Polemichetta con Tatiana Pavlova -- L'Ispettore della Radio

Polemichetta con Tatiana Pavlova -- L'Ispettore della Radio ronache del Teatro e della Radio Polemichetta con Tatiana Pavlova -- L'Ispettore Polemichetta con Tatiana Pavlova -- L'Ispettore della Radio Tatiana Pavlova pubblica su Scenario un articolo — « Tredici mesi di insegnamento » —, nel quale, dopo aver dette le ragioni che l'hanno indotta ad accettare il pasjo di maestra, di regìa nella nostra giovane Accademia di Arte Drammatica, l'illustre attrice spiega il suo metodo, e risponde, sia pure indirettamente, alle osservazioni che le sono state fatte in occasione dei « saggi » dei suoi allievi. Siamo perfettamente d'accordo con la Pavlova nel credere all'utilità degli scambi tra arte e arte, tra metodo e metodo, semprecchè codesti scambi non si risolvano \nell' « imitazione pedissequa» e i»ei «ricalco delle orme altrui», e [ condividiamo pienamente la sua dìunla conolocobistdeprmavne« loanraopinione sulla 'necessità della pre- i»parazionc melodica degli artisti, \ adella « scuola », semprecchè codesta, preparazione sia intesa a. crea re non attori per un teatro, ma attori italiani per il teatro italiano, sia intesa a. dare cioè al nostro teatro uno stile e una fisionomia perfettamente distintivi e riconoscibili senza possibilità di equivoci e senza, accomodamenti o transazioni. nsparosustzlotrrm,u,ni* n',b,r? fi, ?j™^?," 51 ^n™ § LJÌ rttì? rff'" div9 f a^lr,;oC^l ™; r,nio,?;!d«La prontezza con cui 1 allievo,mitahano viene incontro a maestro, ^e capisce a volo, e coglie l'tnten- azione, e gusta ed esprime la si-Ìjtuazione comica o drammatica offerta ai suoi mezzi, è assai spes¬ so fuor del comune. Più raro è ottener facilmente che, una volta creata un'armonia, l'allievo sappia, come si dice in gergo « fissarla », ripeterla per sempre a quel pUn'to e non di meno nè più, man : tenerle il genuino incanto ch'ebbe 1la prima volta in cui fu raggiun ;ta. Appunto nella tendenza, in sè eccellente, di < rivivere » ogni volta di nuovo il suo personaggio, è e a sinistra, di tradirlo, di tornare ! dall'arte alla incerta e sciatta im iprovvisazione. Poiché l'arte non e 1rozza c informe vita, altrimenti \tutt} sarebbero^artisti: è vita più | dnnl'nsqsng jqualche cosa. Ora: guidare, anzi ìtutto, l'allievo nella ricerca della sua giusta espressione, non è impresa breve. Io non so insegnare rapidamente. Naturalmente, con italiani, non c'è bisogno dei mesi che occorrono ai tedeschi, nè molto meno degli anni che occorrono ai russi; ma delle settimane c'è bisogno. In secondo luogo, una volta ottenuto un risultato occor- i o!re, come dicevo, « fissarlo *: e que àisto, con italiani, è pericoloso. Per e , o i o e i i e ; i e il pericolo di spostarlo a destra o[ iaiatm«cbrrr1 m: iIt1 tmdtflmlcdgspsfdRche dov'era la fragrante armonia! si rischia di mettere la formula; e dove si cercava lo stile, d'avere la maniera. E tuttavia il dilemma è: o rinunciare all'arte, o insistere. Perciò insisto Ci sia pcrmesco di dire che codesto procedere, dall'esterno all'interno, cerne abbiamo detto altra volta, codesta- maniera di organizzare la sensibilità dell'attore, per non dire meccanizzare,, che è parola antiartistica, codesto creare dal di fuori, con mezzi convenzionali e studiati lo slato d'animo e l'espressione, per <•; fissarli » e ri o a a i e - a à e . - o . peterli per sempre a quel punto ì se non di meno ne di più, è metodoìnantitaliano per eccellenza. Che laÌFtradizione del nostro teatro. Ve-1Tsciupio dei nostri grandi attori è\fin perfetta antitesi col concetto \cdel «fissare». A nostro parere \bStanistawskij sbaglia di grosso] squando, esaltandosi di fronte a Tommaso Salvini, mostra