I PETROLI D'ALBANIA

I PETROLI D'ALBANIA I PETROLI D'ALBANIA Una città dai grattacieli di ferro' ~ La prima impressione della zona del Dèvoli -- La lotta con i giganti dell' essenza ■- Affermazione italiana (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE) KUCIÒVA, aprile. Chi arriva al cader della notte, per la prima volta, nella zona petrolifera del Dèvoli riceve una grossa impressione. Nelle tenebre scintilla una enorme luminaria. Migliaia di luci disegnano tutta una città, che sembra composta di grattacieli di fuoco. L'occhio individua, nel palpitare di questa pirotecnìa, torri ed edifici, strade e piazzali che dilagano nella nera vallata. Si ode un pulsare ritm'co, quasi di un cuòre enorme. Si tratta del formidabile e continuo polso di una atti-uità che si svolge nel mistero notturno. Verso Kuciòva La luminaria tuttavia — nonostante la sua vastità che è singolare in questo paese montuoso, ove non sorgono che rari villaggi — non è eccezionale. Non si celebra nessun « Bairam »; non c'è nessuna fiera dedicata a gualche festività dei Calendari. Questa luminaria è quotidiana. Il mattino svelerà questo arcano! Davanti allo sguardo d"l viaggiatore appare infatti una vasta vallata, tagliata in due da un fiume — il Dèvoli — e popolata ì'un centinaio di torri di ferro puntate verso il cielo e intorno alle quali germinano e vivono madrèpore di fabbricati e di case; di magazzini e di officine. Non è difficile comprendere, a chi è addestrato in questioni petrolifere, che questa selva di.torri ferree è un gruppo di « derricks », cioè d'impianti di sondaggio e di pompaggio per l'estrazione del petrolio. Siamo così arrivati alle soglie della famosa zona del Dèvoli, acquistata dalle Ferro spuvie dello Stato italiano e sfruttata, dall'A.I.P.A. (Azienda Italiana j Petroli Albanesi) costituitasi or èìqualche anno a questo scopo. La visita non è facile. L'automobile dell'Inviato deve arrestarsi davanti a una barriera, simile a quelle dei nostri passaggi a livello. Un guardiano in uniforme viene a chiedere informazioni e carta — giacché senza uno speciale permesso non si entra. Il guardiano telefona alla Direzione dei lavori; dopo di che, solleva la barriera. Via libera. Si nota subito una differenza, anzitutto di carattere stradale. Sinora abbiamo viaggiato <m strade che mettono a. dura prova le balestre della macchina. Qui invece la strada è accuratamente bituminata e rullata. La stessa osservazione facevo nel 1930 entrando nella zona petrolifera dell'Irate. La diversità tra la polverosa pista mesopotamica e la strada asinitata del territorio petrolifero era troppo grande, perchè non ci accorgessimo subito di esser entrati in un altro dominio. Per gli Albanesi dei dintorni passare questa barriera significa andare a Kuciòva, che è il villaggio skypetano sorto all'inizio dello sfruttamento petrolifero ed eretto in Comune, per tutte le funzioni civili di cui il territorio abbivo ■ gna. Per gli Italiani questo iran- sito significa invece qualcosa di più. Entrando nella zona del Dèvoli, sembra che un nostro antico sogno cominci a trovare la sua realizzazione. E' il sogno cioè dell'indipendenza economica in fatto di materie prime, o (come si dice ufficialmente e più sinteticamente) dell'« autarchia ». Strati grassi... Le notizie anteriori c.^ca i petroli albanesi erano così scarne e così vaghe da non far prevedere lo spettacolo di questa citt'ì pUiolìfera, che è una grande e bella sorpresa. Tutto quel pittoresco che lo spirito pionieristico dei nostri tempi ha intravisto in queste grandiose imprese, risorge qui sul Dèvoli, interamente. L'occhio può spaziare, vedere, notare, precisare. Non si tratta di rudimenti ma di un impianto ultra-moderno e gigantescamente fondato. Certo le visite alle zone di questo genere, se vogliono essere complete, non possono limitarsi a visioni, diciamo così a « volo d'uccello ». Occorre entrare in questo ciclopico ordito, penetrarne