II mito del sangue

II mito del sangue Dottrina e azione razzista II mito del sangue Al miti che resero intensa e pdrammatica la vita dei popoli e ddelle Nazioni nell'altro secolo; dmiti della unità, e dell'indipenden- Cza, e della grandezza degli Stati; amiti della lotta di classe e della Itviolenza applicata a tale lotta; (pmiti di guerra e di pace, tutti di itnatura astratta o razionale, ecco, I cnella Germania di oggi, arrivare fsul primo piano della discussione lun miro fondato -su di una verità Borganica: il san/pte. Nel sangue ' ddella razza sarebbe da ricercare | rla forza centrale capace di gene-1 rare ogni principio e di determi-! snare ogni azione. |dII mito del sangue, che si tra- sduce in una concezione della sto- ; cria fondata sulla razza, non è nato '• Anella Germania di oggi. I prece- j Adenti di questa dottrina sono da vricercare nella Germania della se- ! nconda metà dell'Ottocento quando!vfurono colà accolte con grande ilonore le teorie esposte dal fran- j scese De Gobineau nel suo famoso «Saggio sulla ineguaglianza del-,rle razze umane ». Queste teorie Htrovarono, successivamente, negli tsviluppi dati loro dall'inglese j Chamberlain, un terreno di appli cazione politica in relazione con le ideologie pangermaniste della Germania' di Guglielmo II ghdrSono, dunque, due stranieri, unisfràncese e un inglese, che susci- i ctano nel cuore tedesco la coscienza di un primato della loro razza. lcScrive Infatti Alfredo Rosenberg: v« Si dice che il contadino semina, gara e raccoglie, con lo sguardo l'prono sulla terra, senza vedere il | lcielo che gli sta sopra, le foreste, j di laghi, i monti. Solo alla venuta | cdi uno straniero comincia a ren- (dersi conto anche della bellezza ' cdella sua patria ». I due stranieri1 cfurono il De Gobineau e il Cham-1 tberlain. La fortuna dell'opera di | pquest'ultimo autore: «Le basi del Insecolo XIX », fu in Germania mol- j Sto superiore a quella del citato t« Saggio » del Gobineau. E fu for-|ctuna davvero immeritata e che'nnoi italiani, per l'atteggiamento 'uche quell'autore assume rispetto ! salla civiltà e alla storia di Roma, possiamo tranquillamente ignorare. A chi invece ami conoscere partitamente i precedenti storici del razzismo può tornare assai utile rintracciarli nel volume di J. Evola: « Il mito del sangue >■•, Editore Ulrico Hoèpli, Milano. Evola è uno studioso e un esperto della materia. Già in un suo opuscolo di alcuni anni fa: « La mistica del sangue nel nuovo nazionalismo tedesco», e in numerosi saggi su varie Riviste, egli aveva esaminato a fondo le nuove teorie sulla razza nella Germania di Hitler. Oggi egli riprende la vasta nrclesnfsèStclsgtImateria e ci offre un riassunto as , pai pregevole dei precedenti sto-|zrici e dottrinari dpi rubiamo n'iezdrici e dottrinari del razzismo e una esposizione chiara e obiettiva del pensiero dei più autorevoli esponenti della Germania di oggi e dello stesso Hitler sul razzismo. I razzisti affermano l'esistenza di una relazione strettissima tra il sangue e lo spirito, tra la razza e la cultura. Cosi il problema della razza si confonde in essi con quello della origine e del destino della civiltà umana. Il culto della razza e del sangue entra cosi nella Germania nazionalsocialista nella sua terza fase: nella quale, all'aspetto scientifico e storico-speculativo del problema, si aggiunge in forma decisiva e drammatica l'aspetto sociale e politico. Tutti questi! aspetti non sono separabili. Ciòiche fino a ieri poteva sembrare | un problema teorico dovuto allalelaborazione di un settore piutto-isto secondario del pensiero tedesco, diviene problema vitale e fondamentale della Germania vivente con influenze che possono essere decisive sulla politica so ciale e razziale di questo grande j Stato e sulle sue relazioni con gli I altri Stati. Ciò può avvenire per- i che il mito si è inverato. Non è cioè una creazione della fantasia|e un supposto irreale, ma un'idea viva che trascina e commuove, che agisce sulla intelligenza e su) sentimento dei più e si traduce politicamente in azione. Evola trova le origini del problema razzista nel pensiero di Fichte il quale ha per primo il concetto di un « popolo primordiale » distinto dai « popoli derivati » e di un « popolo normale » distinto dai « popoli misti ». Nei suoi « Discorsi alla Nazione tedesca » il Fichte attribuisce al popolo tedesco la dignità di popolo. polo tedesco la dignità di popolo primordiale. «Solo il tedesco noniadulterato, egli scrive, cioè Tuo mo che ha conservato integralmente le sue forze primordiali ha il diritto di contare su di un popolo capace di amare la propria nazione di vero amore e conforme alla idea ». Il razzismo diviene, però, solo con il conte Arturo de Gobineau un modo nuovo di concepire la Storia e la stessa filosofia delle civiltà umane. Sino a quel mo-j mento la Storia era stata conce-! pita come un prodotto di forze spirituali e di idee morali (conce- zione