IL NUMERO E IL DENARO

IL NUMERO E IL DENARO Olmi EBREI NE& MONDO IL NUMERO E IL DENARO La popolazione israelita d'Europa e di America si è, in un secolo, quintuplicata ed ha assunto, sfruttando la so- lidarietà di razza, il controllo della finanza inimiaz\ona\é Durante il secolo scorso, il regime liberaldemocratico parallelo alla industrializzazione del mondo, ha favorito enormemente lo sviluppo della potenza ebraica. Per rendersene conto tangibilmente basterà considerare le cifre che si riferiscono all'incremento della popolazione ebrea in Europa e in America. Secondo le statistiche accuratamente raccolte dal Livi, le cifre sono le seguenti in migliaia di unità: Anno Europa America 1810 2,268 2 1820 2,539 5 1830 2,829 12 1840 3,359 15 1850 3,996 50 1860 4,628 90 1870 5,443 150 1880 6,433 230 1890 7,588 440 1900 8,817 1,058 1910 9,239 2,216 ' Gli « Ostjuden » La popolazione israelitica complessiva di Europa e di America si è dunque in complesso quintuplicata nel corso di un secolo, con un raddoppiamento in un periodo di 40 anni circa, e conserva tuttora ima potenzialità riproduttiva quale si ritrova appena nelle più prolifiche popolazioni del mondo. L'enorme accrescimento è dovuto quasi esclusivamente agli ebrei dì Russia, Polonia, Galizia e Romania, e cioè ai cosidetti Ostjuden, i quali si sono riversati in masse enormi verso l'Occidente, e specialmente verso la Germania, l'Austria-Ungheria, l'Inghilterra e gli Stati Uniti di America. Assai minore, ad esempio, l'incremento in Italia, ove esso è dovuto invece al semplice sviluppo degli Ebrei impiantati nella Penisola da antichi tempi; nel 1810 essi risultavano in numero di 27.500 e nel 1910 in numero di 35.800. Insomma, oggi gli Ostjuden comprendono il 70 per cento della popolazione israelitica mondiale e tale percentuale, per il giuoco naturale dei fattori demografici andrà sempre accentuandosi, cosicché, se si vorrà guardare al futuro, per tutto ciò che riguarda razza, caratteristiche demografiche, morali, ecc., si dovrà portare l'attenzione principalmente su questo ramo ebraico, il quale rappresenta quello dei parvenus, non sempre visti di buon occhio dai loro confratelli mediterranei provenienti invece in maggioranza dagli Ebrei espulsi dalla Spagna, Ma questo per ora non ci interessa: quello che volevamo mettere in luce è l'enorme accrescimento di una popolazione che oggi raggiunge in tutto il mondo i 13 milioni circa, mentre nel 1806 (secondo i rapporti fatti a Napoleone alla convocazione del gran Sinedrio) era appena di 3 milioni e, alla fine del XV secolo di appena un milione e mezzo. Questo incremento è senza dubbio dovuto alle favorevolissime condizioni in cui si sono venuti.a trovare gli Ebrei dopo la loro emancipazione. Liberi di muoversi in un mondo dominato da forze materialiste e individualiste, essi sono stati naturalmente portati verso i centri di grande sviluppo economico ove hanno potuto senza vincoli esercitare le loro tradizionali capacità commerciali, favoriti enormemente dal fatto di poter lavorare con la sicurezza delle solidarietà nazionali e internazionali dei correligionari, in un ambiente che invece era dominato dal più completo atomismo economico. Non vi è affatto da meravigliarsi se in queste condizioni di assoluto vantaggio, gli Ebrei sono diventati i capi della finanza internazionale: sarebbe da stupire se ciò non fosse avvenuto. Non c'è bisogno di pensare che, all'inizio, già esistessero dei progetti per la conquista economica del mondo: questa fi avvenuta automaticamente. Una minoranza di uomini solidali fra loro, al solo scopo dell'arricchimento individuale, protetti bensi dalle leggi ma liberi dai vincoli morali verso le nazioni e gli Stati che li ospitavano, posti nei centri di maggiore sviluppo nel periodo in cui tutto l'universo si arricchiva, si trovava in condizioni naturali di grandissimo vantaggio di fronte a tutto l'ambiente in cui agiva. La massoneria E' dunque da respingere tra le fole l'affermazione che la conquista delle alte posizioni finanziarie e culturali da parte "degli Ebrei nel XIX secolo sia una riprova della superiorità del « popolo eletto ». Se non vi sono elementi per affermare che fin dai primordi del secolo XIX gli Ebrei mirassero alla conquista del mondo, è oggi indubbio che questo scopo sia stato perseguito più tardi, appena cioè la loro situazione finanziaria divenne dovunque assolutamente