Rutenia o Ucraina subcarpatica? di Guido Tonella

Rutenia o Ucraina subcarpatica? Tormentoso destino di un popolo Rutenia o Ucraina subcarpatica? Un incontro del nostro inviato con monsignor Voloscin capo del governo ruteno e assertore dell'ucrainismo (Dal nostro inviato) Huszt, 19 novembre. Abbiamo potuto oggi incontrare monsignor Voloscin, il Ministro fantasma che dal giorno della decisione di Vienna si diceva fosse misteriosamente scomparso dalla circolazione, il tanto discusso Capo del Governo autonomo ruteno che per avere accettato da Praga la nomina a successore del primo Presidente Brody, clamorosamente arrestato dai cèki per aver domandato il plebiscito, si diceva fosse a tal punto incorso nell'odio dei suoi connazionali da dover vivere lontano dal suo Paese, celato in non si sa quale angolo della Cekoslovacchia. Nella capitale rutena Abbiamo potuto incontrare c intervistare monsignor Voloscin nella sua stessa residenza ufficiale di Primo Ministro, nella cittadina di Huszt, trasformata in capoluogo dopo la retrocessione all'Ungheria della capitale storica di Ungvar-Uzhorod, al centro di questo disputatissimo ed agitato settore della Rutenia orientale. Poche parole per descrivere questa nostra iniziativa. Audietur et altera pars: tale era logicamente il nostro primo scopo quando ci siamo mossi alla volta di Hitszt. D'altra parte se ci fu dato per singolare ventura di arrivare la scorsa settimana da Kassa sii fino a Eperies, a Bartfa e a Paprod, punte avanzate della lunga striscia etnica rutena che si incunea a occidente fra la catena dell'Alto Tatra e la massa compatta degli slovacchi, rimane naturalmente intatto tutto l'interesse di un analogo sopraluogo nel settore orientale della Russia sub carpatica, che è per l'appunto quello dove la gente rutena appare quale un gruppo geo-etnografico ben distinto, numericamente importante, e, quel che soprattutto conta, politicamente organizzato. Ci sia permesso di notare di sfuggita come dopo la decisione arbitrale di Vienna e dopo il trasferimento della capitale rutena da Ungvar-Uzhorod a Huszt, nessun giornalista avesse potuto arrivare quassù. Non vi dirò che l'accesso a Huszt e il valico della frontiera romeno-rutena, sia cosa del tutto facile e piana. Interrotta, come già sapete, la linea ferroviaria che dalla Romania per Halmi porta direttamente a Huszt, occorre ora da Satul-Mare arrampicarsi in autocarro su per certe tormentatissime strade di montagna, attraverso le quali dopo ben quattro ore di movimentato, viaggio si scende nell'Alta Valle del Tibisco, a ponte di Teceu. Di là dal fiume vediamo in armi i soldati cèki. Dell'amministrazione autonoma rutena non vi è, almeno per ora, alcuna traccia tutto è nelle mani dei cèki, tutto è ancien regime, dal leone di Praga che continua a rampare argo gliosetto sullo stemma a co' del monte, al ritratto di Benes che è rimasto chissà come appeso alle pareti del commissariato di frontiera: una allegoria dell'omuncolo, che si è creduto l'uomo fatale dell'Europa, fieramente ritto su di un piedistallo, quasi divinizzato e protetto da un'aureola di cirri e di raggi. Così, senza lunghe anticamere, posso essere introdotto presso il « Minister-President » monsignor Voloscin. L'uomo che sto per intervistare — una sessantina d'anni ben portati, piuttosto piccolo e tarchiato, una certa qual pesantezza di movimenti tutta ecclesiastica che tempera un'aria di buon padre di famiglia (Voloscin, prete greco cattolico, è stato infatti ammogliato, e attualmente è vedovo), sguardo un po' sfuggente ma occhio vivo di chi è abituato alla discussione — monsignor Voloscin non dev'essere certo troppo ben prevenuto nei miei riguardi. Le corrispondenze che La Stampa ha dedicato al problema ruteno non sono passate inosservate nella capitale cekoslovacca e di riflesso anche quassù in questo estremo angolo orientale dove Praga è riuscita ancora a mantenere la sua sovranità. Non sono stato personalmente 7>iolto tenero nè per monsignor Voloscin nè per il suo Governo, ed ora che gli sto di fronte non manca chi pensa a ricordarglielo. Il segretario del Governo — un giovanottino biondo, tutto nervi, tutto fuoco, una grande coccarda bianco-blu all'occhiello, il colore del Partito ucraino — wii dardeggia minacciosamente dietro le lenti, quindi parla