Dalla prosperità al collasso

Dalla prosperità al collasso L'economia della Palestina Dalla prosperità al collasso (NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE) Gerusalemme, gennaio. La depressione economica, che travaglia, da anni, In maniera più o meno sensibile, quasi tutti i paesi del mondo, sembrava dovesse arrestarsi per sempre alle soglie della Palestina. Entro le frontiere di Terrasanta si godeva, Infatti, sino al 1935, di un'eccezionale prosperità. Certo, non era ancora il ritorno a un'età dell'oro in cui, al dir della Bibbia, in ogni solco scorreva latte e miele. Ma era, tuttavia, un esempio più unico che raro di uno Stato il quale, benché con una popolazione di poco superiore al milione, riusciva a mantenersi immune dal contagio della crisi universale. Si sarebbe quasi detto che la Palestina fosse diventata, economicamente parlan do, un popolo neutrale, refrattario al rischi e alle ripercussioni della politica finanziaria del vecchio e del nuovo mondo. La solidità della sua situazione materiale balzava facilmente agli occhi degli osservatori che si fossero data la pena di raggruppare in un quadro riassuntivo le statistiche sia private che ufficiali intorno agli sviluppi dell'Industria e del commercio in questi ultimi anni. La bilancia degli scambi segnava un fenomeno che bastava da solo a illuminare di sano ottimismo tutto il panorama economico del paese. Le Importazioni, che altrove erano diminuite In media del 40 per cento, in Palestina, Invece, si erano abbassate soltanto di una percentuale del diciassette. E, inoltre, questo tracollo non era stato determinato da una corrispondente riduzione nel consumo, bensì da un proporzionale aumen to della produzione interna, Viceversa, la colonna delle esportazioni, che negli altri Stati era andata declinando del due quinti, In Pa lestina aveva avuto un rialzo del dieci per cento. Afflusso di capitali Non meno significativo sul quadrante dell'economia generale del paese era l'indice che seguiva il diagramma del lavoro. Benché in questi ultimi anni l'afflusso della immigrazione ebraica sia andato sempre più accentuandosi, convogliando tra le sue ondate un forte contingente di operai, il numero complessivo dei disoccupati non solo non era aumentato ma era, anzi, diminuito fino ad una cifra trascurabile. Si poteva, quindi, diri che 11 flagello sociale della disoccupazione in Palestina era quasi completamente sconosciuto. A tutto questo si aggiunga che l'edilizia e la cultura degli aranci erano entrate in un periodo di ripresa ascensionale e che quasi tutti i rami dell'Industria e del commercio segnavano sviluppi sempre più progressivi. L'unica ombra projettata sul quadro generale era la situazione del contadini, che lasciava ancor molto a desiderare. Le cause che potevano spiegare il benessere di privilegio di cui godeva la Palestina erano di varia natura. Innanzitutto bisogna e lencarvi l'affluire del denaro dall'estero. Gli Ebrei, da buoni finanzieri, ritengono più sicuro investire 1 loro risparmi nelle imprese della loro £ "de Nazionale, anziché esporli alle incerte fluttuazioni dei titoli europei ed americani. I fallimenti di tante Banche nel vecchio e nel nuovo mondo non hanno fatto che ingrossare sempre più l'esodo dei capitali israeliti, che hanno preso istintivamente la via della Palestina. SI pensi che In un anno solo furono destinate alle piantagioni degli aranceti nientemeno che 1.700.000 lire sterline, mentre 200 mila furono assorbite da costruzioni di case nella sola città di Tel-Aviv. Inoltre I depositi negli Istituti di Credito erano aumentati in dodici mesi del venti per cento e la maggior parte dei loro titolari erano persone che vivevano all'estero. Finalmente bisogna ricordare, a questo riguar* do, anche un altro dato di fatto. Il