L'economia dell'Austria in netto progresso di Italo Zingarelli

L'economia dell'Austria in netto progresso L'economia dell'Austria in netto progresso VIENNA, marzo. La fiera di primavera ha richiamato a Vienna commercianti, curiosi, turisti, e quanti fra costoro non hanno ordinato merci a vagoni, hanno portato più intonsa vita, affollando alberghi, ristoranti, teatri. Ma non è sotto l'impressione dì questa settimana di eccezionale traffico che riflettiamo sui progressi nelle condizioni economiche dell'Austria; e chiunque venga a Vienna, del resto, farà sempre bene ad astenersi dal giudicare il paese in base a quello che potrà vedere aggirandosi per il primo distretto, la City, oppure fra Graben e Mariahilferstrasse. Il quartiere centrale di una capitale che su ogni chilometro quadrato accoglie 6.741 abitanti non è specchio dei quartieri periferici, nè riflesso della vita ai margini dello Stato. Alle provinole di frontiera è tanto più necessario pensare, in quanto l'alpigiano del Tirolo o del Vorarlbcrg fa confronti con le condizioni di vita in Germania e in Isvizzera, cosi come nell'intero Tirolo e nel Salisburghese e altrove uno degli elementi del benessere economico e della serenità degli spiriti e la normalità dei rapporti con 1 paesi confinanti, dai quali si aspettano o acquisti, o viaggiatori. La bilancia commerciale E' indiscutibile che l'Austria attraversa una fase di prosperità, indicata dal fiorire di certe sue industrie, dall'intensità raggiunta dal movimento dei forestieri, dall'abbondanza di danaro liquido e dalla stabilità dello scellino, stabilità che ha permesso di superare anche l'esitazione determinata dall'allineamento di monete che già fecero parte del blocco aureo. La Banca Nazionale austriaca s'è rifiutata di svalutare lo scellino, ragionando che ad una svalutazione essa ha proceduto ancora prima dei paesi del blocco aureo, nel 1931, e che sarebbe stato un errore rinvilire nuovamente la moneta allo scopo di permettere a qualche industria di conservare sul mercato internazionale le antiche posizioni, perchè i paesi i quali hanno svalutato non sono produttori di articoli che facciano concorrenza agli austriaci. Riserve vennero formulate nei riguardi del movimento dei forestieri, dovendosi stare a vedere se il corso più alto dello scellino avrebbe trattenuto vecchi e nuovi amici dell'Austria; ma la stagione invernale è stata buona e il Festival artistico di Salisburgo si annunzia felicissimo: il nome di Arturo Toscanini ha fatto già vendere, a cinque mesi di distanza dagli spettacoli e dai concerti, biglietti per circa un milione di lire. Buona parte dei biglietti è stata certamente prenotata da austriaci, appunto a motivo dello migliorate condizioni economiche generali, ma una parte tutt'altro che irrilevante da stranieri: e sono questi a formare il filone che verso l'autunno riempie le casse della Banca Nazionale di milioni in valute mondiali. Il fattore turistico ha qui assunto importanza tale, che i tecnici non si preoccupano più del pareggio della bilancia commerciale colì'estero: l'eventuale deficit lo copre il movimento dei forestieri. Il disavanzo della bilancia commerciale ne) 1936 è stato di 293 milioni di scellini, che sarebbero più di un miliardo di lire. Esso diminuisce però di continuo: nel 1935 era stato infatti di 311 milioni di scellini, nel '29 di 1 miliardo e 105 milioni. Gli sforzi compiuti si rivelano grandi e fecondi. Ma se nei prossimi tempi il deficit dovesse nuovamente crescere, bisognerebbe attribuire il fenomeno, ci assicurano, ad un maggiore benessere della popolazione, che ricomincerebbe a comperare prodotti stranieri finiti, specialmente di lusso. E' viceversa improbabile che si tornino ad importare forti quantitativi di viveri, bibite ed animali da macello, perchè alla produzione agraria è stato dato un impulso il quale va sempre più emancipando dalle forniture straniere. La tendenza all'autarchia è in questo campo fortissima. Veri miracoli, ad esempio, sono stati compiuti coi latticini: oggi l'Austria esporta burro e formaggio in Inghilterra, in Germania, in Italia ed in Francia e si accinge ad avviare esportazioni anche in America. Le industrie Definiremo fiorcntissimc l'industria pesante, la cotoniera, le industrie della carta, della cellulosa e del legname. Nel 1936 la produzione del minerale di ferro è salita, da 464.000 tonnellate del '34, a 1.020.000 tonnellate; quella della ghisa da 133.500 a 260.000, quella dell'acciaio da 300.000 a 440 mila. Ottimi gli auspici sotto i quali 6'incominciato il 1937: nel mese di gennaio si sono registrati per i vari rami dell'industria pesante aumenti dal 16 al 30 per cento della produzione, sicché si spera di raggiungere il livello del 1929, che fu anno fortunatissimo. Gl'industriali obiettano che non ci si i da rallegrarsi troppo, dato che gl'impianti non lavorano in pieno ma per 11 40 o 50 per cento della capacità; non va però dimenticato che questi impianti furono a suo tempo eseguiti per i bisogni di un mercato molto ma molto più vasto del mercato dell'odierna Austria. Per noi essenziale è rilevare e commentare la tendenza al miglioramento. In un triennio la produzione dei filati di cotone è salita di più del 40 per cento. E gli stabilimenti tessili, invece di lagnarsi d'insufficiente