CHE COSA RESTA della rivoluzione bolscevica

CHE COSA RESTA della rivoluzione bolscevica MAMMmA UilT COMUNISTA CHE COSA RESTA della rivoluzione bolscevica Un manovale soviettico deve lavorare ventisei ore e mezza per guadagnare un chilo di burro che il manovale francese guadagna in tre ore Victor Serge è un comunista militante che partecipa dell' opposizione di Trotzki alla dittatura di Stalin. Tutto ciò che si è fatto in Russia tra il 1917 e il 1927 trova in lui un acceso fautore; tutta la opera successiva lo trova all'opposizione. Egli si è recato in Russia nel 1919 e vi è restato sino al 1936 partecipando all'azione rivoluzionaria e subendo, nelle prigioni sovietiche, i rigori della burocrazia dominante contro le varie e sempre risorgenti opposizioni interne. Il suo lungo discorso sulla Russia (Destin d'une revolution - Urss, 1917-1937. Grasset) ci interessa quindi per il suo valore documentario, infinitamente superiore a quello raccolto fugacemente dai vari Gide o Dorgelès attorno ai quali si è fatto tanto clamore negli ultimi tempi. E ci interessa perchè è una critica che viene di dentro: non da un borghese colpito dalla rivoluzione, nè da un intellettuale in fregola di nuove esperienze sociali, ma da un comunista il quale non rinnega nè il suo passato, nè il suo pensiero. Pensiero e passato che noi non ci curiamo nemmeno di confutare. Ci interessa invece di dimostrare, servendoci del suo denso racconto* il fallimento tragico e totale della esperienza comunista, a vent'anni dall'inizio della rivoluzione, in Russia, nella primavera del '17. Meglio o peggio di prima? Quali sono le condizioni dei lavoratori in un regime creato per il loro benessere? Un operaio francese che ha lavorato in Russia per dieci anni consecutivi ha compilato nel 1936 una tabella comparativa dei salari e dei prezzi di Mosca e di Parigi allo scopo di misurare le ore di lavoro necessarie per l'acquisto di oggetti e di articoli di consumo di prima necessità. Quell'operaio è arrivato cosi a stabilire che un manovale sovietico deve lavorare circa tre ore per guadagnare un chilo di pane che un « disoccupato » parigino ottiene in soli 36 minuti della sua giornata di forzato riposo. Lo stesso manovale sovietico deve lavorare 1584 minuti e cioè 26 ore e mezza, per un chilo di burro che il manovale francese può guadagnare con 180 minuti e cioè tre ore di lavoro. Questi dettagli sono impressionanti, ma suscitano una facile osservazione. Non è possibile paragonare le condizioni di vita di un operaio russo con quel le di un operaio francese. Queste condizioni erano assai diverse an che prima della rivoluzione sovie tica. E' invece interessante sape re: «L'operaio russo viveva me-J glio o peggio prima della rivoluzione? ». Solo gli uomini di almeno quaranta anni possono dare una risposta ed essi sono unanimi nelT affermare che si viveva meglio prima, sia per l'alimentazione che per il vestiario e per l'alloggio. Solo negli anni 1926-27, le condizioni di vita in Russia si avvicinavano a quelle dell'ante guerra. L'autore qui non dice, e sarà l'unica nostra nota polemica, che l'opposizione e le critiche di Trotzki al governo di Stalin furo no appunto di quegli anni (1924 1927) nei quali egli vedeva, con il risorto benessere delle popolazioni, il pericolo di un ritorno al sistema borghese. Nel 1928, nel riprendere la .lotta per un ritorno al comunismo integrale, Stalin non fece che accogliere le critiche di Trotzki sia pure andando oltre le sue proposte e dopo avere esiliato il suo avversario. E anche questo era logico poiché la dittatura non può essere condotta a mezzadria. Guerra all'intelligenza La violenta ripresa della lotta sociale si inizia con la guerra ai contadini e si accompagna con le persecuzioni religiose e con l'asservimento del pensiero. La fioritura letteraria della nuova Russia che si era notata tra il 1921-23, nei primi anni della «Nep», e che aveva portato alla ribalta i nomi di Pilniak, Fedin, Ivanov, Nikitin, cessa d'improvviso nel 1929 nella nuova atmosfera di violenza e di ortodossia rivoluzionaria. Alcuni poeti e scrittori come Essenin, Magakovski (già ricco e colmo di onori) e Soboi preferiscono il sui cidio alla servitù. Da allora la cen sura sovietica non solo impedisce la pubblicazione, ma sequestra e distrugge le opere dell'ingegno ri tenute pericolose al corso della rivoluzione. Quando Victor • Serge riesce nell'aprile del 1936 a lasciare il territorio sovietico egli deve abbandonare tutti