La Principessa Sofia

La Principessa Sofia La Principessa Sofia Vi fu un tempo in cui io lavorai intensamente intorno ad un personaggio femminile vissuto nel seicento, sommariamente, tuttavia, descritto nelle storie stampate. Abitavo, allora, due stanze in subaffitto le cui finestre,davano in una stradetta del centro della città, rimasta intatta sin da tempi remoti. Venissi dalle arterie più affollate, come da: viali più eccentrici, appena la imboccavo, provavo un senso di oblio per tutte le cose che avevo veduto, e mi sentivo trasportare nel silenzio d'un'altra sfera di vita. Caratteristiche' della stradetta erano, infatti, il selciato, ineguale, tutto a depressioni e sporgenze; le facciate delle case, brevi, con finestre strette dai cornicioni screpolati, con portoncini sgangherati che introducevano in scalette ripide; ed il silenzio; un silenzio che sicuro pareva emanasse dai muri e s'imponeva agli abitanti, agli uomini, alle donne, persino ai ragazzi. Si camminava tutti come ombre, e si badava dove mettere i piedi. Rumore s'udiva solo sul far del giorno, quando un mozzo di stalla veniva a bussare all'unica porta grande della strada e gridava il nome di chi dormiva dentro a guardia di due cavalli da trasporto, che, peraltro, erano poi, condotti, per il morso, in una piazzetta vicina, per essere attaccati al carro. Non dimenticherò mai il grido rauco di quell'uomo, il quale chiamava: — Oh, Michele... Michele!... E picchiava con il pugno contro la porta. Michele doveva certamente amare il sonno; perchè non si destava mai volentieri ; e, venendo ad aprire, non mancava di far udire qualche improperia contro il mozzo. Uno scalpiccio dentro la stalla, poi gli zoccoli f-errati dei cavalli sul selciato, e il richiudersi della porta, e di nuovo silenzio profondo. Era quanto bastava per svegliarmi. Nel crepuscolo che inizia il giorno, accesa la lampada a spirito sotto la caffettiera, rimanevo a guardare la fiamma azzurrina; mentre i pensieri, lasciati sei o sette ore prima sull'origliere, riconquistavano il mio cervello e l'occupavano con una. tenacia, che, a tratti, diventava ossessiva. Mi levavo ed ero, di nuovo, tra mucchi di libri vecchi, da cui non riuscivo a cavar nulla, o, appena indizi "vaghi intorno alla vita dell'eroina, che mi ero messo in mente di ricostruire. 1 volumi che oggi formavano l'oggetto del mio esame, si richiamavano ad altri volumi di altri autori. Il giorno appresso io m'ero procurato questi nuovi libri, nella speranza di trovarvi quanto non avevo trovato nei primi ; ma dopo una giornata di ricerca, le mie cognizioni s'erano di poco accresciute. La principessa Sofia rimaneva per me sempre un enigma, ed i casi avventurosi della sua vita, frammentariamente accennati dai vari autori, o erano discordi o non bastavano a suggerire un giudizio complessivo sulla persona. Alle mie finestre non giungeva mai il sole; nelle mie stanze regnava un'ombra azzurra, appena diradata dal barlume che filtrava traverso i vetri. La mia scrivania era illuminata così. Vi si accostava soltanto la servente a mezzogiorno, recandomi una scodella di minestra. Si chiamava Sofia anche lei ; e non s'udiva nemmeno nel camminare. Teneva tutto in ordine, era scrupolosa nel servizio, non faceva il minimo rumore. Una voce alta, un improvviso frastuono la facevano sussultare; era capace di tremare per una ora, di rannicchiarsi e piangere silenziosamente. Ma casi simili erano capitati due o tre volte in un periodo di quasi cinque anni. La quiete delie mie due stanze era tale che poteva rassomigliare alla morte: lo stridore d'una porta, lo scricchiolio d'un mobile rimbombava come in un sepolcro. Del resto, io non avevo mai fissato negli occhi la servente, nè avevo considerati i suoi lineamenti. Potrei dire che non la conoscevo nemmeno. Vedevo le sue mani, quando posavano il piatto di minestra sulla scrivania : avvertivo il suo passaggio da una stanza all'altra; sentivo la sua presenza in casa: ma nulla di più. Una notte, che, con la testa più affaticata del solito, cercavo di prender sonno; vidi aprire, alla luce del riverbero d'una lampada della strada, la porta della mia camera e venire avanti e sedersi sulla sedia ai piedi del letto, la servente. Rimase immobile con le mani sul grembo. La illuminava il riverbero della strada. Aveva i capelli biondi stirati sulle tempie e annodati alla nuca, la fronte ampia, la bocca piccola ed il mento che quasi scompariva sotto essa. Non mi mossi, facendole credere di dormire. Invece, il mio pensiero si riattivò così intensamente, ch'io temetti di cominciare a tremare in tutto il corpo. Ad un certo punto, mi parve di avere dinnanzi la sagoma d'una figura scolpita in legno. Quando all'alba s'udì il mozzo di stalla bussare con il soli¬ acbrsbllecmelsLaUBmmmpaslasctrzstdgtsptstpcnfsrvtmZgdnlplzsmtpnla5felplRa to grido — Oh Michele... Michele!... — Sofia s'alzò; lasciò la camera, richiuse pian piano la porta. La stanchezza mi vinse ; mi addormentai e non mi destai che a mezzogiorno. Provai il bisogno d'aprire la finestra e respirare l'aria libera. Fu come se improvvisamente mi snebbiassi. Trovai nella mia mente, limpida e precisa, la figura dell'eroina intorno a cui tanto mi ero affaticato. Il giorno stesso cominciai il primo capitolo del mio racconto. Ma non vidi più la servente. Seppi dai padroni di casa che era stata ricoverata all'ospedale con febbre alta e che si disperava di salvarla. Rosso di San Secondo

Persone citate: Principessa Sofia

Luoghi citati: Sofia