I battaglioni libici nella guerra d'Etiopia di Mario Bassi

I battaglioni libici nella guerra d'Etiopia 3500 chilometri di marcia e di conquista I battaglioni libici nella guerra d'Etiopia Proprio ieri il Duce, noi suo discorso di Tripoli, ha rilevato lo spirito guerriero e la provatÌsnima fedeltà dei libici inquadrati nelle noHtre Tor/.e armate e combattenti in Ktiopia. Ci giunge opportuna, a Illuminare particolareggiatamente l'anima e le gesta di questa gente devota, questa corrispondenza del nostro inviato Mario Bassi. ' (DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) Accampamento a Malca Uacannà, gennaio. Qua ho ritrovato dunque i miei Libici. E questo — miei — vuole significare molte cose; e anzitutto ch'io fui de' primissimi nel tempo, senza ostentazioni di vanità, a credere nel volontarismo nella fedeltà nel valore nell'efficenza superiore di queste truppe, e quando la loro costituzione appena s'iniziava; e ne seguii e illustrai l'ordinamento e le gesta, da quel principio che rimonta tra gli anni '912 e '13: quando la conquista stessa- territoriale della Libia era di così poco inoltrata. '912, '913. Sua Eccellenza Giovanni Dhà, oggi Generale di corpo d'armata, allora baldo Capitano dei Bersaglieri, tutto focoso d'ini ziativa di audacia d'entusiasmo, raccoglieva a Bengasi la prima compagnia Hbica della Cirenaica, e l'istruiva e v'infondeva il suo fremente e irresistibile spirito bersa glieresco. Ricorda com'io gli era vicino, di cuore e di persona? e panel'HneCIIvicècobrprraAsichfuliil Gcci airasupsvpsicasicotrrostI cseche l'accompagnavo nelle prime\qazioni, co' suoi nuovi ascari ? Bei ricordi d'un tempo L'altro s'è portato i ricordi, con la prorompente giovinezza e la virile prestanza, con il suo còlto ingegno, con il suo ardimento esuberante, con la sua bontà e generosità e giocondità, tutto s'è portato via, nell'eterno: Renato Frank, Capitano di Fanteria, caduto in battaglia, sul Carso; e l'eroico sagrìficio consacra incancellabile la memoria. Raccoglieva allora, Tenente, gli ascari libici a Derna; e io m'era aggregato a quel suo reparto in formazione, e condivideva e rafforzava in lui il convincimento che quei Libici, combattenti nati, erano già soldati nostri sicuri, su cui si poteva fondatamente contare, e che crescerebbero disciplinati agguerriti stupendi battaglioni. Quando il Comando, a Derna, esitava a impiegarli, e quasi dubitava fosse da fidarsi ad armarli, Frank sollecitava e otteneva di uscire in ricognizione e di affrontare i concentramenti avversari, in avanguardia delle nostre colonne, dei metropolitani e degli Eritrei; e io an dava con lui, il più soventi. E i suoi ascari avevano preso a considerare quel borghese pur come uno del loro reparto; che non sapevano bene cosa ci avesse a che fare; ma che visibilmente era un amico. E fummo assieme, davanti a Derna, al combattimento di Campo Rosso, nel Giugno del '13, e alla susseguente occupazione del campo turco-senussita dì Ettangi, nella vittoriosa avanzata condotta dal Generale Tomaso Salsa. E fummo assieme in altre varie minori azioni, di quel periodo. E rivivo una notte, sull'altipiano dernino, per quegl'intricati burrati, tra pareti di roccia a picco, dall'Uadi En-Naga al Sérsera; .e l'ombre cieche della sprofondante forra, e i fuochi vividi del bivacco, e il sovrastante infinito stellato: t vento della nott uel se)lso d>i_ '. „„„>„ „*„,.