i suoi appunti, tutti i suoi manoscritti, tutti i lavori già compiuti: anche un diario relativo alle vicende politiche della Francia negli anni 910913; anche un romanzo e delle opere in versi. Sono stati impri gionati o deportati negli ultimi anni i poeti Vladimiro Piast, Os sip, Mandelstam, Pavel Vassillev; il filosofo Ivanov Razoumnik, lo storico Cristiano Racovski. L'ortodossia bolscevica non si ferma alla letteratura e alle scienze morali. Sono stati fucilati dei gpologhi per avere negato delle ricchezze del sottosuolo che veni vano invece affermate nella propaganda ufficiale. Cosi sono stati arrestati dei chimici per semplici ricerche di laboratorio. Il celebre fisico Lazarev e lo storico Tarlè dopo molti onori sono stati im prigionatì, deportati e poi amni stiati. Queste le condizioni dell' uomo © dell'intelligenza nel paradiso sovietico. Ma in che modo «1 regge un simile sistemp" T,a città sovietica non presenta più agli occhi del visitatore i campanili dellecseirnmpfcccg i o i e -J e a r i e i n l o a ò a i e a , e i , a i i i e e a e i n e i ; o si ei e ti ci e è m i o oe ehi e chiese e la torre del Comune. Questi sono ricordi dell'oscuro Medioevo. La città comunista presenta innanzi tutto allo sguardo del turista l'edificio della «Ghepeù » o, nel caso della Capitale, l'insieme monumentale degli edifici della polizia politica. Questi grandi edifici moderni che si ispirano alla architettura dei grattacieli hanno conservato una sola, ma significativa caratteristica degli antichi castelli feudali. Essi hanno nel sottosuolo le prigioni cui si aggiungono oggi le camere perfettamente silenziose per la esecuzione delle pene capitali. Il capo della « Ghepeù » ha rango di maresciallo o di commissario generale. Sino al processo Dlnoviev, Jagoda, decorato di tutti gli ordini sovietici, appariva in tale veste a fianco di Stalin in tutte le solennità. Massimo Gorki e Romain Rolland gli avevano dedicato degli alti elogi, ma dei suoi recenti miseri casi e degli orrori e delle brutture della sua opera si è occupata in queste ultime settimane tutta la stampa mondiale. Due partiti: i potenti eie vittime La Ghepeù provvede a difendere il regime con la deportazione, con i campi di concentramento e con le prigioni. Sino al 1934 essa applicava largamente la pena di morte pronunciata da commissioni segrete su istruttoria compiuta senza ascoltare l'imputato. Ora la Ghepeù non può assegnare più di 5 anni di deportazione. Per i casi più gravi rinvia l'imputato ai tribunali rivoluzionari i quali si mostrano anche più severi della polizia politica. Ecco un caso tipico. Un operaio incaricato di tenere la sala di lettura della sua officina va a prelevare dei quadri e dei manifesti di propaganda nel magazzino. Vogliono dargli i ritratti di Stalin e di Kalinin. Egli li rifiuta ridendo. Dopo qualche giorno è arrestato come agitatore con trorivoluzionario e gli viene inflitta una pena di 6 anni di deten zione. Gli arresti si compiono quasi sempre la notte in tutta segretezza. Le famiglie riescono con grande difficoltà a ritrovare nelle prigioni le persone care. Gli arrestati possono essere tenuti per mesi interi in prigione completamente isolati e senza poter comunicare con l'esterno prima di essere interrogati. Si cerca cosi di fiaccarne lo spirito per ottenerne confessioni più o meno ampie o delazioni. In una prigione di Orenburg, nell'inverno '33-'34, sono morti di inedia e di freddo alcune centinaia di prigionieri prima ancora di essere interrogati. Si è poi saputo che alla prigione erano stati tagliati 1 viveri perchè i dete nuti non avevano eseguito-il loro piano di lavoro. Una volta caduti nell'ingranaggio poliziesco è assai difficile uscirne. Le pene vengono protratte senza motivo e sistematicamente fino al limite minimo di dieci anni. Per gli oppositori po litici non vi è scampo: essi non fanno che passare dalla- prigione alla deportazione e viceversa. Un mezzo potente per controllare la attività dei singoli è offerto dal sistema del passaporto per l'interno. Esso non esiste in nessuno Stato moderno. La « Piccola enciclopedia sovietica j nella edizione del '930, condannava il sistema del passaporto per l'interno come «uno strumento di oppressione poliziesca istituito dalla autocrazia e soppresso dalla rivoluzione di ottobre ». Quel sistema è stato ripristinato e fortemente aggravato nel 1932. Il possesso dei passaporto non dà che il diritto di risiedere in una data località. La non concessione