di credere che l'attore comune possa raggiungere lo stesso « stato creativo » che raggiungeva il Salvini educandosi con un lungo tirocinio, perchè il processo psichico è per tutti lo stesso. Affatto. E' proprio il processo psichico che è diverso. Tommaso Salvini non si isolava e si concentrava prima dello spettacolo per ripensar gesti o espressioni già « fissati x, ma per rientrare nel personaggio che doveva esprìmere, riassorbirlo, risentirne tutte le più segrete vibrazioni spirituali, per trasformare l'opera — come giustamente ha detto il Gobetti della Duse — « da materia di riflessione estetica in un contenuto sentimentale che trovi la sua forma precisa e unitaria nel movimento della nuova sensibilità». Il metodo italiano dunque procede dall'interno, e sì affida, deve affidarsi, alla sensibilità, all'intelligenza, al sentimento, alla riflessione, al buon gusto dell'attore italiano: ecco perchè, prima di apprendere il gesto, la ginnastica, la scherma, il canto e altri simili complementi, ì giovani debbono esser posti in condizioni di intendere e ricostruire spiritualmente i personaggi che sono chiamati a interpretare. Bisogna cioè, anzitutto, elevare il tono della cultura dell'attore italiano. E del regista, s'intende. La differenza tra quello che potremmo chiamare metodo italiano e il metodo russo consiste in questo: che gli attori italiani nelle stesse opere, nelle stesse scene, erano tutte, le sere diversi, gli attori russi debbono essere tutte le sere uguali. Antìtesi più netta non potrebbe esservi. Ma il metodo russo ha i suoi pregi: serve a organizzare intelligèntemente Z'aurea mediocritas. Nell'assenza, non- nel tramonto, del grande attore, il regista, grande attore che non recita, che pensa ed esprime tutto per tutti, si è impadronito dei pieni poteri con la lusinga di dare a ciascuno la sensazione, e forse la convinzione, di sedere allei mensa degli Dei. E diciamo la verità: spesso ci riesce. Dobbiamo dedurne che il metodo è buono/ Sì, se è contenuto nei giusti limiti, che son quelli di subordinare gli attori minori ai protagonisti, di armonizzarli e In\quadrarli nell'azione, creare Vài\mosfera, il quadro, senza tentare Idi comprimere, o deviare o defor\mare quello che è il sentimento \genuino dei primi attori — che la [tradizione scenica italiana è traìdizione di grandi interpreti, e anìcor oggi, quelli che ci rimangono, Ivisititi o stanchi, son sempre i grandi atteri — il loro intuito e otdhmnldsmfdsgMdnSdèlbucAdI 'la loro potenza realizzatrice. \I E non si preoccupi l'illustre at-1 ìtricc del pericolo che essi corrono',. Idi «rivivere]» sera per sere personaggio, di spostarlo, a destra', o a sinistra, di tradirlo, di tornarci ri-ano' ,.„ Si teatraì alla incerta e sciatta improvvisazione. Se il personaggio è diventato carne della loro carne, anima della loro anima.se lo avranno veramente dentro dì sè, e non fuori, appuntato con gli spilli, gli attori italiani non lo tradiranno mai, lo perfezioneranno, lo ricreeranno, gli daranno una più intensa vita, una più rebusta poesia, e non improvviseranno nulla. S'improvvisa quando si dimentica 0 non si sa; non quando la creatura è viva dentro di noi e ci fa soffrire. Il metodo dall'esterno ha. diritto dì cittadinanza in una scuola, e in una scuola italiana — coinè vuole la Pavlova- — semprecchè. esso sia contenuto nei limiti accennati, e non tenti di imporsi in assoluto. Noi, del resto, pur riconoscendolo antitetico, non abbiamo mal condannalo il ■ metodo russo; abbiamo messo in guardia la Maestra- contro la bella prepotenza del suo temperamento, e fin dal primo saggio, riconoscendo gli immensi servigi che l'illustre attrice avrebbe potuto rendere alla giovane