idealistica) oppure come un j prodotto di circostanze economi che e sociali (concezione materialistica). Con il conte di Gobineau entra In iscena il fattore uomo co- me protagonista della Storia; ma!non l'uomo per sè stante, sibbene !l'uomo come membro-di una raz-|za e come partecipe dello spirito'di essa. L'inglese Chamberlain (poi na-|turalizzatosi tedesco) sviluppa ed esaspera le teorie del de Gobineau1attribuendo loro un carattere an- tlromano che non vale la pena di rlcordare. Alle teorie di Cham-,berla in possono collegarsi, venen- ;do alla Germania nazional-socia-:lista miellP di Alfredo Rosenberg lista, quelle di Aiireao Kosenoerg. La sua opera principale si intito-jla « Il mito del secolo ventesimo » : opera che, per quanto "messa al- l'indlce da) Vaticano, figura subì-1to dopo «La mia battaglia» «^Hitler nell elenco dei Ubrx racco-.mandati dal Ministero prussiano] per l'educazione nazionale. Si può dive che se Chamberlain esaspera de Gobineau, Rosenberg; esaspera Chamberlain là dove sostituisce al concetto dell'unità razziale celto-slavo-germanica quello della pura razza nordica e dando al tutto un forte senso anticattolico. In ciò il pensiero di Rosenberg è ra fluenzato oltre che dal Chamber lain dal Wirth e dallo svizzero Bachofen che fu contemporaneo del Nietzsche e che ora è molto rivalutato in Germania, Tutte queste idee e dottrine non sarebbero probabilmente uscite dal campo della speculazione filo- sòflca se esse non si fossero in contrate con l'azione politica di Adolfo Hitler. Nel pensiero di Adolfo Hitler non possiamo travare idee nuove oltre quelle già note, ma è sempre -interessante vedere in quale forma e con quale sentimento esse tornano negli scritti del Fuhrer. La premessa fondamentale del razzismo nel pensiero esposto da Hitler nel suo libro « La mia bat taglia » può cosi riassumersi: « La provvidenza ha voluto che gli uomini non fossero uguali e ha predeterminato una pluralità di razze di cui ha fissato doti e caratteristiche speciali che non pos sono essere modificate senza incorrere nella degenerazione e nel- la decadenza. Non è il territorio che influisce sulla caduta della ci- viltà, ma l'impoverimento del san gue di una razza. Permettere che 'ina razza si impoverisca equiva le a «peccare contro la volontà dell'Eterno Creatore >. Tutto ciò che noi ammiriamo sulla terra (arte, invenzioni scientifiche, te cnica) non è che il prodotto di po chi popoli e forse originariamen te di una sola razza. Se questi popoli saranno preservati e potranno durare, tutta la civiltà durerà, Se essi, invece, cadranno, la civiltà cadrà con loro. Non v'è dubbio che la razza eletta sia quella ariana. Il t'oo ario è l'ideale figura umana. Dall'uomo ario è uscita la scintilla creatrice e divina del ge nio. I popoli ariani sono i creatori della civiltà laddove i popoli di colore sono solo capaci di assimilare e di portare una civiltà. Gli ebrei, invece, sono, per Hitler, distruttori di civiltà. La rivoluzione nazional-socialista si propone di fondare uno Stato nuovo fondato sulla razza tedesca. Questo Stato è lo Stato nazionale razzista. Uno Stato che non faccia differenza tra gli elementi umani che lo compongono è uno Stato materialista e perciò marxista perchè esso finisce con il considerare l'aggregato nazionale come il risultato di sole necessità economiche. Invece la concezione nazionale raz- zlsta dell° Stato « riconosce il vaiore dell'umanità secondo i suoi elementi razziali originari ». Nazione e razza sono per Hitler la stessa cosa. Lo Stato non è che «un mezzo per la conservazione dell'elemento razza negli uomini. « Lo Stato, dunque, per Hitler non è un fine, ma un mezzo. Esso non è il principio con il quale conseguire una civiltà superiore, ma solo un mezzo per giungere a tanto. Il principio è nella razza. Lo Stato non è che il recipiente della razza, che è il-contenuto. Compito della nuova Germania è quello di « estrarre e conservare dalla nazione gli elementi originari razzialmente superiori e di condurli ln modo lento' ma slcuro al do" ! minio »■ La conclusione di Hitler iè Ia seguente: «Uno Stato che in | questa epoca di intossicazione etlnica- 81 prende cura dei migliori ielementl della propria razza, devedivenire un giorno il signore della terra ». E' interessante notare che nel pensiero di Hitler non si trova mai la nota antlromana. All'opposto j eEh scrive: « La Stona romana I nelle sue grandi linee è, e resta i ancora, la migliore maestra non sol° Per 11 tempo nostro ma anche |Per tutt! 1 tempi». Discutere queste idee? Esse hanno aspetto e forza di ?nifo in senso sorelliano. Sono mescolate alla realtà della Germania d'oggi, alle sue aspirazioni, al suoi sentimenti. Sono, cioè, materia assai più politica che scientifica o filosofica. -E' materia incandescente tanto che appare sempre più vera la definizione di Mussolini nei confronti del razzismo: « La razza è un sentimento, non è una realtà ».Ugo d'Andrea