La tomba vuota

La tomba vuota Gerusalemme} La tomba vuota GERUSALEMME, marzo. Il mio primo ricordo rimonta a varii anni fa. Ero giunto da pneo a Gerusalemme e mi ero affrettato ad accaparrarmi un posto delle tribune, da cui potessi seguire con comodo tutte le cerimonie pasquai attorno alla Tomba di Cristo. La data liturgica della Risurrezione coincideva nel medesimo giorno secondo entrambi i calendari dei cattolici e degli «ortodossi». Ave-,vo, quindi, la fortuna di assistere .ln„P„0±?<0Le ^SA^^Iammessi ad officiare nell'interno della Basilica. La mietitura del coor locale, del folclorismo sacro e della più sfarzosa coreografia di Oriente si annunciava piena di promesse. L'estetica dei suoni ne faceva, però, le spese senza economia. L'organo dei latini dava fiato alle sue canne come un coro i uomini che cantassero a squariagola per sopraffare motivi d'orhestra o concerti di cembalo tenati a dieci passi di distanza. Il rillare di campanelli, agitati con ano rabbiosa, fendeva, di tanto n tanto, quel pandemonio di note n lotta tra loro e lacerava i timpani « dei ben costrutti orecchi » come un incalzar precipitoso di colpi di martello. Giannizzeri in ala tenuta percuotevan rumorosamente con le loro alabarde i lastroni di pietra attorno all' Edicola, aprendo un passaggio tra la folla a diaconi che pellegrinavano tra due accoliti turibolando a distesa. Lo sfondo sotto la Rotonda aveva l'aspetto di un'orgia caleidoscopica. Palchi di legno, improvvisati nei primi giorni della Settimana Santa, si allineavano a ferro di cavallo, appoggiandosi contro i muri dell'abside e incuneandosi tra i vani dei pilastri. Ogni piano di queste logge senza pretese era stato preventivamente affittato a famiglie di cristiani venuti dalla Siria e dall' Egitto. Uomini e donne vi si pigiavano formando gruppi scomposti. Teste di fanciulli sbucavano irrequiete tra il groviglio dei parenti. Un tumulto Verso la fine del Pontificale dei cattolici scoppiò uno dei soliti incidenti che, in passato, si potevan quasi dire di prammatica. Il Patriarca Latino di Gerusalemme aveva impartito la sua benedizione episcopale e se ne stava, avvolto nei suoi ricchi paludamenti, con a mitra in testa e il pastorale in mano, ritto sul suo trono, di fronte al Tempietto che racchiude la Tomba del Nazzareno. A uh tratto, si vide la folla agitarsi disordinatamente come un campo di biada percosso, d'improvviso, da una raffica di vento. Da ogni parte fu un accorrer affannoso di poliziotti. Alcune centinaia di copti, armati di bastoni, avevano sbarrato il passo ai sagrestani dei Frati Minori, che si sforzavano di doppiare l'angolo estremo dell'Edicola, portando a braccia panche e paramenti verso la Cappella della Apparizione. Ne nacque un movimentatissimo parapiglia. Le donne lanciavan grida di sgomento. Per un attimo si ebbe la sensazione dell'imminenza di una strage. Ma poi ogni pericolo fu rapidamente stornato. Il Patriarca, con 'indice della destra proteso in segno di protesta e di comando, intimò al capo della Polizia che lo avrebbe ritenuto personalmente responsabile se non avesse senza altro ristabilito l'ordine nella Basilica, aprendo il passaggio tradizionale ai cattolici attraverso le file dei copti. Un fischio sibilò autoritario sulla folla. Le pattuglie della forza pubblica di servizio, ricevute le necessarie istruzioni, si fecero largo a colpi di scudiscio tra il gruppo dei renitenti. I sagrestani dei Frati Minori ripresero, indisturbati, il loro cammino nterrotto a metà. L'organo diede fiato ai suoi registri più profondi, facendo da accompagnamento alla oro marcia trionfale. Lo statu quo dei Luoghi Santi era salvo un'altra volta, grazie all'intervento dei soldati inglesi incaricati di vegliare per alcune ore, come i loro Dre-decessori, che, diciannove secoli fa montaron la guardia, per ondine rfi d™^„ r>;i„f » ^• ul", custodia àelSepolcro di Cristo. Veglia notturna L'anno dopo, i cattolici cele-bravan la Pasqua da soli, prece-■ dendo di due settimane gli « or- todossi !