RIFLESSI di Amsterdam

RIFLESSI di Amsterdam RIFLESSI di Amsterdam La necessità aguzza l'ingegno [ In quella Babele di dirigenti, di tecnici, di giuocatori. di giornali-' sti, che era Amsterdam domenica I sera, qualcuno ebbe a commenta- ] n|2 il successo ottenuto dalla manifestazione tenutasi allo Stadio, ! come una diretta conseguenza del-; la necessità di rimpolpare le casse,, in cui si trovava la Federazione Internazionale. // potere del fiorino Le cose non stanno affatto in questi termini, che il concetto' originario, germogliato alcuni anni l fa, era tecnico, in modo esclusivo, e non mirava a far soldi. Ma anche se cosi fosse, anche cioè se fosse vero che dal principio di' far soldi si era partiti, non vi sarebbe nulla affatto di male. L|e mi. gliori idee, le più belle trovate sono sorte spesso sotto il pungente stimolo, sotto il pungolo del bisogno, quel bisogno che più di ogni dramma giallo non ti fa dormire. La F.I.F.A. aveva necessità di pensarje a se stessa, come la abbiamo tutti, ma stava bene. L'affare buono essa lo fece colla scelta della località in cui tenere la manifestazione di cui da tempo si parlava. L'Olanda è uno dei paesi europei a cambio più alto. Portati fuori dell'Olanda i denari colà Incassati si moltiplicarono subito come i topi. Lo stesso numero di persone, a Parigi, a Milano, a Vienna, avrebbe dato — con prezzi proporzionati allo stato della valuta interna del paese — trecento, quattrocentomila lire di incasso; e li si sarebbe rimasti. Mosso da Amsterdam, l'incasso di 105.000 fiorini, diventò 1.100.000 lire. No. per quanto I/3II0 sia stato il successo economico, la trovata fu tecnica, e se ne parlò fin dal giorno in cui si tirarono le conclusioni delle ultime Olimpiadi calcistiche, a cui furono ammessi giuocatori senza distinzione di categoria, proprio ad Amsterdam, nel 1928. L'idea fu tecnica, e pochi vi credettero, e parecchi ancora non credono in essa nemmeno oggi. lomPvesachtopanegaogpriziLva«ipevaqudalarodemdochzomè d'AOgimnechnoFelice esperimento <t Valle a metterle d'accordo le Federazioni d'Europa sulla composizione di una squadra che le rappresenti tutte assieme ». Questo si diceva. Ed .effettivamente, perchè andassero d'accordo, fu necessario l'allontanamento da ogni concetto tecnico troppo rigido, l'abbandono di formule di formazione troppo severe; si rese indispensabile una grande arrendevolezza, un senso d|sl « do ut des » che sarebbe stato incompatibile altrove. Questo spiega, in certo qual modo, certi particolari della formazione delle due squadre. Quello, \ ad esempio, che cercando fra gli; elementi di classe di quattro paesi, si sia scelta una mezz'ala sinistra per giuocare all'ala sinistra; quello, ancora ad esempio, che fra Germania, Olanda, Belgio e Francia si sia convocato come terzino di riserva — che il caso doveva poi chiamare in campo — proprio un uomo che è di solito un ripiego nella propria squadra nazionale. Partiti sulla via della equa ripartizione dei compiti, i dirigenti da I essi non si potevano più dipartire; e venuto a mancare il tedesco Danes per la improvvisa morte della j madre, ricorsero prima a Paverick e poi a Doachim, mentre tre 01 quattro terzini esistono in Fran-| eia migliori dei due belgi. Ma, nelle circostanze, non si poteva che fare così, e si fece benej a fare così. Un tecnico assolutista] avrebbe forse guastato tutto, data, la situazione. Il che non vuol dire che un'al-j tra volta non si possa fare meglio; ma occorreranno circostanze cam- j biate, come effettivamente essei possono cambiare, dopo il primo esperimento. Quello che, in questo primo: esperimento, fu interessante, fu ili modo in cui vennero superate le; difficoltà da parte dei giuocatori chiamati a risolverle. Sette lingue in campo \ Fu la più bella, la più convin-j cente vittoria che il Calcio abbia mai ottenuto, da quando lo si giuoca. Per far comprendere fra dij loro persone parlanti lingue diffe- ! renti, si era escogitato l'<:espe-| ranto ». Il giuoco del calcio riusei a mettere d'accordo gli uomini, tacendo. Per collegare il pensiero di un uomo a quello di un altro, segui la via della tecnica, quella che segue