Dietro lo schermo

Dietro lo schermo Dietro lo schermo Collaborazioni -- La Milly a Hollywood -- Listini di borsa, mea culpa di un produttore -- Una Kermesse di premi C'è ogni tanto qualcuno che arriccia il naso, scotendo il capo; e ogni nuova notizia del genere, la considera come il più nero dei tradimenti. L'altro ieri, Trenker per I condottieri; ieri, Chenal per l'I fu Mattia Pascal; oggi si parla di Duvivier, per il Santa Caterina; domani, siatene pur certi, se si starà per varare un altro importante film italiano, lo vedremo firmato da chissà quale firma ostrogotaFuori, invece, gli intinsi. Non si ama inai troppo il pro- prio Paese; ma questo amore non ha da esser cieco, soprattutto quando consideri il nostro cinema. L'autore di un film è il regista, tutti d'accordo; ma /'Enrico Vili e II fantasma galante sono due film tipicamente inglesi, anche se i loro autori siano rispettivamente Korda e Clair, un ungherese e un francese; e il cinema americano è forse meno americano per avere molte delle sue opere importanti firmate da uno Stemberg, da un Lubitsch, da un Capra, da un Mamou- lian? A osservare la produzione dì ogni Paese si potrebbe anzi scorgere come l'apporto straniero, dalla regìa alla tecnica, aìl'interpretazione, sia quasi una regola. Non imposta da civetterie, o snobismi, o da un'assenza di sensibilità politica; ma imposta, sia pure talvolta più del necessario, da quella rete infinita d'interessi che praticamente un film stende attorno al suo ti- tolo, e soprattutto dal carattere stesso del lavoro cinematografico, nel quale le collaborazioni effettive non sono mai troppe. L'ideale, lo so anch'io, sarebbe che domani, in quel di Peretola, nascesse un nostro Chaplin che ci desse da un stante all'altro almeno una sua Febbre dell'oro; che da ogni filodrammatica sbocciasse una nostra Garbo; che il film, infine, che ad altri costa -milioni e milioni a noi costasse in tutto e per tutto qualche scatola di sigarette. Ma pensare a cose del genere significa non sapere o non capire rulla d'arte e di cinema; e significa ignorare lo sforzo sotto certi aspetti semplicemente enorme che da due anni da noi si sta compiendo perchè esista efficacemente un cinema italiano. Perchè tale scopo sia definitivamente raggiunto sarà necessario aver conquistato un clima fecondo, quel benedetto clima che da anni, un po' da tutti, è stato invocato. Ora, quel clima, è frutto di preparazione, di cultura, d'esperienza; e queste si raggiungono soltanto lavorando, e studiando chi lavora, in una rete sempre più fitta di scambi efficienti. Parliamoci chiaro: giova di più, alle fortune del nostro cinema, affidare un film importante a un giovane che si sia cimentato con il passo ridotto fino all'altro ieri, e ieri abbia finito il suo primo filmetto a passo normale; o invitare invece, per quel film, un regista assai esperto che per animo, gusto, tempevamento sia affine a quello che dovrà essere un « nostro » film; e accanto a quel regista assai esperto porre quel giovane, magari con altri suoi compagni, perchè tengano ben bene occhi e orecchie aperti, e imparino se qualcosa c'è da imparare ì Già s'è compiuto ai beati tempi un grosso errore, invitando un ÌRuttmann per la regìa del non dimenticato e non felice Acciaio; un errore nel quale è assai difficile che s'abbia a ricadere. La collaborazione di uno straniero dev'essere eccezionale e indiscutibile; eccezionale nel normale ritmo di lavorazione, indiscutibile come risultati. Un film italiano, se sarà un film italiano per davvero, non sarà minimamente scalfito dall'aver avuto, fra le detine e decine dei suoi collaboratori, un cognome dalla grafia inconsueta. L'aver anzi costretto quel cognome a collaborare, a fondersi con le altre decine, in un risultato che soltanto sotto il,nostro cielo poteva aver vita, sarà stata un'altra affermazione della vitalità del nostro cinema. Di registi, e di attori, cominciamo ad averne anche noi, e ottimi; la via delle collaborazioni reciproche può indirettamente infoltirne la schiera, ancora esigua; il rinunciarvi, e proprio alla vigilia dell'inaugurazione della Città cinematografica al Quadraro, significherebbe non voler percorrere rapidamente quel cammino che al più presto dev'essere percorso, voler infirmare ciò che è stato esaurientemente dimostrato da esperienze molteplici, SI è già iniziato 11 montaggio de l condottieri di Trenker; è ormai finito quello de II fu Mattia Pascal di Chenal, de La contessa di Parma di Blasetti, di Ho perduto mio marito di Guazzoni, de La fossa degli angeli di C. L. Bra-|gaglia, di Regina della Scala di Salvini e Mastrocinque; e mentre [ gli altri film che già annunciam- mo sono allo studio, stanno per. essere iniziati Marrabò, I fratelli Castiglioni, Nina no far la stn-j pida. — Zacaria El Cherbin, cri- lco cinematografico del quotidia- ; no « El Ahram » del Cairo, ha j pubblicato una serie d'articoli de-;dicati al cinema italiano, del qua-; e pone in rilievo la struttura e i ! progressi recentemente compiuti. ; — La Milly andrà a Hollywood: \ ve l'ha condotta quel suo esile, delicato fil di voce. Dopo parec- chi successi parigini, le sue can- zoni... mimate hanno rinnovato! successi al Rainbow Room quei parla Pd'un impegno per cinq«e|Ritagli di