NASCITA D'UNA CITTA' nel cuore dell'Africa di Alfio Russo

NASCITA D'UNA CITTA' nel cuore dell'Africa Etiopia italiana NASCITA D'UNA CITTA' nel cuore dell'Africa DAUNO DEI NOSTRI INVIATI) _, GlREN, gennaio. Vediamo sorgere con trepida gioia Giren, nuova città italiana nel cuore dell'Africa nera. Nessun evento, nemmeno la vittoria delle armi, dà tanto orgoglio, tante emozioni, tante impressioni, come il veder nascere, dal silenzio e dalla solitudine, la vita con la sua ancora ingenua espressione, la sua ancora infantile apparenza. Prima era la bandiera italiana innalzata, il diciotto di novembre, dai battaglioni del colonnello Princivalle, era, solamente, il segno intorno al quale s'andava stringendo il fascio delle volontà e degli ardimenti: sono venuti via via ì .primi autocarri, i primi aeroplani, l'ospedale; sono venute le grandi colonne dei viveri, la radio. Due tre dieci cinquanta tende sui pianori delle colline cinti dal capriccioso schieramento degli eucalipti e delle euforbie, rettangoli di autocarri sui prati e di trattori e di caterpillar, visioni di forza impareggiabile, motivo dell'ammirata maraviglia dei nativi ai quali l'immagine della potenza è rivelata appunto da queste visioni, voli d'aeroplani nel cielo cristallino — ecco, principia la vita; e principia in giorni lieti, nei giorni della natività di Cristo. L'Africa nera pagana e musulmana nasce a vita nuova nel segno cristiano e romano. Nel Natale cristiano Iersera sono giunti altri cento autocarri, il quartier generale del governo dei Galla e Sidamo, ai quali potremmo dare il premio del più lungo viaggio. Partiti da Dolo, nella Somalia, nel mese di mag gio, sono arrivati attraverso male insidie a Irgalem insieme ai soldati del generale Geloso e sono giunti fin qua; ma i conducenti sono lieti come avessero corso le Mille Miglia per ardimento spor tivo. Insieme sono giunti alcuni ufficiali i quali attentamente scelgono colline e pianori dove abiteranno altri ufficiali, funzionari, insomma i dirigenti del governatorato dei Galla e Sidamo. Sono, infine, giunti numerosi operai quali datino mano alle strade, alle linee essenziali della città. Prima era solenne il silenzio della contrada, la terra pareva spenta, avvolta in funebre lenzuolo, per il lungo soffrire, per la lunga miseria; ma ora quanti aneliti di vita, quanta gioia di canti, quanto fervore di lavoro. Mi piace, di Giren, questo suo destino cristiano. La sera di'Natale siamo stati invitati dai tre missionari americani da lungo tempo insediati nel Gimmo in antitesi ai missionari della Consolata. (Avevano fatto le cose per benino davvero: squisita accoglienza, buon pranzo, infine l'alberello di rito, illuminato all'ima provviso, con cestelli di dolci a ogni rametto). Il discorso cadde su Gimmo e su Giren. Mai nessuna città nacque nel giorno della Natività, io credo — disse miss Mary Beam; e noi stessi, americani, mal avremmo pensato a tanta forza creatrice, a tanto ardire degli italiani. Davvero incredibile sembra questa modernissima apparizione di autocarri e di aeroplani, immenso è questo soffio di vita. Americani, noi pensiamo alla conquista del Far West dove creammo il lavoro e la vita dal nulla. O miss Mary, sorridente ragazza americana dedicata sportivamente alla redenzione del povero negro con i salmi e le tartine, miss Mary voi dimenticate che conquistatori del Par West sono stati anche gli italiani quando non avevano terra propria e empivano tutto il mondo. ' Koci "piccolo mercato,, Mi piace,' dì Giren, il suo destino. Antica capitale del regno del Gìmrha, rinasce, ecco, per diventar capitale dei Galla e Sidamo, la vasta ricca regione, gioiello di Africa. Dove erigerà le mura dei suoi edifici, delle sue ville, delle sue case? Descrissi alcuni giorni orsono il paese, brevemente, quando era ancora viva l'impressione del viaggio, della terra, dei suoi uomini. Conviene, ora che il suo destino matura, descrivere in ampiezza Giren, anzi questo gruppo di villaggi al quale diamo il nome di Giren. Koci è il primo dei tre villaggi, segnato al suo inizio da giardini di caffè e conchiuso dall'Auetu, piccolo fiume che scorre per gran tratto sotto le foreste del Gomma; Koci significa in galla piccolo mercato. Appunto, accoglieva i mercati di tutti i