LA TOMBA DEL MULLAH PAZZO di Mario BassiMario Bassi

LA TOMBA DEL MULLAH PAZZO Dov'è passata la civiltà di Tafari LA TOMBA DEL MULLAH PAZZO La regione di Imi, un giorno opulenta di colture e di fiorenti villaggi, ora ridotta a miserabile deserto in cui vivono solo ruderi e cimiteri (DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) GOBA' marzo. Se'un Vauban michelangiolesco avesse voluto munire lini d'una fortezza, avrebbe forse architettato ad arte questa isolata collina., o ghara, come la dicono gli Arabi, o bur, i Sòmali; che domina il luogo e la circostante pianura, rilevata su questa di circa duecento metri, sulla riva destra dell'Uabi-Uebi Scebeli. I fianchi, per ogni lato, decadono dall'alto a picco, e in qualche punto addirittura strapiombano, per finire a scarpate ripide, proprio come rastremati bastioni; e composti di stratificazioni regolari e appariscenti, danno veramente l'aspetto di muraglie; e scavati addentro di solchi perpendicolari, che s'irraggiano dalla cima, indi approfondiscono in burroncelli scoscesi, mostrano altrettanti rientranti e saglienti, precisamente come meglio si conviene in un'opera fortificata; e la cima è spianata, a terrazza. Così esistendo il bur, o ghara, o colle, per magistero esclusivo di madre natura, non occorreva più il genio di Vauban, e nemmeno un modesto ufficiale del Gemo Militare, per comprendere ch'esso costituiva di sè stesso la fortezza naturale di Imi; e come bastasse poco lavoro supplettivo, anzi semplicemente occuparlo e sistemarsi, per avere bell'e fatta la migliore difesa che si potesse desiderare. E questo hanno capito gli abitanti della regione, che vi si sono succeduti, per primitivi che fossero, e minimamente esperti d'arte delle fortificazioni; c questo capì il famoso Mad Mullah, quando ivi si ritirava e trincerava; ma questo non valse infine agli Abissini, contro di noi, nell'ultima guerra, che l'abbandonarono, già notavo, senza colpo ferire. I luoghi irriconoscibili Attraverso il bosco, per una strada che noi vi abbiamo aperto, al fiume. E attraverso il fiume sull'elastico ponte di barche, gettato dai nostri Pontieri. Oltre il fiume, sulla riva destra, verso i piedi del colle, dovrebbe trovarsi il villaggio di Goan, che ancora vide la spedizione del Duca degli Abruzzi, nel Gennaio del '29-VII: «... pittoresco villaggio di Goan, abbandonato, ma non distrutto... »; e come riprodotto in fotografia. Ma oggi, non riesco a sco?gerne più nessun resto, il luogo invaso per esteso dal bosco fitto, dall'inestricabile boscaglia. Del resto, s'io ripensi alla descrizione che faceva di Imi il Capitano Bàudi di Vesme, dal 1891, quando primo vi arrivò, col compagno Candèo, descrizione ch'io ebbi la fortuna di leggere nell'originale de' suoi diari di viaggio, cortesemente favoritimi dalla vedova e dal figlio, a Torino, e purtroppo, per ciò che mi risulti, tuttora inediti; (ma io manco dall'Italia oramai da oltre diciotto mesi, e con questo ramingare per le contrade affricane più sperdute, non ricevo notizie del susseguito movimento editoriale;) s'io ripensi dunque alle descrizioni del Bàudi, quarantasei anni fa, non avrei assolutamente potuto riconoscere e non riconoscerei Imi. E nemmeno non si riconoscerebbe dai racconti del Rùspoli e del Bòt tego, di poco posteriori. La regio ne, già così popolosa, prospera di villaggi e di genti e di coltivazioni, centro politico, centro di produzioni e di commerci e di transiti, appare ora deserta, del tutto abbandonata. Appunto nel libro del Duca degli Abruzzi, sulla sua Esplorazione dello Uabi - Uebi Scebeli — 1928 - '29, — si legge « ... regione Imi, un tempo col tivata, ora completamente abbandonata, le colture sostituite da alte erbe, che mascherano le buche del terreno, facendone tranelli pei poveri muletti; i villaggi trovati così fiorenti dal Ràspoli e dal Bòttego, ridotti a pochi ruderi di capanne. Di alcuni rimangono solo » cimiteri, con le tombe coperte di pezzi lucenti di selenite che brilla al sole come vetro. 