L'assalto ai privilegiati di Amerigo Ruggiero

L'assalto ai privilegiati Le battaglie del lavoro In America L'assalto ai privilegiati NEW YORK, maggio. | dE appena un anno e mezzo ohe!du2atì£Z?Iciowf^ °T-^Fgamzation » (C.I.O.) s è distacca-1 stvenuta una formidabile ortn^fcsurm^iTa^ cifra di tre milioni: uguagUanoI"approssimativamente quelli de a £organizzazione rivale. Lamaggior i l"parte dei primi, cioè dei «Si di Lewis, appartengono alle indù- !mstrie automobilistiche ed elettri- !mche, a quelle delle earni In conser-idlva, dell'acciaio, dell'alluminio del : le costruzioni navali della gom-icrma, del coke e ad una quantità dilUaltre di grande Importanza. Quc-!usti operai erano rimasti nella ca tegoria degli « unskilled » e l'aristocratica « American Federation of Labor », fedele alla sua politica, non s'era curata di organizzarli. Quando ha constatato l'enorme successo dell'organizzazione rivale è stata presa da panico ed è ricorsa alla scomunica. Dodici capi delle più importanti unioni e un terzo dei membri della A.F.L., passati in massa allo C.I.O., sono stati repudiati per la colpa di '< dualità di unionismo ». li fenomeno che ha allarmato non quNguterochil facospuncosolo le corporazioni industriali ma Cla stessa « A.F.L. s>, la quale for-jsaviando parte integrale della com-j vpagine economica flegli Stati Uni- ] osti ha cercato sempre di raggiungere accordi per la via dei compromessi, è che il progresso dell'organizzazione di Lewis è stato accompagnato dovunque da una ondata di scioperi del tipo chiamato « sit down », una specie di occupazione delle fabbriche in cui gli operai rifiutano tanto di lavorare che di lasciare gli stabili- gchstpil somrea„.,. , .hmenti. Gl'industriali e i capi del- \ dla A.FL noti hanno esitato ajwtrarre .tutto il vantaggio possibi-!TOle dallo sgomento che la novità della tattica di Lewis gettarono alla bella prima sia tra le classi dirigenti che tra il pubblico medio. John Lewis e la sua organizzazione furono qualificati come radicali, rivoluzionari e perfino comunisti. Ma la verità è diversa. Per dirla con le stesse parole di Lewis il fulmineo diffondersi della nuova organizzazione si deve ricercarlo nella interminabile serie di fallimenti che la « American Federation of Labor » ha accumulato durante gli ultimi venticinque anni nelle sue campagne condotte tra le industrie della produzione ulasttuppzsaszrgrtfgn«erdi massa. E' l'egoismo dei capi mdelle * craft unions » i quali con-'frollano i Consigli esecutivi della A.F.L. che ha impedito di -accogliere nelle organizzazioni numerosi gruppi di lavoratori non specializzati o semi-spccializzati della grande industria. A dire di John Brophy, direttore del C.I.O., le unioni di mestiere hanno creato dei mercati chiusi per i loro membri specializzati, ristrette oasi di privilegio per alcuni pochi. Esse distruggono gli stessi prìncipii basici dell'unionismo. E per la verità molti economisti che studiano le quistioni del lavoro riconoscono esser le unioni per industria e non le unioni per mestiere quelle più adatte all'industria moderna. I perfezionamenti tecnologici e il sistema produttivo a base di macchinismo hanno reso antiquata la funzione deile unioni di mestiere. L'unionismo industriale è più in armonia col progresso dell'industria stessa. Le dichiarazioni degli studiosi spassionati di tali argomenti sono preziose. Le unioni di mestiere — essi dicono — con rare eccezioni hanno trascurato di occuparsi delle industrie della produzione di massa. E quando lo hanno fatto è stato un fallimento anche durante il periodo in cui esistevano le condizioni favorevoli del programma di ricostruzione industriale di Roosevelt. La « American Federation of Labor » — ammette un altro economista — è rimasta sempre indifferente nei riguardi dell'organizzazione delle enormi masse degli « unskilled » che costituiscono la maggioranza dei salariati dell'indùstria moderna. Le accuse del C.I.O. contro la tattica della A.F.L. sono positive. Ogni volta che sorge spontaneamente un'organizzazione indipendente le unioni di mestiere che