NETTA VITTORIA ITALIANA SUGLI UNGHERESI PER 2-0 (1-0)

NETTA VITTORIA ITALIANA SUGLI UNGHERESI PER 2-0 (1-0) NETTA VITTORIA ITALIANA SUGLI UNGHERESI PER 2-0 (1-0) In una partita di basso livello tecnico, in cui gli ospiti sono stati inferiori all'attesa, gli azzurri pur accusando le previste deficienze del momento, hanno affermato la loro classe superiore e il loro predominio segnando con Cplaussi nel 1° tempo e con Frossi nel 2° Meritata vittoria italiana, ma partita priva di un gran conte- j nato tecnico, forse una delle piuì scialbe partite internazionali che si siano vinte in questi ultimi anni. Ha vinto chi ha giocato meno peggio. Con media fortuna ed in condizioni fisiche migliori, la squadra italiana avrebbe potuto chiudere questo incontro con un vantaggio di punti rilevante. Fin dall'inizio, si ebbe l'impressione che runico dubbio da nutrire sul risultato riguardasse la possibilità e la capacità degli avanti italiani a segnare. Sulla possibilità e capacità dell'attacco unglierese a battere la nostra difesa si ebbe ben presto un'impressione nettamente negativa. Questo attacco fu. tenuto a freno e controllato dai nostri mediani e terzini con grande precisione ed in certi momenti anche con grande facilità. Non appena i nostri uomini di retroguardia, ebbero preso la misura del valore avversario, ogni via d'accesso alla nostra rocca venne bloccata. Non solo non passò nulla, ma il nostro portiere non ebbe, in tutti i novanta minuti di giuoco, nessuna, nessunissima situazione difficile da sbrigare, nessun tiro difficile da parare. Nel primo tempo, un colpo di testa di Kallay fece filare la palla a lato di un palo, ma mancò U bersaglio: poi Olivieri non fu. più disturbato. Nella ripresa un'improvvisa entrata di Toldi a seguito di un tiro di punizione, entrata a vuoto, comunque, ed un debole tiro di Sarosi da cinque o sei passi e da un angolo facilmente indovinabile furono le sole azioni che turbarono il sonno del nostro portiere. Un attacco imbrigliato Fu questa francobollatura, questa morsa creata attorno all'attacco magiaro, il solo fatto tecnico collettivo degno di menzione c d'elogio in tutto l'incontro. Era temuto l'attacco degli ospiti. S; sapeva ch'esso costituiva il miglior settore della loro squadra, si cono scova che se, lasciato fare, avreb be potuto darci grattacapi. E Ir misure adottate per bloccarlo ed inchiodarlo ebbero pieno ed assoluto successo. Il plotone d'avanc/uardia ungherese perse ogni velleità di sfondare, urtò come contro un muro, fu reso totalmente innocuo. Nella prima mezza ora di oiuoco, il solo uomo che fece qualche cosa di buono fu la ala destra, Kocsis; poi si auietii: se sfuggiva, a Corsi cadeva irremissibilmente nelle grinte '" ' ' va, o viceversa. Verso il termine dell'incontro le poche puntate offensive pericolose furono annoaniate sull'ala sinistra, l'anziano Titkos, anrhe in questo caso senza costrutto alcuno. Sarosi, il beniamino degli sportivi di Buda-, pesi, non potè combinare nulla. Kallay non richiamò l'attenzione che per qualche manovra a metà canino e ad orizzonte libero, e Toldi, che riuscì a terminare l'incontro senza grosse esagerazioni in fatto di durezza, di contenne, tutto quello che fece per imnrr/narc i difensori nostri, lo fere a palla alta. Un attacco nift completamente dominato ed incatenato non lo si vide mai, in una partita- intemazionale. Malgrado tutto il lavoro di sosterno e di lanciamento eseauito (lai mediani unaheresi, da questa parte non si ebbero, quindi, preoccupazioni. ... e uno sfocato Il dubbio sul risultato finale lo si ebbe all'inizio della partita, più o meno per la prima mezzora, per il fatto che appariva problematico se l nostri attaccanti avrebbero trovato nei ricordi del loro passato la capacità o l'ispirazione per passare attraverso le maglie di quella difesa magiara che pur appariva così facile a scoprirsi. Poi, quando Colaussi potò battere Szabo, i dubbi più non riguardarono che la possibilità degli avanti nostri a sfondare ancora, più non si concentrarono che sull'entità del risultato. Le possibilità si presentavano, bensì, in discreto numero— che il solo primo tempo avrebbe potuto e dovuto chiiìdersi con tre reti di vantaggio per l'Italia— ma la nostra prima linea non si mostrava incisiva, a sufficienza ver trarne profitto. Si verificò, nell'incontro, proprio quello che si era temuto), a proposito degli «azzurri ». Tutte le doti che sono in diretta dipendenza delle condizioni fisiche lasciarono in parte dei nostri uomini a desiderare: velocità, slancio, continuità d'azione, resistenza, colpirono per la loro assenza, più che per la loro presenza. E si che mancavano già in partenza atomi «omini non nella pienezza dei loro mezzi. Non era, quello, il solito giuoco italiano, vivace, maschio, nutrito, pieno di quella genialità della mente sana che deriva dall'attività di un corpo sano, di un corpo, rìde, in piena