Durazzo città mirabile di Curio Mortari

Durazzo città mirabile VIAGGIO IW AImBAUTIA Durazzo città mirabile (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE) DURAZZO, marzo. Se Marco Tullio Cicerone fosse arrivato a Durazzo — che allora si chiamava Dyrrachium — in una giornata simile a quella in cui senio arrivato io, forse non l'avrebbe chiamata subito « admirabilis urbs », come risulta- dagli scritti del celebre oratore e scrittore latino. Nevica e la temperatura è scesa solfo zero. A memoria d'uomo non si ricorda a Durazzo una giornata di questo stampo, tanto più che siamo alle soglie di primavera. Ma per giudicure questi paesi non bisogna soffermarsi alle prime itnpressioni. Il cielo d'Albania è mutevole; direi quasi istintivo. Varia generosamente secondo gli stimoli che gli vengono da Scirocco, da Bora o da Maestro. Aveva ragione il mio compagno di viaggio albanese quando mi parlava d'una straordinaria mobilità, di clima. Paese antico e primaverile. Una via: 4 secoli di lavoro E' dunque da ritenere che Cicerone sia arrivato a Durazzo in una giornata insolitamente serena. Dyrrachium era allora un porto cosmopolita. Da esso irradiava tutto un sistema di comunicazioni verso il Prossimo Oriente. La città era insolitamente popolosa ed esuberante di mercati; ricca di templi ed animata da cento tabernae. Tutta questa vitalità produceva un fragore che fin da principio impressionò Cicerone. Egli finì col sentirsi il cervello affaticato e pensò a più tranquilli ritiri. Veramente a non molta distanza da Dyrrachium sorgeva Apollonia, città preminentemente accademica, centro di studi celebrati nell'antichità; òasi per gli intellettuali desiderosi di calmale di meditazioni. Ma Dyrrachium èra il vero focolare dell' Illiria latinizzata, l'emporio delle correnti barbariche provenienti da nord-est e da sudest; più dedita ai traffici che alle contemplazioni. Le grandi monete argentee di Dyrrachium correvano, anzi rotolavano in tutta la sona illirica fino ai nebulosi confini della Sarmatia misteriosa. Erano grandi monete dal conio netto, sonore e scorrevoli. Se ne trovano ancor oggi negli scavi e ne riaffiorano perfino in Trtinsilvanìa e in Bessarabia — ciò che significa l'ampio raggio di scam bio che questi valori dovevano avere in tutto l'Oriente latinizzato.Dyrrachium entrò anche, per qualche tempo, nel fato dilla Guerra Civile. Fu nel suo poto che Giulio Cesare ridusse la flotta di Pompeo, nella speranza di annientarla dentro una trappola acquea Benanche la manovra del fondatore dell'Impero romano contro il suo rivale, non doveva- concludersi nelle acque adriatiche; ma nel territorio di Farsaglia, come le storie insegnano. A questo punto, non sarebbe di buon gusto insistere sui ricordi ciceroniani. Sappiumo infatti che, a un certo momento del «Billum Civile », il povero Cicerone perdette non metaforicamente la testa, tagliatagli da un emissario del vendicativo Pompeo, che non sapeva perdonare il grande Oratore di aver parteggialo apertamente per Cesare... Oggi, dell'antico porto di Dyrrachium non resta più traccia, anche perchè, sotto l'impeto dei fiume dei torrenti che portarono continuamente i detriti della penisolaalla riva adriatica, il litorale andòprogressivamente avanzando ver so Ovest. Probabilmente questo porto, che fu illustre- nei tempigiace ora sepolto sotto le landepaludi che si stendono dietro l'odierna città, sulla- via di Tirana. Cosi non rimangono che scarse tracce della superbei Via Egnatiala grande arteria romana che continuando quasi idealmente, sull'Adriatico, la Via Appia attestatitesi a Brindisi, partiva da DyrracJiiiim giungendo fino a Tessalonica (l'odierna Salonicco) e di là continuando fino a Costantinopolicapitale dell'Impero d'OrienteQuesta via, che era destinata ad avviare le Legioni verso i mondsconosciuti dcll'Eìt, era costata ben quattro secoli di fatiche. Iniziata nel II Secolo avanti Cristosotto il regime repubblicano, lVia Egnatia fu terminata nel II Secolo dopo Cristo, sotto il regimimperiale. Essa era diventata la grande arteria legionaria, di cuPolibio e Strabone ci tramandarono la descrizione e le lodi, mettendone in rilievo il carattere penetrativo; soprattutto nei riguarddell'Asia. La lunghezza