Bartali vince per la seconda volta il Giro d'Italia di Giuseppe Ambrosini

Bartali vince per la seconda volta il Giro d'Italia Bartali vince per la seconda volta il Giro d'Italia Valetti e Mollo ai posti d'onore - Molinar primo dei liberi - Il Trofeo Morgagni alla Frejus « Il miglior gruppo è stato quello del "Littoriale,, - Cimatti e Bini vittoriosi nelle ultime due tappe (dal nostro inviato) Milano, 31 mattino. Gino Bartali è per la seconda volta il quindicesimo vincitore- dei venticinque Giri d'Italia sinora di sputati. La sua è una conferma di superiorità prevista, regolare, nettissima. Non siamo certo tornati allo squilibrio dei tempi in cui Girardengo o Binda sovrastavano tutti di mezza statura e vincevano i tre quarti delle- tappe, perchè sarebbe un'eresia o un'imprudenza affermare che il toscano oggi vale o domani varrà il noveso o il cittiglicsc. Ma, per quanto le imprese ciclistiche su strada non siano paragonabili in linea assoluta e precisa, non mancano i criteri tecnici che autorizzano a valutare quello che Bartali ha fatto quest'anno molto al di sopra di quello che ha fatto l'anno scorso. E questo è uno dei più concreti e lusinghieri risultati del Giro, percliè segna l'ascesa di un campione di ventiduo anni che speriamo raggiunga vette ancor più alte. I fatti che forniscono questa autorizzazione sono due: l'affrettata preparazione e l'imperfetta forma con la quale Bartali si è presentato al Giro e l'isolamento (per lo meno ufficiale) in cui si è venuto presto a trovare per il mancato rendimento o l'abbandono dei compagni, mentre di fronte ha avuto una squadra compatta, equilibrata, solida specialmente in salita. Terminata la convalescenza della malattia che lo aveva tenuto assente da tutte le gare della prima parte della stagione, Bartali aveva dovuto accelerare gli allenamenti, senza concedersi i necessari giorni di riposo. Ciò ha indubbiamente nociuto al graduale, completo adattamento del fisico alle fatiche e gli ha impedito di acquistare la massima agilità, potenza e resistenza. Questa menomazione era evidente- nei momenti in cui Bartali richiedeva ai suoi muscoli lo sforzo supremo e si può dire che in questo Giro non abbiamo mai visto in lui l'uomo del Giro di Lombardia. Le sue più convincenti prove in questa corsa sono state, frutto di una maggioro maturità di classe, che ha compensato le deficienze di forma. Solo contro una squadra A guardarlo bene in macchina, infatti, Bartali, che non ha belle gambe (Villa osserva, e a ragione, che esse richiamano quelle del povero Brunero) e tanto meno un bel ginocchio, ha, invece, una struttura e una muscolatura di reni che mi pare abbiano aumentato di potenza dall'anno scorso, e che, nella perfetta impostazione in macchina, danno l'impressione di lavorare con facilità, coti economia, con eleganza. Invece, una certa abbondanza di sudorazione, certi colori, certe linee, certe fr spressioni del volto denotavano spesso che la magnifica macchina non lavorava a punto e che la ferrea volontà dell'atleta le chiedeva un rendimento ch'essa le dava con difficoltà. Aver dominato in queste condizioni, che andarono migliorando nel corso della gara, ma che non furono mai perfette., è maggior titolo di merito per il vincitore. Fin dallo prime tappe si isolò 0 individuò il tema centrale, per non dire unico, del Giro: il duello fra Bartali e i grigio-rossi. Le simpatiche gesta e le sorprendenti vittorie di Trogi a Torino e di Bernacchi ad Acqui non potevano distogliere l'interesse da questo tema, in cui era contenuto il nucleo vitale di questa come di tutte le corse a tappe: la ricerca, laprevisione del vincitore finale. Tanto più che, esclusa la possibilità della vittoria di un uomo di un gruppo o di un vero isolato; eliminati quasi subito i bianco-celesti; rilevata la non perfetta efficienza dei bianco-blu, non rimanevano di fronte che due marche: una la Frejus, che disponeva di quattro elementi di primo ordine, di cui, però, solo due — Valetti e Bizzi — conservavano probabilità di successo, e la Legnano, che accentrava in Bartali tutte le sue speranze e i suoi mezzi. Cosi la quantità si opponeva alla qualità e fu questo equilibrio, che ondeggiò leggermente, nel periodo in cui Bartali affilò, coi chilometri, le armi, l'elemento principe del successo del Giro; con un Bartali in gran forma in principio o con una Frejus alla deriva come altre compagini, la lotta sarebbe stata così squilibrata da perdere- subito ogni attrattiva. Alla miglior forma, alla sbrigliata aggressività, alla coesione dei . grigio-rossi Bartali oppose dapprincipio, una resistenza passiva, vigile, intelligente; sapeva che ogni giorno che