„ nt,,.ir.r.i„ „i,„ ì!l" - ?allen""a al pencolo, cne fetolocdsspegcl'MinbsoCsmibsNDtsGsSirzMstFictdtctEassoli, Frank e io, co' suoi forse cen-'Jtocinqnanta- ascari libici. p— Quest'è l'Affrica! l'Affrica li- èbeta e bella! — esclamava Frank,.maspirando a pieni polmoni, nel\lèc'inebriava L'ascari suo attendente arrostiva alla fiamma un pezzo di carne sanguinolente, per la nostra cena. Poi ci avvolgevamo nel baracano, come gli ascari; e distesi in terra nmQVscaccendevamo le sigarette, supini intutIRVgdgo n e r l contemplando le stelle, inebriati d'infinito. I miei Libici, i nostri, amico Frank indimenticabile. E li ritroverei, veramente cresciuti battaglioni quadrati, tornando in Libia, dopo la grande guerra. E li ritroverei nella folgorante giornata di Tagrìf, 25 Febbraio del '28-VI, gloria di Graziani: quell'incrollabile VI Battaglione Libico, del Tenente-colonnello Luigi Amato, che decise travolgente della vittoria. Marcia gloriosa E li ho ritrovati qua. sull'alto Uubi-Uebi Scebeli, — Divisione di Fanteria coloniale Libia. — L'avevano già chiamata — la Divisione delle mille miglia, — da quando la comandava il Generale Guglielmo Nasi, il vincitore di Gianagobò e conquistatore di Haràr, l'attuale Governatore dell'Haràr: perchè essa marciò attraverso la Somalia, in estensione e profondità, da Brava, dov'era sbarcata nel Febbraio scorso, indi risalendo l'Uebi Scebeli, per le regioni dette del Basso e Alto Scebeli; poi a Badù Danàn, e a Gianagobò, sull'Uadi Gorrah, dove combattè tre giorni e vinse la più vtolenta e sanguinosa battaglia che sia stata sul fronte meridionale, fronte sòmalo, durante la guerra; e a Bircùt, dove con un nuovo veemente combattimento, mise a pezzi i fuggiaschi abissini di Gianagobò; e ancora combattendo u\ Daga Medò; poi, per Dagabùr e Gìggica. all'occupazione di Hardr.| La corsa delle mille miglia; però correndo a piedi: pedibus calcantibus. Ma finita la guerra, cominciava la guerriglia; e tanto più faticata e insidiosa e accanita nell'Harurino. La Libia manovra febbrilmente dal Condudo al Gara Muluta; i suoi reparti sostengono scontri, a diecine, e combattimenti, cacciano i ribelli per le montagne impervie, tra boschi c burroni, settimane e mesi, dal Giugno al Novembre dell'anno passato. Nel Luglio, elevato il Generale Nasi al Governatorato dell'Haràr, il comando della Divisione era assunto dal Generale Luigi Cubeddu, già comandante della III Brigata Eritrea. Sui primi di Novembre, la Divisione passa a operare nel Cercèr, occupa Cunni e Scirc, con due combattimenti — 15 e 16 novembre, — che possono considerarsi preparativi delle successive operazioni, per l'occupazione degli Arussi; per quest'occupazione, cui siaimo diretti, del Baie. Si nota nc—ptlsmdpdCtbDche appunto a Sciré fu battuto e efugato l'attuale capo della ribcl-\ylione e della resistenza nel Baie.' il losco e famigerato Bahadé Gabró. Dalla fine di Novembre a Deccmbre, sempre la Libia rastrella i nuclei ribelli dai Monti Cercèr ai Monti Gugii. E il 17 Decembre, raggiunge la località di Minné, sul Torrente Ciuliil, nella catena precisamente dei Gugù: dove già sventolava la bandiera italiana, per virtù di quel nostro unico presidio, assolutamente unico per il caso che l'originò, e per l'inverosimile esiguità delle forze che lo componevano, cioè prima due, poi tre italiani, soli, e per l'avventurosa vicenda attraverso a cui questi s'erano sostenuti, contro ogni I colpo e minaccia avversi, da oltre sei mesi, così lontani e isolati: \qUel presidio del Capitano di Fani e e e „ e feria Giorgio Cannonieri, osservatore aeronauta, e del Sergente pilota Mario Ruffili, ivi precipitati con l'apparecchio, per accidente di volo, al principio del Giugno scorso, e rimasti miracolosamente salvi; e cui s'univa, due mesi dopo, volontario, trasportato a volo e calandosi col paracute, il