della ViEgnatia è stata calcolate!, in 26miglia, tutte accuratamente segnate da pietre miliari — quellfatidiche pietre miliari di Romacui le tribù illiriche dovevano at tribuire un misterioso significato tabuistico. Queste pietre, dai segni tanto precisi che sembrano coniati nel bronzo anziché incisi nella pietra dura, sono purtroppo pressoché scomparse. Due soltanto ne furono trovate — come ricorda il prof. Buldacci nell'esauriente volume sull'Albania — presso Stinga e a Ochrida. Esse portano la data del 217 dopo Cristo. Ma altre se ne rinvengono ancora, dissimulate o travisate, nella parte orientale della Via Egnatia: — un lavoro che gli archeologi potrebbero intraprendere anche oggi con aristocratico profitto. Un porto moderno Questa grande «via militaris» era pavimentata come tutte le strade romane che hanno precorso i presuntuosi «macadam» dei tempi nostri. Di questa caratteristica struttura vertebrata delle strade romane è rimasto, fino all'epoca nostra, quel tanto che ha servito a dar fondamento e tracciato alle strade attuali della Balcania e dell'Albania; cioè quelle strade pavimentate, che in idioma locale si chiamano « kalldram ». La base della civiltà europea e mondiale è dunque sempre la stessa, nonostante la presunzione imbecille di certi novatori senza coltura: essa ha nome Roma. Duruzzo naturalmente decadde, allorché i barbari sepellirono il ricordo di Roma. Ma anche i nordici Normanni, quando nel XII secolo cullarono il sogno ambizioso di risuscitare un Impero, dovettero tener conto di Durazzo e jarne una base d'approdo. Dopo un caliginoso intermezzo, la città tuttavia tende a risorgere, quando i Veneziani risuscitano,'.sotto il simbolo del Leone Alatoquel fulgido fato latino che non sarà mai spanto, finché sul mondo risplendeià il sole. E' vero che, in [questo tempo la Via Egnatia nonè ormai più che un ricordo. Mei la marina veneziana ha trovato altre vie imperiali: sul mare. E infatti per via di mare che Venezia scopre al mondo nuovi orizzonti nel lontano Est, ed è dal mare che Durazzo vede arriderle un'epoca nuova. Curioso a notarsi: la dominazione di Venezia è lu sola che il fiero popolo albanese abbia accettato di buon giudo, perchè — a suo dire — essa è statei forte ma saggia; potente ma non violenta. Dirci che questo nuovo destinodischiusosi per Durazzo alla- soglia dei tempi moderni, accennancor oggi a svilupparsi. Questa città, che ha avuto un passatopromette ora di avere un futuroSi è lasciata dietro le spalle ivecchio porto sommerso nella fanghiglia, e se ne è creato uno nuovo di zecca. La costruzione (che ben si puodire ciclopica, se si fisti conto del-ile difficoltà che il terreno grasso emobile delle rive opponeva allaSUa realizzazione) è stata iniziatanel 1028 ed ultimata nel 193$. L'opera portuario consta di una scogliera frangiflutti a levante, lun ga H00 metri, e di un molo a ridosso con andamento spezzato, lungo un migliaio dì metri, che protegge il porto dai venti di Ponente e di Mezzodì. La bocca d'entrata del porto ha una ampiezza di 200 metri. Esistono 500 metri di banchina con fondali di 7 metri, e altri J/00 metri di banchina con fondali varianti da 4 a. 2 metri: il che vuol dire possibilità di attracco per grossi tonnellaggi e spazio per manovre anche complesse. Una semplice occhiata alla carta può quindi convincere circa l'importanza della posizione di Durazzo, che sorge al centro della- cn. sta albanese e costituisce il punto di gravitazione- delle zone più produttive del paese. Una legazione eccentrica... Ho tempo di meditare queste note nella stanza del mio albergo, mentre fuori infuria una bufera invernale che mescola la neve alla pioggia e trasforma- le strade in ruscelli. Mentre l'albergatore mi accende un bel bracete di rame orientale (a Durazzo — egli mi spiegei- — non si è attrezzati per giornate di questo genere, che d'altronde sono assolutamente recezionalì) mi giunge all'orecchio la cantilena del «muezzin» che intona, sotto i rovesci e il vento le rituali invocazioni elella- seni. Proprio davemti all'albergo, quasi incrostata- nel pasticcio di cuse al quale esso è attaccato, sorge infatti una moschea. Così mi addormento in un sonno che ha qualcosa di favoloso. Ma il