critica. Vittorio Mussolini, in Cinema: « Oggi la critica cinematografica ha una specie di pudore nello stroncare una nuova fatica italiana. E' un pudore in gran parte motivato dal fatto che gente la quale spende soldi per aiutare la cinematografia nazionale non va trattata a calci in faccia; ma comunque credo sia venuta l'ora di non menarla più buona con tanta facilità.lappunto perchè affiorano deciseìte possibilità di successo ». \Soro, in Pour Vous: «Pare che\questa cosa s'intitoli Un grande a more di Beethoven. Harry Baur, al declinare della sua vita, è diventato un giovane musicista di talento. Abel Gance ha vestito il suo Beethoven da cocchiere; e gli ha dato un pianoforte come gli avrebbe dato un fiacre. Se Beethoven comincia il film a trent'anni e lo finisce a sessanta. Harry Baur lo comincia a sessanta e lo finisce a centoventi ». Primi d'anno, proclamazione di sua maestà il dividendo. La « Warner » avrebbe realizzato, nel 1936, un utile netto di due milioni di dollari, ma avrebbe ancora oggi la tentazione di non distribuire nessun dividendo agli azionisti. La « Columbia » darà il due e mezzo, semestralmente. La «Technicolor» avrebbe dichiarato un dividendo di cassa del... cinquanta per cento su! capitale. Le altre Case americane distribuiranno dividendi assai lauti; finanziariamente, per tutte le industrie americane dello spettacolo (cinema, radio, teatro) l'anno che si è chiuso è quello più florido dalla crisi del '29 in poi. In Germania l'« Ufa » ha chiuso i suoi bilanci con un buon utile, ma ha deciso di non distribuire dividendi. La « Tobis », in virtù dei proventi derivatile dai diritti di registrazione sonora, darà 11 quattro per cento. Dove invece di dividendi non si parla è in Inghilterra. Già dicemmo della crisi che travaglia quel cinema, con perdite ingenti, capeggiate dai 34 milioni di lire della London. Hagen, il decano del produttori di lassù, ha recentemente concluso: « Dopo il successo dell'Enrico Vili da molte parti mi si propose di fare altri film dello stesso calibro. Queste parole furono una dolce musica per 1 miei orecchi, e senz'altro fui preso nel vortice. I salari aumentarono fino al mille per cento al di sopra del loro effettivo valore commerciale. L'eccessivo numero di cinemato grafi fece poi ancora diminuire ?li incassi. Non sembri un assurdo: dove una volta esisteva una sala oggi ne esistono quattro; e nessuno dei miei film, anche degli ottlmi, è riuscito a passare in più di 1500 dei 4000 cinema esistenti nel Regno Unito. Infine, la cosidetta amicizia off ertaci dal cinema amoricano si è ben presto mostrata flttizia, una manovra fiancheggiatrice che un bel giorno si rivelò d'avvolgimento ». # * * ~ „„ -, „.,„ . „,„..,,„ Tr„ „„„ ^ose di questo mondo. Un soggetto viene accolto da una Casa ^J«'J^StSTSA fatto, pagato. Ma quando il film sta per essere inizio: to, il povero autore si avvede che della sua fatica, ben poco è rimasto, tanti san stati ritocchi e trasformazioni. Volendo allora trovare una forma di protesta discreta e suadente, prende un esemplare del suo copione, lo fa elegantemente rilegare, e lo manda al produttore con il quale era stato tutto stabilito, concluso, fatto, pagato; con la preghiera vivissima d'una lettura un po' attenta. Dopo una settimana, gli giunge una lettera: « Carissimo amico, ho letto il Vostro nuovo soggetto. Anche se non vi foste data la pena di compiutamente sceneggiarlo, ne avrei certo e subito ammirate le qualità d'avvincente interesse che la sua realizzazione in film rivels rà a qualsiasi spettatore. Vogliate quindi senz'altro darmi un diritto di prelazione alle stesse condizioni dell'altro, e credete all'amicizia del Vostro ecc., ecc. ». MINIME. — La Kermesse héro'ique ha avuto un altro premio: dopo esser stato proclamato in America il miglior film straniero dell'annata, un amplissimo referendum l'ha proclamato senz'altro il miglior film di tutta la produzione del 1936, compresa quella americana. Quando il film s'iniziò, dato che i costi medil del mercato francese s'aggirano sui due milioni di franchi, si parlò di pazzie e d'ai tro ancora, all'udire che le due ver slonl del film, la francese e la tedesca, avrebbero raggiunto 11 costo di otto milioni. Una pazzia b ?n saggia, esaurientemente ricompen sata. — Emozione in America, do ve il Margherita Gauthier comincia a girare. Greta Garbo vi rice ve il suo primo sonorissimo schiaf fo; autore efferato il barone di Varville, ovvero Henry Danieli. Laurel-Hardy lavorano a un film quasi muto: Laggiù nel West — Si conferma che sarà Clarence Brown a dirigere la Garbo in Maria Walewska, con Charles Boyer, — Uno dei prossimi « musicali » della Warner sarà a colori: La consone del deserto, con Frank Me Hugh e Allan Jones. — L'Universal porrà in cantiere, fra l'altro A l'ovest niente di nuovo di Remarque, diretto da James Whale, e Madame Curie con Irene Dunne — Roosevelt avrebbe quasi finito un suo soggetto « economo-social politico », del quale sarà poi natu ralmente Immediata l'attuazione. m g. invito alla primavera, ovvero l'ultima Florence Rice. Paul Munì e Luise Rainer ne «L'anima della Cina». Primo piano di Trenker per «I condottieri.^.

Luoghi citati: America, Bra, Cina, Columbia, Germania, Hollywood, Inghilterra, Regno Unito