Accademia, abbiamo avvertito: « è necessario tuttavia che la Pavlova lasci più libero sfogo ai suoi allievi di esprimersi come sentono ». E quundo i fatti han dato ragione alle nostre preoccupazio- i»<> l'abbiamo lealmente dotto. Ora \ apprendiamo — e ci dispiace di non essere stati presenti — che lo spettacolo offerto a Padova dagli allievi dell'Accademia, col Mistero della Natività, Passione e Resurrezione di Nostro Signore » è stato in tutto degno della tradizione della scena italiana. Il valoroso critico de La Tribuna nota tra l'altro « come in questa sacra rappresentazione quelle tali più o meno sensibili influenze esotiche ^c si poterono qualche volta avivertire nei passaci saggi scolastici !dei medesimi allievi siano intera,mentc scompar3i, Qui ]e intona ^ , movimenti, & atiie, tutto è a a'rso scrupolosamente, produÌjÌì; :_jf__..tii.:i t."«.a«- è a l e è è e e i ù | damente, indiscutibilmente italiano ». Ne siamo lietissimi; e ci perdoni la signora Pavlova se abbiamo l'arroganza di attribuirci anche noi un pochino di merito per l'auspicata e felice realizzazione. Non c'è che da continuare sv, questa strada. E avremmo finito, se non fossimo costretti a difendere, non la nostra'inesistente fama di filòlogi, ma una delle forme dell'arte a e n i o è a - o[ italiana che è indiscutibilmente e assolutamente nostra. Nel suo articolo, la signora Paviova rimprovera ai suoi « vigili amici ì, di rimandarsi preocenpatissimi la duplice parola d'allarme: balletto russo. E aggiunge: « Perchè dicano balletto alia francese, mentre in italiano si dice ballo, non so ». Prima di tutto « balletto » è parola italianissima, regolarmente registrata- col suo verbo « ballettare » in tutti i vocabolari italiani; 1 ma, quel che più conta, la cosa è : italiana, e risale alle famose « inItromesse » o intermedi che riscon1 triamo agli albori del melodramma italiano. Fu alla Corte dei Medici, dei Gonzaga, dei Farnesi, alte Corti dei principi italiani, che furono introdotti, tra un atto e l'altro delie commedie c dei drammi, codesti intermedi, estranei all'azione e cfjmposti di musiche canti e danze. Che poi alla Corte di Francia, specialmente sotto Luigi XIII e Luigi XIV, il ballet sia stato in gran voga, e si sia sviluppato, non significa nulla. E non è senza significato che uno dei primi famosi balletti eseguito alla Corto di Francia — La liberazione di Ruggero dall'isola di Alcina — sia a! ; e a a e, è o o ì staio scritto dei una donna italiaoìnà, Francesca Caccìnì, che il Re di aÌFrancia disputava al Granduca di -1Toscana-, la famosa « Cecchina », è\figlia del grande. Giulio, poetessa o \cantante compositrice, e, probeie \bilmente, anche regista. E che queo] sii intermezzi e balletti fossero di a a ni o, r o o. e a e — a a ». e ffie a li sorigine italiana ce lo conferma più, tardi Molière. Tra un atto e l'altro del suo Malato immaginario non, ha egli intromesso un'azione mimico-danzante affidata a- Pulcinella i II Tìersot nota: Tutto è italiano in questo intermezzo. Ma più d'ogni altra cosa è italiana l'idea stessa d'aver intercalato un intermezzo in una commedia. E che fa Pulcinella? Canta e balla, con delle donne more allo scopo di distrarre l'ammalato e guarirlo meglio che non facciano le droghe di Monsieur Purgon. La dizione «balletto russo» è dizione perfettamente italiana. Se non avessimo altra autorità a cui riferirci, ci basterebbe quella di Silvio D'Amico. Nel suo profilo della Pavlova leggiamo: « Certo si è che almeno da principio la Pavlova, arrivataci dalla patria del balletto russo, ci apparve come una interprete soprattutto visiva». Dunque, se lo dice Silvio D'Amico, bal'*!tto russo è ben detto. s. s.

Luoghi citati: Francia, Padova