Sciangai e la sua triste grandezza

Sciangai e la sua triste grandezza £ót\etno-OvtenteàiaULeoo* e£a hjCcastKwziane. Sciangai e la sua triste grandezza renesi opponeall'cciene:Umlàconrorudezza,rassegnazonecontro prepotenza: il pittoresco sfida il razionale e la fecondità schiaccia l'igienismo e la profilassi o i , a , l : i n l ' l a a e l i : i a a e i e n n n e e o t u i i a, r¬ (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE) SCI ANGAi, maggio. Questa città che taluni romanzi pialli e di tutti i colori, e certi film americani, e la stupidità internazionale (pochi sentimenti sono più internazionali della stupidità) hanno circondato di una favolosa aureola- carnevalesca, mi apparve, la. prima, volta che vi approdai, grave, quasi funebre. Le nebbiose giornate invernali la cristallizzano come una cosa morta: le nebbiose giornate estive la umiliano col colore e la puzza- della putrefazione. Quando il piroscafo accostò alla riva del Wa.ngpoo, dopo essersi fatto largo lentamente tra le infinite imbarcazioni del fiume, e, rimestando con l'elica un'acquaccia color cioccolato ebbe disegnato una larga curva increspata, il termometro segnava dodici gradi sotto zero. Lastroni di ghiaccio coprivano banchine deserte dove monumentali piramidi di mercanzie d'ogni sorta aspettavano d'essere smistate. Bianchi voli d'uccelli nordici rimbalzavano dalle creste dell'acqua gelida alle nubi nevose: un vento diafano che proveniva dalla lontanissima Mongolia circondava i colossali edifici del Bund con sferzate di ghiaccioli. L'usslderamento era passato dall'umanità alle cose: quell'arco di facciate monumentali pareva aver ripreso la rudezza grossa e umida delle cave donde erano stati tolti i blocchi dei basamenti, le lastre poliedriche dei cornicioni e le altissime colonne. Sulla sponda di faccia al Bund, gru, draghe sporgevano dalla, bassa cintura dei cantieri e degli arsenali inoperosi. E la stessa favoleggiata circolazione automobilistica era lentissima e rada ai piedi del famoso Bund di potenza ciclopica e brutale. Un crepitio di detonazioni ch'era cominciato a serpeggiare lungo il canale già tredici miglia lontano nel porto di Wosung si faceva piti fitto man mano che il piroscafo si avvicinava all'approdo: esso pareva incendiare altri fuochi che. scoppiettavano a lampi e grappoli sulle giunche sui sampans e sui vaporetti. Si vedevano marmocchi d'ogni statura e poveri diavoli d'ogni età, con in mano filagne di mortaretti, accenderne intrepidamente la miccia e resistere allo scoppio e al fumo pestifero. Il lamento e II riso della miseria Sonnolenza d'oppio, di sciopero o di stato d'assedio? Sonnolenza di festa. Era il capo d'anno cinese e quella paralisi s'era estesa si può dire a tutta la. cerchia di questa metropoli che, per numero di popola zione è la quinta del mondo. Le quattro giornate di riposo coincidevano con un periodo di freddo terribile che teneva tappati in casa cinquantamila europei, e rintanato nelle topaie e nelle barche un milione di cinesi. Resistevano alla folata del gelo file di uomini da tiro vestiti di sottane blu ovattate, e attaccati ai ricsciò, resistevano gli scaricatori laceri e seminudi che ai piedi dei grattacieli andavano e venivano non più grandi di formiche, appaiati da un bilanciere, appoggiato alle spalle dal quale penzolavano fardelli di tre o quattro quintali. Essi soli si udivano: essi soli avevano una voce perchè essi soli cantavano. Non un canto o una. mclopé'a; ma proprio un lamento, alternato secondo Ut cadenza del passo come immaginiamo dovesse essere quello dei cinesi caricati di pietre mentre costruivano la Grande Muraglia. Il lamento dei cinesi, la loro fatica e pazienza sono immutabili da duemila anni. I viaggiatori di prima classe, quelli che, avendo visto Seiangai attraverso le sottane delht- Dietrich o le spalle di Gable, si aspettavano di approdare a una specie di Bagdad della leggenda- o a- una Cannes d'operetta, rimasero colpiti proprio da quel canto che non era, s'intende, dedicato o indirizzato a loro e non apparteneva al « folclore»: ma piuttosto a quella pena che è offerta dall'umanità sull'altare