impiego, hanno sfruttato gl'impianti, nel 1936, in una proporzione che ha toccato il 168 per cento della capacità, 11 che significa che durante tutto l'anno circa i due terzi delle fabbriche di tessuti hanno lavorato con due turni. La produzione della carta ha avuto delle oscillazioni: vero è che nel '36 si sono prodotti 17 mila 700 vagoni, contro 20.000 del '34 e del '35, ma verso la fine dell'anno la produzione mensile era salita da 1.300 a 1.900 vagoni. Quella della cellulosa ha avuto uno stesso andamento: mentre scriviamo, cartiere e fabbriche di cellulosa non possono soddisfare le richieste. Meriterebbero uno studio dettagliato gli zuccherifici e le birra rie. Smembratosi l'Impero austroungarico nell'autunno del '18, la nuova Austria si trovò a dipendere, per lo zucchero, dalle forniture straniere, in proporzione superiore al 90 per cento; e siccome la Czecoslovacchia, che avrebbe dovuto essere la sua principale fornitrice, ritenne opportuno farle, per questo zucchero, la vita amara, l'Austria pensò di crearsi una industria propria, la quale ha preso impulso formidabile. Col '35, gli zuccherifici austriaci hanno potuto anche esportare. Adesso però si cade nell'eccesso opposto e la superproduzione consiglia misure restrittive: non sarà il caso di rammaricarsene, visto e considerato che per 1 sette zuccherifici austriaci, con un capitale complessivo dì 45 milioni di scellini, l'ultimo esercizio s'é chiuso con un utile netto di 20 milioni di scellini, equivalente al 44 per cento; 11 che è molto, anzi troppo, quando si pensa che la classe operaia non ne ricava il minimo beneficio. Tuttavia il tema delle ripercussioni sulla classe lavoratrice della nuova prosperità austriaca è meglio non affrontarlo: esso ci porterebbe troppo In lungo, e non potrebbe, comunque, essere sviscerato, essendo noi sempre in attesa delle radicali innovazioni alle quali il Governo austriaco non può sottrarsi. Dal punto di vista sociale bisogna compiacersi del fiorire d'industrie e di commerci solo se il fiorire torna a vantaggio delle masse e dà pane e lavoro alle migliaia e migliaia di sudditi in attesa; ma non si può rallegrarsi d'una prosperità ottenuta mediante una razionalizzazione basata sul maggiore sfruttamento della mano d'opera, e meno che mai in un paese che ha precipuo interesse a vedere diminuire la falange dei disoccupati, per paralizzare la propaganda politica svolta da avversari di destra e di sinistra. La produzione della birra diminuisce non per ragioni economiche, per diminuito potere di acquisto della popolazione, ma perchè il prezzo dei vini è ribassato al punto da risultare inferiore a quello della birra (gravato da forti tasse), senza contare che la gioventù sportiva oggi non cerca di imitare le gesta dei padri, 1 quali, alla loro volta, non vanno più, come un tempo, a far politica al caffè, bensì restano a casa ad ascoltare la radio. La fine del controllo Il signor Rost van Tonningen, ultimo delegato finanziario della Società delle Nazioni per l'Austria, nello scorso agosto commise un gesto assai nobile dichiarando che la sua missione andava considerata finita, avendo il bilancio dello Stato quasi raggiunto il pareggio, a motivo dell'ottima situazione finanziaria. Nel settembre, il Consiglio societario, facendo propria la tesi del signor Rost van Tonningen, decideva l'abolizione del. controllo, e certo non ha avuto a pentirsene, vista la bella prova data dallo scellino nel periodo dell'allineamento delle valute auree e l'ottimo esito del prestito di 180 milioni di scellini, tutto destinato a lavori di pubblica utilità. Ma fra le prove che andiamo elencando non bisognerà comprendere anche il fatto che nel 1936 si sono avuti in Austria appena 854 concordati preventivi e 521 fallimenti, contro 4500 concordati e 1100 fallimenti del '32? Non vuol questo dire che la vita commerciale è andata normalizzandosi, che le aziende mal fondate sono sparite, che il credito non è più esposto ai rischi di uri tempo e che i postumi del periodo inflazionista sono scomparsi? Anche se la cifra dei disoccupati è ancora forte, anche deplorando che si tardi a farla scendere dalla troppo elevata vetta di oltre 300 mila, l'Austria è sopra una buona strada: molti paesi, osservandola, avranno il diritto d'invidiarla. Questa rapida rassegna può dunque essere conclusa; e non sarà fuor di luogo, concludendola, ricordare i vantaggi assicurati all'Austria dai Protocolli di Roma n dall'amicizia italiana, praticamente manifestatasi non più tardi dello scorso novembre con uh nuovo accordo commerciale che ha accresciuto del 50 % le agevolazioni concesse all'Austria a partire dal 1932. Fra il 1933 ed il 1935 l'esportazione austriaca in Italia è salita da 87 a 127 milioni di scellini, e nel 1936 si è avuto un nuovo aumento. Dei 62.000 vagoni di legname esportati dall'Austria nell'ultimo anno, 39.000 sono andati in Italia e 13.000 in Ungheria, l'altro firmatario dei Protocolli di Roma; su 14.000 vagoni di cellulosa, 10.000 li ha ritirati l'Italia, che è anche la maggiore compratrice di ferro e di acciaio austriaco. Il Governo fascista ha pure evitato che l'Austria venisse danneggiata dall'allineamento della lira. Questi fatti sono decisivi quanto i politici Italo Zingarelli lnpsz1np

Persone citate: Arturo Toscanini, Rost