CALEPINO

CALEPINO CALEPINO r e e o a a n e. i, o i a i i . , o e , i i o o di a a i o o i. Un bibliofilo del Settecento. — Figura caratteristica e tipica del suo tempo fu il Cardinale Domenico Passionei. Gran bibliofilo, raccoglitore di libri e lettore instancabile, egli passò nel '700 per uno degli uomini più eruditi d'Italia,' e anzi d'Europa. Conversatore affascinante e pungente, a lui accorrevano da ogni parte studiosi e persone colte e curiose, non solo per l'attrazione della sua splendida biblioteca, ma come ad uomo raro per vastità e varietà di sapere. Con quella gran fama, egli che aveva attirato l'attenzione di Voltaire, Maupertuis, Calmet e di tanti altri insigni di quel secolo, dopo morte fu del tutto dimenticato. Perchè la sua scienza e la sua fama — come scrive Albano Sorbelli nella prefazione a un libro della signora M. Castelbarco Albani della Somaglia: Un grande bibliofilo del sec. XVIII. Il Cardinale Domenico Passionei. Leo S. Olsehki Editore — morirono con lui, e colla dispersione della sua Biblioteca: egli non lasciò opere che lo raccomandassero alla memoria dei posteri. Ma il suo carattere, il suo temperamento furono tuttavia vivissimi, con il chiaro e lo scuro, con le virtù e le manchevolezze; personaggio ben degno di essere rievocato dall'ombra dei secoli e ricollocato nella luce del suo ambiente, del suo mondo pittoresco; personaggio che meritava un libro di largo respiro. Il volume — dice il Sorbelli — « lo abbiamo ora per merito dell'autrice, una amatrice di libri schietta e sincera ». Teatro spaglinolo. — Camillo Guerrieri Crocetti ha dedicato un ampio studio a Juan de la Cueva e le origini del teatro nazionale spagnuolo (Casa Editrice Giuseppe Gambino, Torino). La commedia spagnuola nella prima metà del sec. XVI si ispirava a modelli 'classici e alla tradizione umanistica italiana; Juan de la Cueva fu precursore della commedia nuova, intuì l'urgenza di nuovi motivi, e nel suo teatro, che in qualche modo anticipa quello di Lope de Vega, penetrarono spunti di romanticismo, nel senso che a questa parola va dato quando si parli di quel tempo: liberazione dalle unità aristoteliche, esigenza di nuova tecnica, fusione dell'elemento tragico e di quello comico, varietà di forme metriche, e soprattutto quella concezione dell'onore, della religione, della dignità nazionale, che costituisce l'essenza del teatro spagnuolo nel sec. XVII. Perciò — dice ancora l'Autore nella prefazione — lo studio di Juan de la Cueva va strettamente congiunto a quello delle leggende nazionali e della loro fortuna artistica, ed a quello delle lotte tra i rigidi umanisti difensori dell'aristotelismo, e i pochi sostenitori della commedia nuova. Studio che reca luce sul fermento di idee e di dottrine di quell'età, e sulle forze spirituali che vi si manifestavano. Letteratura ungherese. — Paravia ha pubblicato la traduzione — ad opera di Filippo Faber — di una Storia della letteratura ungherese di Giovanni Hankiss. Sotto la sferza dei disastri della storia — dice l'Autore — si è svegliato e ha giganteggiato, in quella letteratura, un sentimento della responsabilità morale, severo e anzi a volte addirittura tragico, e che, tuttavia, non ha condotto al pessimismo; anzi, « grazie all'effetto salutare di un'alta e seria concezione della vita la letteratura ungherese è assolutamente idealista ». Ne deriva l'ispirazione entusiastica e travolgente della maggior parte dei poeti ungheresi. Ma la letteratura ungherese, specie a partire dal XVIII secolo, è di una estrema varietà; vi brillano mirabilmente i realisti del romanzo e della novella, e un humour squisito vi fa le sue apparizioni. Nè s'ha da dimenticare — fenomeno caratteristico — la straordinaria comunione del popolo e della poesia popolare con le tradizioni e le tendenze dell'alta, letteratura. Unità dunque nella varietà; e romanticismo popolare cresciuto sul ceppo del classicismo. Romanzi. — La responsabilità umana in quello che diciamo il destino è assai più precisa e determinante di quanto non si pensi per comodo o per rilassatezza. Tormento psicologico e contrasti d'amere sono assai spesso frutto di una cattiva volontà: e infatti il dubbio, il sospetto, l'ingiustificata gelosia, che altro sono se non un abbandonarsi al vizio della mente che tende a fantasticare e a compiacersi nelle arbitrarie fantasie? Non sofisticare, non sottilizzare, credere liberamente, coraggiosamente, in se stessi e in altrui: quanto più fresco e sicuro sarebbe l'amore, se ogni amante sapesse veramente dimenticare se stesso nella creatura amata. Su questo tema si svolge un romanzo di Giovanni Angelo Quirico: Dammi l'anima tua.' (S. A. Edizioni Generali C.E.S.A., Roma), che narra la storia amorosa di un giovane scrittore roso dalla malattia dell'analisi e delle avventate ipotesi, e di un'attrice, appassionata e pura, che non sa concepire l'amore che come dedizione senza riserve e senza sospetti. L'augusta solennità della vita e di grandi eventi li riconduce poi alla reciproca comprensione. Orazio. — Tra le pubblicazioni della Università Cattolica del Sacro Cuore è uscito un volume di Conferenze oraziane (Società Editrice « Vita e Pensiero ». ilfilano). Esso costituisce una dotta e interessante raccolta di saggi dovuti ai professori Amatucci, I Giuseppe Lugli, Stella Maranca, j Cessi, Sorrento, Pighi, al Padre | Bassi, e che indagano e restituiscono i vari aspetti del grande Poeta, considerato nella sua vita, nel jsuo tempo e nella fortuna attraverso i secoli. Vi si tratta così, fra i l'altro, di Orazio e il medioevo, di Orazio e la poesia latina moderna, di Orazio e Leone XIII. alfa

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