Tutto d'un pezzo

Tutto d'un pezzo Tutto d'un pezzo Bj* Il professore Ambrosio Nucci, insegnante di storià'delì'arte, appena rispose al saluto dei colleglli :;« se ne andò aggrottato, ruminandosi le parole del nuovo direttore, di quel pivello. Roba da pazzi. E già stava per prorompere in mute invettive, quando si ricordò che tanto, a casa, si sarebbe sfogato con la moglie. La mite signora Giulia era infatti solita agli sdegni del marito. Una volta l'aveva visto rincasare con un volto dimesso, un vago sorriso dietro gli occhiali: sùbito gli aveva chiesto stai poco bene; e nella notte... Ma ■poi, non ancora -convalescente, all'udirlo inveire contro medici e Speziali, la poveretta aveva finalmente potuto alzare gli occhi al soffitto, Signore Vi ringrazio. Ora, il suo Ambrogio, già borbottava fin dal vestibolo: — Il nuovo direttore? Roba da Spazzi, l'avessi sentito. Il nostro Se un liceo privato, dovrà rispon|<Iere a ogni esigenza della clientela. Clientela, capisci ? La nostra missione culturale, ridurla a... Come se già mi costasse poco, insegnare a quegli idioti. C'è una «ola fortuna : che siamo alla fine dell'anno. Sempre la moglie lo ammirava, lo confortava; e soprattutto lo confortava ammirandolo. Gli ripete del suo privilegio, di poter sentire, di poter soffrire a quel modo: perche era dei pochi ad avere una coscienza, un caratte! re, perche era un uomo tutto di un pezzo. Il professore approvava. Quando, dopo le vacanze, il li ceo si riapri, fu uno scandalo. Le pareti delle aule ridipinte in un violento arancione, le lavagne in cornici di metallo cromato; nelle camere per gli allievi certi lettidivano, alla turca, che il Nucci definì osceni ; l'atrio pareva un bar; e fuori, praticelli pettinati e vialetti impettiti, attorno a una piscina e a due campi di tennis. La sera, sul frontone, una scritta luminosa, come l'insegna di certe taverne — disse il Roc cati, insegnante di fisica, che in gioventù era stato a Parigi ; e la domenica, sui giornali, u rinomato istituto apparve entro il ri quadro di un annuncio, Posizio ne incantevole 950 m. sul livello del mure. — Un albergo — urlava il Nucci — un albergo per pulcini di lusso; e noi, sguatteri. M staremo a vedere. Il giovane direttore, poi, abbronzato dal sole estivo, con certi calzoni bianchi fluttuanti sotto magliette d'un bel celestino; aveva sempre molte telefonate da fare. E i nuovi allievi, a frotte. Non appena arrivati cniedevano se c'era anche la radio, quanti ping-pong, se già in novembre si poteva sciare. Di questo passo non si sa dove andremo a finire — sbraitava il Nuoci. La cancrena della corruzione sì sarebbe im padronitadell'istituto; la missione culturale degli insegnanti sarebbe stata ben presto alla mercé dell'arbitrio ; e infatti, dopo pochi giorni, il Roccati era stato chiamato a conferire con il signor direttore. Stava esaminando un paio di sci, finì di dettare una lettera: o Confidiamo pertanto che fra i nostri allievi la V/ Ditta potrà collocarne una cinquantina di paia, gradite eccetera ». Poi, trastullandosi con un bastoncino, disse che la fisica era una mate ria importantissima, d'accordo; ma non ci si doveva creare una fama d'assurda severità, di feroce intransigenza. Già gli allievi si lamentavano. Insomma, non voleva esagerazioni. Il Roccati, tremando, diceva Ir» scienza, la scienza. Però, alla fine del primo trimestre, per la fisica vi fu un solo cinque ; e anche per le altre materie, un idillio. Tranne storia dell'arte : un sette, un sei, e poi una grandine di due e di tre. Il direttore, al Nucci, nemmeno una parola. (Doveva averla capita, che con lui non c'era niente da fare). Radunò il consiglio dei professori, si disse assai soddisfatto; quelle poche deficienze, al secondo trimestre, sarebbero certo scomparse. Intendeva inoltre autorizzare la tardiva iscrizione di altri nove allievi, previo esame, s'intende; così il collegio sarebbe stato « al completo i». — E così potremo metter fuori il cartellino del tutto esaurito — disse forte il Nucci, ancora nel corridoio. gadsTgdds Doveva ormai prendere, ogni sera, per il fegato, ventisette goccie in un bicchier d'acqua ; e a ogni mezzodì, ricasando, salutava la sua Giulia con un roba da pazzi. Uno m'ha detto che Ramsete II doveva essere uno scultore, tre, gli ho dato; un altro è venuto a cantarmi che il Tintoretto è pregevole per la sua grazia settecentesca, due, gli ho dato. Staremo a vedere, come andrà a finire. Era però evidente che^l direttore molto lo rispettava. Mai un accenno, mai la minima allusione ; ma un deferente riserbo, molto deferente. La forza d'un carattere, l'energia d'una coscienza avevano finito per ini])orsi : mentre gli altri, sciagurati, giù a capo chino, pronti a promuovergli tutti i clienti. Sùbito dopo le vacanze di Natale, una letterina, cortesissima. Lo pregava d'un breve colloquio, se ne scusava, lo