La gran giornata di Guerra

La gran giornata di Guerra NAPOLI SALUTA VITTORIOSO IL SUO CAMPIONE PIÙ' CARO La gran giornata di Guerra Bramoso del successo, il campione si prodiga nelle fasi iniziali della gara; raggiunto, ripete il tentativo a 20 chilometri dall'arrivo, trascina nella fuga Bergamaschi e Mealli per vincere con sicurezza al cospetto dell'entusiasta folla napoletana ■ Oggi riposo, domani la Napoli-Foggia (DAL NOSTRO INVIATO) Napoli, 17, notte. Se la- memoria non mi tradisce erano due anni, e più precisamente dalla tappa di Roma del Giro d'Italia del 1935, che Learco Guerra non riusciva piti a vincere una córsa individuale su strada. E ormai gl'intenditori vedevano segnato il destino del mantovano in un declino che la vittoria non avrebbe più baciato. Le folle, invéce, tenaci e fedeli, ancora credevano in Guerra, lo amavano, lo invocavano, lo applaudivano e aspettavano fiduciose qualcuno di quei successi che per cinque anni le avevano trascinate a delirante entusiasmo. Volontà e fiducia ' Di tale fedeltà, di tale attaccamento avevamo avuto la prova in questo Giro in cui il nome di Guerra, se non figurava ai primi posti degli ordini d'arrivo e neppure della classifica generale, era, però, nel cuore e sulla bocca della maggior parte degli spettatori della corsa, e più di ogni altro risuonava ai nostri passaggi, alle adunate, agli arrivi. Quando, pure avendo nell'anima l'augurio di sbagliarmi, dicevo a Guerra che la parabola della sua carriera avrebbe dovuto finire in pista, scartando ormai la strada-, perchè qui era chiuso in velocità da almeno una mezza dozzina dei più giovani avversari e di forza non avrebbe potuto staccare più nè in piano come una volta nè in salita come non gli era mai accaduto, egli non era affatto convinto di questo ragionamento e mi rispondeva: « Eppure vedrà che torna il giorno in cui vincerò ». E Guerra è partito in questo Giro con l'assoluta convinzione di raccogliere qualche vittoria di tappa e anche di dire la sua parola per quella, finale. Non più tardi di questa mattina, quando, dopo essere, come vi dirò, fuggito in partenza e aver fatto da solo una settantina di chilometri, fu ri preso, mi diceva: « Quanto vuole scommettere che una volta ci riesco ad andar via e a vincere? » Questa volontà e questa fiducia nei propri mezzi, simpatica, anzi, commovente, iva portato Guerra alla vittoria di Napoli, cioè proprio in una di quelle città che più delle sue imprese si è nel passato entusiasmata e più gli sono rimaste fedeli. . Chi non ha,-fatto come noi gli ultimi venti chilometri al seguito del terzetto in mezzo al quale la folla riconosceva il suo beniamino e non ha assistito allo spettacolo di gioia, quasi di delirio, che essa offriva; chi non ha sentito l'acclamazione che lo ha salutato al suo ingresso in pista e che è salita al tono di diluvio scrosciante, quando ha tagliato vittorioso il traguardo e — il maschio volto illuminato dalla gioia da tanto tempo attesa e cercata — ha compiuto il giro d'onore, non può capire e sentire quello che ancora Guerra rappresenta per % tifosi del ciclismo. Tecnicamente la sua vittoria ha un valore relativo, sportivamente ne ha uno immenso, e tutti dobbiamo esserne lieti sia per l'atleta che meritava questa ricompensa alla sua tenacia e al suo ardore giovanile, sia per lo sport che improvvisamente riavvampa di una delle sue fiamme più ardenti, sia per il Giro, che da oggi è ancora più aderente all'anima della folla, più capace di suscitare la sua passione. Guerra non è stato solo il vincitore di questa tappa, ma anche il protagonista dei due unici episodi che ne hanno rotto la monotonia, quello col quale si è iniziata e quello col quale si è chiusa. Proprio in partenza Il console generale Vaccaro aveva appena dato la partenza dalle vicinanze del velodromo Appio che Guerra, forse invitato dalla bella strada e dalla mattinata fresca e luminosa, forse a scopo di sgranchirsi le gamba fece una volatina e prese un centinaio di metri agli altri che non avevano nessuna intenzione di imitarlo. Certo egli tutto aveva in testa fuorché il proposito di dar battaglia così presto e di tentare il gran colpo. Tanto che, voltatosi indietro e visto che nessuno andava a prenderlo, fece 3esti come per. invitare qualcuno a. venirgli a tenere compagnia-. Ciò ripetè più volte, ma sempre senza successo. Il gruppo rimase tutto d'un pezzo e l'invito di Guerra cadeva nel vuoto. Allora Learco, quasi lo facesse di malavoglia, si mise a pedalare sul serio, ma non proprio con quell'impegno che mi ricordo metteva quando ai suoi bei tempi cercava scappare o incominciava a inseguire. Quando fu in vantaggio di quasi un mezzo chilometro, dal gruppo si staccarono Geyer, Zuccotti e Gulli, poi Gotti e Weckerling. Ma costoro non resistettero a lungo ai primi accenni di riscossa del plotone