preminente. A tale scopo essi agirono a mezzo di una grande forza internazionale, la massoneria, di cui si fecero capi, che preparò e guidò tutte le rivoluzioni del XIX secolo dopo quella di Francia, e che è eminentemente responsabile della grande guerra e della sua fine rivoluzionaria. E' infatti solo a mezzo delle guerre e delle rivoluzioni che gli Ebrei hanno potuto raggiungere posizioni a cui mai avrebbero potuto aspirare nonostante le loro ricchezze. Dopo la guerra, a centinaia di migliaia degli Ostjuden miserabili sono divenuti « europei » nei nuovi Stati « democratici » inventati da quella diplomazia di Versaglia che fu tutta inspirata dallo spirito ebraico in pari tempo capitalista e sovvertitore. Teodoro Herzl, il fondatore del sionismo, già intravedeva cinquantanni or sono l'avvenire di Israele quando, nel suo libro « Lo Stato ebraico », scriveva: « Da una parte, noi diveniamo dei proletari rivoluzionari, e costituiamo il corpo dei sottufficiali di tutti i partiti rivoluzionari; dall'altra, la nostra potenza finanziaria diviene sempre più terribile ». La duplice concezione del capitalismo e del marxismo, concezione materialista ed internazionalista, è tipicamente ebraica. Ma il marxismo è esso stesso dominato dalla finanza, dal capitalismo internazionale, oggi quasi esclusivamente in mano di ebrei. Le armi della lotta Dopo la guerra, la parte rivoluzionaria del giudaismo ha assunto la direzione del movimento bolscevico, mentre la parte capitalistica assumeva la direzione del nuovo grande organismo internazionale: la Lega delle Nazioni. A mezzo della Lega, l'alta finanza di Londra, Parigi e New York intendeva dominare il mondo: Stati vinti e Stati neutrali, e prolungarne all'infinito lo sfruttamento diffondendo a mezzo di una gigantesca propaganda il mito pacifista: si trattava infatti di mantenere la « loro » pace. Se si tengono presenti' queste condizioni generali, appare in modo chiaro perchè la gigantesca potenza ebraica sia e debba necessariamente essere nemica mortale di ogni Stato nazionale. Ma poiché il sentimento nazionale, si voglia o non si voglia, ha anch'esso avuto dovunque un enorme incremento dalla guerra e dal dopoguerra, si determina fatalmente una lotta fra le Nazioni e quella unica nazione dispersa, non attaccabile militarmente perchè priva di territorio ma che, inassimilabile e dotata di un sentimento di solidarietà razzista sempre più energico, si è insediata nel loro stesso organismo. Questa lotta è tanto più evidente quanto più le singole nazioni prendono coscienza della loro essenza particolare, nazionale, contro l'universalismo politico, econo mico, culturale, artistico, propu- enato e rappresentato dagli ebrei, gnato e rappresentato dagl Oggi anche 1 più ingenui goiym devono ammettere che l'assimilazione sognata da essi all'epoca delle leggi di emancipazione era inattuabile. Non solo gli ebrei non sono divenuti cittadini come gli altri con la sola differenza del rito religioso, ma, al contrario, appena essi poterono liberamente spiegare il loro carattere nazionale, la loro essenza assolutamente straniera, differente da noi apparve con chiarezza sempre maggiore. Giovandosi della posizione di assoluto privilegio che la legge concedeva loro, gli ebrei si impadronirono, nel modo che si è detto, delle chiavi economiche e culturali delle nazioni, ed avvenne che a loro volta queste dovettero più o meno subire l'influenza ebraica: altro che assimilazione! Un assurdo Insomma, la posizione predominante conseguita dall'ebraismo nel mondo deriva dal vantaggio di lasciar sussistere un perpetuo dubbio sulla propria essenza, allo scopo di poter, di volta in volta, far appello o alla libertà di coscienza, o all'uguaglianza delle razze nella nazione o alla coscienza nazionale ecc. La « questione ebraica » sta tutta qui, nella indeterminatezza di cui volontariamente gli ebrei circondano la loro essenza, negli enormi privilegi che ad essi sono apportati dalla triplice qualità di cittadini, di stranieri stabiliti nel paese e di minoranze nazionali, in modo che essi possono sfruttare contemporaneamente l'uguaglianza politica, la libertà di coscienzae di culto, il sentimento dell'ospitalità e la solidarietà razzista. Si giunge cosi a questo assurdo, che alcuni cittadini di uno stato, pur godendo di tutti i diritti civili e politici si ritengono e sono di fatto e di diritto autorizzati