LA BEFFA DEL BARATTO CON GLI ESQUIMESI di Leo Rea

LA BEFFA DEL BARATTO CON GLI ESQUIMESI Umm inverno coi cacciatovi di pélliccie LA BEFFA DEL BARATTO CON GLI ESQUIMESI a — " Avrete la spiegazione del come Londra, pagando mezza rupia al giorno Vuomo che raccoglie the e malaria nel Shillong e rivendendo quel the a due dollari per mezzo chilo agli esquimesi, sia una grande città splendente di ricchezze,, e l a l a a a a a , a n , i n e l e o e o e e e è o e e n o e el e a ootui a a oi e a al o n a m re (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE) CH ESTER FI ELD, Sono arrivato a Chcsterfield di venerdì ed, essendo invitato alla tavola dei missionari di Maria Immacolata.,, speravo bene. Speravo, cioó, di non mangiate, almeno per un giorno, carne di caribù; speranza, vana: dopo la zuppa, hanno portato un intero quarto di quell'animale e me ne hanno riempito il piatto. Non ho potuto fare a meno di esprimere un po' di meraviglia. Padre Duellarne, il preposto alla missione, ha capito male (cioè eccessivamente bene — omnia munda mundis) e sì è subito preoccupato di mettere in pace la mia coscienza e di eliminarne il mal supposto turbamento, informandomi che, per speciale esenzione, i cattolici di queste regioni non sono tenuti all'osservanza, delle regole sulla dieta del venerdì nè a quelle del digiuno. Il vino di Chesterfield Ho ascoltato le sue parole e non ho avuto il coraggio di confessargli che lei. mia preoccupazione era stata dettata soltanto dallo stomaco; d'altra parte.; essendo io invitato, non- potevo dire ' all'ospite quanto" mi è difficile mandare giù quella carne dolciastra e compatta. Per punire la disonestà di questo silenzio non ho trovato altro mezzo che lasciar riempire senza proteste, il piatto e vuotarlo una seconda, volta. Credo di essermi meritato l'assoluzione. Oltre alle esenzioni concesse dalle autorità religiose, i padri Oblati sono riusciti ad ottenerne una anche da quelle governative: quella di fare il vino. Credetelo o non credetelo, il fatto è che il vino usato per la messa e quello che viene a. tavola è fatto proprio qui, in questo paese dove durante dieci mesi dell'anno si misura, la neve a metri: è bensì vero che è spremuto da acini di uva secca e che difficilmentte otterrebbe il penultimo premio ad un'esposizione vinicola, ma quando uno è da oltre un mese a regime di acqua da neve e di quel puzzolente icisky di contrabbando, trova che questo vino di Chesterfield merita tre volte il triplice « est ». Oltre alla, chiesa ed alla casa dei missionari, ci sono due antenne ed una capanna della stazione radio e l'immancabile Trading Post. Intorno a questa Chesterfield dei bianchi, sorge un numero variabile di iglu. L'esquimese è nomade, deve escere nomade, perchè non mangia se non segue le migrazioni dei caribù- durante,la stagione in cui non è possibile, a causa del troppo spesso strato di ghiaccio, dare la. caccia alle foche, nè restando fermo, riesce a. procurarsi le pelli delle volpi bianche che può scambiare al Trading Post con arnesi e con viveri. "Colui che mangia crudo,, Non credo esistano, in alcuna parte del mondo, uomini costretti a vivere una vita cosi incredibilmente dura. Noi possono fare fuoco perchè la- cintura degli alberi finisce, settecento chilometri a sud di qui: non possono oltrepassare il limite delle Terre nude perchè laggiù, dove crescono gli alberi, vivono uomini che respinsero l'esquimese tutte le volte che questo popolo tentò di trovare un posto che gli consentisse di vivere come tutti gli altri popoli. Gli indiani, dopo averli sconfitta e inseguiti fino oltre il limite della vegetazione arborea, li battezzarono con un nome pieno di disprezzo e derisione: « Eie-ski-meou » nella lingua dei vincitori vuol dire « colui che mangia crudo » e i -vinti fecero di questa, derisione, virtù. Si sono da generazioni ormai adattati alle tremende condizioni di vita imposte da questo deserto che non consente il fuoco. Tolte alcune tribù che vivono vicino alla, costa e che. l'opera dei missionari ha convcrtito, il resto di essi vive in condizioni sociali e morali incredìbilmente