Liberazione

Liberazione Liberazione Via ! Il momento in cui s'innesta la marcia e la macchina scatta e parte, e il peso, il dolce peso dietro le spalle, s'equilibria e s'avverte lo sfiorare d'ima carezza lungo la propria schiena ; quel momento era per lui come lo strappo col quale uno schiavo si libera dalla catena, o un'anima si scioglie dall'oppressione della terra per volare in cielo. Ben piantato a cavallo della sua motocicletta, braccia tese sui manubri, capo eretto, occhi e denti luccicanti, via, come una sfida, contro il vento e lo spazio, in fuga, fuori della città. Le narici palpitavano e, come se divenuto una sola cosa con la macchina, l'avesse animata delle sue vene e dei suoi muscoli, sentiva di trasformarsi con essa in una fiera viva e corrente. Gli piaceva immaginare di essere un purosangue e di sentire sull'arco della schiena il dolce peso di colei che gli sedeva dietro, e ai fianchi anelanti i suoi calcagni, e di correre correre sotto la sua pressione e sotto il suo comando. Il comando dell'amore, nel regno dell'aria, della natura, della libertà. E però il sabato, quando si coricava stanco del lavoro di tutta una settimana, chiudeva una partita. Basta; per nessuna cosa al mondo avrebbe rinunciato alla sua domenica libera, la difendeva come si difende un'estrema necessità di vita. E cosi, nella visione di una realtà che sconfinava nel sogno, s'addormentava felice. Ma si svegliava preoccupato. Le sorprese del tempo, le cure alla macchina, l'attesa di lei erano sempre come un preludio d'incertezza. La certezza cominciava con lo stacco di partenza, con la musica regolare del motore, col sorriso di felicità dell'amata a cui volgeva per un attimo la faccia, prima di esporla al vento della corsa. Allora cominciava il canto interno della liberazione e della gioia. Preciso e piacevole era il senso di svincolarsi dalla strettezza delle vie cittadine, dalla pressura dei caseggiati. Il sobborgo con gli alveari umani dai mille occhi delle finestre insonnolite, dagli stracci pendenti sulle corde, dai terrazzini rognosi, spariva per dar posto alla campagna. La lucentezza polita dell'asfalto con le allegre strisce bianche e nere, il riposante verde degli alberi e dei campi macchiato di tetti rossi, e 1 apertura del ciclo, del cielo che finalmente veniva incontro, si posava sul profilo della strada, s'impennava, si scorciava, diminuiva, per spalancarsi ancora più ampio; tutto questo metteva nel sangue chiarità e nell'anima fervore : e anima e sangue si fondevano in una sola ebrezza. Allora era la gioia che governava ; la gioia sorvegliata da un cervello divenuto leggerissimo, da un senso organico di dominio e d'equilibrio di tutte le forze, a cui era bello abbandonarsi. La velocità aumentava senza sforzo, il rischio era teso su un filo sicuro. In tale ebrezza bilanciata, egli godeva di sorpassare un'altra macchina, di frecciare tra uno stretto passaggio, di rasentare un abisso; godeva perche sentiva contro la propria nuca un respiro sospeso, perchè certe volte^ un piccolo grido gli sfiorava l'orecchio come un solletico voluttuoso, perchè improvvisamente due braccia lo allacciavano e tutta la soavità di un tenero corpo appoggiato a lui si comunicava al suo corpo. La responsabilità di una vita così cara, nelle proprie mani e nella prontezza del proprio spirito, lo trasportava in uno stato d'animo vigile e spedito, quasi sovrumano, attento a percepire i segni più difficili e misteriosi del destino. Quando, passato il rischio, rallentava, egli avvertiva nel proprio cuorv; il leggero tremito di un benessere che seguiva immediato alla tensione; e di questo stava in guardia, perchè in quei momenti un oscuro e rovinoso impulso gli avrebbe fatto lasciare 1 manubri, per volgersi ad abbracciare la compagna. Ora venivano i boschi, i prati, i ruscelli, la terra s'inazzurrava nell'anfiteatro dei