LA GIUSTIZIA IN ETIOPIA di Alfio Russo

LA GIUSTIZIA IN ETIOPIA LA GIUSTIZIA IN ETIOPIA Prima e dopo la conquista italiana -- Dagli arbitrii e dagli eccessi alla imparziale e sicura applicazione di norme precise (DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) ADDIS ABEBA, marzo. Affermata la sua forza militare e politica, lo Stato italiano organizza la nuova vita in Etiopia fondando le sue condizioni nell'ordinamento giuridico. Gli organismi giudiziari sono costituiti e adempiono pienamente il loro ufficio: si fa giustizia, e l'esercizio di questo potere non è più inteso come attuazione di vendetta di parte ma, secondo il nostro insegnamento classico, come sovrapposizione della volontà della legge, in tutti gli ordini di rapporti, a qualsiasi volontà contraria, finalità, questa, sostanzialmente unica della funzione giurisdizionale che le popolazioni native andranno nel tempo comprendendo. Ma già apprezzano il nuovo regime poiché vedono salvaguardato a ciascuno il proprio diritto e poiché riconoscono nella sovranità italiana una garanzia di giusta e rispettata convivenza. Per meglio comprendere le ripercussioni che il novus ordo avrà nello spirito dei nativi, interessa conoscere la giustizia dell'antico regime. Tradizioni e usanze primitive La caratterizzava, questa giustizia, l'assenza di leggi organiche: le forme e le modalità di esecuzione erano a volte di una semplicità puerile, a volte di una violenza spietata. Regole espresse nelle consuetudini se non nelle formule delle norme scritte esistevano, ma non giuridiche nel senso che noi diamo a questa parola, come non giuridico era l'ordine che presiedeva la vita sociale. Codice ecclesiastico e civile avrebbe dovuto essere il Feta-Negast, composto di due parti, la prima riguardante il clero e le leggi del servizio divino, l'altra le cose secolari e del governo. D'origine araba, passò dall'Egitto in Abisslnia intorno al decimososto secolo; ma come era solamente una raccolta di precetti morali più che giuridici, non ebbe mai la dignità di un codice. Fu interpretato dai dottori di Gondar, ma rimase oscuro alle genti, né in generale dalla pratica giudiziaria fu fatto ad esso concreto riferimento. La costituzione statale a sistema feudale meglio s'accordava a un diritto sorto dalle consuetudini delle varie regioni. Queste consuetudini tramandate dalle primitive popolazioni di razza camitica — gli Agaù — dimostrano l'assai basso grado di civiltà delle popolazioni d'Etiopia. La corrente civilizzatrice prima semitica e poi cristiana molto poco influì su quelle consuetudini, le quali non furono sostituite né modificate, in materia penale, dal codice promulgato, nel millenovecentotrenta, dall'ultimo negus. Questo codice non fu applicato che agli europei, malgrado nella premessa fosse detto che « persuasi che il tempo e le circostanze e le condizioni della vita cambiano, s'è pensato di modificare la legge antica ». La legge antica, quella barbara tramandata per tradizione e confermata periodicamente, rimase l'unica fonte del diritto. A esempio della sua primitività è sufficente ricordare l'uso del matrimonio per mercede che durava secondo lo stipendio dato alla moglie e, nel campo delle obbligazioni, l'uso di garantire l'adempimento dei contratti mediante formule quali « zéban negus » o <: zéban maenghesti » — per la schiena del re o per la schiena del governo — per cui il debitore insolvente era punito come avesse offeso il re o il governo. Egualmente immobile nel suo grado più antico e più semplice era il regime della proprietà terriera. La terra apparteneva a tutto il villaggio che l'occupava; era detta resti, proprietà collettiva, mentre gultì era la proprietà feudale. C'è un significativo proverbio abissino: resti «al decorna, gultì noi amamà — il restì è del povero che lavora, Il gultl del capo che vive sul povero come la mosca. La legge del taglione e il prezzo del sangue La mancanza assoluta di evoluzione giuridica in tutti i rami del diritto, da quello personale e di famiglia a quello patrimoniale e ereditario, aveva il suo maggiore risalto nel sistema consuetudinario di giustizia punitiva. Dominava un concetto esclusivamente privatistico: nei reati non si considerava l'ordine pubblico e giuridico, l'ordine sociale turbato da restaurare, né dal reato si faceva discendere a questo