1 resti sono sufficenti per riconoscervi il tipo di villaggi di liberti esistenti nello Scidle e in tutta la Somalia Italiana, che dimostrano identità di organizzazione economica e sociale. Collo scomparire dell'uomo, la regione s'è di nuovo popolata di selvaggina, mandre di orix, balanche e gazzelle d'ogni specie. « Le palme si sono fatte r€fè...i> E più avanti, come già accennavo: « ... pittoresco villaggio di Goan, abbandonato, ma non distrutto, docebommDselome hacamspderopestscglzepaque vicarepuzeletidimtoumpiciglbrcodemglesenetàsii guDl'nrivcitarisoexililtelessnrgla—gp—pmEpsddcddsfflàbbanmdGnvvlsMmmesgelseamf r o l n E e i o o a i a i e i o e 1 i a o e e i> n, o, dopo la morte del Mullah, che giace fra la china del colle e il folto bosco d'alberi disteso lungo il fiume, abitato da migliaia di scimmie. Qui si passa dal distretto dei Dube a quello dei Caranle. E' sempre lo stesso deserto, dove solo i cimiteri di tipo sòmalo testimoniano della passata èra di pace e di prosperità. Anche i Caranle hanno dovuto abbandonato i loro campi e riparare col loro bestiame nella boscaglia, pronti a respingere colle armi le incursioni dei razziatori... ». / razziatori: gli Abissini, le loro orde armate che scendevano periodicamente, a rapina e devastazione. Uno scherzo da divertircisi E anche quello che qua riconosceva la spedizione del Duca degli Abruzzi, ruderi, testimonianze di cose, cimitei-i, "ogni residuo traccia — della passata èra di pace e di prosperità — tutto, in questi ultimi solo otto anni, tutto e scomparso, soffocato sotto il cuviulo delle vegetazioni selvatiche, cancellato, sommerso nel cupo mare straripante del verde. E non pure le scimmie, non pure gazzelle e antilopi; ma son tornate le belve, leopardi e Zeont, in quantità, e licaoni, forse più temibili di tutti; e son tornati bufali a mandre e rinoceronti, e naje e pitoni. S'è fatto assoluto il deserto umano: è tornata la foresta tropicale, selvaggia e tremenda. E ciò hanno provocato e compiuto gli Abissini, con le loro incursioni brigantesche, con le loro razzie, con il loro reiterato taglieggiare e depredare e mettere a sacco e massacrare: gli Abissini del Negus. Qua l'abbandono il deserto le bestie feroci le febbri perniciose prospettano un'esemplificazione piena e suggestiva della civiltà negussita abissina, in molti paesi di conquista, la sua sostanza e i suoi portati. Leggevo pochi giorni fa, sul giornale, di un falso prete, cioè un presbiteriano inglese, che il Diavolo, suo legittimo patrono, se l'abbia in cura, il quale celebrava nella sua. sedicente chiesa il suo risibile ufizio, nel nome dei — poveri Abissini oppressi, — della — civiltà etiopica — (sic!), calpestata dai barbari Italiani del Littorio; e presente, col suo untuoso sorriso dì bagascione, il bastardo ex-imperiale dell'usuraio indiano, il signor Tafarì. Bravo davvero! il nostro degno pastore protestante. Lo vorrei qua una notte, a Imi: legarlo al tronco scaglioso di questa supersite palma, dove la foresta si sospende sul fiume; e nient'altro. Una notte, a constatare de visu che cos'è diventato uno già dei più ricchi e felici paesi della Somalia, con il predominio e la — civiltà — degli Abissini del Negus. Oh, non esageri poi nella paura, il mio schivo — o schifo f — puritano: leoni e leopardi, sappiamo, per affamati che sieno, non mangerebbero mai una carogna. E' vero che ci son iene e sciacalli, per questo. Ma tant'è: pregherà il suo dio — cioè il suo diavolo pseu do-luterano, nemmeno luterano a dovere. uptobnercsfntpepcodntmhqcrdcvmMlencv—lsdrsUvclndssBsdddpapadtqvltvgdstvlIl mucchio delle rovina Salgo al colle, per un sentieruccio che monta a zigzag dentro uno dei canaloni, cioè in un rientrante della naturale fortezza. E dal sommo, spazio con l'occhio sulla foresta che copre le due