giorni meno il giovedì, giorno del grande mercato di Irmata. Le carovane del Gomma, del Guma e del Limmu portavano caffè e erbe fino a quattro o cinque anni or sono; poi Koci perdeva la sua caratteristica di mercatino, diremo rionale, per diventare quartiere straniero abitato da greci armeni indiani arabi. Irmata sorge all'altra riva dell'Auetu, Irmata o Mandarà com'è l'altro suo nome che era il nome della tribù galla proprietaria dei terreni, villaggio di oltre duemila abitanti, sede di commerci e del grande mercato del giovedì. Appunto il giovedì, a cominciare dall'alba fino al mezzogiorno file di muletti s'allineano sulla piazza'del mercato per deporre il carico. Vengono dal Caffa, da Saca, da Bonga, dalla lontana Magi; dopo due o tre giorni e perfino dieci giorni di cammino infine riposano, ma i carovanieri non godono della stessa sorte poiché deb bono cominciare a vendere e a comperare. I negozi sono animati, alla maniera etiopica. Grandi discorsi, minacce, scongiuri, urla, imprecazioni. Il negozio è fatto. Il giovedì tutta la vita di Irmata è nel quartiere del mercato: uomini e donne v'accorrono e ciascuno con il suo ombrellino, sicché la piazza n'è tutta coperta, come avesse cento e cento piccole cupole. In alto, sulla collina, è invece Giren, senza quartiere commereialet ojwsi. senza, abitatiti. Giren erdelelebacovàvineSoa natadededeastofibrdaAnuveorripgtosulaspraqreliaUvIosilaQspvtrlegGaspasigilgtepvGeeAacdpamsDccsEpsfemrvdscoGnbinsRvomvrgsmglgsdlLtblCddsGnglnqrmnnsgAdnrcri l o a , l è i o a e e n era l'arce del Gimma con la residenza, maserà, del sultano e con le dimore della guardia sultanale, quando c'era. V'abita, ora, Abba Dulia, il padre di Abba Giober, con la sua barba rossa e le sue vàrie mogli; e v'abitano i suoi servi e i suoi contadini. Artigianato, industria, niente, nemmeno gli elementi essenziali. Solamente, qualcuno che è stato a imparare il mestiere dai missionari della Consolata, costruisce tavoli e sedie con il legno giallo dell'uansa e con il legno bianco del cararò, tutt'e due pregiati e dei quali la regione di Gomma è assai ricca; e qualcuno tesse il cotone raccolto nei campì vicini e la fibra della musa ensete per fabbricar sciamma dal primo e corde dall'altra. Accanto alla foresta vergine Giren dovrà nascere alla sua nuova vita da questa non lieta povertà; ma appunto per questa sua origine, non avrà tradizioni da rispettare, sarà figlia del suo tempo. Accanto alla sua foresta vergine avrà i suoi edifici di cemento armato, più alte delle cime dei suoi sicomori avrà le antenne della sua radio, uscirà tutta nuova e splendente dal grembo della terra come per incantamento. Con quanta letizia, con quanto ardore, è attesa questa nascita. Bellissima sarà, come bellissimo, e ardito, è stato il concepimento. Un giorno che il sole fiammeggiava sulla piana, il colonnello LodoIo, sorretto da una cupola di seta, si iatictò dal suo aeroplano per far la prima esplorazione del terreno. Quale città è nata con simile auspicio celeste? Tre aeroplani sor volavano le colline e la piana men tre il colonnello Lodolo annotava le caratteristiche del terreno. La gente pensava al miracolo. Tutte nuove saranno le cose di Giren, ma non il giornale. Caso assai strano, in questo sperduto paese c'era un giornalista che era anche poeta, il greco Giorgio Gopsis, commerciante e locandiere. Il giornalista c'è ancora, ma non più il giornale che era un piccolo foglio che usciva quando e come poteva, soprattutto nei mesi delle pioggie quando i commerci lasciavan tempo al suo compilatore. Giorgio Gopsis annotava i fatti essenziali del regnò di Gimma, gli eventi storici, come la morte di Abba Gifar, l'ottantenne sultano, astuto reggitore del piccolo regno, commentava, in versi, le rapine degli scioani ai quali non sapeva perdonare i gravi disturbi ch'essi arrecavano al commercio. Il nome d'Abba- Gifar. 