Sergente radiotelegrafista Libero Ricchi, che recava ai commilitoni l'ausilio prezioso d'una stazione Marconi, immediatamente messa in opera. L'ultimo compito Cinque giorni dopo, il 22 Decembre, la Libia, imprende la traversata della catena dei Gugù, da oriente a occidente, asprissima. Ci s'inerpica,, uomini artiglierie salmerie, per balzi e dirupi, si marcia per creste scoscese e lungo il bordo precipite di burroni, tra boschi fitti e scheggiati roccioni strapiombanti. Il 24, la vioilia di Natale, i Gugù sono scavalcati. Dal 25 al SI, la Divisione, inoltrandosi negli Arussi occidentali, si trasferisce a Bocoggì. Dal l.o Gennajo, avanza, seguendo la pista del Duca degli Abruzzi, alla Sella di Carrà; e oltre, arrivando, il 9, qua a Malca Uacannà — erroneamente scambiata nelle relazioni, come rilevavo, e chiamata Malca Daddecià. — Il 10, la Divisione procede a Scedalà; il 13, ritorna qua, a Malca Uacannà... La Divisione delle mille miglia. Furono già mille' miglia. Adesso, io non sono riuscito che a. un computo peggio che approssimativo; ma la Libia, in questi mesi, dal suo sbarco nell'Affrica Orientale, sempre marciando, insisto, camminando a piedi, un passo dietro l'altro, attraverso Somalia ed Etiopia, ha percorso dai tremila ai tremilacinquecento chilometri, a seconda dei reparti. Ch'è una ci- 'J™ ragguardevole, e una signora passeggiata. Per cui la Divistone è nuovamente sulle mosse e do ,.mani ~ Lunedì, 25 Gennajo, — si\l\levano le tende, e si riparte. Ma qua, a Malca Uacannà, non è ora concentrata che una porzio dEcntDMzGzcDdne della Divisione, insieme col Co-mando; e che ripartiamo domani, Qua, col Comando, e i Servizi e jVAutogruppo divisionali, è rima-ìsto il 3" Reggimento di Fanteria coloniale, composto dei battaglio i ini libici J7 e VI; e con la S'- Batteria Libica; e ai quali s'aggiunge un reparto d'Etiopici, il XL Battaglione Amhara, o XL Coloniale. Il resto della- Libia — e cioè il l.o Reggimento, coi battaglioni III e V, e il !f.o Reggimento, coi battaglioni Vili e IX, e due centurie di salmerie divisionali, — e aggiunta la Banda Amhara, del Te- o n E l , nente Pellizzari, fin dal giorno lk corrente, ha costituito la colonna — Pascolini: — al comando appunto del Tenente-colonnello Etelvoldo Pascolini, comandante del l.o Reggimento. E questa colonna, staccata dalla Divisione, è stata mandata d'urgenza, per ordine del Viceré, a cooperare con le truppe del Governatore dei Galla e Sidamo, Sua Eccellenza il Generale Carlo Geloso; che agiscono contro le ingenti formazioni del ribelli capeggiati da Ras Desta Damtù, nel paese dei Giam-Giàm, e jorse verso ja regionc dei laghi \ya^a ' i e o e o i e a . e i o a i i i. i, o a o, raa ia. o, n i, o, d a a - a e si\Della Cirenaica n La colonna Pascolini è partita di qua, dunque, la mattina del Uh E come già accennavo in una precedente lettera, lo stesso giorno, nel pomeriggio, marciando a un trentacinque chilometri di qua, a Dodolà, si scontrava con forti raggruppamenti ribelli; e li batteva e ricacciava. Poi combatteva di nuovo, come ci ha informati la Marconi, il 18, a Cocossà, nella zona di Arbagoma, nel paese dei Giam-Giàm; e il 20, nella stessa, zona, presso Chever '. Doveva quindi, ancora per ore io del Viceré, ricongiungersi col resto della Divisione, tornando qua, a Malca Uacannà; ma da ieri lin contrordine sospende il movimento di ritorno. E la colonna, che jersera accampava tra i Monti Ghedèb e Monte Ussotà, alle falde, si dirige oggi, come ci trasmette la Marconi, verso i Monti Abenna, per il Passo di Farda. Tutti volontari e « italiani » C'è ancora qualche cosa di molto