Domani dopo 22 anni Mooney uscirà dal carcere

Domani dopo 22 anni Mooney uscirà dal carcere GIUSTIZIA AJggJttJCAilTA Domani dopo 22 anni Mooney uscirà dal carcere E da ventidue anni, tutti, giudici e pubblico, sono sicuri della sua innocenza ; | j | : ! | e i a n New York, 30 dicembre. Thomas Mooney uscirà dal carcere dopodomani, l.o gennaio. Il governatore della California ha detto oggi che sa questo fatto indirà, dal 2 al 16 gennaio, un referendum popolare. Ricordiamo i fatti. Nel 1916. a San Francisco, una bomba esplosa durante una dimostrazione, uccideva nove persone. Thomas Mooney, indiziato, veniva tratto in arresto e, pur avendo dimostrato di non poter essere colpevole, veniva condannato all'impiccagione, per soddisfare l'opinione pubblica che esigeva un colpevole. La pena veniva poi commutata nel carcere a vita. Il giudice e i giurati, pur convìnti della Innocenza di Mooney, da allora, non hanno mai più potuto ritornare sul verdetto. Solo il nuovo Governatore della California, Culbert L. Olson, come si è detto, assumendo la carica il l.o gennaio, riparerà allo straordinario errore giudiziario. Duecento ricorsi Thomas Mooney uscirà quindi di prigione fra due giorni, dopo ventidue anni di detenzione. Duecento ricorsi di grazia a suo favore erano stati finora respinti e il condannato, da parte sua, aveva rifiutato, nel 1932, una libertà provvisoria « sulla parola » offertagli, dichiarando che non sarebbe uscito di carcere se non graziato legalmente. La storia di Thomas Mooney, 11 « Dreyfus americano » è quella del più grande errore giudiziario che sia stato commesso dalla Temi americana. Ecco i fatti. Siamo nel 1916. Le notizie che giungono dall'Europa sono preoccupanti. Francia e Inghilterra lanciano appelli al popolo americano. Le notizie della guerra europea coprono le prime pagine dei giornali. A Washington, a New York, a Los Angeles, dimostrazioni di popolo reclamano che un aiuto sia portato agli Alleati. Il 22 luglio, duemila giovani sfilano per le vie di San Francisco. Improvvisamente, una terribile esplosione squarcia la via. Dei corpi sono proiettati in aria. La folla è presa da un pànico Indescrivibile. Che succede? Degli aeroplani tedeschi su "San Francisco? E' impossibile! U terrore è tale che passa un'ora prima che le vittime vengano raccolte dal suolo. Nessuno osava più avvicinarsi al luogo della sciagura per timore di nuove esplosioni. La polizia constata che una mano criminale aveva nascosto una bomba in una conduttura. Lo scoppio ha fatto nove morti e diverse decine di feriti. La folla, a poco a poco si riprende, tumultua chiede la testa del criminale. Ma chi è 11 colpevole? La furia popolare sceglie come vittime espiatorie alcuni innocenti negri che vengono immediatamente linciati. Intanto la polizia ha messo le mani su un uomo, un agitatore ben noto negli ambienti operai di San Francisco: Thomas Mooney, oriundo irlandese, che, alcuni giorni addietro, aveva parlato in un comizio pacifista. Con lui è arrestato un suo amico, tale Warren Mllling. Il Tribunale di San Francisco, al quale l'opinione pubblica chiede una punizione esemplare, accelera la procedura. Thomas Mooney protesta la sua innocenza e fornisce un alibi notevole: nel momento dell'esplosione egli si trovava, con degli amici, sull'alto di una impalcatura, da dove osservava la manifestazione. Invece di convincere i giurati, quest'asserzione è ner lui schiacciante: lo si accusa di aver assistito freddamente agli effetti dell'attentato. Una- prova che non è servita L'accusato che, al momento del suo arresto, aveva in tasca una macchina fotografica di cui si era servito durante la dimostrazione, chiede che sia fatta sviluppare la pellicola per provare che egli era lassù fra una piccola folla d'amici. Gli autori di un delitto non avrebbero evidentemente predisposto una documentazione fotografica che avrebbe potuto coinvolgere nell'affare tante parsone. Ma la pellicola, con sorpresa generale, prova di più ancora. Una delle fotografie, presa da un vicino, mostra Mooney e i suoi compagni sull'impalcatura, proprio davanti ad un orologio e l'ora è quella di due minuti prima dell'esplosione. Dunque, poiché la bomba non era stata accesa con un meccanismo d'orologeria, ma