con il suo Capo e con l'incaricato della propaganda dott. Komarynskyj che pure assiste al colloquio. Le parole «radio, Stampa, Torino », ricorrono ripetutamente nel suo- discorso, che si appoggia anche a non so quali citazioni o note informative, precisate in un peezo di carta che il mio nemico, stropiccia nervosamente. Ma poi anche con lui si farà la pace. La tesi di Voloscin L'ucrainismo sarà il punto fondamentale delle dichiarazioni di monsignor Voloscin. Gli ho dato assicurazione — e lealmente adempio alla mia promessa — driprodurre in modo obiettivo quan to egli mi ha detto. « Noi ruteni slamo degli ucrainiPer questo il mio partito, detto a tendenza ucraina, è 11 partito nazionale per eccellenza in RuteniaSlamo ucraini e'apparteniamo alla grande Nazione ucraina, che conta 45 milioni di abitanti, da Huszt a Kieff: 640 mila qui in Rutenia, 7 milioni e mezzo In Polonia, gli altri nella Russia sovietica. La perdita di Uzkorod, che era la capitale storica della Rutenia — prosegue Voloscin — ci ha causatèìoits, amarezza, Tuttavia siamogrsenoalchtastziRdeVruFl'Ktampv19hsmrurelaloacppztacvrpsvcvppssicsplnmmCdsaaacnamrtqfcagvs e i o , n n e a n o o a r o i n i, a e e a oel ne o oa ndi to te di n ni. a aa. la ta a 7 alerpioto mo grati agli arbitri di Vienna — e la sera del 3 novembre ho avuto l'onore di dichiararlo personalmente al Conte Ciano — siamo grati perchè hanno saputo conservarci intatto il nusleo principale del nostro Paese. c Al di fuori della coscienza nazionale ucraina non esiste altro in Rutenia che non sia un tradimento del Paese », aggiunge monsignor Voloscin. Tale sarebbe la tendenza panrussa degli ex Afinistri Brody e Fencik, tale sarebbe stata anche l'attività del defunto cupo ruteno Kurtyak, conosciuto come firmatario di molte proteste contro il malgoverno di Praga e di petizioni per l'autonomia della Rutenia inviate a Ginevra fra il 19Z!i e il 1928. Gli uomini di tendenza ucraina hanno il monopolio del patriottismo in Rutenia. La tendenza panrussa che afferma la parentela diretta della lingua rutena con quella russa ha torto — secondo Voloscin. Non avrebbe altro scopo — a dire del mio interlocutore — che coprire l'infeudamento a Budapest, la magiaiofilia di questi rappresentanti della vecchia generazione, che non si sono potuti adattare al distacco dall'Ungheria e i cui superstiti lavorano oggi attivamente per il ritorno sotto la Corona di Santo Stefano. (Dal canto nostro, aggiungiamo però subito come l'ucrainismo sia sorto in Rutenia in tempo relativamente recente, nel dopoguerra, con l'arrivo di molti rifugiati provenienti dalla Galizia e come, do po avere cercato di coltivare in un primo tempo la tendenza panrus sa e panslavista, sia stato lo stes so Governo di Praga a sostenere il movimento del partito ucraino, con la concessione di abbondanti sussidi e la creazione di scuole: per questo è facile capire come a loro volta Voloscin e compagni siano infeudati a Praga e si proclamino difensori ad oltranza del mantenimento dell'unione con la Cekoslovacchia). Le voci di una crisi di coscienza di monsignor Voloscin, che noi stessi avevamo raccolto giorni fa a Ungvar, sono errate. Ho dinanzi a me un cekofilo convinto e, più ancora di lui, questi suoi giovani collaboratori, allevati da Praga nell'odio antimagiaro. E inutile affacciare la convenienza economica di una unione con l'Ungheria; Voloscin forse è memore dei tempi lontani dell' anteguerra, quando egli era — come ci fu riferito da un suo conoscente di Ungvar — il più appassionato e convinto oratore della solennità annuale della festa nazionale un gherese; ma se egli tace quando gli nomino l'Ungheria, insorgono veementi gli altri dite, che gli reinchròtoinchCepeinstrea giEfededatrastedinoAqunorichtigadudidBossugchvutudstaPgtàr8camcntrcuvtpfrpmlttndtcnvsamlritistaranno sempre al fianco per tut- mfa la durata del colloquio. — Tutto ciò che abbiamo da! punto di vista del sentimento nazionale ucraino è il prodotto di questi ultimi venti anni. Sotto l'Ungheria ci si allevava nell'idea che 1 ruteni fossero un piccolo popolo a sè, lontano parente col russo; e tutto questo nell'intento di maglarizzarci poco alla volta. — Ma che cosa sono venti anni di vita sotto la sovranità di Praga — interrompo dal canto mio —. contro nove secoli di unione con il