di queste città miliardarie come agli idoli d'oro. Man mano che si sbarcava si potè veder meglio anche du vicino, quei coolie.s cinesi, a gambe nude testiti d'una stratificazione molle di stracci, appaiati, intorno a un'enorme cassa, a una balla, a un pezzo di ferro. Il loro andirivieni era controllato da un aguzzino in occhiali, al riparo, costui, d'una baracca di legno trasportata da una banchina all'altra. E, nelle retrovie di quegli avamposti della miseria, erano schierati altri dannati: i conduttori di ricsciò; una piccola rappresentanza dei centomila di Seiangai anch'essi in cenci e cianotici per il freddo; e urtanti parole in « piggin-english » con volti Tna&0eratj. da. um ti- sala tipica, frequentissima su questi visi paonazzi che è suggerita da. un « rictus » o piuttosto dalla fame e dalla ferocia che dalla felicità o dal cuore contento. Sentinelle Qualche viaggiatrice di classe si lamentava; era delusa! Quello spettacolo iniziale avvelenava i bei progetti di sfoggiare abiti scollati e di danzare, e di visitare i negozietti di « curiosi) (dicono cosi anche gli italiani snob) e di passare da un bar all'altro cicchettando. L'amico dell'Ambasciata che, imprecando contro la levataccia e contro il gelo, era venuto a incontrarle, sollecitato dal «cable» del ministro o del sottosegretario faceva un po' di spiegazione; dava il nome agli spettacolosi edifici del Bund come si fa con le vette di un panorama alpino: «Al centro, quella punta piramidale, la più alta, una specie di diamante nero è l'Hotel Cothay, il più grande dei piti famosi, aì nono piano si balla ogni sera. Di fianco il Palace, laggiù più indietro il Metropole e poi, cominciando da destra, sì di fianco a quella specie di campidoglio che è l'ufficio della Dogana: la- Banca Honkong-Sciangai, la Banca delle comunicazioni, la Banca Tai Wan, la, Chartered Bank, la Banca della Cina, la Yokohana Specie Kank. — Tutte Banche, mio Dio! Tutte Banche? — SI): non ci pensi, signora, è un'ala di Banche, il Bund; un seguito di casseforti rivestite di marmi, trasportati dall'Europa, scaricati dai padri e dai fratelli maggiori di questi coolies. Sorgono su un terreno internazionale; per questo hanno pompato il risparmio di mezza. Cina. E poi, guardi, quale Banca, in Europa, ha custodi così sicurif Si vedevano emergere dall'acqua, in mezzo al Wanpoo, le torri d'acciaio, le prue d'acciaio delle navi da guerra. Bandiere d'ogni nazione sventolavano al vento che calava a stormi dalla Mongolia. Un incrociatore corazzato più formidabile degli altri occupava lo spazio con spezzate grigie e sventolava un tondo rosso sul campo bianco della bandiera come un sole insanguinato: un incrociatore della flotta giapponese. Le casseforti e le loro sentinelle Seiangai è un mito del capitalismo appoggiato alle corazzate. La città è poco più che centenaria; ma veramente, la sua grandezza ha l'età dei trust! E' la spettacolosa, rassegna del tecnicismo dell'inflazionismo e del capitalismo riuniti; la sua. grandiosità è americana; ma la sua origine è europea. Sopra una umiliante degenerazione europea nata dalla schiuma del dopoguerra- si drizzano le verticali di cemento armato che formano l'orgoglio dell'internazionale capitalista. Essa corrisponde a una megalomania non soltanto della moneta; ma dnche degli spiriti che i tempi nuovi hanno umiliati, che i futuri tempi umilieranno. , B allora, piuttosto di ricor¬ dare e celebrare quei plutocrati europei e asiatici che sfolgorano in appartamenti e alberghi lussuosi a. specchio del giallo Wangpoo e nelle ricche residenze della periferia, bisogna- ricordare altre centinaia e migliaia di euro pei (parecchi italiani) che hanno donato a questa capitale un lavoro intelligente e ostinato per anni Seiangai come Hong-Kong non è ancora centenaria e la generazione che ricordava d'aver visto sbarcare il primo console inglese, quando l'unità d'Italia non era ancora compiuta, è morta da poco. Sopra un accordo che riserva agli europei una zona extraterritoriale, non ligia alle leggi cinesi, è sorta, questa specie di Stato nello Stato clic la nuova Cina avreb he annullato da tempo se