passava senza danni era a suo vantaggio. L'attacco decisivo Dopo la corsa a cronometro a squadre poteva dire d'avere il suo secondo Giro in tasca; non solo non era in passivo, ma, grazie u una formula contro la quale continuerò ei schierarmi, era andato in attivo. Non. poteva spaventarlo la retrocessione impostagli da due forature nella Marina-Livorno; la sua definitiva, irresistibile riscossa cominciò al Terminillo, iove s'ebbe la conferma che per via aveim riacquistato tanto di se stesso da poter imporre, quando lo avesse voluto, i diritti della sua- classe. E lo volle una prima volta nella Napoli-Foggia, non con deci sgcaVscslsraDbmscoqCracnpccMpapègptsoMcqcspummsnmcrtrFsdpGnldVtddpptspamlgèedecfsl sione rapida, ma dopo un assag gio delle forze avversarie che lo convinse d'esser superiore anche alla loro coalizione, non al solo Valetti, rimasto suo unico avversario pericoloso. Dopo questa constatazione, Bartali rinviò il suo attacco decisivo a dopo quella infelice serie di tappe polverose, faticose e senza spiccate caratteristiche di percorso che fini a. Vittorio Veneto, cioè a quelle Dolomiti sulle quali aveva, da buon tattico, puntato l'occhio prima di partire. Nel frattempo respingeva brillantemente l'attacco che i grigio-rossi — in null'altro orinai speranzosi — gli portarono quando forò altre due volte nella Campobasso-Pescara. La- fuga da Passo Rollo a Merano è la. più lunga che Bartali abbia sinora compiuto nella sua carriera: 100 chilometri. Il terreno gli era del tutto favorevole perchè in salita, cioè dal punto in cui riuscì, dopo due primi attacchi, q, demolire la resistenza di Mollo e Valetti, sino alla vetta più alta del Giro e nella scalata al Passo di Costalunga, e così pure nelle due discese (oggi egli è anche un bel discesista/ doveva guadagnare tanto da non temere più il ritorno, clic, difatti, in parte avvenne, dei coalizzati avversari nell'ultimo tratto di pianura. Pago del risultato quel giorno ottenuto, Bartali aveva vinto a Merano il suo secondo Giro, obbligando alfine alla, resa il trio che gli aveva valorosamente contrasfato il passo. Questa la linea maestra sulla quale si è svolto il Giro, diritta, continua, unica, perchè mai nessun altro uomo o squadra o gruppo è intervenuto a rappresentare una parte che non fosse secondaria, episodica, passeggera. L'immediata messa fuori causa di uomini come Olmo, Bini, Bergamaschi, Guerra, e di tutti gli stranieri, nonché il grigio comportamento, dovuto, come al solito, al caldo, di Del Concia, valsero a ridurre, isolare, accentrare subito e per sempre i motivi d'interesse- nel solo duello Lcgno.noFrojus. Ciò, evidentemente, non colpa o merito di nessuno, ma solo effetto di quella situazione di uomini e di squadre jhc è sempre arbitra- del successo di un Giro. Ed è quasi sempre avvenuto così. Eppure questo Giro, come colore e movimento è stato un po' diverso dagli altri. In che cosa ? Vediamo. 1. ) Si sono avuti 13 vincitori di tappa, con una percentuale, quindi, del 56,52, mai superata nel dopo guerra. 2. ) La maglia rosa ha attuto 4 possessori e ha compiuto 5 trapassi, in confronto rispettivamente ai 3 del 1936. 3. ) Si sono avuti {cosa che non si verificava da parecchio tempo) sei arrivi isolati, e i gruppi all'arrivo sono stati, in media, meno numerosi del solito. 4. ) La media generale è stata la massima sinora raggiunta. Come si spiegano questi miglioramenti'! La causa principale è indubbiamente la- sia pur lenta e ancor modesta trasformazione, dello spirito dei nostri corridori e del loro sistema di correre, che comincia ad avvicinarsi a quello franco-belga. Una spinta a questa trasformazione, un esempio l'hanno dato gli italiani all'estero, che han portato fra noi quel che avevano imparato fuori e hanno costituito l'unico gruppo veramente efficiente, animatore, manovrante, anche perchè sotto la guida dell'unico uomo che sapesse dirigere con esperienza c anima una di queste improvvisate formazioni, il camerata Orlan(iiitt. E ciui dovrei entrare nell'argomento dei famosi gruppi. Uno, quello della Parioli, s'è sciolto prima della fine; i tre stranieri si son fatti vivi sul serio una volta sola con Deloor nella Marina di Massa-Livorno, e si son fatti notare sporadicamente con Amberà; quello di Bertoldo, alimentato con eccezionale mecenatismo da chi ne aveva preso una « cotta » come avrebbe potuto prenderla per una bella donna, e affidato a due simpatici maestri di umorismo, ha avuto in Barrai il suo valoroso alfiere e ha effettivamente manovrato qualche volta, sempre in vista del possesso della maglia, bianca. L'unico che abbia effettivamente rappresentato elemento d'iniziativa e di