a difendere gli interessi di una comunità internazionale, anche quando tali interessi sono contrari a quelli della nazione di cui legalmente fanno parte. Non bisogna andar a cercare tanto lontano degli esempi: basti rammentare gli sforzi propagandistici veramente cospicui fatti nel nostro paese contro la Germania hitleriana e la subdola propaganda che ancor oggi si cerca di svolgere ad opera di ebrei od ebraizzanti contro i nazionali spagnoli. A questa situazione abnorme dei gruppi ebraici nel nesso delle altre nazioni si deve aggiungere: — che l'automatismo del reciproco appoggio e le loro tendenze naturali li portano ad acquistare posizioni sempre più dominanti nel mondo della finanza e in quello della cultura; — che la loro cittadinanza, tutta speciale, facilita psicologicamente la snazionalizzazione (sull'esempio dei Rotschild vi sono numerose famiglie ebraiche i cui membri sono cittadini di vari stati, onde poter puntare su tutte le carte); — che il loro spirito li spinge alla critica, all'atteggiamento insofferente, negativo e dissolvitore, fatto oramai storicamente ultraprovato. In queste condizioni, è evidente che si impone, prima o dopo, un regolamento di rapporti fra gli ebrei e le altre nazioni. Due ipotesi Se l'ebraismo fosse solamente una religione, ciò sarebbe facilissimo: basterebbe esigere che in corrispettivo della libertà di coscienza e di culto, cessasse ogni solidarietà di qualsiasi specie fra ebrei nazionali ed ebrei stranieri. Ma questa ipotesi è fondamentalmente errata perchè l'ebraismo non è solo una religione dato che questa religione è nazionale e razzista. Israele è un popolo disperso bensì pel mondo, ma che ha conservato o si è creato dei caratteri comuni religiosi, razzisti e nazionali, caratteri che vanno sempre più rafforzandosi. Non vi è dunque che da scegliere fra due altre ipotesi: o si considerano gli Ebrei come una nazione atta a divenire prima o poi internazionalmente perfetta con la creazione, al centro, di uno stato ebraico e cioè di un territorio nazionale, sia esso in Palestina o altrove; oppure si considerano gli Ebrei come una razza perfettamente determinata, la quale è composta di minoranze disperse In varie nazioni. La prima ipotesi è quella accettata, ad esempio, dal noto scrittore inglese cattolico Ilario Belloc, 11 cui studio « The Jews » pubblicato nel 1922 prevedeva molte cose che si sono poi infatti verificate. Le sue conclusioni sono le seguenti: « Gli ebrei formano un corpo estraneo nella società in cui vivono, donde, irritazione e attriti: ne deriva un problema la cui soluzione è necessaria e urgente. Un organismo si separa da un corpo estraneo o per eliminazione a per separazione. Si può eliminarlo per distruzione, per escrezione o per assorbimento. Nel caso degli ebrei, la distruzione è inammissibile, (e, d'altronde è fai ItiaH'escre^one equivale all'esilioed è anche fallita, V assorbimento— il mezzo più agevole e morale avesse apparentemente tutte «e protabi ita di riuscire. « Resta dunque la separazione che può assumere due forme: ostile o indifferente al corpo estraneo; amichevole e preoccupata del bene del corpo estraneo. Questa separazione potrebbe meglio chiamarsi un riconoscimento. La prima forma di separazione — ostilità o indifferenza — è stata spesso tentata nel corso della storia. |Durante , w iodl na avuto i . .. « » r ,_„,_»_ parziali successi, ma ha lasciato dietro sé un sentimento di ingiustizia: in sostanza, non ha risolto il problema. La vera soluzione si deve cercare nella seconda forma di separazione, e cioè nel riconoscimento da ambe le parti, di una nazionalità ebrea distinta e separata ». Accettando questo punto di vista, gli ebrei dovrebbero essere trattati esattamente come tutti gli altri stranieri, con tutti i riguardi ma anche con' tutte le limitazioni conseguenti. Se invece si ammette che gli Ebrei sono una razza, non vi è altra uscita che trattarli come una minoranza nazionale con diritti politici limitati e cioè accordare il pieno diritto di cittadinanza solo caso per caso su domanda e dietro precisa rinuncia ad ogni pretesa di azione internazionale. L'esperienza storica e la logica più elementare dimostrano all'evidenza che esistono solo queste due soluzioni che possano risolvere il problema una volta per sempre, Victor.

Persone citate: Durante, Galizia, Ilario Belloc, Livi, Olmi, Romania, Rotschild, Teodoro Herzl