controllano i Consigli esecutivi s'intromettono nella faccenda e fanno valere la loro « giurisdizione » che, in realtà, non esiste che sulla carta. E allora si danno a dividere le nuove « unioni verticali » in « unioni orizzontali ». In altri termini frantumano una solida unione comprendente tutta un'industria in innumerevoli unioni di mestiere che rendono impotente l'organizzazione stessa impedendo qualsiasi campagna condotta sulla base della unità di azione. L' esempio di quanto è avvenuto nell'industria della radio è uno dei più significanti. Trascurati dalla classica associazione del lavoro americano quei lavoratori cominciarono a raggrupparsi in unioni locali ed una di esse, forte di 10.000 membri, riuscì ad ottenere il riconoscimento dell'industria e ad imporle i suoi patti in un grande stabilimento di Filadelfia. Quando l'unione dei lavoratori della radio ebbe raggiunto i 30.000 membri fece domanda per un charter ossia un documento legale d'incorporazione che la riconoscesse come unione nazionale. Ma il Consiglio esecutivo della A.F.L. respinse la richiesta e assegnò detti operai alla corporazione dei lavoratori elettrici nella quale avrebbero dovuto rimanere in sottordine senza la possibilità di far sentire la loro voce o di far conoscere i loro speciali bisogni. Come un altro studioso di problemi del lavoro ha posto la quistione, gli esecutivi delle « craft unions » sono logici nel loro cinismo. Essi non si curano affatto dell'espansione delle unioni tra la classe operaia fino a quando avranno la possibilità di mantenere 11 controllo ferreo di un gruppo limitato di mestieri specializzati. Dal punto LivrdszsqUmtundspriccvdcsvsrpègrpcscnsscdsrdncsmrdsqmqpl di vista del loro interesse ìndividuale essi hanno ragione e di tale ^F° di alU che cotono stipendi superiori a quelli dei mi- fc^^^ "° ?,,r.ltto all° ,f°P" « «anno con £S1°ne ?Ue"° .che vo«liono e l"^ S°"° 1 mcZZÌ per °ttenerl° f m'I'an0 a ™nte™™ ^deHmtamcn,t(; le lor° posizioni per mezzo dcl controllo monopolistico dl 1111 ''istrotti mestieri speda 1- Non 81 Pre°ccupano di crcare un forte movimento del UlV01'0 chR riesce a conglobare in un fol'mldaWle esercito venticin- formidabile que o trenta milioni di lavoratori. Non lo vogliono e non se lo augurano perchè conoscono che in un oceano mugghiante di tale potenza le loro personalità sarebbero travolte. E si rendono conto che non esiste alcun avvenire per il loro movimento unionistico ma faranno di tutto per ritenere il controllo dei membri delle unioni specializzate finché ne rimarrà uno negli Stati Uniti. Capitalisti e industriali, com'è naturale, vedono con sospetto e con apprensione l'avanzarsi del C.I.O. Se l'organizzazione in massa del Lavoro americano deve av venire e pare sia inevitabile — ossi dicono — è meglio che avven¬ ga sotto gli auspici della A. F. L. che sotto quelli delle unioni industriali o verticali. Queste, a loro parere, pendono fortemente verso il comunismo e possono cadere sotto il completo dominio dei nemici dell'ordine sociale. Ma le paure sono esagerate. I gruppi più avanzati del C.I.O. nelle elezioni hanno votato sempre per il Partito democratico. Lo stesso John Lewis, qlm],do era prcsidente deTOnione del Minatori condus3e una lotta senza quartiere contro la parte comunista dell'unione stessa e riuscì a far espellere l'attuale suo aiutante John Brophy, perchè s'era messo a capo dell'ala più avanzata di quell'organizzazione. Per riassumere con le stesse parole pronunziate alcuni anni addietro da William Green, il presidente della A. F. L, le organizzazioni industriali presenterebbero indubbiamente alcuni vantaggi, i più importanti dei quali sarebbero la concentrazione del potere economico delle unioni; la fusione in una cooperazione ar- gati in una industria; la protezione degl'interessi degli operai « unskilled » nella stessa maniera e proporzione di quella degli operai specializzati. m°nica di 'V11,1 '^voratori impie 'Amerigo Ruggiero T

Persone citate: John Brophy, John Lewis, Roosevelt, William Green

Luoghi citati: America, Filadelfia, New York, Stati Uniti