arretrate. L'abbandono delle bambine, l'uccisione di un avversario per impadronirsi della sua donna, poligamia e poliandria, sono soltanto alcune delle pratiche che ancora oggi, regolano i rapporti di questa gente. E guai, ancora oggi, all'uomo bianco che sia costretto ad accettare l'ospitalità di un iglu esquimese: secondo le loro leggi tutto quello che l'ospite possiede diviene temporaneamente proprietà dell'ospitato. Tutto: dalla lampada alimentata con grasso di foca, ai cani, alle donne; e chi non si comporta in tutto come il padrone di casa offende l'ospite. Mangiano foche e caribù, vendano le pelli delle volpi. Vendita è una parola molto impropria, poiché in questo, quasi duemillesimo anno del Signore, l'esquimese non sa. ancora cosa sia la moneta. Per lui l'unità che serve come base per gli scambi è la « pelle » e il bianco che commercia con espi ha stabilito che una «pelle» esquimese vale mezzo dollaro. Al Trading Post Quando hanno preso una volpe ed hanno urgenza di avere una scatola di lardo o di qualche arnese per cacciare più facilmente o di qualche « lusso » per il loro iglu, scendono in un gruppo di quattro o cinque individui fino al Trading Post. Vestiti di una doppia, pelliccia, pelo sulla pelle e pelo all'esterno — niente maglie, niente camicie, niente di tutto il resto — entrano titubanti nella bottega del potente uomo bianco che ha fuoco di carbone nella sua baracca, che può mangiare tutte le. volte che ha fame, che ha allineate nelle scansie, tante cose preziose. Il piccolo gruppo è agli ordini di un capo: questi s'avanza, verso il bancone, tira fuori di sotto la « parka » la volpe scudata di fresco e la porge al tenutario del posto di scambio. Il gesto è accompagnato da un sorriso che dapprima sembra di gioia, ma poi quando il "« trader » esamina la pelle e scuote la testa e la faccenda promette di essere più magra del solito, quel sorriso esprime soltanto un'implorazione: « Non dire di no, bianco! Non dire troppo poco, bianco! ». E il bianco scuote il pelame, rovescia la pelle per vedere se all'interno ha il colore che devono avere le volpi catturate nel momento in cui la pelliccia è più abbondante, poi decreta: — Quaranta pelli. Il capo gruppo st consulta con gli altri, parlano a brevi monosillabi e con molti gesti; il problema è serio perchè i bisogni sono molti. Nel preventivo fatto prima di venire al negozio ognuno aveva incluso qualche cosa che gli sta più a cuore. Ma come comperare tutto con le quaranta pelli offerte dal bianco f E, d'altra parte, da chi andare con la speranza di una maggiore offerta, visto che il bianco di quassù non Ita concorrenti? La discussione dura de-, cine di minuti; in conclusione- il capo del gruppetto fa una specie di riassunto del dibattito ed. annuncia, che l'offerta è accettata. Il bianco prende la volpe, la get¬ rgqz ta, ad accrescere il mucchia nel retrobottega, poi comincia a «pagare ». Da una scatola toglie quaranta fiammiferi, li conta, ne fa quattro gruppetti di dieci pezzi l'uno e li. mette sul banco a mezza distanza fra se stesso e gli indigeni i quali, durante l'operazione di conto, si piantano coi gomiti sul tavolo a ridere e ridere e ridere: un riso innaturale stentanto, che infonde la stessa compassione del riso di un pazzo. Conclusa la prima parte dell'operazione commerciale, si inizia la seconda fase: quella per cui il compratore della volpe diventa venditore. Gli esquimesi guardano i mucchietti di fiammiferi, li toccano; guardano una per una, tutte le scansie, parlano fra di loro, ridono ancora, discutono a lungo, tornano a guardare le scatole allineate dietro al banco, riprendono i consulti, e finalmente il più anziano dà il primo ordine: — Té... — dice e prende da un mucchietto di fiammiferi quattro « pelli » che spinge verso il bordo opposto del tavolo. Il trader .si alza, allunga un braccio, toglie dalla scansia un pacchetto sul quale c'è scritto « miscela di primissime foglie », lo butta verso gli indigeni. Il mercato continua, lentissimo: le discussioni non finiscono mai, al suggerimento di uno sì oppongono le obiezioni di tre o quattro. Il risultato