combattività nella gara è stato quello degli italiani all'estero, sia, ripeto, perchè composto di ragazzi die queste doti hanno acquisito correndo in Francia o in Isvizzera, siec -perchè diretti da un vero esperto che in fatto di vivacità e di brio non va giudicato dai capelli bianchi. Bilancio finale L'esperimento, dunque, può aver insegnato qualcosa. Ma, fin che i «gruppi » saranno, in maggior parte, emanazióne del giornale organizzatore, non saranno che creazione artificiale e illusoria. A quanto assicurano i camerati de La Gazzetta dello Sport, cs.si vogliono essere il ponte di passaggio alla più qrande e se¬ stanziale riforma, alla vera rivo- 1linsicpaqspGl«evlUfFhsbiCnABtdGsdqs 1 azione in campo ciclistico che è l'ammissione in esso anche delle industrio che con la bicicletta non hanno niente a che fare. E su questo punto non voglio certo intavolare ora una discussione che mi porterebbe fuori strada. Qui basti rilevare che i <t gruppi » intanto possono rispondere alle finalità degli ideatori in quanto sono in mano di direttori sportivi in gamba; e tutti sappiamo come costoro siano ran. In quanto alle altre novità del Giro non bisogna crearsi delle il lusioni. Si è detto alla viailia: « Basta vassallaggi, basta livree e feluche, basta gerarchie sporti- ve artificiosamente costruite su-,le gerarchle degli stipendi ». Ot- Urne idee per le corse in linea; fisime per una corsa a tappe.[Forse che Mollo e Generati non han corso più per Valetti che per sé? E nei « gruppi », che avrebbero dovuto essere espressione di individualità, non abbiamo visto Cimatti e Botola lavorare come negri per Molinar, e Rogora c Astrua votarsi completamente a Barrali La corsa a squadre a cronometro ha dato i risultati che ricorderete; se Bartali avesse vinto il Giro per due minuti sarebbe rimasta l'impressione che l'avesse rubata. La si è voluta giustificare dicendo che è in armonia all'ammesso giuoco di squadra; ma se questo è, in certe forme, inevitabile, anzi, necessario, perchè volerlo portare ai suoi più antipatici e antisportivi effetti'' ' Le due tappe in linea nello stesso giorno hanno fatto pessima prova; era prevedibile, ma ora lo si è toccato con mano. L'incursione nel Gargano Ua ottenuto l'effetto contrario allo sperato; quella sulle Dolomiti ha avuto pieno successo sportivo e propagandistico. Il Giro ci ha dato il nuovo « asso :>? No. Ci ha fatto vedere un Bartali non nella miglior forma, ma più maturo, ormai definitivamente costruito, un Bar- tali che potrà fare nel prossimo avvenire molto di più. Valetti e Molla hanno indubbiamente migliorato, al pari di Generati, c questi ultimi due non hanno potuto, per doveri di disciplina, offrirci l'esatta misura del loro valore. Sono tre dei nastri migliori giovani, ma definirli « ossi » è ancora troppo presto. In casa e alla scuola dì Ghelfi, eh'è un magico produttore di campioni c di promesse, potranno diventarlo. Gli uomini della gara In un piano interiore, anche per ragioni d'età e d'esperienza, statuto dei nuovi: Scrvadei. che farà molta strada: Simonini eGnidi che con Virinoli han ,-c-„ni„tr. ni ■ Tifinvin)*% il m-imntn galato al Littoi iole » .P'dei gruppi; Patti, il miglior /'"f-to, per quanto ancora acerbo, che abbia,' dato sinora la Sicilia. Dei non nuovi ul Giro sono piacinti Molinar, Rogora, Cecchi, Cimatti, Malmesi, Montesi, ,,„'^ dei liberi; sono mancati a&TSa Bergamaschi. Del Cancia, Va- navesi. Morelli, Cazzulaui; «N> s'è ripreso solo alla fine; Olmo c Guerra sono stali subito travolt,: sulla linea del loro votare gli altri. Degli stranieri il meno peg- gio è stato la svizzero Amberà. isto un '„f/r-7ti complesso, s'è fi io, sorpreso a corto di lavoro dal duro compito di confermare la superiorità dell'anno scorso, dominare, più o meno apertamente e nettamente, quasi dal principio alla fine in un campo in cui mancava l'avversario di pari classe. L organizzazione de iLa Gn:- petto dello Sport , è stata all'ai- tezza delle tradizioni. Per l'avvenire, però, sarà bene evitare certe strade polverose; ce ne sono tante di belle oggi, che non occorre proprio andare a cercare le brutte. Il Giro ha gettato anche ijio st'anno il suo buon seme di propaganda e ha raccolto manifestazioni di simpatia e d'entusiasmo. Ha, cioè, adempiuto al compito per cui è nato e s'onora dei premi del Capo e del Partito, e ha dimostrato che le folle son sempre sensibili al fascino delio sport ci clutWo qmuMo> „cUc gesta dei suoi grandi campioni, esso esprt- ^ dl muscoU di cuore , de(j,jta. ,. ., J lwno A^[f->x- . . [ Giuseppe Ambrosini BARTALI COMPIE IL RITUALE .GIRO D'ONORE FRA GLI APPLAUSI DELLA FOLLA. MOLINAR, LA - MAGLIA BIANCA » DEL GIRO.