titolo alcuna responsabilità. La pena era elemento secondario, accessorio, a solo scopo di repressione privata, perchè innanzi tutto andava valutato il danno che era stato provocato e questo danno poteva portare alla vendetta da parte di chi l'aveva subito sulla base della legge del taglione, ovvero al risarcimento mediante un prezzo che per i delitti d'omicidio e di lesioni personali era detto il prezzo del sangue. Dove interveniva l'interesse e la volontà dello Stato, nei delitti contro la sua esistenza, per l'accertamento dei quali era in uso anche la tortura, la pena era un atto che imitava la perversità del delinquente: fustigazione, amputazione delle mani o dei piedi, rele¬ gazione su un'amba inaccessibile. Non era opera dello Stato in contrapposizione al delitto, ma similitudo supplica. Se questi erano i caratteri del diritto sostanziale, non migliori erano quelli che distinguevano il diritto formale, e cioè l'amministrazione della giustizia. A ostacolarla in materia civile serviva la naturale litigiosità dei nativi, l'abilità cavillosa dei rappresentanti delle parti e soprattutto la possibilità di protrarre all'infinito la decisione di una questione, portandola dall'esame del dàgnà, giudice conciliatore, attraverso i capi di villaggi, di gruppo di villaggi, all'esame dell'a/a negus, bocca del negus, o addirittura del cellod, tribunale dell'imperatore. La nuova legge e la sua applicazione Per la pratica giudiziaria penale, quale sintomatico indizio delle condizioni incivili del paese, è da ricordare lo svolgimento di processi di stregoneria dove si tentava di raggiungere la prova della colpevolezza interrogando l'accusato dopo averlo ridotto con miscele in stato di delirio. Ragioni di politica internazionale, che già l'avevano indotto alla emanazione del codice penale, più che volontà di creare nuovi istituti atti a evolvere la coscienza giuridica del popolo, spinsero il negus a costituire in Addis Abeba un tribunale speciale organizzato alla maniera europea. Ma la sua giurisdizione era limitata a garantire gli interessi degli stranie ri. « Tous litiges de quelque nature et de quelque importance qu'ìls soyent entre un européen et un sujet ethiopien doivent ètre portés devant le tribunal special » — dice il primo articolo del regola' mento provvisorio giudiziario nel la sua edizione francese. Il mio vo organo non ebbe quindi, neppure indirettamente, a incidere sui sistemi di giustizia in vigore, che invece continuarono a avvilire le popolazioni. Questa era la costituzione giuridica, conforme a quella sociale, dell'Etiopia. Da essa si può desumere quanto errati fossero nell'opinione delle masse e nella politica dei capi i concetti di lecito e di illecito. Le consuetudini di diritto sostanziale o formale alle quali abbiamo accennato non facevano che tradurre il sentimento generale della giustizia quale poteva essere inteso da chi viveva nell'oscurità della barbarie o sotto le false luci di un apparente progresso. Sotto il più grande albero del villaggio o sulla riva del fiume del paese s'adunavano i notabili e stabilivano le norme di condotta e rendevano giustizia. Giustizia malfida per la sua cattiva organizzazione, dominata da pregiudizi, sorretta da soprusi e intrighi. Con ben altro titolo di sovrana autorità, con maggiore speditezza e precisione, chiara e completa, sicura per le sue garanzie, la nostra legislazione introdotta dalle armi vittoriose assorbe ora e sostituisce come regolatrice tutto questo mondo etiopico. Il dominio italiano sottopone i rapporti, attraverso i quali la vita privata e pubblica si svolge, alla sua legge, conservando e rispettando fra gli us: locali quelli che siano compatibili con i principii più elementari del diritto naturale e razionale e non contrastino con lo spirito degli ordinamenti giuridici fondamentali che l'Italia, obbedendo alla sua missione di civiltà, vuole imporre. E attraverso la funzione giurisdizionale da noi esercitata, gli etiopi distinguono già il buon governo. Per l'opera assidua degli organi ai quali è affi dato l'adempimento della giusti-, zia, l'idea del diritto, realizzata finora in Etiopia secondo barbare rappresentazioni, sarà condotta nello spirito della concezione no stra, romana. Alfio Russo

Persone citate: Feta

Luoghi citati: Addis Abeba, Egitto, Etiopia, Gondar, Italia