Governo lasciava entrare senza difficoltà in Palestina chiunque possedesse un migliaio di sterline. Ora, una somma di questa portata non rappresenta forse gran che in Germania, in Inghilterra o negli Stati Uniti, ma in Terrasanta essa basta a rendere possibile una discreta sistemazione di vita per modesti artigiani. La crisi Cosi si spiega l'incoraggiamento dato a tapti Ebrei, piccoli borghesi d'Europa e d'America, perchè si decidessero a immigrare verso la terra del loro antenati, recandovi tutto il loro peculio domestico. Questo minimum di capitale richiesto dalla Potenza Mandataria a chiunque intendesse venire a stabilirsi in Palestina serviva anche, in maniera automatica, da elemento di selezione. Non erano più le masse degli Israeliti dell'Europa Orientale, che salpavano alla volta di Giaffa con le stimmate della miseria sulle carni, ma nuclei di benestanti appartenenti ad una classe sociale un po' più elevata. • Ad aumentare l'afflusso del denaro straniero negli investimenti in Palestina aveva concorso indi Bcutlbllmente anche il fenomeno dell'inflazione monetaria. Il deprezzamento della valuta palestinese, legata mani e piedi alla sterlina, aveva aumentato la richiesta del prodotti del paese sul mercati esteri. La coincidenza dell'Inflazione con l'afflusso dei capitali aveva raddoppiato i benefici materiali In Terrasanta. Ma col 1D35, le cose cambiare no notevolmente anche in Palestina. Fu il vero anno cruciale per la situazione economica del paese della Bibbia. Tutti ricordano ancora a Gerusalemme l'ondata di panico che si abbattè sullo Banche, affollando ai loro sportelli i creditori ansiosi di prelevarsi i loro depositi. L'incubo durò a lungo, tenuto in vita artificialmente da allarmisti interessati. Come con¬ stscscgeranevatucudeinvegdencoulachMcnbstsutotacbZqilslacsstl'dsi srgmnvbdgrsdbgchvcclpcvmnreiqdgralzdfnmvvssctta traccolpo inevitabile si ebbe un forte ristagno nell'edilizia. Fallienti a catena cominciarono a rofilarsi tra le piccole ditte. Funo mesi di collasso Iniziale. Poi la fiducia, anima insostituiile di ogni forma di commercio, embrava rinata e 11 giro degli afri pareva essersi rimesso in sesto un po' dappertutto, quando scoppiavano 1 torbidi dell'aprile scorso. Un semestre di sciopero generale da parte degli arabi paralizzava per tre quarti la vita generale del paese. Il terrorismo dava 11 colpo di grazia al traffico dei turisti. I danni materiali che si ac cumularono sul bilancio economico della Palestina furono enormi e incisero profondamente sulla proverbiale prosperità di Terrasanta già messa a dura prova dai rovesci del 1935. Le piccole industrie soffrono in maniera più visibile le rudi conseguenze. Mostrano i segni di un grave esaurimento che ne mina la fibra a poco a poco. Non siamo, certo, ancora sulla china di una vera crisi. Ma se ne sentono in aria avvisaglie che non promettono nulla di buono. Qualche cosa scricchiola nell'ossatura commerciale del paese. I suoi sostegni fatti a puntello sanno troppo d'artificio per infondere un senso di tranquillizzante sicurezza. Se l'immigrazione su larga scala del capitalisti ebrei dovesse avcrc un tempo d'arresto, non è azzardato prevedere che la situazione generale dell' economia palestinese ne subirebbe una scossa preoccupante. E ciò spiega forse perchè non pochi specialisti si ostinino a dire che il polso degli affari In Terrasanta batte con ritmo vigoroso ma, ciò non ostante, non si può dire con certezza se il sangue che circola nelle vene dell'organismo economico della Palestina sia proprio completamente sano o non rechi invece tra l suol globuli bianchi e rossi dei microbi di malattie infettive destinati a far sentire, a breve o a lunga scadenza, gli effetti del loro malaugurato potere. P. Alessandri p

Persone citate: Alessandri