Regno di Ungheria ? E unione volontaria, ih quanto il vostro mitico capo Koriatovic si alleò con i Re -ungheresi sicché questi dopo la sua morte poterono insignirsi del' titolo di Dux Ruthenorum. Il fatto che, dopo tanto tempo, sussistiate ancora a Sud dei Carpazi non è forse la più eloquente dimostrazione che l'Ungheria non è mai stata matrigna nei confronti dei ruteni? Afa è inutile: non si può discutere di questo oggi. A sentir loro, l'Ungheria dal 1S00 in poi avrebbe sistematicamente lavorato per la snazionalizzazione dei ruteni; e la prova di questo dovrebbe rintracciarsi nel fatto che oggi si possono trovare nella pianura ungherese delle isole di fedeli di confessione greco-cattolica, che sarebbero dei ruteni magiarizzati. Contro il plebiscito — Del resto, anche ora gli ungheresi non ci offrono alcuna garanzia precisa: si parla molto di autodeterminazione a Budapest, ma non ci si impegna affatto ad alcuna forma di autonomia. Quindi meglio è rimanere con Praga. — Se tale è il sentimento popolare — azzardo audacemente — perchè non fate vostra» l'idea del plebiscito? Un verdetto popolare che affermi nettamente 1 attaccamento alla Cekoslovacchia vi metterebbe al riparo da qualsiasi mira di Budapest... — Le circostanze per un plebiscito non sono convenienti — dichiara senza esitare monsignor Voloscin — perchè la propaganda magiara è troppo forte in questo momento: la radio, gli elementi che penetrano illegalmente attraverso la frontiera, le bande di terroristi che percorrono il Paese e che sono stipendiati in ragione di 90 corone al giorno... In queste condizioni, il plebiscito non sarebbe l'espressione della vera volontà popolare ». La spiegazione, devo dire, non è molto 'convincente e non può che rafforzare l'impressione che U movimento .icraino non sia ancura riuscito a vincere definitivamente nell'animo del popolo il vecchio attaccamento all'Ungheria. Nè le altre motivazioni del rifiuto di accettare il plebiscito varranno a disperdere i miei dubbi; « Noi non possiamo accettare una richiesta di questo genere im Sostaci da uno Stato straniero, ^'altronde già nel 1919 la questione fu regolata con un plebiscito svolto fra i 600 mila ruteni emigrati in America». Si torna a parlare della situa zione sociale ed economica della Rutenia: « Avete potuto constatare dice monsignor Voloscin — che iPaese è relativamente calmo (ache, almeno per quanto riguarda il breve tratto da me percorso fra Teceu e Hust, devo assentire)avete potuto constatare che la calverlvsrs restia non esiste (per mio conto nfatti all'albergo ho trovato di che far colazione). Ora vi spiegherò come anche il preteso isolameno della Rutenia non sia che una nvenzione. Abbiamo una strada che porta direttamente verso la Cekoslovacchia, senza passare nè per Munkacs, nè per Uzhorod ora n possesso deUUngheria, una strada che da Huszt, Svaiava, Be rezny, Velbny porta direttamente a Presov (Eperies); si fa il viaggio in quattro ore di autocarro. Entro l'anno venturo avremo la ferrovia sullo stesso tratto. Praga deve costruirla questa fer-ovia e da tempo ne aveva disp sto 11 tracciato. Perchè, anche facendo astrazione dall'avvenuta cessione territoriale all'Ungheria, la linea di falsopiano presso la frontiera non era strategicamente sicura. Abbiamo un campo di aviazione, quello di Uzhorod, che è rimasto nostro ». La vecchia idea tendente a dirigere il traffico sull'asse ovest-est che già ha ispirato tutta la politica ferroviaria e stradale di Praga in questo settore troverebbe dunque chi ha ancora il coraggio di andare a scovarla fra i rottami delle costruzioni di Masarik e di Benes e. quel che più conta, chi osa rischiare dei capitali per la sua realizzazione, malgrado le ingenti difficoltà di ordine tecnico richieste da un percorso che dovrebbe tagliare di traverso e per una lunghezza di 1,10 chilometri tutte le valli che scendono a sud dei Carponi. Ma Praga — Voloscin me lo afferma — ha il capitale necessario già assicurato. Non temiamo l'affamamento; Praga ci ha promesso aiuto, Praga provvedera. Le nostre necessità alimentari si possono totalizzare a cento vagoni di grano; sono 8 milioni di corone ceKoslovacche che possiamo pagare direttamente alla Romania con la quale vogliamo stringere una intesa economica per mezzo del sale estratto dai nostri giacimenti esistenti appunto nei pressi immediati del centro romeno di Siget. Per il resto siccome contiamo di formare una unità economica con la Cekoslovacchia, contiamo sulle vendite di tessuti, scarpe, manufatti per superare i nostri bisogni di divise di fronte alla Romania. Con l'Ungheria, se essa è d'accordo, potremo pure stipulare degli accordi com restKmpgnntiaLndpltlApcltdaemerciali, se no tanto peggio! Quel li di Uzhorod e di Munkacs privati dell'immediato retroterra montano, per citare solo due casi, hanno più bisogno loro di noi che noi di loro. .