rive, del fiume, impenetrabilmente; e più in là, per l'immensa pianura, dove il bosco si perde in boscaglia, e la boscaglia muore in un desolato alidore, sterminato. Una bassa linea continiMita di alture platiformi chiude azzurrina l'orizzonte, da settentrione: credo, i Monti Giogo. Vado verso il centro della spia nata, che costituisce, com'accennavo, la cima del colle. Al centro dovrebbe sorgere la tomba del Mul lah, Mohanwied Ibn Abdullah Hassàn, anzi il Mad Mullah, cioè il ■Maestro Pazzo — con una conta mìnazione verbale d'arabo e di sòmalo: mullah, maestro, in arabo; e mad, in sòmalo, pazzo. Il maestro Pazzo, lo soprannominarono gl'Inglesi, a ingiuria e scherno; ed egli se ne compiacque, che li combattè e deluse e schernì, fino al l'ultimo giorno di vita, quando si spense, non raggiunto dai nemici e libero, qua ad Imi, su questo colle. E i suoi gli murarono la tomba nell'edificio stesso ch'egli aveva costruito, ridotto centrale, mastio di questa sua invulnerata fortezza. La costruzione, come in dicata nel citato libro del Duca degli Abruzzi: S « ... il fortilizio massiccio con una sola porta, costruito su una pianta a — L, — e divenuto la tomba di Mullah... » E ricordo la fotografia, nel libro: la rozza ma solida costruzior ne di pietra, già avariata in parte; e Luigi Amedeo di Savoia-Aosta ritto da uno degli spigoli, con alcuni compagni della spedizione, la sua. aria serena e assorta, l'occhio fisso lontano, sulla sottostante pianura, cui l'Uabi-Uebi Scebeli tortuosamente e pigro attraversa, a perdita- di vista, dall'una all'altra estremità. Ma la tomba-fortilizio non c'è più. Non resta che qualche diroccato avanzo, un insieme di rovine, o piuttosto un confuso ammasso di pietrame, quasi un'altra collinètta minuscola sulla cima piatta della collina. Anche questo, il monumento sepolcrale del Mullah, hanno distrutto gli Abissini. Ma qui non forse a torto; dacché, nel combatterlo quando visse, essi furono gli alleati stretti degl'Inglesi. I nostri Libici, nella loro qualità di musulmani, in contrapposto ai copti Abissini, stanno ora risollevando un'edicola di muro, in memoria votiva, dove fu la tomba del Mullah, questo santone ch'è anche loro, per la comune fede islamica, e io, a, rievocare questa storia, non mi trattengo di portare anch'io il mio sassolino... A ragion veduta, la penso co' miei Libici. Su un deserto polare II giorno dopo, coi compagni del — CA-1SS, — riprendevamo il volo da Imi, per tornare a- Mogadiscio; mentre il Colonnello-brigadiere Berlo si accingeva a marciare con le sue truppe nel Baie, risalendo questa valle' dell'UabiUcbi Scebeli, indi traversando alla valle dell'Uebi Gestro; e per incontrarsi e congiungersi a Magalo con l'altra colonna, del Colonnello Molinero, che procederebbe da Lammascillindi ed Eia Meda, su per la valle appunto del Gestro. Pregai l'amico Colonnello Brunetti, capo-equipaggio del nostro apparecchio, e che pilotava, di voler girare in volo sulla collina del Mullah, per fotografarla anche dall'alto. Un documento, che mi piaceva. Poi, nel nostro volo in direzione approssimativamente di scirocco, per a Mogadiscio, c'ingolfammo ancora per uno sterminato mare di nuvole; e salimmo sopra i quattromila metri di quota, e fino ai quattromilaquattrocento, per sovrastarlo e ritrovare il Sole. E di lassù, sopra la distesa dei compatti banchi di nuvole, di cui non si vedeva la- fine, col Sole che vi sfolgorava abbagliante, con un freddo agghiacciante, pareva, il no stro volo, una fantastica galoppata su una regione polare, le nuvole candide e lucenti simulando l'immensità d'uno sconvolto deserto di ghiaccio e di neve. Mario Bassi vldt A Imi, sul colle, le rovine del fortilizio-tomba del Mad Mullah; e gli ascari della Divisione Libia all'opera, per risistemarvi un'edicola di pietra. (Foto del nostro inviato speciale Mario Bassi).

Luoghi citati: Italia, Libia, Mogadiscio, Somalia, Torino