La nonna

La nonna La nonna La scala era buia: una lampada con il filamento a carbone illuminava soltanto la prima rampa, per questo Americo si sporse dalla ringhiera: «Venite pure su, dottore » diceva, quasi le sue parole potessero aiutare a veder meglio. Appena in casa, con premura untuosa guidò il dottore nel salotto. «Desideravo spiegare di che si tratta » cominciò a dire impacciato e combattuto dalla paura di mostrarsi troppo invadente o troppo disinvolto. L'altro gli rispose cou una occhiata stanca, sedette sulla prima seggiola che vide, senza aspettare nessun invito. «Devo dire — riprese allora» Amerigo — che noi abbiamo avuto una grossa disgrazia tre anni fa: il mio figliuolo, l'unico, è morto. Un incidente di montagna, aveva ventidue anni. Son cose che segnano la vita d'una famiglia, c'è da non riprendersi più». Tacque un momento, come per mettere un distacco tra queste e le altre parole che avrebbe detto. Si schiarì la voce che stava per farsi rauca, e, quasi cominciasse a dire notizie apparentemente non legate a quel preambolo, continuò: «Da allora la nonna vive con noi. La nonna di mio figlio, la madre di mia moglie. Ha settantanni, quasi. Da allora, dico da quando capitò la disgrazia, ebbe piccole manìe, aveva nascosto tutti gli abiti, la biancheria, i libri di mio figlio in un solo armadio, e ne custodiva la chiave. Ogni giorno vi rimetteva ordine, ma era inutile, perche già tutto era in ordine. Poi prese a scrivergli lunghe lettere, e voleva che le si dicesse l'indirizzo per spedirle. Qualche volta aveva attacchi di nervi, reazioni nervose (non so, posso essere inesatto), perchè non riceveva risposta. Mia moglie le portava allora delle cartoline da lui scritte un tempo, e ciò bastava ». Il dottore, fosse annoiato da ueste lunghe ed ancora inutili piegazioni, fosse in disaccordo ull'inganno usato, scosse il capo Amerigo rimase a guardarlo, empre pensieroso. In quel sienzio, fatto ancor più desolato dalla penombra ili cui era il salotto, s'udì un lungo gemito, uniforme, cou eguale tonalità all'inizio e alla fine : pareva un cantante che provasse una nota. _« Fa così da un paio d'ore» spiegò Amerigo. «Da quando, finita la cena, cominciò a dire che il campanello della porta sonava, e ad imprecare perchè nessuno andava ad aprire. Insiste nel dire che lui era arrivato, e noi non gli abbiamo aperto. Adesso si lamenta ». Amerigo abbassò il capo, quasi volesse lasciar'più solo il dottore nelle decisioni che stava per prendere. Ma questi, senza dar peso a quanto aveva sentito narrare, disse brusco: «Vorrei vedere la ammalata » e si alzò di scatto, come spinto da una subitanea premura. L'appartamento era vasto, complicato, da una camera si passava in un corridoio, e poi ancora in una camera ; dappertutto era odore d'aria viziata, ed anche i mobili parevano da molto tempo non vedere il sole, messi alla rinfusa e sporchi ; finalmente, davanti ad una porta, Amerigo annunciò: «E' qui». Accanto al letto era una poltrona- logora ed antica, la vecchia vi stava seduta, con un atteggiamento inquié; to, protesa da un lato, come chi è pronto a scattare ad un richiamo. Vicino era un'altra donna, e Amerigo susurrò al dottore: «Mia moglie». Ma il dottore non la guardò senza cerimonie si mise di fronte alla vecchia, e, mentre ordinava di aqcendergli un'altra lampada, la scrutava. Con tono esageratamente cordiale, disse: «Buona sera, signora » e diventando quasi insolente « che cosa è capitato ? Anch'io vorrei^ saperlo, e forse riusciremo a spiegarci meglio come stanno i fatti». La vecchia non pareva preoccupata della presenza di quello sconosciuto. Era piccola, minuta di scheletro, da uno scialle che le copriva la te sta uscivano aride ciuccile e tutto il volto ne era ricoperto; a quell'incuria si aggiungevano i guasti dell'età, per cui gli antichi