, già a gran voce richiesto dal nostro giornale, stridente stonatura oggi più che mai, nel loro squallido a miserabile aspetto, con l'austera, grandiosa nuova sistemazione di Piazza Castello. Secondo, l'altrettanto pronto altolà a qualsiasi idea di abbattimento della cosi detta spina di fabbricati che costituiscono risolato fra Via Po e Via Giuseppe Verdi. Questi fabbricati richiedono certo un buon ripulimento e la liberazione dai brutti ballatoi. Ma pensare di abbattere la spino e di creare una sorta di piazzetta fino all'altezza dell'accesso al cortile dell'Accademia Militare è, lo diciamo fin d'ora, un grave errore. Significherebbe, tale demolizione, guastare irrimediabilmente l'organica bellezza di Via Po proprio sul suo ingresso: di una strada cioè che, architettata su uno schema generale di Amedeo di Castellamonte (altri sostiene, con minor ragione, del Bertola), è, come l'anno scorso scriveva un giovane architetto torinese, Giorgio Rigotti, una delle vie più caratteristiche piemontesi. Uniforme nella sua concezione e nell'architettura dei suoi edifici, ma varia nei particolari delle fabbriche che la delimitano. E' grandiosa appunto per la uniformità delle masse imponenti create da una mente unica, e non è affatto monotona per la varietà dei particolari che differenziano un isolato dall'altro ». Le nove figure Le grandi statue del monumento al Duca hanno, anche cosi, sufficiente respiro. Vivono esse da oggi una loro nobile vita ideale, con quei caratteri stilistici ormai a tutti noti. Il Condottiero della Terza Armata (stralciamo il commento dalla citata pubblicazione ufficiale che abbondantemente illustra le nove sculture baroniane) « ritto al centro della trincea esprime lo sforzo contenuto della impresa. Il suo viso è segnato dalla gravità del comando e dall'ansietà della gesta... come sempre 10 videro centinaia di migliaia di combattenti di trincea in trincea, con il portamento semplice e austero nel tratto augusto. Le potenti mani sono chiuse con le dita serrate e la impostazione è quella naturalmente solida e fiera della nostra gente ». «Il complesso delle figure dei soldati — continua a descrivere l'accennato volume sul Duca — intende esprimere il compimento vittorioso dell'impresa nazionala. I fanti, oltre a partecipare a un ritmo che li lega a due a due rispetto alla simmetria generale, prendono azione dal posto che occupano ». Cosi, seguita il commento del bel libro, la Vedetta veterana afferra il fucile con una concitazione che sa ancora le strette dell'arma cacciata con la baionetta inastata»; la Vedetta giovane « è l'espressione delle giovani generazioni a cui i veterani affidano 11 compito della difesa»; il Bersagliere « si volge al Duca di scatto se mai ne giunga un nuovo comando»; il Fante che si toglie la maschera « rivela la tragicità della guerra moderna »; il Fante cittadino, « scanzonato e baldanzoso », mostra s anche nel riposo il suo temperamento estroso », mentre il Fante contadino con « una mano palpa ancora le bombe nel tascapane, pendente al collo come il sacco delle sementi»; il Fante Ardito «dice lo sforzo lungo e l'impeto sfrenato », e infine nell'Alpino, che « volge lo sguardo al Duca per obbedire », i piedi che < si saldano alla terra, e le due mani, abituate a tirar su tutto il corpo sulle erode, e a sollevar macigni e cannoni, caratterizzano questo magnifico soldato*. Insomma, com'era nell'intenzione del povero Baroni, artista-soldato, sono i protagonisti della Grande Guerra che tornano a rappresentarne, per il nuovo popolo italiano, e in forme rielaborate secondo il concetto dello scultore, le epiche vicende ed i sublimi eroismi. Marziano Bernardi IL DUCA D'AOSTA AL FRONTE col generale Emilio De Bono e il colonnello Pietro Badoglio, i due futuri Condottieri della conquista dell'Impero.