monti Presto le nocche d'una mano leggera avrebbero picchiato con troia sua spalla. Era lei che sce glieva il luogo della sosta, e sempre a meraviglia. Quando scendevano dalla macchina, per la corsa e la felicità tremavano loro un poco le ginocchia ; e anche le labbra tremavano fra il sorriso e le parole che I ansia della gioia rendeva difficili e ti: micie. Egli s'era levato i guanti e scoteva la destra nell'aria, quasi a farle acquistare una più delicata sensibilità. Poi prendeva lei per la mano ed entravano nel bosco o scendevano verso il nume. Ora lo spazio e il cielo, la corsa e il tumulto della liberta si rinnovavano, nella creatura che aveva vicina, in una pace di paradiso. Egli la guardava inebriato ; seguiva i suoi movimenti come se le braccia e le mani di lei creassero a ogni momento una fresca gioia da godere. Il tovagliolo che stendeva sull'er ba, i fiori strappati intorno con cui l'ornava, il pane che tagliava, il bicchiere in cui versava ii vino, tutto era sorprendente ja,uasi che avvenisse nel mondosanegesivifemgiaroli nvl'aremdscdlodsutiLdDcpntiopvrtuleródtaneUinrdhdnrlahaleAcovlktatnsnpemsnecm«Jdsls e e i o o n e i a . e n a n i dei giovani faggi, deliziosa voi ta d'ombra e di frescura sopra di loro; se una nuvola di passaggio, lasciando cader sulle tenere foglie le sue gocciole d'argento^ eseguiva un'incantevole sinfonia; se il profumo d'una viola o d'un mughetto si manifestava all'improvviso, o sui rami vicini si metteva a gorgheg- pet la prima volta. Se il vento passava armonioso nelle chiomegiare un merlo o un fringuello; ia sorpresa si prolungava nei lo- ro animi senza limili di tempo li faceva comunicare con l'eternità. Dopo i baci, il riposo; vicini vicini sulla terra tepida. Dall'abbandono veniva su la tenerezza; placata la passione, Timore rinasceva tenero e fresco da tutte le radici ; una riconoscenza inesprimibile traboccava dal suo cuore per la donna che lo sollevava nella gioia, liberandolo d'ogni fastidiosa pena. Era sua, come il respiro, come il battito del sangue: non pensava ad altro, non chiedeva altro. Len-| tamente dal sopore passava nel j ristoro del sonno, breve, in- 'eH?°\ . .. . !lSy,T™ JS^ISIS? fi™-; pre la spina nella prima ama rezza: il pensiero del ritorno. La luce declinava, La natura metteva un tono di malinconia nei suoi ultimi sorrisi. La voce del ruscello si velava. L'ombra s'affondava rabbrividendo ne' bosco. Ora, nella loro allegria c'era qualche cosa di sforzato. Evitavano di guardarsi troppo a lungo negli occhi per non scorgervi, rispecchialo nel fondo, il medesimo affanno. La macchina luccicava nel buio. Lo urtava un poco quella lucida, quasi sarcastica, freddezza di metalli. La trascinava su, con fatica, per il prato, o la guidava con precauzione frammezzo gli alberi del bosco. Parlavano, perchè nel silenzio temevano tutti e due un pericolo; ma qualche volta il discorso moriva tra le loro labbra. Allora , l egli s'arrestava e s'abbracciavano. e ridevano per l'impaccio della macchina. Sulla strada, nell'acccndcre ili motore._ egli provava un senso! di ribellione per la schiavitù che. „„'.if,, alo avrebbe ripreso per un altra „settimana, e forse, pensava in cun sùbito scoraggiamento, perldsempre. Ma poi, nella corsa. ; v ,. •* , ii i • • , „ riana della sera lo rianimava.;f-Sella luce bianca del faro nm-:Dbalzavano e si sfaccettavano le gvisioni dei suoi sogni e le im- iv. . , ,, ° i» _ magmi delle sue speranze. Dueibbraccia, come una salda ciritii- cra. lo tenevano avvinto intorno:qalla vita : erano il cerchio pre zioso d'una fedeltà senza paro-1àle e senza vane promesse. Con tale sicurezza egli poteva anche guardare serenamente, all'orizzonte, il riflesso rossastro della città illuminata che gli veniva incontro e che presto lo avrebbe ' srinserrato nelle sue mescili-1 nità quotidiane, Giani Stuparich

Persone citate: Giani Stuparich