•. Passai, con un amico, a notte della vigilia al Santo Se- polcro. Lo scenario era cambiato da cima a fondo. Si respiravaun'aria completamente nuova. Laatmosfera della Basilica aveva qualche cosa di catacombale. Po che lampade ne rompevano le tenebre con fiammelle incerte. Guizzi di luce, pallida e tremula, muovendosi, spostavano le linee delle prospettive e davan vita, confusamente, agli altari, ai quadri, alle colonne e agli archi. Le gallerie si popolavano di fantasmi. L'occhio frugava tra le ombre, negli angoli, come in cerca di una visione. I Francescani, ne-gli stalli del loro coro, iniziarono l solenne Mattutino di Mezza- notte. Gli echi della salmodia ser- peggiavano disordinatamente perogni verso finché si spegnevano contro le volte del Santuario. Sul rettangolo del Calvario, dove l'oscurità pareva più densa vegliavano alcune monache rus-se. Segni di croce e baci del pa-vimento alternavano con motonona frequenza il borbottare delleoro preghiere. Verso l'alba, come sotto l'ispirazione di una dolce e pungente nostalgia, intonarono una canzone che aveva i rimpian- i delle loro steppe native. Voci vellutate, modulazioni di pianto, scatti di speranze che non si rassegnano ancora a morire. Pensavano, forse, alla Settimana di: Passione della loro patria lontana, mentre con la febbre della fede slava ne invocavano dal Signore una nuova risurrezione ' \ Dopo il canto, chinavan la fronte tra le mani, restando a lungo im- mobili come statue. Qualcuna, certo, piangeva. Povere colombe tubanti al pensiero dei fratelli che sanguinano, a casa, tra gli artigli di sparvieri infernali! I pochi pellegrini che si eran rassegnati a lasciarsi rinchiudere per tutta la notte nella Basilica erravano come ombre alla ventura, soffermandosi secondo l'estro del momento nelle località più , djate Ne„a chiesa aottcrra. .^^ de„.Inven8lone dc)la Croce, Idue vecchie polacche si erano ad- dormentate sui gradini della sca linata. Con la prima luce dell'au i 1 *Ua PreTf"^ si sente più V1va a tRo,m^ B SU° Tnt« * Vn~ tato 1 suoi penati nella nuova Ge- ìrxis&lemmep La sua cattedra di verità si drizza all'ombra del Vaticano. Tra i Colli di Sion non si rora, il grande Tempio crociato si risvegliò a poco a poco dal suo torpore. Le sue finestre parevan palpebre che si spalancassero con avidità ai raggi del sole. Dalla torre campanaria scesero rintocchi sempre più rapidi. A tutti i quartieri della città volava l'invito alla gioia di Pasqua. Le porte della Basilica schiudevano i loro pesanti battenti. Sul piazzale di fronte, cominciava il brulicar dei primi fedeli. La folla aumentava a ondate. Tutti eran vestiti a festa e recavan ceri 0 palme in mano. I venditori ambulanti' levavan le loro stridule voci di richiamo. Cominciava la fiera che staziona sempre davanti ai Santua- fa ri. Il clero giunse in processione e si diresse verso la Tomba di Gesù. Scortavano il Patriarca i Consoli delle Potenze cattoliche in uniforme di gala. La Messa pontificale si svolse con tutto il fasto del rito. L'Alleluia ricamava ogni canto, come una nota dominante che si ostinasse ad affiorare alla superficie di un arabesco di suoni dalle più svariate tonalità. Tutto il respiro della musica era corso da un grido di fede: « Cristo è risorto ». Il Tempietto che copre il Sepolcro del Maestro, era sovraccarico di quadri, di broccati e di candele. Le cento fiammelle che lo incendiavano da ogni parte gli davan l'aria