del dibattimento è condensato in una sola parola: « Lardo ». E mentre dà questo ordine, il capogruppo spinge verso il bottegaio un altro gruppetto di fiammiferi, senza contare quanti sono. Quanto costa una volpe Altra scelta: le dita nella bocca, la saliva, che cola sul mento, mentre ognuno ascolta le proposte degli altri. Sei « pelli » di farina, dicci di tabacco, sei per una trappola, sei di cartuccie, quattro di candele. Anche l'ultimo mucchietto di fiammiferi è esaurito. Conto anch'io: mezzo chilogramma di té, una dozzina dì cartuccie, una trappola, dieci chilogrammi di farina, cinque pacchetti di tabacco, qualche ettogrammo di dolci, una libbra di la; do... Per 'una pelliccia che è stata valutata venti dollari — quattrocento lire — e che sarà rivenduta per quaranta, il gruppetto di esquimesi si è portato a casa la mercanzia sopradescritta. Prendete in mano una matita, stimate il valore di ogni articolo, fate il totale 'e poi calcolate quanto quei poveri diavoli hanno pagato illa cosidetta civiltà: per avere il risultato esatto aggiungete quei èlspplqclsrmdcpisrtmdas«sèggbfdns l a i e lir isi ir a o e o, e e: n o o n n o o rial o Il nrventi dollari di profitto che verranno al bianco dalla vendita della volpe. A conti fatti avrete chiarissima, la spiegazione del come e del perchè Londra, pagando mezza rupia- al giorno l'uomo che raccoglie té e malaria nel Shillong e rivendendo quel te a due dollari per mezzo chilogramma agli Esquimesi, sia una grande città splendente di ricchezze... Da sette a settanta dollari Ma l'acquisto di una volpe non è che piccolo commercio: l'operazione è fatta per cattivarsi il cliente: il bello viene quando, dopo una buona stagione di tesa, gli esquimesi arrivano con un centinaio di pélliccie. Riprendete quella matita: la media corrente di una volpe bianca, quando è comprata direttamente dal cacciato re, si aggira sui venti dollari. Ma quassù, dove non c'è che un com pratorc, soltanto i capi migliori raggiungono tale prezzo: la media scende di un quarto. Per cento volpi bianche il trader consegnerà mercanzia per un valore, valore fissato da lui stesso, di millecin emecento dollari. Allora sì, c'è la possibilità dei grossi affari: quan-\ do il capotribù avrà di fronte a sè tremila fiammiferi e il trader gli mostrerà un fucile, non esiterà a restituire al trader trecento « pelli », centocinquanta dollari, per un Winchester che se voi o vostro zio andate a comprare da qualunque armaiolo pagherete una cinquantina di dollari. Eppoi c'è il fornello a petrolio, una canoa, le cartuccie e tutti gli litri oggetti che per l'esquimese (segregato in questo deserto di ghiaccio, dove uno spillo vale una fortuna e può salvare una vita), costituiscono beni enormi. E quando la stagione di caccia è stata eccezionalmente favorevole, e il capo tribù approva il desiderio generale di comperare un po' di fuoco, sapete a che prezzo pagano il carbone: settanta dollari per tonnellata, quasi millequattrocento lire. All'origine il carbone vale sette dollari; calcolate con cjuale larghezza volete, le spese di trasporto e quelle gene rali, raddoppiate, triplicate, fate magari il quadrato di quei sette dollari. Per quella tonnellata di carbone il cacciatore indigeno non pagherà con un chèque e neanche in banconote, ma con pélliccie che sqrànno rivendute per centoquaranta dollari: il duecento per cento di utile, pur facendo i conti nel modo più favorevole per il « trader ». Ho provato a discutere questa analisi dello sfruttamento cui sono " sottoposti i disgraziati « mangiatori di crudo ». La discussione non è durata a lungo ed è stata conclusa con questa argomentazione: — 7» fin dei conti, chi costringe gli esquimesi a comperare carbone? Il mio interloculore non era affatto un discendente di quelli indiani che, per derisione, diedero il nome attuale agli abitanti del deserto senza fuoco. Leo Rea imml'OinpvsesoqdmGnrrsnlebrcl'udnegvuildlcAbsbscscgdspbczrinllprspsSgsLe precedenti corrispondenze sono apparse su « La Stampa <> dei giorni 6, 10, 12 e 18 giurilo. PÉRE DUCHARNE E LA SUA CHIESA

Luoghi citati: Chesterfield, Londra