la musica, ad esempio, colla differenza che questa si esplica in suoni. E confermò di essere, come la musica, un'arte. Si pensi: dei ventidue uomini che presero il campo domenica, due soli conoscevano un'altra lingua oltre alla propria, i due belgi Braine e Van den Eynde. Un vero linguista il primo, che parla francese, tedesco, inglese, ceco, olandese e che ha come lingua natia il... fiammingo. Nella squadra dell'Europa Centrale nessuno aveva altra dotazione che la lingua del suo paese: al massimo l'ungherese Sarosi diceva qualche parola in tedesco, ma rivolgendosi a... Piola e a Meazza. Sette lingue erano rappresentate in campo: e l'arbitro non ne comprendeva nessuna, ne parlava un'ottava, l'inglese. Eppure l'accordo venne trovato, come se un interprete pronto, intelligente, versatile corresse dall'uh uomo all'altro e dirigesse dall'alto il movimento. Nel secondo tempo, il viennese Sesta ed il trevigiano Serantoni si capivano a perfezione, come facevano in campo opposto il francese Delfour e l'olandese Smit, che si erano conosciuti a tavola quel giorno stesso. Di superiore a tutti v'era il Calcio, linguaggio tecnico universale per co- dazivacocaind'daquduavstdrcanigigdisbchderisufiddsqpteenochcglerNdhLi1vgpèjmdrdgnqgridMaPmnSBnFssgavpdètsLsg[! i : ! J j I ; q! ' •■ [ ' I ] ! ; , ' l ' o l loro che lo praticano e lo amano. L'accordo non venne sùbito, come si è detto. Come era logico. Parlando coi giuocatori delle diverse nazionalità, dopo la gara, saltò fuori in tutti la confessione, che un grande sforzo era stato fatto inizialmente, deliberatamente da parte di ognuno, per adattarsi alle necessità dei compagni, per piegarsi c spiegarsi. Poi più tardi ognuno prese a battere la via propria, la solita, senza preoccupazioni, ed allora venne l'accordo. L'intelligenza dei giuocatori aveva portato a questa constatazione: «ile col sistema iniziale ognuno perdeva personalità e s'allontanava dalla linea propria — come quando ci si vuol far comprendere da uno straniero che non sa che la sua lingua, e si commettono errori nella nostra credendo di renderci più facilmente intelligibili — mentre giuocando schietto, andando diritto, il compagno, dopo qualche minuto capiva, e, senza sforzo, si trovava l'accordo. Dalla temuta Babele calcistica, la tecnica è riuscita a trarre l'intonazione d'assieme di una orchestra, ad Amsterdam. Il successo vero, in Olanda, è stato del Calcio, come giuoco, come sport universale. Un motivo d'orgoglio, una soddisfazione intima e profonda per coloro che in esso credono e ad esso hanno dedicato la propria attività. Opinioni britannicho i è o o o o a o o , \ i; ; a o a o Erano in tribuna, ad Amsterdam, nove dirigenti della Federazione inglese. Guardavano e tacevano. Questo trionfo del giuoco sucontinente, questo inno al Calcicantato, non in loro omaggio, min loro presenza, da otto nazioni d'Europa, non li mosse gran che dalla loro flemma. Al massimo qualcuno espresse l'opinione che due o tre degli uomini in campo avrebbero forse potuto trovar posto onorevolmente in qualche squadra britannica. Del fatto che in campo avesse brillato quella genialità, che proprio oggi manca al giuocatore inglese, ridotto, come giuoco, ad una pura espressione di condizione fisica, nulla. Non si sbottonarono. Ah, sì, ve ne fu uno che si sbottonò, quando gli si parlò del torneo dell'esposizione di Parigi, e del suo vincitore: dimostrò subito la sua competenza geografica e la sua profondità nello studio dei nostri problemi, rispondendo: « Oh, Bologna, sì, quella squadra di Spagna, me ne hanno parlato! ». La genialità. Essa colpì le intelligenze svelte, pronte, elastiche, equanimi degli osservatori continentali, quelle sì, specialmente per opera di quei giuocatori italiani che, individualmente, misero in campo qualcuno fra gli uomini migliori di tutto il blocco, e che collettivamente assicurarono la vittoria alla squadra per cui lottavano. Nel successo ottenuto dal giuoco del calcio ad Amsterdam, l'Italia ha diritto ad un pesto d'onore. Vittorio Pozzo LarcpnvsCdeeI«eltpnmgLfrtllidssa

Persone citate: Braine, Danes, Meazza, Sarosi, Serantoni, Smit, Vittorio Pozzo