Sul golfo di Trieste con una nave siamese di Antonio Antonucci

Sul golfo di Trieste con una nave siamese Sul golfo di Trieste con una nave siamese (DAL NOSTRO INVIATO) TRIESTE, aprile. In questi giorni il golfo di Trieste è di malumore. Il placido specchio adriatico dove, di solito, è dolce cullarsi e che tutti — anche a non essere innamorati — contemplano in beatitudine, s'è imbronciato e fa capricci. C'è stata tuttavia una parentesi di serenità — circa una giornata — in onore del Siam. Da Monfalcone doveva partire in viaggio di prova l'ultima torpediniera delle sette costruite da quei cantiere, per la Potenza orientale e sarebbe stato malgarbo fare attendere gli ospiti, ohe alcune centinaia di siamesi sono appunto venuti per portarsi via la flotta. Per lo più ci si immagina il Siam come un paese dove la gente nasce a coppie, l'elefante è bianco e abbondano 1 gaTci. Cioè, 10 si immaginava cosi per colpa della pubblicità non organizzata D'improvviso si seppe del suo re che viaggiava in Europa e che alcuni sudditi richiamavano in patria, con il proposito di tagliargli la testa benché espresso in termini gentilissimi; il re, nella sua qualità di monarca assoluto, respinse l'invito rinunciando al trono e la breve polemica bastò a concentrare intorno al Siam una maggiore considerazione. Nella lontana pentola si sentiva bollire dell'interessante. 11 sig. Dyamratdiakravut Un siamese allo stato puro non si sarebbe permesso iniziative del genere, ma, da parecchi anni, molti — troppi — si recavano a studiare all' estero ritornando con teorie innovatrici, il cui soffio correva per il paese ringiovanendolo. Molti aspetti della vita cittadina furono presi d'assalto, molti problemi dissotterati con l'intenzione di risolverli, parecchie bende furono strappate via. Taluni si accorsero che il paese, circondato da vicini potenti si trovava a viaggiare come il vaso di terracotta in compagnia di vasi di ferro; e allora... M'han detto scherzosamente che il Siam decise di possedere una flotta armata il giorno in cui un suo personaggio visitò il cantiere di Monfalcone, constatandone l'attrezzatura formidabile e la bontà dei prodotti finiti; il signor Dyaraatdiakravut, al quale ho chiesto conferma della versione mi ha sorriso, accettandola. Per lui è buona e non la sostituirà con altra. Nemmeno a insistere. Il signor Dyamratdiakravut, capitano di fregata e professore all'accademia navale di Bangkok è presidente della commissione siamese per i lavori al cantiere di Monfalcone; è stato dieci anni in Danimarca, due in Italia e parla sei lingue. Basso di statura e tarchiato, si distingue dagli altri non già per queste caratteristiche nè per la divisa che non indossa, ma per l'estrema vivacità dello sguar. do, a malapena reso opaco dagli occhiali e dalla volontà diretta spegnerlo. Se non può meglio, la sua luce passa al sorriso; un sorriso italiano, aperto e leale con in più, il sapore mistico conferitogli dall'oriente e da Budda. Egli parla più con l'espressione che con le parole. E' bello saper tacere in sei lingue. Ma finalmen te si decide e mi spiega: — Il Siam confina con la Blr mania inglese, l'Indocina francese e, un po' lontano con Giava, olandese... Tutti amici... E noi ci armiamo a scopo pacifico... La versione non è originale. Si vede subito che il signor Dyamratdiakravut ha studiato all'estero dove ha appreso che tutti si armano a scopo pacifico. Preferisco credere che il vaso di terracotta abbia cercato qualche iniezione ricostituente. Il capitano di corvetta, signor Kantahiran che comanderà la torpediniera se sarà promossa all'esame, la pensa come il suo superiore e collega; ma è un tantino più giovane e il sorriso lascia trasparire qualche riserva. In piena corsa La velocità sul mare è alquanto differente da quella sulla terra ferma. Lanciato a trenta miglia, questo guscio metallico ancor senza cannoni, non vibra e non sbanda; ma l'aria, colta di sorpresafischia e minaccia investendo con un impeto che i parapetti di corda collocati ai bordi sembrano incapaci di neutralizzare; in realtà non succede niente, non si cade in mare e non si è spostati nemmeno; il tutto si limita a un tremito interno che il viso evldentemen-i! di te rispeoohia se un ufficiale bordo mi dice: Lei dovrebbe provare con un mas. Li si che si sente di correre. Tutto ciò che non è attaccato bene ballonzola e soffre... Grazie. Sono senza pretese. Mi contento di una torpediniera. La prua taglia l'acqua con un filo cosi, acuto che il mare sembra soffrirne come di una ferita viva; l'acqua fa appena in tempo a schiumare che la nave è già lontana, onde l'insegue e a piccole onde per chiederle ragione dello scherzo. Qua e là piccole anitre selvatiche in branchi guardano la sagoma che si