TRA VIGNA E MINIERA di Renzo Martinelli

TRA VIGNA E MINIERA PRO 1*11.0 DEIalm* JSImBA TRA VIGNA E MINIERA Riecheggiano i nomi degli isolani trapiantati al Venezuela, tanto tempo fa, nei vigneti e nei bazar (dal nostro inviato) marciana marina, giugno. Quanti nomi ho ritrovato qui. specie su per la montagna, che m'han fatto immaginare d'esser ritornato, tutt'a un tratto, lungo la grande < caretera » Venezuela-na che va dal forno di La Guaira ai vitrei paesaggi andini del Tà- chira. Cervini, Carradini, Galli, Murzi: tutta gente di là e gentedi qui. Gli clbani in Venezuela ci son cosi fitti, e da così gran tem-po, e con tanto sale in zucca e con cosi provata voglia di lavo-irare, che li trovi ficcati un po' dappertutto. La quasi totalità uel- le prosperose vigne di cui ha irti- parato cosi bene a inebriarsi la-lNuova Castiglia è parente, con sanguinea stretta, sorella e figliola, di questi viticci da Bibbia ohe dal mare al monte, dalla gabbia alla roccia, han coperto e sempre più van coprendo panorami interi. I proprio come se fossero an?h essi l al-par del castagno, seme del buon Dio. ^ i Ricordo di Gomez i Dappertutto, dicevo, è riuscito J a entrare l'elbano trapiantatosi in Venezuela: perfino in Senato. Ma!i più belli, i più riconoscibilmente ' nostri, e che più ci fanno onore, ! son quelli delle vigne appunto, j Della vigna e dell' «almacen ». 11 q'.iale « almacen », come tutti certamente sapete, è quello spaccio all'insegna della Provvidenza, dove trovi tutto il necessario e tutto l'immaginabile, inventato dagii italiani che primi immigrarono nell'America del Sud e che, non sapendo bene quale sarebbe stato il genere di più sicuro smercio in città neonate, o in luoghi dove, j della città o del villaggio, c'era la sola speranza, pensarono che l'unica cosa da farsi, nell'interesse di loro stessi e dei loro imprevedibili clienti, era di vendere un po' di tutto: dal ritratto di Garibaldi all'olio di ricino, dalla cotonata alle bullette, dalla farina alla lanterna funeraria. In ' questa lunga, tenace, e anche fruttifera, attività gli ulbani sono, in tutto il Venezuela, al primo posto: e fu soprattutto di loro che il vecchio buon tiranno di campagna Juan Vincente Gomez, il pecoraio e vaccaro delle Ande più nuvolose, fattosi Dittatore, si, ma rimasto impeccabilmente, e, devotamente, rurale, mi fece, tra i fieni e i latticini della sua residenza ufficiale di Las Delicias, Je più lunghe lodi. « Il Venezuela deve molto al lavoro e alla onestà dei vostri mercanti e dei vostri vignaioli. Con gente come questa, l'Italia dev'essere un Paese felice... » — mi disse, passando e ripassando con gli occhi fra me e una giumenta che gli avevano portato a far vedere perchè era zoppa. Nel congedarmi, il Presidente più che Re mi diede anche un preciso caloroso incarico: quello di portare il suo saluto ricono- , . -. j,nimi.n Mscente a tutta la gente dell Elba. - Sarà tatto, Generale. Al più!presto! Un episodio E invece, ecco, l'ho fatto solo ieri: sci anni dopo quel giorno, e quasi due dopo la morte di Gomez. Ma non importa. Nelle due Marciane, quella di monte e quella di mare, i] saluto venezuelano lo han gradito lo stesso. Cosi come a me è stato ugualmente caro il ritrovarmi tra queste vigne, di mezzo a cui, allungando il collo, potevo quasi veder casa mia, accanto a nomi diventatimi amici tra grappoli e pàmpini di là dai quali c'erano (senza contare la terra, che non fa mai gran lontananza) il Mar dei Caraibi e l'Atlantico. — Murzi... Domingo Murzi... Ve ne ricordate? — Altroché! Veramente, qui, si chiamava Domenico... Ma, certo, stando trent'anni fuori, in un paese dove si parla spagnolo... Ripenso al mio ospite di Valera, e guardo fisso negli occhi, uno per uno, i suoi compaesani. Ho l'impressione che tutti, giovani e vecchi, sieno buoni ad andare a caccia, come Domingo, senza fucile. E mi spiego meglio. Quando, una quarantina d'anni fa, il giovinetto Domenico Murzi arrivò in Venezuela con pochi o punti soldi in tasca, ma con un desiderio matto di farne, fu accolto nella « "azendas » d'un Tizio che lo prese subito molto a benvolere. Gli piaceva quel tipo di ragazzo sveglio pronto, pieno di trovate. Gli pareva di poterne ricavare