gli in teressi dei depositarli e dei padro ni delle banche non vi si fossero opposti. Tedeschi, austriaci, russi ora gli spagnoli, hanno perduto questo privilegio. La mancanza di solidarietà europea, dopo quella guerra del 191!, che i cinesi definiscono una guerra civile, ha sgretolato, in modo fatale, la solida rietà dell'Europa- centro l'Asia. E allora la magica ynetropoli che gli architetti, gli urbanisti e gli elettricisti hanno creato così favolosamente splendida, come se il suo destino fosse quello di schiacciare ed umiliare la. Cina, minaccia di esserne assorbita. Da un giorno all'altro: può bastare un colpo di forza o d'astuzia a far passare la « maggioranza delle azioni » di Seiangai, da mani europee a mani asiatiche. Si- direbbe che la popolazione formicolante della periferica città cinese; Nantao, aspetti quell'evento per trasbordare nelle zone del « settlement », o « accordo », e coprirle con la tenacia e l'invaden- a l n za d'una crittogama. Essa conserva, le sue caratteristiche immutabili: quelle che si riflettono e si condensano in ogni cellula- del suo tessuto umano e sono irreducibili. L'Oriente si oppone all'Occidente: umiltà contro rudezza, rassegnazione contro prepotenza. Il pittoresco sfida il razionale c la fecondità schiaccia l'igienismo e la profilassi. « La cucina dell'inferno » La formula-base non muta. Nè i cinematografi nè le. radio: uè le insegne dei medici celtici o le enormi dentiere dei dentisti vincono il pittorico e brillante sfavillare dei negozi di lanterne, o di ombrelli;. La gentilezza. d'un'aUndola canora in una gabbia, o ài un bel ventaglio nelle mani di una sing-song, o di una corona di fiori di carta appesa all'insegna di un teatro non è annullata dal lezzo delle latrine; ne è umiliata daliaviolenza delle automobili che rombano o strombettano per le più grandi strade. Quasi per simboleggiare quelle puntate d'una civiltà nel regno dell'altra, nelle grandi feste dell'anno un immenso Dragone snodato, di carta, sorretto da un centinaio di portatori, esce dalla città cinese e sfila nei quartieri delV« accordo ». Bei rettifili tagliati dagli urbanisti secondo il piano4 regolatore della Nuova Seiangai chissà che un giorno o l'altro non siano presi d'infilata, dalle cannonate della flotta! Ieri vi hanno fatto una manovra i giapponesi con quattromila, ufficiali e soldati sbarcali dalle navi. In pieno mezzogiorno ho visto sfilare carri armati, preceduti e seguiti, da motociclette armate di mitragliatrici. Spandevano ai loro lati un silenzio d'ura gano: il traffico era interrotto. Al Parco di Hongkeiw il vice Ammiraglio Kiyoshi Hasegawa comandante in capo della terza flotta giapponese passava in rassegna i suoi uomini: Gli europei guardavano. Cinque anni fa, il ventotto gennaio, a mezzanotte, per rispondere al boicottaggio dichiarato dai cinesi contro le merci giapponesi, un bombardamento aereo e navale radeva al suolo il quartiere di Ciapei dove, contro gli stessi ordini del Governo centrale, soldati cinési della diciannovesima armata disperati ed eroici si facevano massacrare in quella ch'essi definirono morendo «cucina dell'inferno ». Nella grandezza di Seiangai le rovine spettrali di un quartiere dove abitavano cinquecentomila persone,'drizzano muri bruciacchiati, binarli contorti, piloni di ferro arrugginiti in dilagate pozzanghere d'acquei che segnano le fondamenta di una stazione ferroviaria e di due teatri distrutti. Era una dimostrazione fatta per distrarre l'attenzione dai preparativi d'invasione nella Manciuria. Anche allora, dalle terrazze e dagli ultimi piani degli alberghi e delle banche, gli europei guardavano. — Dopo tutto — mi diceva un ufficiale della marina giapponese con quella mostruosa serietà che li rende indifferenti e terribili -dopo tutto Seiangai è una prefettura di Nagasaki. — Di già? — chiese qualcuno. E II Bluejaket non rispose. Raffaele Calzini Le corrispondenze precedenti =ono apparse su «La Stampa -< 'lei giorni 16, 22. 27. 30 maggio, 2. ó. 9, 11 e 16 giugno. IL BUND DI SC1ANGAI L'ARRIVO DELLA POSTA AEREA A ADDIS ABEBA

Persone citate: Gable, Kiyoshi Hasegawa, Raffaele Calzini