ringraziava, lo ossequiava. E sùbito si era alzato, 1 aveva pregato d'accomodarsi, gli aveva chiesto notizie della sua signora ; e congedava la dattilografa, voleva avere il piacere di restare un poco con lui, ascoltarne suggerimenti e consigli, troppo ne ammirava la dirittura, "a vasta preparazione, la profonda esperienza : lo pregava infine di voler presiedere la commissione che avrebbe esaminato i nuovi allievi. E lo guardava, con un limpido sguardo di buon figliolo, quasi temendo un rifiuto —. deferente, crédimi Giulia, è stato deferentissimo. Quando il professore era giunto, l'altro, dinanzi a tutti, gli era sùbito andato incontro per accompagnarlo al suo posto, al centro della lunga tavola. Si era poi allontanato, per un doveroso riguardo ; guardava da una finestra i monti bianchi di neve. Ed era'cominciata la litanìa delle domande, delle risposte. Quasi a ogni nuovo allievo il direttore veniva, per un istante, a chinarsi all'orecchio del Nucci ; gli confidava, sottovoce, che bestie; e quello a sussurrargli d'aver pazienza, poveri figlioli, si sarebbero certo ripresi durante l'anno. Però, quella signorina, sfidava ogni sopportazione. Alla prima domanda aveva risposto chiedendo a sua volta: il Pollaiolo?, e s'era stretta nelle spalle listati di pelliccia, attenta sfilandosi da un dito un anello. Svelto il direttore s'.avvicinò: — Come sta, lo zio? - E senza badarle si chinò a sussurrare al Nucci, con noncuranza : — E' la nipote del senatore Rossi, di Sua Eccellenza. Il senatore Rossi, ex-onorevole, ex-ambasciatore, ex-ministro, un mausoleo di ex. Il Nucci ebbe un brivido. Quando si riprese, scrutò quell'altro; ma gliene giungeva uno sguardo d'intesa: nessun riguardo, per carità. Chiese allora quali fossero le differenze fra lo stile jonico e il dorico. Era però distratto, quasi non udì quel balbettìo ; e passò in fretta a un'ultima domanda, un po' più generica, le necròpoli egìzie. La signorina si confortò, prese l'aìre, le piramidi e la sfinge, lei c'era stata, le aveva vedute. — Siete stata in Egitto, voi ? — chiese diffidente, incredulo, il professore. — In crociera. Con lo zio. — E quando? — Due anni fa. — Per ragioni di studio? L'altra annuì, chinando il capo, arrossendo. Ma il direttore faceva cenno di tagliar corto, nessun riguardo, per carità. Il Nucci lo chiamò a sè, per sussurrargli che la signorina aveva però compiuto un viaggio di studi', di cultura, era stata sui luoghi. E - vediamo un po', vediamo un po' - le chiese della sfinge. La ragazza si morse le labbra ; e sbattendo le palpebre cariche di rimmel disse del celebre monumento, dall'interno misterioso, con molte opinioni controverse circa, circa le strutture, per esempio s'entrava-da una porticina, una porticina. „.* — Vi siete entrata, voi ? — Sissignore — rispose di slancio, convinta. Poi tacque, tranquilla; é s'assestava la veste sul grembo, come per accomiatarsi. Intanto il direttore mormorava che si doveva dare un esempio, il troppo è troppo, nessun riguardo, per carità; e il Nucci sotto¬ vrmdmdsifpoqsczrdspvaspRstsSsngdavcunismvgCUcscstcnrtodddazicscstnteinsasdamufssdcsmvedcdpSmchl'ecisintopmrncsSslaops voce lo calmava, forse la signorina era un po' timida. * * La sera stessa lo prese un po' misterioso in un canto, per chiedergli la sua schietta opinione, ma schietta, sul Guenda, un padreterno, un professore d'università. Il Nucci si guardò d'attorno, fu ben sicuro che nessun altro potesse ndirlo ; e, gli occhi negli occhi, proclamò che, in coscienza, quello era un pallone gonfiato, scriveva sui giornali cose da pazzi. Il direttore consentiva-, l'incoraggiava, erano perfettamente d'accordo. Ma al mattino non potè nascondergli il suo imbarazzo. Sapientia nova, sì, una buona rivista, desiderava una recensione all'ult imo volume del Guenda, sui fiamminghi. Intendiamoci: pane al pane e Vino al vino: una recensione severa, onesta, come soltanto lui poteva scrivere. Il professore rimase senza fiato. Pubblicare. Il suo sogno. Riuscì a chiedere, un po' arcigno : — E dovrei firmare? Quello tornava a inchinarsi, con un deferente sorriso ; e poco dopo, a casa, l'altro non si stancava d'ascoltare la sua Giulia, che non si stancava di ripetergli : — Con il tuo ingegno, te T'ho sempre detto, di farti valere. * * In settimana il manoscritto partì. Cominciava « L'illustre, insigne Maestro, che onora le nostre discipline ». — Crédimi, Giulia, l'ho giudicato male — diceva ancora una volta il Nucci alla moglie, tornando a parlarle del direttore; in coscienza, l'aveva giudicato male. Anche quei suoi sistemi, un po' sconcertanti da principio, in fondo in fondo erano agili, moderni ; ed era proprio contento che, per il.secondo trimestre, quei ragazzi si fossero messi di buona voglia. Tranne uno. Ma anche quello, curandolo... Mario Cromo tlvstvvsdtotmangietmtptmccss

Luoghi citati: Egitto, Parigi