—. Ma voi ragionate come se tutto fosse regolato e per cominciare avete ancora aperto una spinosissima questione con la Slovacchia per la delimitazione del rispettivo territorio dato che Praga aveva attribuito, a quanto so, amministrativamente alla Slovacchia la metà del vostro territorio storico e precisamente tutta la Rutenia occidentale dal fiume Ung in là; era questa anzi una delle malefatte di Praga contro la qua i , d — l e le hanno lottato di più quelli che voi chiamate i traditori Kurtyak e Brody. — Mi sono messo d'accordo — risponde Voloscin — con il mio collega presidente del governo slovacco mons. Tiso perchè la questione sia risolta in uno spirito di reciproca comprensione e sulla base del principio etnico ». Sicurezza delle frontiere D'altronde secondo Voloscin, che mi appare a questo proposito piuttosto rinunciatario, il gruppo ruteno a ovest dell'Ung è niwiericamente il meno importante: 150 mila — sarebbero SUO mila in totale di origine greco-cattolica, in questa regiojne, senonchè 70 mila sono ormai slovachizzati — 150 mila su un totale di 6^0 mila che, in base al calcolo del mio interlocutore, sarebbero oggi ruteni esistenti nel territorio rimasto alla Cecoslovacchia. Dell'attuale ierri torio amministrato dal governo autonomo al di qua dell'Ung, la ripartizione della popolazione se condo Voloscin sarebbe la seguen te: 7-4 per cento ucraina — no Marno che, fedele al suo principio unitario ucraino, Voloscin non fa la distinzione propugnata dagli altri tra ruteni propriamente detti e ucraini i?nportafi nei dopoguerra — 1Z per cento ebrei, 5 per cento magiari, 8,5 per cento di al tre nazionalità (leggi ceki). Insomma, contrariamente alle nere previsioni di chi guarda alla Rutenia da oltre frontiera, tutto è facile, tutto è roseo secondo Voloscin e più ancora secondo i suoi focosi aiutanti di cui l'età giovanile, l'esaltazione ideologica e so¬_ ! pra tutto il fatto di essere nwoui alle responsabilità di governo possono giìistificare questo placido ottimismo: tutto è roseo «ora che la Rutenia — domando scusa l'Ucraina subcarpatica che tale è il nuovo nome che si vuol fare riconoscere — ora che l'Ucraina ! gsubcarpatica ha assicurate Inter- !nazionalmente le sue frontiere! esterne». Quest'ultima frase che\cdlriproduciamo testualmente . è di grande portata. A una mia contestazione circa il fatto che altri Stati non considerano per nulla che la garanzia internazionale sia già in essere per le nuove frontie re della Cekoslovacchia, il giuri- sta del governo autonomo dottor \Komavynskyj mi ha perentoria- \molte affermato che, secondo ilìpunto di vista cekoslovacca, taleìgaranzia dichiarata sub conditlo-. ne nefl/i accordi di Monaco è dive-, nuta ora automaticamente effet-\tiva dato che la condizione di cui\ ai suddetti accordi si trova risaltai genere sono fornite expressls ver-bls e non ex impliclter. In °oni modo rimane un punto I nero e a questo, malgrado tutfaj col soddisfacimento del problema delle minoranze magiare e polacche. Non ci sentiamo in grado di giudicare quanto tale interpretazione risponda alla realtà pur notando che di regola le garanzie di questo Fnl'obiettività a cui abbiamo voluto attenerci nel riprodurre questa intervista, non vogliamo tralasciare di fare accenno. Gli accordi di Mo- ! naco sono stati conchiusi in base all'idca direttiva del rispetto del's principio etnico e del diritto di au-idtoder.isionc dei popoli; perchè allo--ara mons. Voloscin — al cui corag- mgio e alla cui passione ideologica jgora. a conoscenza fatta, non posso v che rendere omaggio — pei-chò li u capo del governo autonomo rute- ano non osa procedere senz'alt ro al .s plebiscito ? Guido Tonella jti;

Persone citate: Benes, Conte Ciano, Halmi, Stampa, Tiso