e sceverarne i segreti. E' necessaria quindi un po' di minuziosa pazienza ed anche una tal quale abnegazione. La rete stradala è an-Altata; ma non sempre si cammina sulle strade. Bisogna anzi, in certi ' momenti, abbandonare anche la macchina che affonderebbe fin quasi ai mozzi, in strati grassi di bitume, e affrontare « pedibus calcantibus » e magari con stivaloni di gomma, questi terreni sui quali certo non si può venire vestiti di bianco... Ed è una fortuna che le cose stiano così! Il petrolio albanese è cosi palmarmente palese, che trasuda con generosità attraverso gli strati, prendendo le forine- delle vostre scarpe e talj volta addirittura inghiottendole ìfino alle tomaje. Nessun dubbio, quindi, sulla sua generosa esistenza. « Anglo-Persian » « Standard » Ogni visito di questo genere ha tuttavia ì suoi preliminari. Ognuna delle importanti zone petrolifere del mondo anche se è appena sfruttata, anche se presenta impianti nuovi di zecca, non è mai senza storia. Essa è comunque e sempre una pedina di quell'enorme gioco mondiale che si chiama la « guerra dei petroli ». Ogni goccia di petrolio può equivalere a una goccia di sangue; certo corrisponde a una cellula di fosforo cerebrale. Voglio dire che sotto queste superfici terrestri individuate dalla speculazione petrolifera, non ci sono soltanto strati ricchi d'essenza, ma anche — passatemi l'immagine — strati d'incartamenti, di documenti, di studi. Ogni zona petrolifera, prima di passare al vaglio degli ordegni di sondaggio e d'estrazione, è già stata passata al vaglio degli esperti, dei geografi, dei geologi. Ora anche la zona del Dèvoli non era sfuggita all'occhio linceo dei potenti che reggono gli affari petroliferi del mondo. L'Italia nonv è capitata su questo territorio a caso. Essa conosceva il « suo problema » e sapeva di avere formidabili rivali. Ora, che il nostro gruppo di sfruttamento sia giunto a porre in tempo la mano sulla zona più vasta e più ricca, è un merito che anche i Potenti dell'Essenza non possono disconoscere all'Italia. Abbiamo saputo « vedere» più profondamente degli altri. C'erano, in casa nostra, studiosi che da tempo tenevano d'occhio questa zona. Ed essi sapevano bene che anche i più giganteschi Gruppi del mondo — guati l'« Anglo-Persian », la «Standard OH » ecc. — perseguivano gli stessi scopi. Lo studio delle ricchezze petrolifere albanesi rivelò fin da principio — reme ha detto elegantemente il Baldarci — speranze classiche. Bisogna risalire prima del '70. Già i bitumi della zona di Sclenizza avevano attratta l'attenzione dei ricercatori, sopratutto francesi. Verso il 18X0 un suddito inglese, certo Magar, otteneva dal Governo Ottomano un permesso per 75 anni di esercizio; che egli cedeva, in via d'esperimento, a una Società costituitasi a Napoli sotto la sigla « Bouys et Co. ». Dopo un periodo di oscuri maneggi e d'inattività, la società napoletana restituì il terreno al Magar che finì per costituire, d'accordo con la Banca Ottomana, una Société des Mincs de Sélénitza con sede a Parigi, per la produzione d(l bitume. E questo bitumo albanese è considerato ancor oggi uno del migliori sul mercato mondiale. Intuito della nostra R. Marina Appunto il bitume di Selenitza fu il terreno d'incubazione delle ipotesi e degli studi circa l'esistenza del petrolio albanese. Il merito d'aver iniziato queste ricerche spetta alla R. Marina italiana che, al concludersi della guerra mondiale, nel 1918, inizia i primi sondaggi nella zona di Drasriovi:sa. Il tentativo è coronato da pieno successo. Senonchè la canèa sovversiva interrompe questo primo felice assaggio. Non sarà, davanti ai posteri, uno dei minori crimini della perversione rossa. Alle così dette Grandi Potente d'allora l'esperimento non sfug. ge e tosto esse si buttano all'arrembaggio, dietro gli utili scJw

Persone citate: Bairam, Bouys, Magar, Petroli Albanesi

Luoghi citati: Albania, Italia, Napoli, Parigi