del passaporto costringe invece a lasciare entro dieci giorni il luogo di residenza per cercarne un altro ove poter ottenere il permesso di risiedere. Delle famiglie vengono così divise, dei padri vengono strappati alle loro case. H passaporto è uno strumento di oppressione che toglie praticamente al cittadino sovietico la libertà di trasferirsi da un luogo all'altro e di mutare di occupazione e di lavoro. Tutti i rappresentanti di tutte le sfumature del pensiero rivoluzionario sono, in Russia, o nei campi di concentramento o in prigione. L'autore ricorda le dolorose peregrinazioni da una prigione all'altra di uomini assai noti nell'internazionalismo operaio. Nel 1927 Bukarin e Tomski proclamavano cinicamente: « Con la dittatura del proletariato due, tre, quattro partiti possono coesistere, ma ad una condizione: uno al potere e gli altri in prigione ». Bukarin e Tomski hanno fatto in seguito, per loro conto, l'esperienza dello statorprigione. Tutti i quadri del vecchio partito sono distrutti, sopravvissuti della lotta contro lo zarismo sono in prigione. I compagni di Lenin sono stati uccisi o sono dispersi. Il fragore degli armamenti Lenin diceva spesso negli ultimi anni della sua vita: « Il nostro stato è uno stato operaio e contadino a deformazione burocratica ». La tesi del volume è dunque chiara. La burocrazia al potere ha distrutto il movimento di Lenin soffocandone lo spirito e uccidendone materialmente i fautori. La lotta ebbe inizio nel 1923 quando Leone Trotzki annunciò il nuovo corso della rivoluzione. Nel 1927 essa si concluse con l'esilio di Trotzski e la dittatura del proletariato si trasformò nella dittatura burocratica di una oligarchia di partito. La definizione di Lenin potè cosi essere parafrasata da Racovski: « Noi abbiamo uno stato burocratico con sopravvivenze operale e contadine ». znelstdrpzAs1tCRaapgorgdfUnnictlpsectL1cadsgf1tdlllsl Nel 1927 la formula della rivoluzione permanente di Trotzski viene respinta da Stalin il quale enuncia invece il programma della « rivoluzione socialista in un solo stato » e sferra, nel 1928, la terribile battaglia contro i contadini per la collettivizzazione agraria che si accompagna al primo piano quinquennale della edificazione industriale del socialismo. Abbiamo avuto altra volta occasione di esaminare questo periodo 1928-34 sulla scorta del documentatlsslmo volume dell'americano Chamberlin: «L'età del ferro in Russia ». Nel 1934 la politica di Stalin assume un duplice aspetto: essa accresce il terrore all'interno dopo l'uccisione di Kirov a Pietrogrado e mira a distruggere ogni opposizione alla dittatura mentre ricerca all'esterno l'accordo con il gruppo delle potenze capitaliste e democratiche, ti Urss ottiene infatti il riconoscimento degli Stati Uniti e nel settembre '934 entra nella Società delle Nazioni riconoscendo l'Istituto ginevrino come il tempio della pace mondiale. A che cosa si deve questo mutamento? Sino al 1923 le potenze dell'Occidente erano egualmente colpevoli rispetto al proletariato, ma se vi era una politica da fare con esse, l'accordo di Rapallo del 1922, con la Germania, ne indicava esattamente la direzione e gli scopi. L'avvento di Hitler al potere nel 1933 e il crollo della socialdemocrazia germanica, hanno servito a chiarire la situazione e' a far depositare il precipitato sovietico sul fondo instabile delle cosidette grandi democrazie. L'accordo franco-sovietico del 2 maggio 1935, costituisce la chiave di volta della nuova costellazione mondiale demobolscevlca. Al giornalista americano Roy-Howard, Stalin parla del programma di rivoluzione mondiale dei Sovieti come di un malinteso tragicomico. La guerra civile di Spagna dà a queste parole un triste rilievo, ma, in compenso, i Sovieti abbandonano la Cina orientale alla competizione delle potenze, colonizzatrici. La politica ginevrina e democratica all'estero ha per contrappeso il rigore di una sanguinosa dittatura all'Interno. Il formidabile fragore degli armamenti sovietici soffoca, per le orecchie delicate del socialisti francesi ed inglesi, il grido di dolore del lavoratori russi. Che cosa resta dunque della rivoluzione bolscevica dopo venti anni di sanguinosi esperimenti? La oligarchia burocratica del Kremlino ha ripreso la politica della Intesa cordiale della Russia zarista, mentre le classi operaie devono riconquistare tutte le li berta: quelle che non avevano sotto lo zarismo e quelle perdute In venti anni di oppressione. Ugo d'Andrea