mattino è una rivelazione ; una vera rivelazione albanese. Ogni traccia di neve è sparila; tira un vento secco che prosciuga rapidamente le strade e le case. C'è il sole. Dalla finestra ecco, quasi a ridosso dell'albergo, il minareto della moschea, sottile e slanciato. Esso sembra intingersi, come un lapis roseo nell'azzurro tenero del cielo. Una passeggiata lungo il mare mi conferma tutto ciò che aveva intravvisto nella bufera del giorno prima, od aveva ricavato titillalettura delle Guide. La baia mi tip-pare in tutta la sua lunata ani- piczza da Capò Pali a Capo Gagij, mentre la colorazione dell'Adriati-co evoca i cerulei splendori di miadescrizione omerica. Il porto sten- rte le sue braccia purpuree, entro cui navi da diporto e navi da pesca sono ancorate. Ed ecco, i"«P0Me«- fi ancora, pur nel loro aspetto di ruderi, i bastioni veneziani e il ca-stello, cui l'acquata recente hai velano la differenza d'ambiente di 1 cronologia : ocrata èia Dttrazzo indigena: bianca e ridente di vii-'lini novecenteschi la Durazzo \derna. dato tinte di vecchio bronzo. La città appare distinta, in due parti diverse, settentrionale, e meridionale,' l'antica e la. moderna. Le loro stesse colorazioni ri-Nella piazza olande, sotto unamntrhea in rnttnipinnp filr dimoscliea in costruzione, file attaj;i attendono i i4t<ij/.ataton, tra il vocìo degli autisti che si offrono al forestiero. Soltanto le donne conservano ancora quella nota di colore locale, che piace sempre ai turisti. Esse portano ancora, in maggioranza, il « ciarda f » cioè quel velo nero che copre loro il volto come una maschera lugubre. Le zingare e le donne dei campi, invece, vanno a volto scoperto, camminando con passo più rapido nei loro pantaloni neri a fiorami rossi o bianchi. Certo il panorama di Durazzo è ancora disegnale, si sente che la coesistenze!, dell'antico col moderno non è ancora giunta al suo punto di fusione. Il piano di sistemazione di questa città ringiovanita, e dinamica è ancora in attuazione. Si notano ad ogni passo contreiddizioni e curiosità, differenze di stili e, in generale, quel senso di meticcismo, che è proprio di tutte le città portuarie poste alle soglie di paesi nuovi e, dicieimo pure, esotici. Chi direbbe ad esempio che quella casa bianca, affacciata sul mare con le sue lunghe beilconette, è la Legazione d'Inghilterra? Per quelle motivo in una città che fu — è vero — capitale dell'Albania, ma oggi non lo è più, esiste ancora unei rappresentanza diplomeitica che dovrebbe essere logicamente a Tirana? Si treitta quindi d'una Legazione piuttosto eccentricet; nel più stretto significato di questo aggettivo! D'altra parte se queste curiosità non esistessero, il turista non perderebbe un'attrazione di più circa questa Albania, così vicina a noi e pure così poco conosciuta? Il pomeriggio inceilza e bisogna decidersi a partire per Tirana. Tra i mezzi di locomozione non c'è molto da scegliere. In Albania non esistono ferrovie. L'unico rugginoso tracciato di una ferrovia che esista ancora tra Durazzo e Tirana, è costituito dal vecchio binario di una « decauville» costruita vent'anni fa, per uso militare, dalle truppe dcll'exImpero absburgico, durante la Grande Guerra. Ma esso serve ora soltanto a far inciampare i cavalli e i pedoni, lungo la rotabile che da Durazzo conduce eilla. Capitale. D'altronde bisogna riconoscere che l'Albania non sì preoccupa molto di questa sua deficienza ferroviaria. Essei è passata senz'altro (e in questo senso mi ricorda la remota Islanda) a mezzi più moderni e più agili di locomozione: — l'automobile e soprattutto l'aereo, che — attraverso l'organizzazione esemplare dell' « Ala Littoria » — mette in comunicazione in meno di un'ora Tirana coi più importanti centri dell'Albania: —felitari, Koritza, Valona, la zona ci Devoti. Quando, dopo qualche trattativa, salgo in auto per dirigermi verso la Capitale, un magnifico tramonto irida già l'Adriatico. Prendiamo lei viei dell'Est, mentre (miracolo!) i mandorli adolescenti, già in fiore, scuotono dalle loro prime corolle rosee le ultime gemme di neve. Curio Mortari DURAZZO: LE MUTA VENEZIANE CON IL MINARETO

Persone citate: Bora, Cicerone, Leone Alatoquel, Mei, Ponente, Scirocco, Tullio Cicerone