di un'incoronazione di gloria. E le volute dell'incenso, avvolgendolo a spirale, lo trasfiguravano nel quadro di una visione tra una nube di misticismo. Mancavano gli angeli del Vangelo con le loro vesti bianche come la neve. Ma i fedeli sentivano riecheggiare le stesse parole di conforto con cui i divini messaggeri hanno annunciato un giorno alle pie donne la resurrezione di Gesù: «Resurrexit: Alleluia!». E, scambiandosi, all'uscir dal Santuario, l'abbraccio pasquale, si rimormoravano all'orecchio il medesimo grido di religioso tripudio. Sfollato il Tempio, la più umile gente del popolo si trascinava ginocchioni nell'interno del Mausoleo di Gesù e restava a lungo con la testa appoggiata sulla pietra del la Tomba. La sua preghiera, fer vida e semplice, andava senza dubbio diritta in cielo. « Non è più qui » Ora la Basilica è ripiombata nel suo solito silenzio. Mi accosto al Sepolcro vuoto. Odor d'Incenso e di cera. Sotto gli occhi mi ripassano le cerimonie dei vari riti. Sono voci diverse che vorrebbero cantare lo stesso Mistero. E' una gara di fratelli attorno alla Tomba del Padre. Ha urti e intemperanze come tutte le passioni umane. Per capirne il movente, bisogna piazzarsi in alto e far astrazione dalla materialità del culto. Ciò che conta di più nella fede è il sentimento. Le manifestazioni esterne devono essere interpretate in funzione dell'anima che le avviva. Altrimenti diventano coreografie vane « fuor che nell'aspetto ». Ma chi ha preso parte ad alcune Pasque al Scinto Sepolcro non può sottrarsi a una serie di riflessioni generali. A Gerusalemme si venera la zolla che ha ospitato per tre giorni la Salma di Gesù e che fu poi incendiata dai fulgori della Risurrezione. Ma si tratta solo di un reliquiario di memorie. E' l'impronta incancellabile del Forte che è rimasta sulla pietra. Ma la conserva più che il suo Sepolcro !vuoto. La terra che ha dato al mondo il Vangelo non ne conosce più la virtù soprannaturale che di riverbero. Essa si nutre quasi solo di ricordi. Non è ancora un museo I della fede, ma non può certo van-\tarsi di esserne un faro che faccia,fungere i suoi balenamenti ai I <luattro angoli del globo. Son po- chi coloro che sanno intendere la lingua della sua archeologia sa- era. La massa dei suoi abitanti èi ostile alla Croce. E la sparuta | schiera dei suoi seguaci non ga-j reggia di sicuro coi popoli più ge- j nerosi nella pratica del cristianesimo. «Resurrexit: non est hic ». A questa formola, che ha un'an- datura quasi sacramentale, si è.tentati di dare un significato rea- ]ri- ! listico di rimprovero. Cristo è esorto: non è più qui. Il Vincitore! della morte ha spezzato le catene t j della Tomba e h'a manifestato la sua potenza divina a Gcrusalem- irne, ma poi ha mosso altrove i ; suoi passi, finché si scelse, nella. i persona del suo Vicario in terra, | 'a sua definitiva residenza sulle ( ■ sponde del Tevere. Questo melan- \iConico riflesso, però, porta istin-jtivamente a un'altra considerazio- pne non meno mortificante. Anche tra i nnnoli rristiani si cercn ■roes- itra 1 popoli cristiani si cerca spes 90 invano la presenza del Risorto. Il suo spinto e la sua legge sono in gran parte relegati in soffitta. ILa civiltà si svuota ogni giorno ipiù del lievito soprannaturale del jVangelo. Nella storia contemporanea il Nazzareno diventa sempre più il grande Assente. Il suo sole non brilla più a illuminare le vie delle nazioni. Anche a riguardo del nostro secolo si può, quindi, dire con dolorosa verità che il i 1 ' j : \ Maestro è risorto ma non è più 1 con noi: .-Resurrexit: non est hj ' _, , . rino Alessandri [

Persone citate: Alessandri, Patriarca, Patriarca Latino, Scinto

Luoghi citati: Egitto, Gerusalemme, Siria