'rjcoure fissai spesso sut giornaletto del'greco. Del resto, il sultano meritava di comparire agli onori della cronaca per il suo senso politico e la sua saggezza che mai lo. tradì. Egli riesci appunto a mantenere per mofti anni l'indipendenza del suo paese; e quando dovette infine cedere alla forza di Menelik ebbe tuttavia alcuni privilegi, come quello di non vedere la sua terra presidiata dagli scioani. Pagava forte tributo, è vero, alla corte dello Scioa; ma chi non avrebbe scelto questa via invece dell'altra che portava diritti alla prigione o alla morte? Scomparso Abba Gifar, il piccolo regno ebbe i giorni contati: nè Abba Dulia, né Abba Giober poterono regnare, anzi il secondo andò a finire in prigionia, ad Ancober, da dove lo trasse, in libertà, la vittoria italiana. Re illuminato fu Abba Gifar, avveduto, sapiente. Il Cernili che fu ospite del sultano poco tempo prima della sua morte, nel millenovecentoventisette, conferma autorevolmente questo giudizio che il greco giornalista andava assai spesso ripetendo. Divenuto musulmano, Abba Gifar impose alla sua gente pagana il rito della mezzaluna, più die per sentimento religioso, per motivi politici, in opposizione appunto alle tribù pagane del Caffa organizzate a regime elettivo, secondo antica tradizione. La dominazione scioana livellò tutte le istituzioni, schiacciandole brutalmente, di maniera che ora le genti del Gimma e quelle del Caffa s'assomigliano, avendo perduto la caratteristica degli istituti differenti. Ma in verità la conversione all'Islam imposta da Abba Gifar alle tribù galla del Gimma non fu mai completa; l'antico paganesimo riviveva nel segreto delle famiglie, sia pure adattato alla nuova religione. E vive tuttavia questo paganesimo frammisto al rito musulmano, e con stranissimi accostamenti cristiani. Le donne di Gimma invocano la maternità dalla dea pagana Ateté ch'esse hanno identificato con la vergine Maria e la chiamano infatti Ateté-Marem. Sono stati i copti dello Scioa che hanno portato il nome della Vergine in questa terra? Paganesimo e cristianesimo hanno dato, per altri bizzarri incontri che sarebbe lungo esaminare, molta trama alla tessitura islamica del Gimma. aiariniflnaduena, Leono agliasitaAbbLeodessUnodremtirioe, ftremte dNdel mo che pacGirnei CrisLpLvaEl ziotutqumeItiegncinpaucdedariadi Jtua crpadeperitlochni fonuhafidmvabacecedilo didegocuspotriFpesua I Missionari primi Abba Gifar era molto diffidente degli stranieri; e i missionari molto tempo dovettero attendere prima d'entrare in Gimma. Fu monsignor Barlassina che, ereditando in ardenza di fede la missione del Massaja, riesci a persuadere Abba Gifar di accogliere i primi padri, solleticando la sua ambizione, il suo amor proprio di sovrano illuminato. Così vennero i primi missionari, fra i quali il padre Olivero ora qua nuovamente con i suoi scolaretti negri e la sua fabbrica di mattoni e di tegole e le sue coltivazioni modello di caffè; ma allora egli figurava quale farmacista, come gli americani della Interior Sudan Mission figuravano quali medici. Pazienti, tenaci, mai scoraggiati dalle difficoltà e dalle varie ostilità, i padri torinesi ebbero presto molti allievi i quali imparavano a leggere e a scrivere e i mestieri di fabbro, di tessitore, di falegname. Qualcuno diventava cattolico ardente e diffondeva la legge romana di Cristo nella famiglia. Abbiamo trovato così molti cristiani che ci hanno accolto on il più vivace entusiasmo. Ma l'entusiasmo veniva non solanto dalla fede romana ma anche al tenace ricordo di ardimenti, di roismi italiani ancor viui in queta terra. Tutti sanno il nome e onoscono la santa morte del saoiardo padre Leone, Abba Lion, rimo compagno del cardinal Masaia, e il nome di Cicchi e dì Chiarini, esploratori della regione cafflna. Insieme al Chiarini, tutt'e due. avvelenati dalla ghenné, regina, di Ghera, fu sepolto il padre Leone e ancor le sue ossa giacciono ad Afallo, in mezzo alla boscaglia. Il Cernili andò appunto a visitare la povera tomba segnata da Abba Matteos, erede del padre Leone, con un alberello di waddessa che è grandemente cresciuto. Uno di questi giorni anche noi andremo ìa visitare il luogo del martirio del Chiarini e del padre Leone e, forse, come per il Bottega, potremo udire il racconto della morte da qualcuno che era presente. Non abbiamo chiesto il prezzo del sangue: quella morte l'abbiamo vendicata con la pace romana che abbiamo portata. Da questa pace sorgono le città, nasce questa Giren nel cuore dell'Africa nera nei giorni sereni della nascita di Cristo. Alfio Russo

Luoghi citati: Afallo, Africa, Africa Dauno, Ancober, Dolo, Etiopia, Scioa, Somalia