segnata, può sembrare strano, proprio dai compagni di Guerra. Domandai poi a uno di questi perchè avevano preso e mantenuto l'iniziativa dell'inseguimento e mi rispose che non era la vittoria di tappa di Guerra- che interessava loro, ma quella finale di Bartali, V, quale non aveva nessun inte- resse che si turbassero le acque di una tappa che tutti consideravano di riposo. Con Favalli, Mealli r Cazzulani (Di Paco aveva avaria to una ruota e inseguiva nelle re trovie con Battesini) si dimostra vano attivi nella caccia i « giallo rossi » e i « bianco celesti », ma ciononostante Guerra ad Albano (km. Zi) aveva messo al suo attivo l'W> e a Velletri (km. 36) Z'Sl". Da questo punto, però. Guerra cominciò a calare, gli altri ad accelerare, cosicché a Cisterna solo più l'IfO" separavano il gros so da Guerra. Sul lungo rettilineo che conduce a Littoria, il fuggitivo, che per sua disgrazia si trovava a lottare da solo contro il leggero vento, ebbe modo di constatare il riavvicinamento degli inseguitori e ciò gli spense quel po' di convinzione che ancora aveva di riuscire nel colpo. Mollò e fu raggiunto nei pressi di Borgo Grappa (Km. 74). Traversavamo la zona ridata a vita dalla bonifica fascista; rigogliose campagne che dall'anno scorso trovavamo più verdi, più popolate, più vive ancora. Ci si era messi sul piede di marcia, la corsa svaniva, gli unici appunti di cronaca riguardavano le forature e i facili inseguimenti di Masarati, Olmo, Guidi, l'avaria dì macchina, e l'abbandono di Lavina, l'arrivo a Formia (Km. 148) alla media discreta di quasi 38. Learco se ne va Fermata di tre minuti per il rifornimento in massa, ripresa della andatura moderata, all'improvviso scossa da una tirata di Malmesi, cui risposero subito Valstti, Mollo e Favalli, poi Bartali, Bergamaschi, Generati, Del Cancia, Gios, Bini, infine tutti gli altri. Quando Geyer e Scorticati e Macchi rinunciarono al tentativo effettuato per due volte di sorprendere il gruppo, ecco Guerra, giocare la sua. carta. Mancavano poco più di venti chilometri all'arrivo e Learco partì a fondo, guadagnò cinquanta metri. GU corse dietro Bergamaschi, con alla ruota Mealli. I tre si unirono e per un po' si alternarono al comando, questa volta estremamente energico e deciso. Poi il direttore sportivo dei « bianco celesti » fece capire a Bergamaschi che era un errore contribuire alla fuga di Guerra, dal quale sarebbe certo stato battuto in volata, mentre tra gl'inseguitori c'erano un certo Olmo e un certo Bini coi quali la marca poteva sperare di vincere al campo dell'Arenaccia. Allora la fuga fu tutta in mano di Guerra e Mealli che, marciando a più di Ift, misero presto tanto spazio vuoto dietro le loro spalle che si capì ben presto come la faccenda sarebbe andata a finire. Vn particolare aumentò l'interesse travolgente di questo finale: Bizzi nella traversata di Aversa, incappato in un profondo solco, avariò la macchina. L'automobile della sua casa era per fortuna immediatamente dietro e il meccani- co provvide con rapidità fulminea a montare le ruote su di un altro telaio. L'operazione non durò più di un minuto e mezzo, via alla velocità con cui filavano avanti ci voleva un miracolo a ricuperarli in una diecina di chilometri. Ma Bizzi coll'aiuto di Bavutti e Cipriani riuscì a tanto, riportandosi nel gruppo prima che esso facesse il suo ingresso all'Arenaccia dove, nel frattempo, Guerra aveva già battuto Bergamaschi è Mealli. Fu quest'ultimo a entrare primo in pista con netto vantaggio su Guer. ra e Bergamaschi. ìl terzetto si ricompose nella prima curva e andò nell'ordine fino a metà rettilineo opposto, dove Bergamaschi •cercò portarsi a fianco ai Guerra. "Questi, però, accelerò, superò Mealli, che passò in coda staccalo, e resistette facilmente a un tentativo di attacco di Bergamaschi sul rettilineo d'arrivo. I due finirono a un paio di macchine l'uno dall'altro. Degli altri apparve per primo, dopo più di due minuti e mezzo, Piemontesi die poco avanti l'ingresso aveva preso un vantaggio di oltre cento metri che cercò disperatamente di difendere nel giro e tre quarti della grande pista. Ma non vi riuscì: sull'ultima curva fu rimontato, completamente sfinito, da Olmo e altri e finì tra gli ex-aequo. Per il « premio Pinocchio », destinato ai più combattivi, sono stati assegnati dieci punti a Guerra, tre a Mealli e uno a Malmesi e Macchi. La, tappa, come si prevedeva, non porta alcuno spostamento importante in classifica. TI Giro rimane, a Napoli, impostato sui temi dettati dalla Rieti-Terminillo Vedremo domani, seconda giornata di riposo, quello che essi ci prospettano per la terza più lun ga e difficile serie di tappe consecutive che domenica prossima ci porterà a Forlì. Giuseppe Ambrosinì LEARCO APPENA SCESO DI MACCHINA (Telefoto). GUERRA REGOLA BERGAMASCHI SULLA PISTA DELL'ARENACCI A (Telefoto).