efficienza. Pause, interruzioni, periodi di lentezza e stanchezza denotavano e tradivano lo sforzo che si faceva per reggere alla fatica. Per non citare che due soli esempi, il Piala ed il Colaussi di quattro mesi fa avrebbero lasciato ben altre traode di forza penetrativa nelle maglie della difesa magiara. Il caldo fece, naturalmente, sentire il suo peso sulla bilancia. Era la prima giornata di giuoco veramente calda della stagione. Era logico che uomini di incerto gradò di forma ne sentissero l'effetto. Sotto questo aspetto, si potrebbe, anzi, dire che, se l'Italia ha battuto meritatamente l'Ungheria, il caldo ha battuto nettamente sia la squadra italiana che la squadra ungherese. La maggior parte degli uomini delle due campai/ini portarono a termine la fa* fica affranti, sfigurati. In ben altra temperatura avevano giuocato i magiari quindici giorni fa a Basilea, dove una breve, ma violenta grandinata era caduta pochi minuti prima dell'inizio dell'incontra, nettando come un'ondata di freddo sull'ambiente. Nell'aria freschissima, inizialmente, anzi, quasi gelida di quel giornoessi si muovevano, manovravanocorrevano a loro agio. Al confranto, essi apparivano oggi inferiori di due classi: lenti, impacciati, pesanti, tardi nel concepiregrevi ncll'eseguire. La squadra che difese i colori d'Ungheria in Svizzera, sta a quella che dettcolori rappresentò in Italia come tre sta a uno, in fatto di condizioni fisiche e, conseguentementeanche in fatto di capacità tecni ca. Il primo effetto della prima-vera si fece in uguale ■ misura sentire sulle spalle delle due squadre in campo. Tre esordienti Un peso di altra natura grava>y> ieri sulle spalle di tre fra gli uomini in maglia azzurra: Buscaglia, Frossi e Rava. Per la mezzala sinistra, del Torino si trattava del peso della prim-i maglia nazionale in linea assolata. Pesa questa maglia la prima volta, che la si indossa! Per l'ala destra dell'Ambrosiana si tratt.tvn del primo passa nella Nazionale. A. Emoziona, questo passo, la prima volta che lo si compie. Per il terzino sinistro della Juventus si trattava della prima comparsa in casa propria a difesa dei colori d'Italia: scuote i nervi, q-iesta prima comparsa, quando si conosce il senso ed il gusto critico del proprio pubblico. Di nessun Undizia si fa maggiore apprezzamento, a nessuno si fa più caso, che a quello dei rivali, dei vicini, dei parenti. Rava, che pur fece le Olimpiadi e già giuoco fra t «moschettieri» a Berlino ed a Vienna, era il più emozionato dei tre novellini E fu il primo, anche, a riprendersi. E si riprese tanto da essere più tardi uno d'i migliori uomini in campo. A Frossi fu necessaria tutta una metà dell'incontro per rinfrancarsi; non digerì lo smacco della rete mancata nel primo Tempo in una di quelle situazioni che costituiscono una sua specialità, che quando, nella ripresa, su un lungo passaggio ri< Meazza, che fu come la pennellata di un artista, si vendicò segnando magistralmente il secondo pimto della giornata. Buscaglia vedeva un po' tutto girare attorno a sè nel primo quarto d'ora. Prese animo e prese anche quota a tratti, coll'an- dar del tempo. Non sì ritrovò mai appieno, non fu mai se stesso. Vale tre volte quanta ha mostrato oggi . Avrebbe preferito anch'eglì esordire lontano da casa. Coloro che parlano con faciloneria e ad agni pie sospinto della necessità ài gettare a mani piene i giovani giuocatori nel vortice moralmente turbinoso di simili contese intemazionali, avrebbero dovuto ieri vivere il piccolo dramma dell'emozione accanto a questi tre coraggiosi atleti, negli spogliatoi, e sul cam¬ po, per accorgersi di quale natii-rà siano certe difficoltà morali.Fra i già e iniziati» della squa- dra azzurra chi resse fino al ter- mine con continuità furono i due bolognesi, Corsi ed Andrcolo. Il primo fu, anche l'uomo che faticomeno in camiio: nel secondo tem- pa tagliò fuori la sua ala e fecea tratti da puro spettatore. Ma Andrcolo corse, saltò, faticò più di quanto desiderasse. Meazza ne aveva sinceramente abbastanza di faticare, quando l'incontro giunse al suo termine: ma i suoi tocchi di palla, i suoi servigi al compagna d'ala, i suoi traversoni all'ala opposta furono cose da maestro. Grazie a questa giornata. — priva di ogni incidente o .scorrettezza ed in complesso piana — persuasiva nel risultato e poco [convincente nel contenuto, rifama passa intanto al secondo po ,,f0 aella classifica della Coppa Intemazionale, con una situato ne di assoluto privilègio rispetto n(j ogni altm „„-\0ne concorrente, 1 Vittorio Pozzo Lo Stadio Mussolini, colmo idi, folla, come si presentava all'occhio del pilota del nostro apparecchio « G. 8 l-STAM -, Maner LualcJi, mentre il giuoco si svolge sotto la porta magiara. FROSSI, AVUTA LA PALLA DA MEAZZA, LA SAETTA IN RETE. L'AZIONE IN CUI FROSSI, A UN METRO DALLA PORTA, HA MANCATO IL BERSAGLIO.

Luoghi citati: Basilea, Berlino, Italia, Svizzera, Ungheria, Vienna