tratti erano alterati in un modo desolante e caricaturale ad un tempo. (La vecchia mosse due o tre volte un braccio, spazientita : «Io stavo seduta a tavola» disse con voce biascicata, «e avevo finito di mangiare. Proprio mentre la Dina entrava a portare il caffè, cominciò a sonare il campanello», e, in queste parole, si sentiva la noia di dover ripetere la stessa cosa molte e molte volte. «Può darsi» insinuò il dottore, « può darsi che sia stato vero. Ma, anche, può essere suggestione».1 Era evidente che, da questo cauto inizio, il discorso avrebbe poi preso un'altra strada; però la vecchia fu pronta a reagire : « Qui nessuno sente, qui nessuno pensa che l'Angelino possa tornare. Da tre anni mai ho sentito il campanello sonare, qui non ci viene mai un'anima. Se dico di aver sentito, vuol dire che ho sentito Certo, lui avrà aspettato un po' e poi se ne sarà andato via. Ha sonato tre volte, come faceva sempre: due colpi brevi, e l'ultimo più lungo. Se la Dina fosse andata sùbito ad aprire...» «Ma è andata» disse la figlia « Non è vero, non è vero : bu giarda. Nessuno vi è andato » rispose, con un'avida luce negli occhi, la vecchia. «Ha sonato tre volte, e avrà aspettato dieci minuti, o anche di più. Bugiardi, siete bugiardi » e agitava il braccio, rabbiosamente convinta di quanto affermava. Il dottore, avesse compreso che sul momento inutili sarebbero state nuove parole, o rimandasse altre decisioni a tempo più propizio, tolse dalla tasca un libretto nel quale, da un lato, era anche la stilografica, e, mentre scriveva, commentò: «Per passare la notte, basterà questo. Domani si vedrà : niente di grave e si possono trovare diverse soluzioni » Quando tacqu'e, tutti sentirono il peso di quel silenzio angosciato, in cui la notte profonda si vilificava di brusii indefiniti e lon¬ tssunrctlctrltttzgd.tubieltzgpliessedammqAudmd tani, schegge di rumori misteriosi; fu una brevissima pausa fastidiosa, dalla quale per prima uscì la vecchia. «Certamente tornerà ancora » disse con voce serena, in cui era la più ragionata convinzione, «e dovremo stare attenti, anzi bisognerebbe avvisare la Dina, che stia alzata ». La vecchia guardava ad uno ad uno quei tre che le stavano attorno e pareva stancamente addolorata che le sue parole non venissero ascoltate. Ad un tratto, fissò ildottore, quasi lo credesse il più attento. «Eh, non sono ancora pazza, se mi credete pazza, vi sba gliate» disse adagiandosi comò damente sulla poltrona. «Ma sta . i • :* \te tranquilli », riprese sempre più i u„.,„-;„ .. ^ L~ d! bonaria «quando sonerà àncora,\vio vi avvertirò. Potete aver fidu eia in me ». La moglie di Amerigo, a quelle calme parole, divenne pàllida, tremava scossa da brevi singhioz zi, e, voltando la faccia come fug I I gisse una vista dolorosa, cerco\più che appoggio, riparo contro1 la spalla del marito. Amerigo, impacciato da quello spettacolo, e anche dalla moglie che ora gli stava addosso spaventata e lo stringeva in un abbraccio in cui era soltanto disperazione, si sentì dire all'orecchio: «Portami via, adesso che torna ad essere calma mi fa più paura. Era meglio prima, quando urlava indemoniata, quando si capiva ch'era pazza. Aiutami, andiamo di là». Il corridoio era buio e vuoto, pareva non dovesse condurre in nessun luogo, e Amerigo provò j un improvviso smarrimento. L'u dito, involontariamente teso, percepiva rumori inesistenti ; e nelle orecchie quel notturno silenzio a poco a poco s'incrinava, contro ogni realtà. La Dina, che allarmata da quel trambusto accorreva, si sentì afferrare al braccio da Amerigo, e vivacemente fermata. «Va alla porta» le disse ■ va i vedere». Aggiunse anche, più indispettito verso se stesso, che per quello sguardo meravigliato della donna: «Può darsi che abbia ragione». Enrico Emanuel!!

Persone citate: Americo, Enrico Emanuel