importante da dire della Divisione Libia, e sull'atto che muoviamo con essa, a sbaragliare le estreme resistenze della ribellione e del brigantaggio in Etiopia. Essa è tutta composta, esclusivamente, di volontari. E' il fatto: come nella Madrepatria si sono presentati volontari, in massa, reduci delle passate guerre e giovani reclute, a riempire i ranghi dell'Esercito, a formare le ferree divisioni di Camicie Nere, che hanno combattuto in quest'Affrica Orientdle; così, nella nostra colonia mediterranea, la cui popolazione indigena non raggiunge la- cifra complessiva- di settecentomila anime, sono accorsi ad arruolarsi volontari per la guerra gli effettivi di una quindicina di battaglioni; tra cui sono stati prescelti i sci battaglioni di fanteria, che compongo questa Divisione Libia, altri tre battaglioni supplementari, di rinforzo e complemento, i reparti d'artiglieria, i reparti per i servizi e le salmerie. Tutti volontari; e in soprannumero dei regolari contingenti delle truppe presidiarle libiche. Indigeni libici? Non amano più esser distinti così. Vantano, e soprattutto in confronto delle popolazioni delle nostre stesse vecchie colonie sul Mar Rosso e sull'Oceano Indiano, proclamano d'essere — Italiani. — E parlano l'italiano, specie i giovani, correntemente e correttamente. Ho provato a interrogare più d'uno, di questi giovani, come m'e stato suggerito, facendo il nuovo e lo gnorri: — Afra tu, di dove sei? — Italiano. — Italiano? di dove?Di Tripoli. — Oppure: — E questo riveste forse un qualche valore, a dimostrare la nostra colonizzazione, la nostra pe¬ -ìnetrazione e conquista civile: il i, [carattere e la virtù della nostra e j attività e del nostro dominio co-ìloniale. Non credo sarebbe facile a te te. o e ae ge- scovare un Indiano, putacaso, che ad analoga domanda rispondesse: — Inglese, dell'India; — 0 un Congolese, che rispondesse: — Bchja, del Congo; — o anche un Marocchino, che rispondesse: — Francese, del Marocco. —Non credo facile. Per trovare alcunché d'identificabile, bisogna allontanarsi di molto, nel tempo, risalire alla colonizzazione romana; e anche allora, suprema aspirazione d'orjni mediterraneo e d'ogni transalpino, di tutt'i popoli assoggettati, vicini e remoti, dalla Pannonia alla Dacia, dalla Germania alla Gidlia, dalla Britannia aWIspania, dall'Affrica settentrionale all'Asia orientale, suprema- aspirazione, vanto inuguagliabile, chiamarsi ed esser riconosciuto Romano, — partecipare della cittadinanza di Roma. Onde poi si maturava la civiltà europea e del mondo; onde nacquero le nazioni. Rotna. eterna: fiaccola inestinguibile del mondo. Presso la tenda del Comando di questa Libia, si spiega lo stendardo della Divisione, che domani s'agiterà nel vento in testa alle schiere mardanti, com'è sventolato per tremilacinquecento chilometri di marcia e di conquista. Sul retto, il tricolore italiano, con lo stemma di Savoja e la corona reale; e il colore islamico del verde, sul verso, e la scritta d'argento, in quo, ricamata in caratteri arabici«Allàhum ahfòd Italia — Feri chét Libia»: — Dio protegga l'Italia — Divisione Libia. Suprema aspirazione, di questi Libici, lo dichiarano, è che il loro assoluto attaecamento all'Italia la convinta dedizione, l'entusiasmò e il valore dimostrati, i sagrifici volontariamente affrontati, e il molto e molto sangue sparso, per l'Italia, per la vita e per la morte, valga loro il premio più ambito, la più aita e onorevole ricompensa: il riconoscimento della cittadinanza italiana. La Divisione Libia non vuole altra ricompensa che questa: a fregio milk tare delle stellette. Mario Bassi