avvicina, restando indifferenti perchè certe che si tratti di un postale qualsiasi. Di fronte alla realtà diversa, si allarmano e cercano la fuga; incapaci di prendere il volo senza preavviso, starnazzano e nuotano, ridicoli batuffoli neri che lo sforzo ben presto esaurisce e che si voltano indietro a guardare con un tono fatto altero dalla distanza e dalla qualità del soggetto. L'anitra è più stupida dell' oca ma non ha ancora avuto una stampa suffi cientemente sfavorevole. La nave è tenuta a mantenere la media di trenta miglia per quattro ore con una prova a cronometro sulla lunghezza di un miglio. Questa dovrebbe avvenire nelle vi cinanze di Pola ma il canocchiale denuncia navi da guerra in esercitazioni di tiro proprio nelle vicinanze, n comandante Berardlnelli che guida le prove e che fu un asso della nostra marina da guerra, giudica che non è il caso di avvicinarsi. Anche il signor Dyamratdiakravut, a conferma delle intenzioni pacifiche della sua flotta, è dello stesso parere, Docile al timone la nave vira di bordo con la snellezza di un gio cattolo e punta su Trieste. La costa istriana fugge in un suggestivo film di arido e di verde, di cocuzzoli nudi e di centri abitati, care e raccolte oasi d'italianità invincibile che resistettero nei secoli a cento bufere e che tut foggi, con le case cosi strette una all'altra, hanno l'aria di tener d'occhi un nemico. Per esse lo spet tacolo di questa nave a tutta ve locità che fugge a zig zag, che ogni tanto gira su se stessa, si approssima alla terra ferma e se ne sco sta come spaurita, deve apparire assai buffo. Ma non c'è da preoc cuparsi: l'istriano ne ha viste ben altre e la storia superata lo rende poco incline a meravigliarsi. Vita di bordo A bordo, oltre il personale italiano ridotto al puro indispensabile, sono due marinai, cinquanta cinque sottufficiali e dodici uffi clali siamesi. In partenza, erano tutti vivaci; dopo, un po' meno Abituati al clima caldo e umido dei loro paesi,, trovano che il no stro è criticabile; non lo dicono ma lo fanno capire accoccolando si nei ripari o sedendo nell'lmmo bllltà della rassegnazione. Qualcuno ha un quaderno in cui studia ma che chiude ben presto; poi chiude anche gli occhi. Non dorme, non sogna; si limita a non vedere. Pare che in Oriente ciò serva pure a non pensare. Soltanto uno, isolato dagli altri resiste sino alla fine in un'occupazione apparentemente monotona : egli apre le palme, vi guarda dentro lentamente e le rinchiude; poi mastica, senza la partecipazione dei denti. Mastica in astratto. Io lo osservo ed egli se ne accorge, il che mi umilia come di una scorrettezza. Per mascherarmi guardo un'iscrizione siamese, qualche cosa come una zappa rovesciata circondata da una quantità di virgole, p«rchè non scappino, e ne chiedo il significato al primo italiano che passa.] Questi, senza esitare risponde: — Vuol dire: — Credi nella giustizia e cammina. L'italiano è cortesissimo per natura. Difficilmente lesina una informazione anche a rischio di sbagliare, anche se colto di sorpresa e in terreno a lui sconosciuto del tutto. Infatti quella vanga con tutte quelle virgole significa semplicemente: — Alt! Ma intanto 11 siamese non ha cessato di leggere nelle palme delle sue mani e non resisto alla curiosità. Per me c'è qualcosa di misterioso. SI. C'è un vocabolarietto per taschino di panciotto ed egli lo assorbe pazientemente. Guardo con simpatia l'oriente che succhia l'occidente e gli auguro buona digestione. Egli capisce a volo e sorride. Tutti stirpatici questi bravi figlioli. (Figlioli veramente no; lo sono appena stati. Ora sono tutti padri e tutti con una famiglia numerosa. Soltanto uno ha tre figli e lo guardano come scapolo). La prova riuscita Ora la nave passa il punto più acuto dell'esame. La prova sul miglio. Le macchine non sono forzate, che già correvano alla velocità quasi massima. Le eliche vortlcano a 515 giri il minuto. Si ha l'impressione tuttavia di correre più di prima e quell'ufficiale mi ripete: — Lei dovrebbe provare in un mas... Qualche anitra si è le/ata In volo d'ispezione per veliera dall'alto di che si ti atta. I cronometri palpitano. 10 penso che non andrò sul mas. Fatto. I cronometri raccontano. La prova finale ripetuta due volte sul miglio ha dato una velocità media di nodi 31,72. Per questa torpediniera è il più bel giorno della sua vita; una volta armata e in pieno carico, non correrà più cosi. Inoltre, il clima orientale è contrarlo agli sforzi. Si rientra a Monfalcone. 11 comandante Berardinelli è soddisfatto. E' soddisfatto 11 signor Dyam ratdiakravut. Anche il signor Kantahiran è soddisfatto. L'equipaggio siamese ha freddo Antonio Antonucci tlmclnpnglMrfdlmHMlCzttmdcdefLc1

Persone citate: Berardinelli, Figlioli