con una miccia, è evidente che Mooney non può essere stato l'autore dell'attentato. Fuori, intanto, dell'aula, la folla, che non può seguire il dibattimento, urla, feroce: « La forca! La forca! ». I magistrati sentono le grida. Essi sanno che se Mooney non sarà condannato la folla sfogherà stsWtecpdtisptdtptnvEddna su di loro stessi la sete di vendetta. Passano pochi minuti, la decisione è presa: Thomas Mooney e Warren Billing saranno impiccati. La folla urla di gioia. Mooney e il suo complice saranno impiccati! Il verdetto è sembrato però troppo severo a Washington. Il Presidente della Corte Suprema si interessa del caso, Interviene presso il Presidente degli Stati Uniti, Wilson, perchè venga accordata una proroga all'esecuzione della sentenza. Quarantotto ore dopo si annuncia che l'impiccagione è stata differita. Poi, mentre i primi contingenti americani si imbarcano per la Francia, quasi segretamente, per non eccitare nuovamente l'opinione pubblica, Thomas Mooney e Warren Billing sono graziati e condannati alla detenzione a vita. > Thomas Mooney non si lamenta. Egli si limita sobriamente a dichiarare che la Giustizia ha commesso, un errore. Ed è un prigioniero modello. Il direttore del carcere, che deve, ogni settimana, redigere un rapporto sulla condotta del prigioniero, ne scrive tanti elogi che le autorità, diffidando di un atteggiamento cosi remissivo, mandano un plotone di guardie per esercitare una sorveglianza continua Dopo la guerra Arriviamo al 1919. La guerra è finita. Delle dimostrazioni si svolgono a San Francisco per chiedere la grazia del prigioniero. Ma il Governatore, P. H. Kelly, resta inflessibile. Gli anni continuano a trascorrere. Tutte le settimane, il carcerato riceve la visita della moglie e della figlia. Ad ogni elezione presidenziale, la signora Rena Mooney si reca a Washington per supplicare il nuovo Presidente di graziare suo marito. Ma, ahimè, solo il Governatore dello Stato può accordare quella grazia. Tutti i Presidenti sono d'accordo perchè il processo sia riveduto, ma nessun Governatore dà il suo consenso per la revisione. Uno di questi dichiara chiaramente di temere che le famiglie delle vittime del 22 luglio 1916, sempre pronte a vendicare il loro morti, siano decise, "nel caso della liberazione di Mooney, di far espiare il delitto a qualcun altro, magari allo stesso Governatore che ha firmato la grazia. Ecco una ragione che spiega perchè il posto di Governatore della California non sia mai stato troppo conteso nel periodi elettorali. Nel 1924, la madre di Mooney muore. Al condannato viene negata l'autorizzazione di recarsi alla sepoltura. Apprendendo questo rifiuto, i detenuti nel carcere di Saint Quentin si ammutinano. Ragione di più per rifiutare la revisione del processo. Cosi passano altri anni ancora. Alcuni mesi fa, un gruppo di magistrati presentava un ricorso di grazia. La Camera Bassa lo accettava, ma la Camera Alta lo respingeva, benché il giudice e gli undici giurati che 22 anni fa condannarono Moo-. ney riconoscessero ora 11 loro errore. Poche settimane addietro la signora Mooney, le cui energie non sono state fiaccate da ventidue anni di Insuccessi nella lotta per liberare 11 marito, apprende che il candidato democratico al posto di Governatore della California, ha dichiarato che se riuscirà eletto farà liberare Mooney. La povera donna va a visitare l'uomo politico e questi la rassicura: se egli sarà eletto, Mooney riacquisterà la libertà. Ognuno immagina con quale trepidazione la famiglia Mooney attenda il responso delle urne. Ma stavolta l'attesa non è vana, Culbert L. Olson è eletto Governatore della California. Egli entrerà in funzione il 1° gennaio e, mantenendo la parola data, ha annunciato che nella seconda settimana di gennaio sarà ordinato un dibattimento pubblico a Sacramento per pronunciare la grazia. Nella sua cella, dopo ventidue anni di patimenti, l'uomo, che da tempo ha perdonato ai suoi giudici, ha detto al guardiano che gli annunciava la buona notizia: « Errare è umano... » e, impugnata la penna, ha cominciato a scrivere quello che sarà l'ultimo capitolo di una sua « Storia politica del mondo, vista da una prigione », opera che un editore si è impegnato a pubblicare.