Fucilata provvidenziale

Fucilata provvidenziale Fucilata provvidenziale Ci sono, nella Campagna romana, solitudini di cosi particolare tono e sapore, che, a girare il mondo, non ne trovereste altre da potersi paragonare. La qual cosa dimostra essere anche quella della solitudine una question più di spirito che di realtà, essendovi estensioni mille volte più grandi della Campagna romana, che non metton l'animo in quel particolare stato che si può chiamar pànico, un sentimento tra il grandioso e lo sgomento, capace di comunicare una sofferenza mista a uno strano piacere. Chi lo ha provato, non può fare a meno di riprovarlo : chi ha gustato il sapore amaro della solitudine in Campagna romana, ne sente la nostalgia. Tempo di marzo. Il cielo s'incupisce, diventa livido ; dopo un momento d'immobilità, ecco rovesciarsi, sotto la sferza del vento, pioggia e grandine. La campagna ne è sommersa. Non si discerné più un palmo lontano. I cacciatori che stavano sulle peste della selvaggina, sono costretti a rinunziare all'attacco. Grondano da capo a piedi. Vengono richiamati i cani. Se si può, ci si ripara in un anfratto; se no, si aspetta che passi, così, offrendo la schiena all'intemperie. Può darsi, infatti, che mezz'ora dopo, dal cielo sgombro svetti un bel sole lavato. E allora, sono schioppettate in mezzo alla macchia. Ogni volta, è come se si passasse dalla vita alla morte, e poi dalla morte alla vita ; la più deprimente oscurità e la più fulgida gioia della luce; cupezza angosciosa, ridente idillio di colon. Se il sole tramonta a cielo sgombro, è un incendio; poi un'ombra violetta si stende per le ondulazioni della pianura che lentamente si vela d'un leggero vapore. _ — Arnvederci Sparapalla, arrivederci Fulminante! — Tanti saluti. Non vuole che l'accompagniamo? — Ho compreso benissimo. Non occorre che v'incomodiate. Diritto fino a quel torrione, poi a destra. — La settimana ventura, dunque ! — Certamente, la settimana ventura. Mi accomiatavo da due cacciatori professionisti, nominati per non sbagliare un colpo, e mi dirigevo verso la solitaria stazioncina delle vicinanze, per prendere il treno e tornare in città. Stanco, bagnato di sudore e di pioggia insieme, andavo come ubbriaco, nell'ultima luce del crepuscolo, di null'altro desideroso che di sdraiarmi. Giunto al torrione diroccato, volsi, come m'era stato detto, a diritta, senz'accorgermi del fossato che interrompeva il sentiero. Vi caddi dentro, e, a causa della percossa, partirono due colpi dal mio fucile. Mi rialzavo, sorridendo dell'avventura, quando sentii gli strilli acuti di una don na. Fendevano l'aria • immobile della notte incombente con tan ta acutezza da fare accapponar la pelle. — L'ho ferita — pensai, rabbrividendo; e, riconquistate tutte le mie energie, m'ar rampicai sul margine del fossa to e in un attimo fui in piedi sul sentiero. Non riuscii, tutta via, a discernere subito la don na che continuava a gridare. Me la indicarono, finalmente, le ci me mosse di alcune macchie di pinastro. Mi precipitai, suppo nendola distesa in terra e grondante di sangue : la trovai, invece, raggomitolata su se stessa, con le orecchie tappate, ( soltanto la bocca aperta per urlare. — Dove siete stata colpita? Fatemi vedere! Lasciatemi guardare ! Ma le parole non riuscivano a nulla : passai ai fatti. La presi forte per le spalle, la costrinsi a distendersi. — Mi ha uccisa ! — cominciò allora a singhiozzare — Il fuoco m'è passato davanti agli occhi ! Mi ha sparato contro a tradimento ! — Chi vi ha sparato contro? — Gianni Spippa, perchè non lo voglio. — Gianni Spippa? E vi ha proprio uccisa? — Mi ha uccisa! Il fuoco m'è andato negli occhi. — Ma ci vedete? — Si, ci vedo. — Dunque, il fuoco non vi ha fatto nulla. Tranne che siate ferita altrove. Toccatevi, palpatevi, siete ferita o no? — Ma ho visto proprio il fuoco.- — Questo non significa nulla. Al tevi, camminate. Cosi, da brava... Si alzò, camminò; poi balbettò : — Meno male, mi ha sbagliata. A quest'ora dovrei essere morta. — Ma giacché siete viva e sana, non ci pensate più. Dove volete andare? — Oh, bella! Alla stazione. Mi aspetta mia cugina Lolla a Roma. Al paese, non ci torno più. Gianni Spippa me lo disse : — Se tu parti, ti-ammazzo! — Io son partita lo stesso, e lui, mantenendo la parola, ha cercato d'ammazzarjni. Ora che il sppalatustminunil tadsttaminSccinnaedbqcaatusrledncupindcgcagdlvMdalmcgd1scvEldtqt1ccdntngrlslpcpfnlilpARg olpo gli è fallito, se ne starà ranquillo. Che cosa ne dice lei? — Io dico pure così. Si mise a cercare qualcosa. — Che cosa cercate? — Oh, bella! La mia valigia. Era rotolata in mezzo agli pini : legata con una cordicella, pareva, piuttosto, un grosso saame. Se la mise sottobraccio, e utti e due ci avviammo verso la tazioncma. Quando vi entrammo, potei finalmente scorgerla n viso. Era assai giovane. Tra una cornice di capelli selvaggi, l suo viso esprimeva un'inquiea bellezza, illuminato a tratti da lampeggiamenti d'occhi di straordinario lume. Si mise a cercare nel suo poramonete con le dita ancora tremanti. Quando s'accorse ch'io, ntanto, le avevo preso il bigliet¬ to strfroramaceSpavMina leipammcale.cittese e glie lo avevo pagato, si morò molto commossa. Saliti in treno, ci sedemmo di onte l'uno all'altro. Poi, dunte il tragitto, vedendola cala, cercai più volte dì convinerla che non era stato Gianni pippa a sparare e che nessuno veva mai pensato di ucciderla. Ma non ci fu verso di. farglielo tendere. Gianni Spippa, che la voleva ogni costo, s'era — secondo i — appostato, attendendo che assasse. Vedendola, aveva mororato : « Marianna, tu a Roa non ci vai ! » e aveva scariato tutti e due i colpi del fuci. Or che giungeva incolume in ttà, pensava volentieri all'atntato che l'aveva liberata per empre da Gianni Spippa. Rosso di San Secondo nrpsdmmcrcetscndstcnerce

Persone citate: Gianni Spippa

Luoghi citati: Roma