un fattore di prim'ordine. « Bravo Domingo! Evviva Domingo! Ti farai una bella posizione, caro Domingo!...;-; e cosi via per parecchio tempo. Sennonché, un bel giorno ecco cosa succede. Il buon padrone va a caccia. E Domingo dietro. Il padrone spara, e gli uccelli se n'infischiano. Il padrone s'arrabbia e dice a Domingo: c-Prova te...». Domingo risponde: « Provo, ma il fucile non m'occorre. Le cartuccie costano... ». S'allontana, carponi, sgattaiola nel sottobosco, scom-pare c riappare, ogni tanto man-da un piccolo grido di vittoria, e, a un tratto, il padrone se lo vedericomparire davanti con due uc-celli in mano e uno sotto il brac-ciò. Li aveva acchiappati cosi, co-me le mosche. (Giova tener pie-sente, ner credere a Domingo che fa questo racconto, che in Venezue- la, specie a quei tempi, gli uccelli c'eran fitti cosi e non avevan . La vite e il ferro Il buon padrone lo guarda, aggrotta le ciglia, gli mette una mano sulla spalla; e finalmente gli dice: -.-Domingo, caro Domingo, sei troppo bravo, non fai più perme. Pronto, sveglio, furbo, va bc-ne... ma gli uccelli con le mani rio! ». E lo mandò via. Domingo Murzi, l'ho già detto, è nativo di queste parti. . La gloria e la risorsa economica elbana si dividono tra il ferro e la vite: due cose che ugualmen- te richiedono «gente torosa e di b"°na fatica », come diceva il Principe di Piombino (che nel 1800 aveva padronanza assoluta su quattro quinti dell'Elba) quando parlava dei suoi seimila sudditi, E basta fare un giro intorno all'isola, meglio che mai sul mare, per rendersi conto che la vita elliana beve a quelle due fonti, e a quelle due sole. E' come metterò gli occhi sopra un immenso libro dì contabilità che via via si sfogli al vento della marina. O vigna o miniera. O rosso o verde. Tutto il resto è carta bianca: le pagine che aspettano anch'esse le loro cifre, o dure costole della rilegatu- ra rocciosa. Buttiamo un occhio sulla voce « vino ». Nel 1800, il prodotto non bastava al consumo locale. Dieci anni d" 0" cVn gu'Ybitanti'saliti da seimi]a „ dodicinliiai la produzione aumenta a tal segnoda rlchiamasuli'jgo]a una maggiore, e non disinteressata, attenzione del Governo francese, da cui il Circondarlo cibano dipendeva. Nel 1840 abitanti diciassettemila, e viti oltre trentadue milioni, con una produzione in vino di ottantamila quintali: l'Elba era già al posto d'onore dei paesi viticoli. Nel 1855 si è ancora saliti sia nel numero degli abitanti che in quello della produzione dei vini. Dal 1855 al 1861, decadenza in tutti e due i campi (che, del resto, risultano sempre strettamente legati fra loro). Dal 1861 al 1881 confortevole ascesa. Dal 1881 al 1900 altro colasso. Del primo precipitare biso- „na rintracciar la'caus'a nella crii togama: del secondo, nella fillossera. I mezzi per combatterle o non erano ancora o non ancora avevano raggiunto il coltivatore tra i suoi filari. Tenacia Ma le popolazioni rurali dell'Elba, pur di fronte alla quasi, in certi luoghi, totale distruzione dei vigneti, non pensarono minimamente alla resa. Non emigrarono, cambiarono mestiere. La crittogama e la fillossera, sotto questo aspetto, la fecero bassa. Qui il flagello distruggeva tutto? E loro piantavano i viticci più in là. Anche questi morivano? E il tentativo epicamente caparbio si rinnovava su altre zolle. Conosciuti i mezzi per lottare contro i nemici della vite, il fervore degli agricoltori fu tutto riversato nella ricostruzione dei vigneti secondo i dettami della nuova scienza, e si ottennero risultati clamorosi. Basti dire che in soli quattro anni oltre duemila ettari di vigna furono ricostituiti su piede americano. E ora siamo oltre i tremila. Ma il vino elbano non affida, e non vuole affidare, la sua maggior rinomanza alla quantità, H«*Kfiivi x inumando, alia uua =B „ T ,. /* slbbene alla 1uahta' Llntero ct plesso di vigneti, cui concorrono, quasi in ugual misura, tutti e otto i Comuni dell'isola, è costituito da uve che non tollerano nozze bastarde. Vite e ferro. Ecco il vero paese di Cincinnato. Renzo Martinelli

Persone citate: Castiglia, Cervini, Galli, Gomez, Juan Vincente Gomez, Valera

Luoghi citati: America Del Sud, Italia, Marciana Marina, Piombino, Venezuela